Vita e morte dei popoli

Vita e morte dei popoli Vita e morte dei popoli Le teorie di Gustavo Le Bon - Carattere e intelligenza - L*infiltrazione di elementi stranieri rappresenta il mezzo più sicuro per arrivare alla dissociazione di un'anima razziale e alla decadenza Nel suo ultimo libro « La Bivoluzìone mondiate e la responsabiità dello spirito » Hermann vor. Keyserling-, studiando le caratteristiche politico-sociali del tempo nostro, nmde omaggio ammirato a Gustavo Le Bon « quest'uomo che pochi francesi considerarono seriamente quando era in vita ma che è nondimeno uno degli spiriti più veramente profetici che la Francia abbia prodotto dopo Gio vanna d'Arco. Poiché è ben lui che, per primo, ha previsto e compreso che cpsa sarebbe la nostra epoca: i suoi libri... sono delle anticipazioni stupefacenti... Psicologia di folle e razze Instancabile viaggiatore, etnoogo, scrittore fecondissimo di questioni politiche e sociali, Gustavo Le Bon deve la sua fama soprattutto a due brevissimi, ammirabili volumi di sintesi: Psychologie des foules e Lois psychologiques de Revolution des peuples» (di cui il primo è stato citato esplicitamente armeno due voile da Mussolini nei suoi discorsi) che hanno visto la uce entrambi alla fine del secolo scorso. Le Bon si basa, in modo evidente, sui lavori di Vacher de Lapouge e del contemporaneo di questi, il tedesco Otto Ammon, ma ha il merito particolare di aver apportato agli studi dell'illustre antropologo di Montpellier il contributo di una enorme esperienza etnologica vissuta personalmente n numerosi viaggi di studi in tutto il mondo, e di aver quindi con mano ferma e con alta capacità di sintesi che rammenta Gobineau, applicato alla sociologia i risultati delle sue meravigliose osservazioni sulla psicologia dei popoli. Rammentiamo le conclusioni ultime di Lepouge: «La psicologia di razza è il fattore fondamentale dell'evoluzione storica, e l'evoluzione storica, fattore delle selezioni che modificano lentamente la psicologia della razza ». « La civiltà di un popolo — dice a sua volta Le Bon — si basa su di un piccolo numero di idee fondamentali: da queste idee derivano le sue istituzioni, la sua letteratura, le sue arti, Lentissime a formarsi, sono pure lentissime a scomparire. Diventate da tempo errori evidenti per le menti colte, rimangono per le folle, verità indiscusse e continuano la loro opera nelle masse profonde delle nazioni ». Una di queste idee, lanciata nel mondo un secolo e mezzo fa da taluni filosofi ignoranti e favorita da speciali circostanze storiche è quella dell'uguaglianza degli individui e delle razze. Questa idea, se ducentissima per le folle, ha ecrollato le basi delle vecchie società, ha prodotto tremende rivoluzioni e ha gettato l'Europa in una serie di convulsioni violente di cui non si vede la fine. Poiché era troppo palese la falsità di questa presun ta uguaglianza, si affermò che con apposite « Istituzioni > e con la < istruzione > generalizzata, le di suguaglianze, incompatibili con gli « immortali principi », sarebbero rapidamente scomparse. Non solo la scienza ha provato la assoluta vanità delle teorie ugualitarie, ma non uno psicolo go, non un viaggiatore, non un uomo politico un po' colto può prenderle sul serio; tuttavia nessuno osa combatterle poiché la verità o la falsità di una idea non hanno interesse che dal punto di vista filosofico mentre, socialmente, conta solo il potere che essa esercita sulle anime. Il sogno egualitario moderno, che dovrebbe realizzarsi a mezzo delle istituzioni e dell'istruzione è una chimera irrealizzabile, ma solo l'esperienza rivelerà agli uomini 1 pericoli di tale chimera, dato che la sola ragione è Impotente a convincerli. In realtà, ogni popolo possiede una costituzione mentale altrettanto fissa quanto 1 suoi caratteri anatomici, dalla quale derivano i suoi sentimenti, i suoi pensieri, le sue istituzioni, le sue credenze, le sue arti. Tocqueville ed altri credono che la evoluzione dei popoli dipenda dalle sue istituzioni: le Bon crede invece, e lo dimostra, che le isti tuzionl hanno per l'evoluzione del le civiltà, importanza ridottissima sono quasi sempre effetti e non cause: la causa fondamentale è la struttura mentale delle razze. La vita di un popolo, le sue istituzioni, le sue credenze e le sue arti non sono che la trama visibile, la sovrastruttura della sua anima invisibile. I riformatori che si sono susseguiti dopo la rivoluzione francese hanno tentato di mutar tutto: gli dèi, la terra e gli uomini, ma contro I caratteri secolari delle razze che 11 tempo ha fissato nulla hanno potuto. L'anima delle razze Ogni razza presenta dunque una costituzione mentale altrettanto fissa quanto la sua costituzione anatomica; la prima, essendo la più evidente agli occhi degli osservatori, si presta, meglio ancora della seconda per classificare le singole razze. Perchè gli individui della stessa razza hanno tanti tratti psicologici comuni? Per che questi si riproducono attraverso l'eredità, nè più nè meno dei caratteri anatomici. L'aggregato di elementi comuni, dovuto alla accumulazione di sentimenti ereditari In conseguenza del notissimo fenomeno della ripetizione degli antenati, costituisce il « carattere nazionale ». In una razza sufficientemente antica, il tipo medio si trova senza difficoltà e si classifica agevolmente, nonostante le secondarle variazioni individuali. « Qualunque cosa faccia, l'uomo è dunque sempre e anzitutto, il rappresentante della sua razza. L'aggregato di idee, di sentimenti che tutti gli individui di uno stesso paese recano con sè nascendo forma l'anitnn •' ,?n razza. Invisibile nella sua risenza, quest'anima è vttibiliaaimu nei auoi effetti poi¬ mcdesflpmgRpddnenrdznlrvarmtsnvgntcèrnmgpedllnvnfplmrcahlispan ché regola in realtà tutta l'evoluzione di un popolo ». La comunanza di idee, di sentimenti, di credenze e d'interessi conferisce alla struttura mentale di un popolo una grande identità e una grande stabilità, e garantisce una immensa potenza. Ha fatto la grandezza di Roma e dell'Inghilterra. Appena scompare per una ragione o per l'altra l'anima nazionale, i popoli si disgregano, come appunto accadde a Roma. Ma che cosa si deve intendere per « razza > ? La maggior parte delle razze odierne e tutte quelle dei popoli civili non sono razze naturali ma bensì razze storiche e cioè di formazione, ma l'origine non interessa; importa solo il loro carattere, quale è stato creato da un lungo passato. Differenziazione Si è detto che l'anima delle razze possiede una grande stabilità: non si tratta tuttavia di immobilità: vi sono alcuni limiti di variabilità nel carattere razziale; i vari fattori agiscono però sui lati accessori e transitori del carattere non toccandone affatto gli elementi fondamentali: a questi ultimi si può arrivare soltanto in seguito a lentissime accumulazioni ereditarle. La disuguaglianza fra gli individui di una razza è tanto più grande quanto più essa è elevata nella civiltà. « Fra le multiple intuizioni profonde di Le Bon — dice Keyserling nell'opera citata — è della maggiore attualità rilevare questa: che le razze superiori non sono caratterizzate da una media superiore, ma dalla maggiore percentuale di individui superiori alla massa e differenti da essa. Tali razze si differenziano dunque in questo: che la variabilità, che è una delle maggiori qualità differenziali della specie umana, si afferma in esse con un movimento ascendente verso un piano superiore ». Dunque, contrariamente alle affermazioni degli egualitari, con il progredire della civiltà non solo le razze tendono a differenziarsi ma anche gli individui di ogni razza superiore. E' chiaro che le condizioni della civiltà moderna, ad esempio, mentre da una parte hanno trasformato l'artigiano dallo spirito molteplice di un tempo in un automa che fa sempre lo stesso lavoro semplice, d'altra parte richiedono all'ingegnere o all'industriale maggiori cognizioni, maggiore spirito di iniziativa e di Invenzione che non un secolo fa. Dal punto di vista Intellettuale, un popolo civile si può considerare come una piramide a gradini, di cui la parte superiore < formata da strati intellegentl (attenti a non confondere, difetto tipico del popoli latini, Vintelligenza con la istruzione, qualità che invece non hanno fra loro relazione alcuna) e la punta della piramide, da una piccolissima eletta, gruppo infimo di fronte alla popolazione, ma che dà il livello di un paese sulla scala della civiltà. Se questa eletta differenziata scom Parisse, la nazione diverrebbe un corpo senza anima, sarebbe decapitata. Se invece perdesse tutto il suo personale ufficiale (la burocrazia) il danno sarebbe insignificante. Col progressi della civiltà, la differenziazione tenderebbe a diventare molto accentuata, ma vari elementi contribuiscono a frenarla. Anzitutto la differenziazione riguarda l'Intelligenza e non il carattere, e il carattere e non l'intelligenza ha funzione fondamen tale nella vita dei popoli. In se condo luogo, le masse odiano la superiorità intellettuale e mirano a distruggerla: infine, le stesse leggi dell'eredità tendono a far scomparire od a riportare alla me dia gli individui eccezionali. Bisogna porre la massima attenzione a questa distinzione fra le qualità intellettuali e quelle del carattere. Se gli individui di una stessa razza si differenziano immensamente per l'intelligenza, ben poco si differenziano, invece, per il carattere; questa rupe invaria bile di cui si è già detta la permanenza attraverso i tempi. Intellet tualmente una razza vale soltanto per la piccola eletta alla quale sono dovuti tutti 1 progressi scientifici letterari e industriali: Invece, dal punto di vista del carattere conviene conoscere soltanto la media. Dal livello di questa media dipende sempre la potenza dei po poli. Insomma, vi è un tipo medio della razza 11 quale non si può modificare che lentissimamente: questo nucleo fondamentale è rivestito, nei popoli superiori, da un piccolo strato di spiriti eminenti strato costantemente distrutto e costantemente rinnovato, che ha importanza capitale dal punto di vista delle civiltà ma importanza infima da quello della razza Quello che distingue le razze inferiori dalle superiori non sono le tenui variazioni nelle capacità medie, ma è il numero di elementi superiori. L'osservazione anatomica conferma esattamente quella psicologica. zsarfgQdrfcdirifvdltqaaqcsnstsddppppciCpptsdmclpsVdcAt\ udpsempre dall'abbassamento del ca-rattere, non mai dall'abbassa- Decadenza delle civiltà La decadenza di un popolo deriva mento dell'intelligenza. Il carattere cambia quando il coraggio, la iniziativa, lo spirito di intrapresa, virtù difficilissime ad acquistarsi, non hanno più modo di esser messe in valore e quindi scompaiono rapidamente degli elementi dirigenti. Il procedimento, nella storia, è sempre monotonamente lo stesso. Quando l'eccesso di civiltà crea nuovi bisogni e si sviluppa l'egoismo, le virtù militari svaniscono, i cittadini abbandonano la gestione degli affari pubblici e perdono le qualità che avevano costituito la loro grandezza. I Romani e i Persiani della decaden- za erano intellettualmente molto superiori rispetto ai Barbari ed agli Arabi che li abbatterono : però avevano perduto l'elemento fondamentale che nessuna intelligenza può sostituire: il carattere. Quando Roma diventò il centro dell'universo, fu invasa da stranieri affluenti da tutte le parti, che finirono per ottenere il diritto di cittadinanza. Non chiedendo che di godere del suo lusso, costoro si interessavano poco della sua gloria. La metropoli divenne allora un immenso caravanserraglio ma non fu più Roma. Sembrava ancora viva ma la sua anima era morta da un pezzo. « L'intervento di elcmenti stranieri venuti per lenta infiltrazione rappresenta dunque uno dei' più sicuri mezzi per arrivare alla dissociazione di una anima razziale e alla decadenza, quindi, di una razza. Altre cause di decadenza minacciano le nostre civiltà raffinate. Il snnso della relatività, constatazione scientifica importante ed utile, se trasportato nel campo filosofico e sociale costituisce un vero pericolo perchè nessuna civiltà può reggersi fondandosi su principi considerati di valore relativo. Le folle si volgono sempre verso co loro che, invece, parlano di verità assolute e disprezzano le altre. Per essere uomo di Stato bisogna dunque saper entrare nell'ani mo delle folle, comprenderne 1 sogni e abbandonare le astrazioni filosofiche, tenendo presente che le cose non mutano e muta solo ; idea che delle cose ci facciamo E' su queste idee che bisogna agire. Esse sono, accanto al carattere, uno dei fattori principali dell'evoluzione delle civiltà. Non agiscono che quando, dopo lenta evoluzione, si sono trasformate In sentimenti e quindi possono modificare il carattere. Ogni civiltà deriva da un piccolo numero di idee fondamentali, vere o false, non importa, accettate da tutti e ritenute assolutamente vere. Ogni razza ha dunque una propria concezione del mondo. e Ne deriva che esse sentono, agiscono e pensano in modi differenti e si trovano in dissenso quando vengono a contatto. La maggior parte delle guerre è nata e nasce da questi dissensi. Ouerre di conquista, di religione, di dina stie sono sempre state in realtà guerra di razze. Alla base di tutte le questioni storiche e sociali si trova sempre l'inevitabile problema delle razze, che domina tutti gli altri ». Victor

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