Le tredici lettere di Platone

Le tredici lettere di Platone Le tredici lettere di Platone I viaggi del filosofo in Sicilia; le sue illusioni e le sue disavventure: persino venduto come schiavo! Le opere ci presentano il pensiero di gala di un autore, le lettere qualcosa di più intimo e commovente. Soprattutto di un autore fisicamente cosi distante da noi come Platone. Se ci allontaniamo ancora nel tempo, la forma epistolare si oscura e diventa inconcepibile. Lettere di Omero non s'immaginano neppure, benché la co- lcqEpnoscenza che oggi abbiamo della I civiltà ionica, abbia sostituito, per ! nostra maggiore soddisfazione, la j leggenda dell'Omero analfabeta,, con la verità dell'Omero poeta da ; tavolino. I di e a ase rvò ahe a a, n ho he i. me i rre i' e re se on io nè te ro io to utnti cà? nmi aerlo, no erno tro io. lie on esun mooc di La. presentazione delle lettere di Platone è fatta da Giorgio Pasquali, in un volume pubblicato dall'editore Le Monnier e compre so negli studi diretti da Giovan ni Gentile, ma con scarso senso j di ospitalità. Il lettore non è in^vitato a prendere visione . delle, preziose lettere, non aiutato a co-:noscerle, a penetrarle. Giorgio Pa- ; squali se le tiene per sé, le nasconde fin dalla prima pagina sotto un'analisi spinosa, sembra un leone sorpreso all'ora del pasto col suo quarto di somaro tra le zanne, e nullamente disposto a spartirlo con altri commensali. Volete tutto il nostro pensiero? Messo cosi alle strette e filologicamente torturato, il divino Pla- tone ci fa una pena grande, come l'imputato sottoposto al cosiddet- to « terzo grado » e costretto a iconfessare colpe che magarinon ha. L'edizione delle lettere di Pia- tone, noi l'avremmo preferita me- no erudita ma più chiara e-urna- na. Prima di tutto la storia delle lettere, poi le lettere stesse In ni- tida versione e col testo originale a fianco, infine il commento filo- logico. Anche la filologia può di-ventare un'arte, quando le si dia.forma e armonia di proporzioni. Una penosa avventura La sempre maggiore simpatia per il progresso meccanico nonfavorisce certo la cultura, ma me- no ancora la favorisce l'appartar- si della cultura stessa in una spe- cie di talmudismo. Senza pietà per coloro che nonlo possono seguire, Giorgio Pa-squali passa direttamente dall.'ita-liano al greco. Sotto la trasparen-te civetteria, manifesta è l'inten-zione di nascondere i segreti deltempio. Ma quali ? Sinonimo dicultura era altre volte « umanità ». I quali appunti noi ci sentiamo tanto più autorizzati a farli, che magari un po' zoppi, ma siamo tra i pochissimi a poter andar dietro allo spietato ellenista. Le lettere di Platone sono politiche. Nella vita di questo scrittore, il più ampio e completo di tutti i tempi, la politica ebbe grandissima parte. Prima che direttamente, Platone fu indirettamente mischiato alla politica come allievo di Socrate, e la sua stessa « non presenza » alla morte demaestro, è avvolta dentro una nube di politica oscurità. Passò alla corte di Dionigi iVecchio, entrò in rapporto con Archita filosofo, della setta pitagorica e stratego di Taranto, e questo periodo italico della vita dPlatone ispirò a Vincenzo Cuoco un romanzo bellissimo: Platone in lialia. A Siracusa si legò d'affetto con Dione, cognato di Dionigi, il quale divenne per lui ciò che Eckermann fu per Goethe. Notiamo di passaggio il danno, più frequente dell'utilità, di queste « remore » che alcuni grandi uomini si tirano dietro. Se Eckermann non fu dannoso a Goethe, salvo per quel tanto di ridicolo I che ridonda su Goethe dalle trop! po famose « Conversazioni », danj nosissimo fu Dione a Platone, aiu- , tandolo a credere che il suo pen-ì ; siero era applicabile alla cosa pub-! I blica. ì| Quanto a Dionigi, cui magari ;piaceva conversare con Platone intorno al modi più efficaci di salvare la razza greca della Sicilia dalle contaminazioni cartaginesi j da una parte e italiche dall'altra, ^ma non tollerava le esortazioni I, morali e politiche del filosofo, egli :si sbarazzò di lui in maniera cosij ; poco simpatica, che Platone, ai- lora quarantenne, fu venduto co.me schiavo sul mercato di Eglna, e sarebbe Anito chi sa come, se non lo avesse riscattato un bravuomo di Cirene, chiamato Anniceride. Nella « gabbia d'oro » Confessiamo che questo « bab- I beiamo » di Platone, questo suo : credere possibile 1' applicazione i pratica delle sue idee, questo uto- i! pismo alla Cabet ci dispiacciono I profondamente. Suoi contempora- - nei e amici, il nostro donchisciot- ! tismo ci avrebbe spinti probabil- i mente a tenerlo lontano da quelle e j illusioni e da quei pericoli. Che la - ! politica di Platone sia pensabile e • ma non attuabile, lo conferma an- j che l'esempio attuale del generale -!Metaxas, il quale, rinnovando a dia'stanza di ventitre secoli il gesto . !di Dionigi, 'ha messo all'indice le a Leggi, le quali sono appunto la co-stituzione preparata da Platoneper le nuove città siciliane. Morto nel 367 Dionigi il Vec-njchio e salito sul trono Dionigi ll- Giovane, Dione, illuso cronico, sti- mò giunto il momento d'instaura- j re in Sicilia la costituzione libe i rale e legalitaria ispirata all'idea-n le politico dell'Accademia, e per- ' suase il nuovo tiranno a richiama- : re Platone a Siracusa. La parola -'« tiranno», di cosi duro significa-|to per noi ma che al tempo della l .Sicilia greca era sinonimo di re, i | in origine aveva un significato an- i, ar ioti sae ea el uil roedi co n che più mite, e indicava « colui che ha in custodia i formaggi »Cionondimeno, Dionigi il Giovaneche come principe ereditario aveva promesso di attuare le teorie politiche di Platone, preso In mano ipotere non si mostrò spietato co me Dionigi il Vecchio, ma si guardò bene in ogni modo di mantenere le promesse fatte: tanto lontana è la teoria dalla pratica. Bandi anzi il troppo zelante Dione tenne Platone presso di sè, In una specie di « gabbia d'oro » : sono parole di Platone. Inesauribile nell'Illusione, Platone cercò allora driconciliare i due uomini, e quando nel 365 una guerra scoppiò in Sicilia e Platone fu costretto a tornarsene in Atene, Dionigi glpromise che al termine della guerra lo avrebbe richiamato presso dsè, e il simile avrebbe fatto con Dione. Le promesse « della staf fa » sono le più generose di tutte, : perchè si pensa che il momento fon, ma perchè l'esperienza lnse gna che il fascino che taluni artisti esercitano sui loro Ecker- non verrà mal di doverle mantenere. A questo punto, il gioco psicologico fra i tre personaggi si complica. Platone non ha un solo Eckermann, ma due. Nonché su Dione, il fascino del filosofo « dalle larghe spalle * opera su Dionigi stesso. Abbiamo aggiunto « dalle larghe spalle » non per un inutile richiamo all'origine del nome Pia- mann, è accresciuto dai pregi fi- Dionigi, come re, ha buon gioco, II bando contro Dione non è rimosso. Dionigi vuole Platone tut- sici degli artisti stessi, e soprat tutto dall' ampiezza del torace e delle spalle. Corre fra Dione e Dionigi una gelosia il cui oggetto è il « largo » Platone, c nella quale to per sé. La nostalgia di quelle filosofiche conversazioni lo torturava. (E' il meno che possa capitare, che in un dramma nel quale protagonista è Platone, il platonismo raggiunga le sue conseguenze estreme). E poiché Platone è riluttante a tornare, Dionigi minaccia. (Non per nulla si è tiranni). Per Dione, Platone è una necessità: per Dionigi un lusso. E il lusso, inutile dirlo, è più « necessario » della necessità. Platone, nel 361, a 66 anni, intraprende dunque il [suo terzo e ultimo viaggio in Si j cilia. Il dilettante di filosofia Dio nigi se lo godrà con tutto comodo. L'analogia viene spontanea tra Platone e Dionigi, e Federico e Voltaire. Il sentimento di Dione è più plebeo, come colui che premette il fine pratico al diletto puro. Dionigi, invece, ricusando di dare applicazione pratica alle teorie di Platone, manifesta maggior senno politico e senso della realtà 1 Considerando il pensiero di Plato Ine troppo elevato e prezioso per | guastarlo con la pratica, mostra di saperlo più giustamente apprez,zare. Nella gelosia si cela l'essen-za dell'amore, che è volontà di be nericare, e dunque di salvaguarda re l'oggetto amato dai pericoli esteriori. Questa generosità « nega-tiva » nemmeno Platone la capi, e i suoi rapporti con Dionigi divennero cosi scabrosi, da mettere in pericolo lo stesso ritorno del filosofo ad Atene. La situazione sembrava senza sbocco. Ma come nelle tragedie di Shakespeare, nelle quali un personaggio appena intravisto nelle prime scene, riappare nella finale e scioglie 1 nodi della tragedia, Archita ricompare alla fine della tragedia siracusana, uo a l-mo serio e autorevole quant'altrie a i n a i i n - mal, e fa la parte del personaggio « catartico ». Ritorno ad Atene Ed è grazie all'emolliente intromissione del pitagorico stratego dTaranto, che Platone può sciogliersi dall'amore « tirannico » di Dionigi, e tornarsene in patria. Tanto, questo amore era irrimediabilmente avvelenato ormai, come l'amore di Otello per DesdemonaAd Atene, le possibilità di attuazione del suo ideale etico e politico vanno sempre più languendo, finché muoiono nel 353 con la morte del loro più ostinato assertor Dione, assassinato da un suo condiscepolo dell'Accademia, Callip- po. Chi crede che la pratica della filosofia porti al tepore delle passioni, troverà nel « dramma » di Platone la smentita più secca. Tredici in tutto, le lettere seguono passo passo la trama di questo dramma. Le tre prime sono date per false, e cosi la quarta e la quinta. La sesta, spuria per altri ma non per Pasquali, tratta dell'amicizia e mostra quanto stesse a cuore al filosofo l'attuazione del suo pensiero morale e politico, sia pure in forma ridotta e in una città dell'Asia Minore, di poi che le speranze riposte su Dionigi erano sfumate. La settima e l'ottava sono di gran lunga le più importanti. Nella settima Platone narra la prova da lui imposta a Dionigi al suo terzo arrivo in Sicilia, per determinare se l'amore del tiranno per il sapere era sincero o soltanto vanaglorioso. Oltre a ciò essa contiene delle considerazioni sul Destino e delle digressioni sulla ellenizzazione della Sicilia. Lo stesso tema si prolunga nell'ottava. False la nona e la dodicesima, entrambe ad Archita. La decima è un semplice biglietto ad Aristo doro, probabilmente spurio. Falsa del pari l'undecima, presunta let-tera di Platone a Laodamante. La tredicesima e un'aggiunta « alea- sandrina » all'edizione primitiva, Come s'è visto, anche nelle lettere di Platone la fatica degli « studiosi » si è rivolta principalmente a separare il vero dal falso. Il risultato è un macello. Questo lavoro di distruzione in nome dell'autenticità, mena strage anche nella pittura. Gli aspetti del puritanismo sono molti. Non faremo l'elogio del falso, ma c'è una psicologia del falso, una filosofia del falso, una «. legittimità » del falso. Non a caso intorno a questo dram- ma 1 cui protagonisti si chiamano] i e o e e Platone, Dione e Dionigi, tante no tizie deformate si sono raccolte, tante malignità, tanti pettegolezzi. La psicologia di questo dramma è molto più complessa di quanto credono gli « studiosi ». A chiarire leoscurità di essa psicologia, a penetrarne le sottigliezze valgono più le parti « non vere » dell'epistolario platonico, che quelle date per autentiche. Esempio: un passo della lettera ottava dice che Dionigi II si studiava consapevolmente di abbrutire il figliolo di Dione, per spegnere in lui ogni pericolosa energia. Il passo è scartato come « pura invenzione », ma quanta luce proietta questa pura invenzione sui dessous criminaloidi della corte siracusana, come rivela il latente bizantinismo del mondo greco! E perchè negare che Dionigi I costringesse il figlio ad ammazzare il tempo in solitudine lavorando da legnaiolo, quando Vide»tico « passatempo » troviamo nellavita segreta di Abdul Hamid, i« sultano rosso », quest' ultimo canto del bizantinismo? La vera guida nel dramma dPlatone è il « falso » delle sue lettere. Nel che un'analogia si forma col metodo wagneriano, di accumulare sonorità senza luce, perchè più luminosa appaia, all'ascoltatore già disperato, la radura melodica: la verità. Alberto Savinio