I vessilli reggimentali a Vittorio Veneto fra la commozione e l'esultanza popolare di Antonio Antonucci

I vessilli reggimentali a Vittorio Veneto fra la commozione e l'esultanza popolare ATel ve mi te Manale della Vitto via. I vessilli reggimentali a Vittorio Veneto fra la commozione e l'esultanza popolare Con lo spìrito dei Morti e dei vivi (Dal nostro inviato) Vittorio Veneto, 1 novembre. Anche quando cerimonie eccezionali, come questa del Ventennale, non conferiscono a Vittorio Veneto un volto mistico pur nell'aspetto esteriore, ci si muove per le sue vie e tra le sue case con un senso di commozione e di riverenza. Eletta a riassumere nel suo nome gli sforzi eroici di una guerra lunga, gigantesca ed asprissima, questa città non è paragonabile ud altre che furono teatro di battaglie sanguinose e si fissarono così nella storia. L'ultimo nostro assalto all'Impero asburgico si svolse abbastanza lontano di qui; e una casetta, tuttora bucherellata da mitragliatrici, testimonia soltanto un'ultima scaramuccia, quando lo sfacelo degli avversai-i si era già delineato in pieno. Vittorio Veneto è quindi un simbolo, una sintesi, il panorama concentrato di 41 mesi di lotta. Elena di Francia Duchessa d'Aosta definì il suo nome « fatidico come quello di Roma eterna »; e certamente, finché la storia non supererà la somma leggendaria delle bravure compiute da uri esercito — inferiore per numero e per mezzi — il paragone resterà saldo. Poi diventerà un termine di misura e un monumento insigne. Oggi, intanto, trionfa. E si fa bella più, che può, per mostrarsi degna di tanta gloria. Accanto al fascino naturale di una conca esigua, dominata da alture ripide, ima delle quali con il nome già preesistente di monte Altare, le conferisce un che di ieratico, stanno i suoi molti rigogliosi giardini, sorridono abitazioni e opere nuove, cantano numerose fontane illuminate di notte quasi coinè quelle di Roma. La fortuna di essere derivata dall'unione di due borgate discoste le ha permesso la creazione di un lungo viale alberato, ricco di fiori e di verde nelle stagioni buone e, oggi, festa ininterrótta di tricolori. Sì, Vittorio Veneto è proprio bella. Due Musei dell'amor patrio Le due borgate dalle quali essa è' risultata si chiamavano Céneda e Serravalle. Anticamente non si amavano affatto, poi vennero i tempi nuovi e si vollero bene, pur mantenendo un minimo di riserbo che le portò all'emulazione. Cosi in entrambe è sorto recentemente un Museo, ospitato sia nell'una che nell'altra dall'antico Palazzo della Comunità e dovuti tutti e. due all'iniziativa di un cittadino singolo. Poiché domani saranno inaugurati solennemente, diamo loro uno sguardo. Quello di Serra/valle si chiama Museo Cenedese e nacque per la pazienza e l'alto spirito..civico dell'ing. Francesco Troyer, un tipo strano, alquanto chiuso in se stesso, più contemporaneo — sembravo —■ della storia antica che dell'età sua. Lo chiamavano l' « orso »; ma la sua cupezza partiva da un'anima cosi robusta da imporre rispetto agli stessi austriaci quando egli, podestà di Vittorio durante l'invasione, si oppose al richiesto sequestro della campana che suonava l'ora terza e riuscì a salvarla dalla fusione. Ora egli, per anni e anni, cercò e raccolse pietre lavorate o incise, pergamene, carte, gingilli, e in genere tutto quanto potesse dire e ricordare qualche cosa, sia pur minima, della sua terra; tutto egli cedette quindi al Comune. ' Serravalle fu un castro romano posto ad arginare le irruzioni nordiche; talvolti} vi riusci, tal'altra cedette e con precisione non sappiamo gran che. Tuttavia abbondano le testimonianze solide, come pezzi di lapide, urne cinerarie, capitelli, monete, frammenti monumentali, nonché leggende. Un certo Re Madrucco (presumibilmente il padre di Totila) vi sostò il tempo necessario per lasciarvi mura ciclopiche e una santa nella persona della sua figlia Augusta, martirizzata per avere abbracciato il cristianesimo e per la tenacia nella nuova fede. Una vita intensa e turbinosa dovette seguire negli oscuri tempi post-romani, per le lotte interminabili fra feudalesimo e Chiesa, motivo certamente non ultimo delle divergenze fra Cenedu, retta da un Vescovo, e Serravalle, dominata fino a nn certo tempo da Principi. L'ing. Troyer, facendo battere dolcemente l'intonaco del palazzo della Comunità di Serravalle, mise in luce affreschi interessanti e una iscrizione riproducente una sentenza della Serenissima con la quale, considerato che Serravalle non « intendeva » essere compresa nel « territorio di Treviso » si sfa btiiva che ne fosse « indipendente ■per sempre a. Nella sala attigua sono raccolte le palle di cannone (miseri abbozzi delle attuali, come le aste di un bambino stanno alla calligrafia) adoperate forse per ap poggiare questa pretesa all'indipendenza. Completano la raccolta quadri (originali 0 in copia), acuì ture (originali o in gessi) di grandi artisti locali, come Guidi, Giusti, Giovanni de Min, Pietro Paìetta, e ritratti di cittadini insigni, più una calcoteca che lui provveduto a ritrarre nel gesso tutte le iscrizioni esterne del paese, destinate in origine a immortalare un avvenimento e che il tempo, viceversa, ha rosicchiato fino a renderle indecifrabili. E' un atto di gentilezza preventiva verso gli archeologi del futuro. A Ceneda la stessa fatica di raccolta fu compiuta dal dottor Luigi Marson, limitatamente a quanto si riferisce a Vittorio Veneto, come Ititi d'arme considerati in se stes¬ si e con l'aggiunta di altri cimeli di guerra. Il Museo intitolato all'avvenimento non trascura tuttavia il passato storico di Ceneda, e la sala più grande, la cosidetta « aula dei cumizi », ricorda in tre affreschi monumentali altrettantiìepisodi significativi. Come, cioè, l'Sugiugno 1337- fu soffocata la ribel-' none di Guecello da Camino; come il 12 ottobre 1337 il Vescovo Frun- cesco Rampone cedesse la zona a Venezia che gliela restituì in vassallaggio; e infine come, più tardi, il 27 ottobre 1854, Carlo IV, discendendo in Italia per esservi incoronato Imperatore, radunasse oltre Feltre Principi e magistrati e confermasse ai Vescovi di Ceneda il dominio della provincia. Ricordi che confermano uno spirito attivo. Per coincidenza, due di questi episodi ricorrono, come l'ultima nostra grande battaglia, in ottobre. 538 vessilli di gloria I visitatori possono poi trarre suggerimenti educativi dai simboli che separano i grandi affreschi e che riproducono le « virtù proposte dalla prudenza degli avi » e cioè: « giustìzia, amor di Patria, costanza, sincerità, diligenza, carità, silenzio, fedeltà, pace, prudenza, modestia, elezione del buono ». Se siete pigri, basta quest'ultima massima a vivere bene. I documenti più interessanti della guerra nostra non sono quelli reperibili in ogni museo, come cannoni, bombarde, proiettili, reticolati intrecciati fino all'assurdo, fotografie di rovine o di trincee perigliose; bisogna invece soffermarsi intorno alla passione disperata delle terre invase e alle loro prove di eroismo e dì fede, per trarre rinnovati sentimenti dt fraterna simpatia verso le vittime coraggiose e insieme un argomento da trattare con i nostri figli: la necessità, cioè, di essere sempre forti per vivere sempre liberi in casa propria. I due Musei, completandosi in questo periodo, hanno voluto portare un contributo stabile alla celebrazione del Ventennale. Tra pochi giorni la folla di reduci, di soldati, di pellegrini, se ne andrà, e la cittadina ritornerà alla vita quotidiana dei campi e dell'industria. I Musei resteranno invece, per raccontare tante cose. Ma resterà per lungo tempo anche l'eco dell'entusiasmo popolare che ha accolto e accompagnato le 53S insegne, giunte in_sei scaglioni dà ogni parte d'Italia, per raccogliere intorno alla Festa della Vittoria gli spiriti dei vivi e dei morti, di coloro che combatterono sul Piave o altrove per un attimo, per un'ora o per mesi interminabili. Uomini, donne, bambini, vecchi facevano ala al passaggio, gustando interiormente l'orgoglio della propria potenza, poiché sfilava la Vittoria, e chinava il capo di fronte alla religiosità maestosa di una adunata così eccezionale. Ho visto qualcuno abbozzare un segno di croce. Le bandiere, raccolte nel teatro di Serravalle, riposano adesso, affiancate e silenziose; o meglio, parlano con l'esposizione dei loro brandelli, con una eloquenza mu ta, come quella dei fiori che si ammassano sui piedestalli, lasciati lì, in piccoli mazzi, da un figlio, da una vedova, da un compagno d'armi. Nessun vessillo ne è privo. Do mani sfileranno tutti davanti al Principe di Piemonte e ai cuori della folla, anticipando in piccola misura l'apoteosi che li attende a Roma, più coreografica, certo, più imponente e più alta, ma nel cam po spirituale della stessa natura. I Caduti sono presenti Annotta. Il pallido sole autunnale ha lasciato, andandosene, un freddo sottile che rende più livida dell'or dittar io la cerchia dei mon ti. Monte Altare, monte Pizzo, col S. Martino, col Visentin, propaggini del Cansiglio, hanno freddo; finché non cresceranno gli alberi nuovi, piantati in gran copia dalla Milizia forestale, è inevitabile che queste nude e secche pendici rabbrividiscano al primo freddo Poi avranno la loro pelliccia di verde e di rami, e la guerra, per mezzo del Fascismo, sarà trasformata in una bella fortuna. Intanto... brr... si gela. Per poco tuttavia. Sta infatti avvenendo qualche cosa di nuovo. Sprazzi di luce bucano la notte, salgono fino alle stelle, si allungano, si raccorciano, sventagliano una luce azzurra limpida e festosa. Sono ' le fotoelettriche militari che giocano con il buio, quello stesso buio al quale una volta facevano da carabinieri e da spie. Seguono scoppi fitti, rapidi, secchi, sovrapposti, confusi in un rotolare unico, mentre un costone del monte Altare si ìaccende, sfavilla in un mare di uùce candida e cosi veloce che ' esplode in bioccoli ancora più can didi, più densi e gonfi, esplodenti a loro volta per adunarsi in una spuma di luce. Fuochi artificiali, limnidi reme. Vittoria. |Dalla piazza principale sale «si espande un coro di 600 voci di- refto dal maestro Sante Zanon, modulando canzoni di guerra: è)un canto dolce, triste, appassionato e fiero nello stesso tempo. Per suo merito i Caduti sembrano materialmente presenti e il cuore si stringe. Fermiamolo un attimo e chiudiamo gli occhi. Vittorio Veneto è tutta musica e luce. Poi, di vetta in vetta, si accendono cataste di legna, gli antichi fuochi di gioia; e i monti non hanno più freddo. Sorridono. ~ Antonio Antonucci