La revisione del processo del generale Gajda, il capo di domani di Mario Bassi

La revisione del processo del generale Gajda, il capo di domani urta vittima jdi benes La revisione del processo del generale Gajda, il capo di domani Nostra intervista con Vanimoso combattente - "Noi guardiamo a Roma - dice il generale - come al faro di tutta la civiltà „ (dal nostro inviato) Praga, 9 novembre. Vinarna: è un nome abbastanr.u espressivo, anche per chi non abbia ìa menoma familiarità con lingue slave. La radicale latina di vino riesce troppo palese; e legfiendo questa scritta sulla porta d'un locale pubblico, e osservando che nella vetrina accanto sono esposte bottiglie e fiaschi, spesso insieme con qualche figurazione bacchica, spesso alternate a bicchieri e calici e coppe di più artistica fattura, non c'è bisogno di una perspicacia superlativa per comprendere di'colpo che si tratta di uno spaccio enologico. A Praga questi spacci sono in molta voga; e a giudicare dal numero che se ne incontrano, quasi per ogni via, e dalla clientela, quasi sempre numerosa. E parecchie di queste Vinarna, sono locali di lusso; dove si bevono sopratutto vini slovacchi; e constatando che questi hanno una tal parentela, così stretta, con i vini ungheresi, vi cadrebbe ogni dubbio che le vigne, in Slovacchia, non siano state piantate e l'arte del vino importata dagli ungheresi. La rabbia di un censore Ma in quella Vinarna dell'Hybernskà Vlice, che è anche fra le più caratteristiche ed eleganti della capitale, io non sono andato a scopo di s, irimentali studi comparati dei vini; ma per cercare l'uomo che oggi torna a richiamare su di sè più intensamente evivacemente l'attenzione del Paese, e di cui i giornali dall'altro ieri, tornano a parlare più diffusamente, prò e contro, e che pare che costituisca, lui con il suo dinamico partito, la promessa o la minaccia del domani: promessa o minaccia, a seconda di come la si voglia intendere, cioè a seconda dei contrapposti punti di vista. Lui il generale Radala, ossia Rodolfo, Gajda; ed il suo Partito, la Comunità nazional-fascista. (Mi torna in mente quel funzionario del Ministero degli Esteri, qua a Praga, che era stato addetto alla censura giornalistica, nel giorni immediatamente seguenti alla crisi; creatura di Benes, della cui caduta non sapeva darsi pace; e che dopo avere cancellato rabbiosamente nel mio telegramma, con tratti di penna cosi violenti che tagliavano la carta, cancellato e soppresso tut 10 ciò che io avevo creduto di seri vere sulle responsabilità del suo ex-principale per i guai capitati a questa povera Cekoslovacchia, dopo avermi guardato di sbieco e più di sbieco ancora aver guardato il mio distintivo italiano del Fascio mi chiese con la voce che gli tremava, non saprei se per l'indignazione o che altro: — Ma voi credete che adesso avremo il Fascismo anche in Cekoslovacchia ? E dal tono era come mi chiedesse se io ero'ben certo che quella stessa notte il diavolo in persona sarebbe andato a tirarlo per i piedi). A malgrado del radicale muta mento dell'opinione pubblica in Cekoslovacchia, questo Partito della Comunità nazional-fascista, e il suo Capo generale Oajda, rappresentano ancora agli occhi di molta gente, se non forse della maggioranza, un elemento tre mendamente minaccioso. Ed è ba stato l'annunzio che il Governo, sabato scorso, ha deliberato la revisione del processo per cui il Oajda, già Capo di Stato Maggiore dell'Esercito cekoslovacco, fu con dannato alla perdita del grado ed espulso dall'Esercito, sotto l'imputazione di avere trattato segre tamente con una Potenza estera, fornendo informazioni riservate di carattere militare; è bastato questo annunzio perchè una folla di gente si agitasse; e, ciò che è abbastanza significativo, moltissimi affrettandosi a respingere da sè ogni e qualunque responsabilità di quel procedimento, che si concluse, allora, con la condanna del Gqjda. Lo stesso Partito che fu già di Benes dichiarava stamattina, per mezzo del proprio giorna le, che esso non c'entrava niente con la condanna del Gajda; anzi, nessuno ne vuol sapere di avere avuto parte in quella condanna scandalosa. E qualche giornale ha l'aria ingenua di obbiettare: « Ma perchè questa revisione del processo? Se, tanto, siamo tutti convinti della completa innocenza del generale Gajda t ». La Vinarna del generale La stanza dove attendo il generale, l'ultima della Vinarna, la più interna, appartata, è riservata, mi accorgo, ai dirigenti della Comunità nazional-fascista. Di fatto non vi sono ammesso se non accompagnato dal segretario stesso del generale. 'La stanza, col soffitto a travate di legno scuro, con le pareti bianche, è decorata e arredata da osteria paesana, con pesanti tavole e panche e sgabelli di rovere, e con trofei di caccia: corna di cervo e di alce, fagiani reali e galli di montagna imbalsamati, e qualche stampa colorata; e poi uno schioppo e un orologio a cucù. 11 segretario del generale s'informa accuratamente di me, della mia qualità dì italiano, di fascista, di giornalista: e al posto dove siederà il generale, su un tavolo collocato in un vano profondo del la parete, quasi una specie di al cova sopraelevata da un paio di scalini dalla stanza, egli depone sulla tavola un mvechietto di let tere e carte; c accanto, una botti glietta di vetro giallo, dentro cui si vedono due pastiglie. Mi accen ntl'pftzdgdrcvccslanncpntScgmmmsdiqanvsta1sPlvsdzslsmdfapmpEAdbdfdeza na confidenzialmente che si trata di un potente controveleno. Ho 'ingenuità di domandare: — O perchè* — 7/ generale — mi risponde — prende qui il suo the e il suo caffè; spesso anche il pasto. Qui è utta gente sicura. Ma le precauzioni non sono mai troppe. La vita del generale ci è troppo preziosa- Pochi momenti dopo, entra il generale. Presentazione, saluti. Sediamo alla tavola. Un uomo vigoroso, il generale, di alta e forte corporatura; ma l'espressione del volto si direbbe piuttosto pensosa che marziale, con un che di malinconico, con qualche impronta di stanchezza. Ma egli si anima parando; e i piccoli occhi grigi, hanno su quel largo volto glabro, carnoso, piccoli scintilla freddi d'acciaio; e il moto della mandibola, potentemente sagomata e prominente, dà il senso d'una volontà tenace e dura. Una vita avventurosa Il generale parla in italiano. Siccome io noto il suo spiccato accento veneto, si affretta a spiegarmi: — Sicuro; perchè io sono dalmata, di Cattaro. Mio padre, boemo, era funzionario austriaco; e mandato a Cattaro, vi conobbe e sposò quella che divenne mia madre, che era dalmata. Da lei, lo imparai l'italiano; e presi da lei questo accento veneto, che voi avete subito riconosciuto. Mi incuriosisce sentire dal generale stesso la storia della sua vita avventurosa. Egli un po' schermisce, un po' accenna per tratti riassuntivi. Nacque dunque a Cattaro, quarantasei anni fa, nel 1892. Seguì il padre nei suoi trasferimenti. Studiò in Moravia. Prestò servizio militare sotto l'Austria, come gli competeva, e venne nominato alfiere nella riserva. Si trovava a Benfari quando gli arrivò l'ordine di mobilitazione, nel 'llf. Egli non aveva nessuna intenzione di combattere per la duplice Monarchia; ma piuttosto per l'indipendenza della Boemia. Scutari era allora presidiata da un corpo internazionale, di cui faceva parte anche un battaqlìone austriaco. I soldati austriaci lo presero; e fu portato a Vienna. Dopo tre settimane di'carcere, fu mandato sul fronte di Galizia. Appena arrivato, disertò in Russia. E s'arruolò come soldato semplice. Tre mesi dopo, era capitano. Altri tre mesi dopo, comandante di battaglione. Comandava un battaglione specializzato in colpi di mano di sorpresa. Si serviva del fatto che egli parlava più di una delle lingue delle diverse nazionalità che costituivano il multiforme e multanime esercito dell'AustriaUngheria; e più spesso con l'astuzia, traendo in inganno le vedette austriache, si infiltrava nelle linee austriache, tirandosi dietro i propri uomini; indi operava con la tattica degli arditi, sgominando difese, portando via prigionieri. Lo promossero comandante di reggimento. E quando, nel 1916, si formò su quel fronte russo la prima legione cekoslovacca, egli ne comandò il primo reggimento. Venne, con il '17, la rivoluzione; e il governo di Kerenski; e poi la rivoluzione bolscevica. Lui era stato già promosso generale — a venticinque anni: carriera altroché napoleonica! — La legione cekoslovacca, raccolta sotto il suo comando, si apre il passo attraverso le orde rivoiiisionarie, verso gli Uruli, per passare in Siberia. Egli progettava difatti raggiungere qualche porto, dove imbarcarsi con i suoi nomini, per tornare a combattere con gli Alleati. Intanto gli bisogna combattere contro le truppe bolsceviche, che lo premono .e incalzano. Ma anche trova volontari russi, e specialmente studenti, che si uniscono alla legione. Quando è arrivato in Siberia, costituisce così la sua « Armata siberiana ». E continua a combattere contro i bolscevichi. E nel '18, si aggrega all'esercito bianco dei controrivoluzionari, l'esercito dell'ammiraglio Kolciak. E continua la guerra, in Siberia, fino al 'SO. Repubblica matrigna Da tempo erano insorte divergenze, relativamente alla condotta delle operazioni, fra lui che comandava la sua armata siberiana, e il comando del Kolciak. Finché egli decide il rimpatrio della legione cekoslovacca. Tre o quattro mesi dopo, il Kolciak sarà sconfitto definitivumente dalle forze bolsceviche, preso prigioniero, fucilato. Quando Rodolfo^ Gajda arrivò in patria, in questa repubblica cekoslovacca nata meno di dueanni prima, e a cui egli ai accin geva come il figlio a ritrovare la madre, invece che la madre trovò la matrigna. Era allora Presidente del Consìglio Tusar, con Benès ministro degli Esteri; e la repubblica, di marca accentuatamente socialista, simpatizzava per i Soviet!'. Il Presidente del Consiglio dichiarò a Gajda, di netto: — Voi qui non siete desideratoDovete andarvene per tre anniAndate in Francia. Così Gajda passa tre anni a Parigi, dove frequenta un corso della Scuola di Guerra. E intantoper proprio conto e per proprio svago si occupava di studi d'agricoltura. Tornato finalmente in Cekoslovacchia, nel '23, quando era Presidente del Consiglio il dottor Svehla, e Benès sempre ministro degli Esteri, /» nominato coman fhe. Poi, nel 'Bit, chiamato a Praa, nominato Capo di Stato Magiore dell'esercito. Tra il '24 e 11 '25 fui repliatamele invitato dal Governo mi racconta il generale — a rmare l'accordo militare con la ussia sovietica. Io resistetti nergicamente. Per tre volte, Beès tornò a insistere per la conlusione e la firma di questo acordo. E tre volte lo rifiutai, caegoricamente; e offrii le mie dimissioni. Allora, vennero fuori i amosi dispacci. La storia dei «dispacci» La storia dei famosi dispacci, uattro dispacci, è questa. Il 16 maggio 1926, un settimanale soialista di Praga pubblicava un rticolo in cui si accusava il Capo i Stato Maggiore dell'esercito enerale Gajda di preparare la ittatura militare. Erano precisamente i giorni che, in Polonia, il maresciallo Pilsudszky era mariato su Varsavia, e si era imposessato del governo, armata mara. Contemporaneamente, il Gajda veniva accusato di essére stao, tra il 1920 e '21, in rapporto on il governo sovietico di Mosca, di avere a questo fornito informazioni militari, riguardanti l'eercito francese, dopo di avere già cagionato il disastro di Kolciak, in Siberia. L'accusa si fondava sul testo di quattro dispacci cambiati, nell'ottobre e novembre del '20, fra il commissario del popolo per gli Esteri a Mosca, che era allora Cicerin, e il rappresenante dei Sovieti a Praga Gilleron. Questi dispacci, spediti cirati per telegrafo, erano stati decifrati al Ministero degli Esteri a Praga, che ne possedeva così l testo. Il Tribunale civile, cui Gajda allora si rivolse, chiamando in causa i suoi accusatori, assolse il Gajda, e condannò gli accusatori a due mesi di prigione. Fu convocato un Consiglio di generali; e questo condannò il Gajda alla per dita del grado. E Gajda fu liqui dato. Fin da allora però tutti riconob bero o sospettarono un trucco montato infamemente da Benes, per rovinare l'uomo che si opponeva all'alleanza con la Russia Poi più tardi il Gajda fu anche imprigionato, sotto l'accusa di avere tentato di trafugare dei documenti. In questa occasione, egli rimandò al Re d'Inghilterra le in segne dell'Ordine del Bagno, che gli era stato conferito dalla gran de guerra; e con una lettera espli cativa, in cui dichiarava di trovarsi in prigione, per una imputazione lesiva dell'onore, aggiungeva ritenere suo dovere, restituire spontaneamente l'altissima onori fteenza, finché non fosse stato in grado di dimostrare la falsità del'accusa per cui veniva perseguito. E' da rilevare che, poco tempo dopo, da Londra gli venivano rese le insegne dell'onorificenza, con la nota che « non risultava a! Governo di S. M. Britannica che egli avesse mai demeritato di tale decorazione guadagnata valorosamente combattendo per la causa degli Alleati ». La lotta con Benes Nel '26, l'anno della sua condanna, Rodolfo Gajda fonda la Comunità nazional-fascista. Indi, le persecuzioni; e il Gajda è denunziato da Benès come il pericolo pubblico numero uno. Ma nelle elezioni del '29, i fascisti cekoslovacchi ottengono tre seggi al Parlamento; e il Gajda è il primo dei tre deputati, e capò partito. Allora Benès montò contro di lui quel secondo processo, per tentato trafugamento di documenti. E ottenuta la sospensione dell'immunità parlamentare, lo fece incarcerare. Poi, nel 'SI, essendo accaduto a Bruna un pronunciamento ?ntlitare, ne fu attribuita la responsabilità al Gajda e al suo Partito; e il Gajda fu ancora condannato a 6 mesi di carcere. Ma le elezioni del 'SS portano al Parlamento sette deputati della Comunità nazional-fascista; e il Gajda a capo. E si ricorda la sua lotta, con discorsi roventi, contro sbcliqtenMcPrSttadtrcSllntndcruKletcsvKnl Benès; e sopratutto quando queti presiedette a Ginevra l'Assemblea della Società delle Nazionche volò le sanzioni contro l'Itaia, per la guerra etiopica. In quella circostanza, il Gajda par ecìpò ad un convegno internazio naie, che si riunì a Ginevra e a Montreux, contro le sanzioni contro la Società delle Nazioni. Ora, come dicevo, il Governo dPraga, sabato scorso, ha deliberato la revisione del processo, pe i r cui il generale Gajda fu già rimosso dal grado e dall'impiego. Fuggito Benes, è risultato, per concordi testimonianze e per prove ineccepibili, che i quattro famosi dispacci su cui unicamente si fondò l'accusa e in base a cui venne emanata la sentenza di condanna, erano falsi; e cioè architettati e fabbricati di sana pianta, auspice il Benes, al Ministero degli Esteri di Praga, nel Gabinetto stesso del Ministro. — Quando avrà luogo la revisione del processo? — chiedo al generale Gajda. —■ Prestissimo. Ho pregato il Governo, se possibile, entro una settimana. — E quale è ora, con la nuova Cekoslovacchia, il programma del vostro Partito? — Il programma nostro resta immutato. Noi andiamo decisamente contro il marxismo, contro la massoneria, contro il giudaismo Vogliamo un Governo schiettamente nazionale, espressione dello spirito della Nazione, un Governo forte, d'ordine, di autorità, di disciplina. E progettiamo una mio va costituzione dello Stato, a carattere corporativo. L'esempio dell'Italia dimostra quale sia la via da seguire, per l'ascensione morale e lo sviluppo economico d'ogni Nazione, per la tranquillità, la pacifica convivenza, il benessere, la prosperità dei popoli. Noi guardiamo a Roma come al faro di tutta la civiltà. — Credete di trovare molti nuovi partigiani? di trascinare 11 popolo dietro di voi? — Siamo certi. La maggioranza del popolo è già tendenzialmente con noi. Noi apriremo gli occhi alle masse dei lavoratori, e illumineremo le loro coscienze. Contro, di noi sono 1 responsabili del vecchio regime, gli artefici e responsabili di tutti 1 danni che hanno colpito la Cekoslovacchia: i complici di Benès, la gente compromessa nei passati governi, e sopratutto 1 massoni e gli ebrei. Io sono il primo ad avere denunciato il pericolo giudaico massonico, e ad avere iniziato la campagna; e sarò l'ultimo a deporre le armi. — E le vostre intenzioni ? Il vostro plano attuale? — Conquistare il governo. — E allora, permettetemi di chiedervi la" promessa che la pri-ma intervista giornalistica, come Capo del Governo, la concederete ancora a me, ricordando questo nostro incontro di oggi. — E' inteso. Ve lo prometto. CI scambiamo il saluto fascista. Mario Bassi