NARRATORI di Francesco Bernardelli

NARRATORI NARRATORI Bruno Cicognani: La mensa di Lazzaro - Roberto Papi : Piripino Si sa che l'arguta, drammatica scrittura di Bruno Cicognani può anche risolversi, sommariamente, nella formula di un'esigentissima vivacità sentimentale che ai innesta sul metodo tipico e minuto dell'arte « naturalista ». In quell'incontro si libera la sua poesia (già altri ha parlato del suo naturalismo che diventa poesia), modo incantato e pietoso, irrequieto e cristiano di considerare le creature; affetto, tenerezza di narratore che tende, sì, a un'idea di pace, di redenzione, di carità per tutti, ma una redenzione, una pace, ancora intrise delle lagrime di quaggiù. Perciò egli è cosi crudo, e cosi patetico e delicato nella crudezza; perciò, mentre pare che la sorte terrena dei suoi personaggi sia circoscritta, definita, inevitabile tra le miserie e le disfatte, sentite tuttavia che su tutti, dal più al meno, si stende un'ombra luminosa, come il presentimento di un'altra realtà ove finalmente questo patire sarà riscattato. Non è a volte che una suggestione, ma conta assai, perchè è la punta estrema della «poesia» di Cicognani; per quanto diseredata e indigente possa essere la creatura di cui ci narra, voi pur percepite, per dir cosi tra gli interstizi del racconto, il tenuissimo respiro, la luce appena schiarita di un altro possibile bene; e non sapreste poi immaginare questo bene disgiunto dalla malinconia, dalla traccia tenace, profonda della vita. E' un bene che ha sempre un po' il sorriso di Faustino (La mensa di Lazzaro Fratelli Treves Ed.) quando — pagina 163 — va verso la morte « Ma tutto questo lo portava di là dal pianto, in un altro mondo di sensibilità: dove l'espressione più disperata è un sorriso: un certo sorriso ». E, a libro chiuso, ripen sando l'ultimo racconto — L'amo re di Adelmo —, e il destino della povera servetta che muore di leucemia dopo una così breve parentesi di felicità, di sogno, d'amore avete l'intuizione che non tutto sia proprio finito così; sì, è vero, essa è fredda, chiusa là nel gran cimitero, perduta, ombra, cenere, e il suo amante, che pur l'ha tanto amata, riprende la vita di un tempo, monotona, scialba, smemorata; si, possiamo anche sospettare che fra poco non rimanga più dell'Olga neppure il ricordo: e tuttavia qualcosa di lei non l3i sPe£ne' qualcosa che si è innal mpsubncdnpinqzdfsnztqdzato dalla triste avventura in un ! cielo misterioso e innocente, e du- i e o a o n -, .jtraria, un po' ambigua, artificiosa- rerà, e, ne siamo certi, sarà ritrovato. Questa, suppergiù, la sensazione che ci dà l'arte di Cicognani, la poesia che ci consola con tanto amorosa sollecitudine in quella sua prosa pittoresca, aderente alle cose, e agli aspetti sciupati, stanchi, malinconici, delle cose. Il suo mondo di indigenti, di falliti, di poveri diavoli, i piccoli egoismi, le incomprensioni, le tristezze, con quell'odorino di muffa, di cose che si sfanno, con quell'aspirazione mai completamente soddisfatta a un certo agio sereno dell'anima, e gli ambienti chiusi, e le ore piene di rimpianto, e le crudeltà frivole o inconscie, crudeltà di tutti e di nessuno, crudeltà della vita, anche in questo libro sono ricercati, descritti, rappresentati con padronanza che a tratti par quasi disinvoltura, che talvolta dà persino, diresti, nella meccanicità. Qua e là hai l'impressione che questo mondo sia persin troppo organizzato, congegnato a certi effetti, In uno stile di cui conosci tutti gli scarti e anche le sorprese; mondo un po' troppo conscio di sè, in cui anche il ruzzo della fantasia e lo estro umano sono portati a' un certo segno, ossia proprio là ove si voleva arrivare. Ma insomma è poi questa l'arte, la maturità e finezza di un'arte che sì controlla, e un po' si ripete. Pochi sanno narrare come Cicognani di certe curiosità umane, un po' buffe e un po' tragiche, un po' umoristiche, e un po' malinconiche (Fedeltà, Lo spiraglio chiuso, Il conte Lorenzi); pochi sanno come lui farci patire, con tanta partecipazione e confidenza di affetti, il dolore, lo stupore, la fugace gioia, la torbida tristezza dei personaggi (Giovannino, Faustino). Pochi riescono come Cicognani a rilevare la densità vi tale di ciò c>e è umano, lo spes sore, tutto rugosità, e umori e mistero, di un'esperienza umana. Il naturalismo, la fisiologia, l'osservazione ironica e minuta, cruda e quasi spietata (in lui cosi pietoso) vedete per quanta parte entrano in racconti come Dopo, come L'a more dì Adelmo; e pure, sia per quel romanticismo di affetti, per quell'insistenza sentimentale, sia per il dono stilistico di sposare il contorno stesso — duro e imma ginoso — della realtà, di quanto si approfondisce lo spunto iniziale, l'impegno veristico; quanto margine ci lascia a intendere e ama re. E' in questo margine che l'avventura dell'uomo può essere misurata e penetrata appieno, è qui ch'essa ci fa intravvedere una sua più interna verità, è qui ch'essa si fa poetica. * * Questa narrazione di Piripino (Edizioni della Cometa - Roma) è tra le più fantastiche ed eccentriche: si direbbe che la combinazione delle immagini vi avvegga come nei sogni, che, a pezzi e bocconi, sovrapponendosi, intermettendosi, si va si va, ci si stacca dal reale, ci si rituffa, e per via di analogie, di allusioni, di paradossi, si fila nell'assurdo, nell'impossibile, con una certa bizzarra sensazione che il tutto sia vero e falso contemporaneamente. L'autore, Roberto Papi, è un toscano, e intreccia alla scapigliatura delle fantasie un gusto comico, una lucidità parodistica molto divertente. Nel comico l'episodio, il tratto, il particolare, sono quasi sempre perspicui e ameni; la tessitura, il movimento, la concatenazione del racconto si scapricciano invece in quella zona astratta, un po' arbi- mente consequenziale, che è propria dell'umorismo di questi anni; sicché una proposizione verbale, un concetto accettati e svolti con beffardo rigor logico, vi conducono alle situazioni e circostanze e conclusioni più illogiche e sorprendenti. Si veda il capitoletto Piripino combina un matrimonio: la lepidissima metamorfosi dello sposo in leone e della sposa in gazzella non è che l'estrema deduzione di quell'accenno iniziale alla tenerezza di lei e alla impazienza vorace di lui: «te la faremo vedere in una gabbia » dicono a Grigione, e subito dopo l'autore, presa la frase alla lettera, la scompone nei suoi termini e la converte in amena rappresentazione. Lepidezza, evidenza, che possono farsi aggraziate fino alla maniera, alla leccatura, o raggiungere una leggiadria patetica, tersa e commovente, quella stessa che fu cosi perfetta in certe pagine di Pinocchio, e che qui si scorge nella descrizione della mamma di Piripino o nel racconto di Annina, la mosca che fa da cameriera : « Annina — [oh grillo del Collodi] — su di un ripiano del muro, con uno sciallino sulle spalle, stava dicendo le litanie... ». Se dal tono umoristlco-fantasioso si passa poi alle fantasie pure, alle fantasie in libertà, agli angeli, alle avventure metafisiche, alle sciarade allegorico-simboliche, con quell'idea di attrarre sulla pagina lontane e disperate allusioni poetiche, allora può capitare di non capir più nulla. Ermetismo? Surrealismo? Che diavolo di roba è? E chi è questo Piripino? E' un vero ragazzo di Firenze, sveglio, ingegnoso, tut.to buon senso e fantasia, capace di giocar con la vita partite tremendissime, ma senza perdere l'ilare equilibrio e la virtù di ricader sempre in piedi. Spicca, Piripino, agili salti e voli su quelli che sono i luoghi comuni, le tenaci banalità della vita, e perciò può anche essere considerato « come una forza e uno scandalo contro i consueti limiti delle abitudini e dei pensieri umani ». Tutto 11 libro ha cosi un aspetto allegorico, e svaria tra intenzioni ora arcane ora semplicemente oscure; dell'autore si vorrebbe dire quello ch'egli dice di Amore — che è uno dei personaggi del libro: « Spirito celeste era quel che gli dettava di far muovere così il giovane, che ogni Dio parla in para- bole, ogni legge si copre di una bellezza la cui illusione inganna, perchè la voce umana, perse le sue strade, possa del tutto poi collimare con quella sottoposta verità ». Ahimè, tra queste cose difficili è proprio la verità — dell'ispirazione, del linguaggio, della voce poetica — che troppo spesso ci sfugge. A Piripino toccano molte avventure, possibili e impossibili, credibili e incredìbili, razionali e irrazionali, come in una fiaba. E una fanciulla meravigliosa ch'egli ama, e che abita in una villa presso Firenze insieme ad Amore, ne segue, per via di certo occhiale fatato e miracoloso, le gesta e le peripezie. Assistenza che è anch'essa simbolica, e certo giusta e necessaria se Piripino sempre, e in ogni congiuntura, agisce per amore, ossia per un eccesso da entusiasmo, di carità, per un fuoco di affetti che, oltre le caricature e gli errori degli uomini, gli fa cercare e trovare l'unità, la realtà della vita in un abbracciamento poetico e ideale di tutte le cose. • Orbene l'intellettualismo, la concettosità di Piripino, di questo singolare apostolo dell'istinto poetico, della fantasia naturale, dell'Intuizione creatrice, la cerebralità di questo poeta è il morbo che caratterizza e insieme contraddice le sue curiose invenzioni. Poesia nel libro ve n'è; preziosa e lieve; e la si coglie subito. E' un benigno cielo di Toscana, gentile, istoriato da mitologiche figure; è una leggiadria spiritosa, affettuosa, di sentimenti, di pensieri, che evadono dalle bassure del vivere nella luce celeste dei sogni; è una commozione, un po' di testa se vogliamo, ma delicata, che accompagna l'arioso disegno di questa lepida misterìosofia. La grazia della fanciulla, 11 fervido cuore di Piripino, il tono così malizioso tra l'etereo e 11 popolaresco, ci danno la misura e quasi la vibrazione di questa poesia. Ma v'è poi tant'altro sforzo di ricerca poetica, tant'altra poesia sollecitata, perseguita, provocata in tutti i modi, che non si realizza, che non scende sulla pagina, che si perde nel buio delle troppo ambiziose sollecitazioni. Come nell'umorismo il Papi cerca volentieri quelle sequenze di deduzioni un po' astratte che ora son di moda, cosi nella poesia si ostina a cercare trasposizioni molto difficili, sequenze di analogie e di metafore, che vogliono andare troppo in là, sottilizzare, essere rarissime e squisitissime e poeticissime, e che perciò solo danno nel freddo e nello oscuro. Ed è peccato che, volendo far stare in una pagina più poesia ch'essa non ne comprenda, volendo caricare d'intenzioni sopraffine la naturale semplicità dell'arte, si finisca con il rendere « surrealisticamente » impenetrabili chiari doni di scrittore e di poeta. Diremo dunque che, a nostro gusto, v'è in questo Piripino autentico estro di invenzioni umoristiche, vivace piacevolezza che va dal buffonesco al satirico al patetico al fantastico; ma che la perspicuità e la curiosità, che in molti episodi fanno '1 Papi scrittoi- comico e poetico, sono poi oscurate da una perniciosa tendenza: quella che sovrappone le ambizioni dell'intelletto all'arte, le intenzioni alla poesia. Francesco Bernardelli

Persone citate: Bruno Cicognani, Cicognani, Lazzaro Fratelli Treves, Lorenzi, Roberto Papi

Luoghi citati: Firenze, Roma, Toscana