Quando il Duca Tommaso di Genova sbarcò la prima volta in Somalia di Renzo Martinelli

Quando il Duca Tommaso di Genova sbarcò la prima volta in Somalia Quando il Duca Tommaso di Genova sbarcò la prima volta in Somalia L'industria dei naufragi - Una disastrosa cannonata in segno di festa - Alcune distratte domande del Principe (dal nostro inviato) Dal « Leonardo da Vinci », Oceano Indiano, novembre. Stamani, non era ancor giorno, una, due tre voci lamentose sono entrate per l'oblò nella mia cabina. — Agua... agua.. agua... bìo... bìo... agua... Agua e bìo, che sono poi, in migiurtino, la stessa cosa Ho messo la testa fuori ed ho visto davanti a me, sotto di me, sull'onda che ogni tanto quasi li sbatteva contro il corpo della nave, i più incredibili accattoni della terra. In tutti i luoghi, a tutte le ore, in Africa, da Port Said al Capo, è possibile trovarsi assaliti dalla supplica e quasi dall'intimazione del « bakscisc ». Ma un mendicante d'alto mare, tutto un corteo, tutta un' intera flottiglia, di mendicanti, sopra un'acqua che la foschìa mattutina rendeva miste riosa infinita ed eterna come dovette esser quella dell'antivigilia della Creazione, era spettàcolo che dovevo ancora vedere. I pirati accattoni Sono quattro minuscole piroghe animate da pochi paln\i di vela, e in ognuna c'è una lunga, nera nuda, lucida, marionetta umana che leva in alto le braccia e ripete: — Bìo... bìo... agua... agua... Il vento di poppa le aiuta; le aiuta tanto da consentir loro di navigare quasi in perfetta conserva con la nave. La più vicina mi vede e fa il viso patetico. Con una mano si regge all'alberello della vela e con l'altra, chiusa a forma di bicchiere, imita il gesto di chi tracanna. — Bìo... agua... Chi mi conosce sa che non rifiuto mai l'elemosina a nessuno; ma non saprei proprio come fare per mantenermi anche qui all'altezza del mio costume. Tirare al postulante una bottiglia in testa non mi pare che sarebbe una soluzione. Chiamo il cameriere. — Con questi poveri sotto la finestra è impossibile dormire.'... Capisce subito. Ride. Si tratta d'una storia vecchia. Quando il tempo è buono, cioè nella parentesi fra i due monsoni, è assai frequente veder giungere sottobordo, ne' pressi di Capo Guardafili, sciami d'imbarcazioni somale con dentro indigeni che chiedono acqua. Acqua ed altro. Qualche capitano di nave, specie di piccole navi, non è difficile si fermi e faccia calare giù un barilotto o una ghirba... — Povera gente! — dico, col viio vecchio cuore credulo e romanzesco. Ma il cameriere, che fa questa strada da più di vent'anni, non è proprio per niente della mia opi nione. Lui sa benissimo che si tratta d'un vizio, d'una commedia d'uno sport. La sete e la fame di tali questuanti d'alto mare sono la scusa con cui i vecchi caccia tori di naufraghi, cioè i mizurtini della costa nord e sud di Capo Guardafili, cercano ancora di raccogliere le briciole dell'antico ban chetto corsaro che dissetò, sfamò e fece ingrassare i loro nonni e i loro padri. Una volta, fino a non 7noltissiìni anni fa, tutto arrivava dal mare. Pirati di terraferma, essi non avevano che da starsene seduti sugli scogli della ciclopica trappola rappresentata dalla insenatura fra il vero e il falso Capo Guardafili, e la preda veniva a terra da sé, in grazia del solo giuoco d'un lume ingannatore, Possibile — hau l'aria di chiedersi — che di tanta dovizia non debba esser rimasto proprio nulla per le generazioni successive ? Nemmeno un po' dì carità* Rimetto fuori la testa. Le vele son lontane. Qualcuna è poco più d'un gabbiano. Capo Guardafili (il leggendario Capo degli aromi del tempo in cui le coste infernali d'Africa e d'Arabia si fecero belle agli occhi dell'occidente con le ri sorse delle lontanissime isole del le Spezie) sta pigramente levan do, sulla malcerta linea della costa, il suo pesante profilo di leone addormentato. Ciò che non dovet te certo contribuire, nei tempi che ho detto, a rendere migliori i rapporti fra questo promontoriote t naviganti che si trovavano a doverlo doppiare. è n a e i i i e e e t Guardafili. Un nome che diceva tutto. « Guardalo e fuggi! ». II falò traditore Il metodo che i somali del Sultanato d'Alula e di quello di Marayeh, sotto l'alta direzione e nell'interesse precipuo dei due Sultani in persona, usarono per far preda di mare, senza, si può dire, metter i piedi nell'acqua, era molto semplice. Poiché subito, a sud di Capo Guardafui c'è un altro promontorio che molto gli rassomiglia, e dato che tutte le tribù, della costa africana erano tenutn, per consuetudine, se non in forza di una legge vera e propria, ad accendere e a mantener viva fino all'alba una fiamma sopra ogni « ras » o Capo che dir si voglia il giuoco dei mizurtini era stato assai facile da escogitare. Invece che sull'autentico Guar- datili, essi accendevano, di tanto in tanto, un bel falò.sul Guardafui falso, vale a dire sul promontorio più a sud: e così il navigante che credeva d'aver doppiato il vero, e metteva decisamente la prua a nord-ovest, se n'andava bello bello a incappare matematicamente nel soffice cuscino di sabbia compreso fra i due promontori. E le orde sultanesche di Alula e di Marayeh (sulle carte odierne: Bender, Merhano) subito scattavan fuori a far strage, saccheggio, fantasia. In tempi successivi il massacro dei naufraghi cessò, o fu meno ufficialmente praticato; ma sempre feroce rimase la rissa fra i due Sultani per la divisione del bottino d'ogni nave venuta a sbattere sui territori dell'uno o dell'altro. Non più di sessanta anni fa, un Principe di Savoia, Tomaso, Duca di Genova, potè fare la, conoscenza diretta di questi costumi e di questa gente; ed è da un suo rapporto che comincia la nostra pratica conoscenza di quella contrada. Milleottocentosettantanove. Solo da tre anni era partita da Torino la prima lettera di Negri, direttore degli Affari Esteri del Re di Sardegna, per monsignor Massaia, a Lagamraa, nel profondo dell'Abissinia, per sentire da lui se ci fosse, anche per il piccolo Piemonte, cioè per la grande immancabile Italia, la possibilità d'aprirsi una via in Africa. Ma altre Potenze erano in quei mai-i da decenni e da secoli; ed è incredibile, che l'industria del naufragio potesse continuare a fiorirvi come la più naturale industria del mondo! Un fuggi fuggi generale E' il primo giugno di quell'anno che la Regia Nave « Vettor Pisani, al comando di S. A. R. Tommaso di Savoia, Duca di Genova, viene ad ancorarsi davanti a Bender Mcrhagno. Appena il legno è alla fonda e una scialuppa se ne stacca per recare a terra il Prìncipe, un interprete, alcuni marinai, si vede tra le capanne rivierasche un fuggi fuggi generale. Cosa succede? I pirati si son fatti conigli? No. La spiegazione è diversa, e il Principe la può sapere subito dagli stessi indigeni che pian piano ritornano. La « Vettor Pisani» è stata scambiata per una nave francese, e si è temuto potesse trattarsi di una spedizione punitiva per il saccheggio di un grosso legno francese appunto, il « Ma-kong », naufragato, ossia fat to naufragare, su quella costa, al cuni mesi prima dal Sultano d'Alula e di cui il Sultano di Marayeh aveva impedito il recupero da parte di una società di Aden con la quale il signorotto d'Alula pare fosse venuto a tacita intesa, in violazione dei precisi accordi esistenti tra Marayeh ed Alula in ordine a tutti i naufragi avvenuti e da avvenire ne' paraggi di Guardafui. Non aveva forsesempre diviso, il leale ladrone con scrupolo da farmacista, fino all'ultimo grammo, col suo vicino alleato, il carico del magnifico vapore olandese « Wortegien » perdutosi su quella costa, pochissimgiorni avanti il « Ma-kong », per la buona guardia e per la scientifica accortezza della sua propria cabila? E non era, anzi, toccato precisamente al Sultano d'Alulail più bel cannone di cui il « Wortegien» era armato? Ma va da sè che tanta logica e tanto spirito di diritto erano subito svaniti davanti all'idea che la Francia avesse affidato a una nave da guerra la precisazione del proprio punto di vista. Rassicurato, quel sultano intrattenne l'ospite con assai cordialità e non ebbe alcun difetto a mostrargli le sue belle collezioni di refurtiva. Il Principe guardava, ammirando. E di tanto in tanto, così, quasi distrattamente affidava all' interprete una domanda sul paesaggio, sugli approdi, sui pozzi, sui vènti, sulle pioggie, sul bestiame, sull'agricoltura. E il perchè lo sapeva lui, nel cuor preveggente. Ad Alula, dove il Principe giunse due giorni dopo, lo stesso pà nico improvviso, gli stessi rapisti approcci rassicurativi, la stessa, e anche più ricca, galleria di pre¬ , o de; e uguali, per quanto sempre apparentemente molto distratte, domande d'ordine geografico politico ed economico. Uno sparo dalla culatta Veramente molto amabile fu anche questo decrepito masnadiere di terra e di mare. Raccolse tutta la sua gente sulla piazza centrale del villaggio, dov'egli aveva la propria « garesa »,ed ordinò al capo cannoniere, cioè all'unico cannoniere dell' unico cannone (quello del «Wortegien») in cui si riassumeva tutta la difesa co siterà, di sparare un colpo in o- nore dell'ospite e dell'amico bian- co « che era venuto ad Alula sor- ridente ed inerme ». Innanzi che l'artigliere tirasse la prima (ed ultima) cannonata della sua vita, il Sultano informò il Principe e i marinai che ad istruirlo era stato uno dei naufraghi stessi. Dunque, si poteva esser sicuri. A un cenno del suo signore, il povero nero, con gli occhi fuori dall'orbita, diede fuoco alla miccia; e se n'andò in pezzi insieme al cannone, mentre tutto il po-polo si sparpagliava per le duneinvaso da terrore folle. Poi si sep-pe che il pezzo era stato caricato,perchè facesse più tonfo, con unintero barile di polvere. Salvo questo trascurabile itici- dente, la giornata finì molto bene.Nei tre forti che circondavano lacitta il Duca di Genova fu con- dotto a vedere il frutto dei nau-fragi. Cioè: migliaia di balle di stoffa, una enorme quantità di fn-citi d'ogni tipo, oltre duemila ba rili di polvere, e suppellettili di tutti gli stili e per tutti i possibili usi. Mobiletti e stoviglie europei era possibile intravedere anchedentro le più umili capanne. Venne il commiato. Il Sultano parlò a lungo all'interprete; e l'in-terprete ripete: — Sultano dire che quando nau-fragare vapore italiano lui tratta- re benissimo e che se tu dare bi-glietto scritto tua mano lui fare vedere per stare buoni... Il Principe rispose: — Ringrazialo, ma digli che non ce n'è bisogno. Gli italiani, per ora, non hanno occasione di venire da queste parti. Ne riparleremo in seguitoli Sultano sorrise. E il Principepiù di lui. Care, quasi incredibili, storie. Ho rimesso la testa fuori dell'oblò, dinanzi al bel faro Crispi, piantato come un'elsa di pugnale sulla testa, tanto vicina, del favoloso leone di roccia e di sabbia; e ancora mi par di riudire la titanio dei pirati accattoni che, sempre più piccoli sempre più piccoli, posati sul mare ad ali aperte, se ne vanno alla deriva come procellarie stanche. «Bìo... bìo... agua... agua...». Però, ora che ci ripenso, quella bottiglia in testa forse non ci sta-va male. In memoria dei padri. Renzo Martinelli