Albori italiani di Casa Savoia

Albori italiani di Casa Savoia Quello cHe resta ilei castelli antichi Albori italiani di Casa Savoia Fra le mura del maniero d'ftuigliana, sorto a baluardo contro gli infedeli, il figlio di Umberto Biancamano e la grande Contessa Adelaide iniiiauano la nuoua storia sabauda AVIGLIANA, ottobre. D'un pittoresco forte, sostenuto, denso d'intrecci rudemente sostanziosi, colorito d'epiloghi rapidi e drammatici, intessuto d'episodi leggendari in cui le gesta di intrepidi santi s'alternano con gli eroismi di quasi mitici principi, è tutto quel periodo che fra l'inizio del secolo decimo e la metà del Mille vede i Saraceni affacciarsi sulle Alpi Occidentali, occuparne e spadroneggiarne i valichi, irrompere gin per le vallate fino ai borghi della pianura padana a predare a distruggere a incendiare. I Saraceni sulle Alpi Pensate: i Saraceni! anzi i « Saracini », anzi i « Mori », quei medesimi dev'Orlando e della Gerusalemme, qui a taglieggiare i passi della Val di Snsa e della Val d'Aosta, a spogliare fra minacce e beffe atroci i vescovi ohe transitano per il Monte Giove col piccolo corteo di muletti carichi d'argento, a saccheggiare orrenda mente l'Abbazia della Novalesa mentre i pii monaci fuggono ver so Torino a chieder protezione avescovo Guglielmo, con i preziosi codici e le sacre reliquie! E davvero ci sembra di ritornare alla nostra infanzia, di risfogliare nella biblioteca del nonno, nei lunghpomeriggi domenicali, la Storia delle Crociate illustrata da Gusta vo Dorè, con quei truci guerriera grappoli sopra le torri d'assalto. cinto il capo dal gran turbante ] che in parte nasconde il cimiero \ acuminato, tutto il corpo coperto ' daUa cotta a maglia di ferro: egiù fendenti da spaccar le teste con spadoni a due mani fra nu goli di frecce, eh'è una bellezzavederli. Poi subentra una specie d'ingenuo stupore, che nasce da incongruenze etniche e climatiche e aiuta le contaminazioni favolistiche d'una storiografia desunta da incerti e monchi documenti. Co-\me si fa a immaginar degli Afri-\cani (dici Africa e vedi il cam-\niello, il palmizio, la distesa sab-'biosa) annidati fra le nevi della\Cenischia, appollaiati sugli scheg-'-gioni rocciosi della Valpelline? iInverni di sei mesi, geli polari.! Come dovevano batter dei denti'quei disgraziati « Mori » nelle spe-' onche di mal connesso pietrame^ a duemila metri d'altezza, in gennaio. Ed ecco infatti la stessa fan tasia dei valligiani quasi rifiutarsi ad ammettere una realtà tantobizzarra e chiamare in aiuto ilsimbolo, sostituendo il miracolo al-la pericolosa fatica d'una lenta li-berazione dei luoghi: e i Saracenidiventano mostri, anzi, un orribile mostro che infesta il Monte Giove, esige un sanguinoso rito di vitti- me per concedere il passaggio del colle; e Bernardo da Mentane, al- lora, animoso e santo arcidiacono d'Aosta, parte seguito da tutto il clero e dai giovani montanari più'arditi, arresta la processione a Saint-Rhémy, prosegue solo, e nel- l'infuriare d'una spaventosa bufé-,ra, tramutati in catene i lembi'della stola, fa prigioniero il demo-'ne, lo trascina impotente a valle.\L'antico Monte. Giove è ormai il colle del Gran San Bernardo. Sabaudi e Arduinici In Val d'Aosta il santo, in Val di Busa il guerriero. Chi decide di ripulire le sue terre dalla sciagu- rata orda di predoni saliti fino al'Moncenisio e al Monginevro (perUcompiere scorrerie nel basso) dal-hla colonia provenzale di Frassineto nel contado del Frójus dove i Saraceni s'eran stabiliti fin dal-',V890, forti in seguito dell'alleanza]di re Ugo di Provenza, è un principe anch'egli quasi leggendario, è quell'Arduino Glabrione — cosi era detto perchè non gli crescevan peli sul volto — citi già accennammo parlando della ròcca di Sparane, figlio del misterioso Rogerio venuto nella Contea d'Auriate dagli « sterili monti », già conte di intima bellezza ed un fascino sto rico profondo) d'Olderico Manfre di, poi marchese di Torino e padre delìa Contessa Adelaide la quale, nelle sue terze nozze con Oddone di Savoia, figlio d'Umberto BianTorino nel BJt2, e padre di quella Anchisa che sposando Dadone.conte di Pombia, avrebbe dato alialuce Arduino d'Ivrea, futuro Red'Italia e grande antagonista del-l'imperatore tedesco Enrico II. Ma Arduino Glabrione era anche l'avo (perdonatemi tutta questagenealogia che ha però una sua ,camano. doveva portare in dote al marito la Valle di Susa e le terrelimitrofe, primo possesso italiano, con la Val d'Aosta, della Dinastia Sabauda. Ecco dunque agli albori del Mille, in un'epoca misteriosa ella storia del mondo e solcata da uperstiziosi terrori e densa di venti decisivi per l'avvenire della iviltà, intrecciarsi sotto il segno ella predestinazione i rami di ilustri discendenze famigliari, preararsi tra Ivrea e Suso quella che arebbe poi stata la grande avvenura sabauda in oltre otto secoli i cammino verso la conquista delunità nazionale italiana. Il punto d'incrocio di queste corenti dinastiche, il nodo ove si tringono questi davvero fatali legami non è, come sarebbe oggi legittimo supporre, Torino, che del esto pur essendo capitale della Marca non superava allora dimoio i tremila abitanti: è piuttosto a Valle di Susa, «deserta e spo¬ potata » come testimonia il Chronicon Novallciense — iZ grande olco dal Moncenisio e dal Mongi nevro alle Chiuse, devastato dai Saraceni di Frassineto dopo esser stata pingue feudo dei monaci di Novalesa. « La vai di Susa nelle mani dei marchesi di Torino — ha notato il Oognasso — voleva dire una possibilità di rapporti politici fra i due versanti alpini»; ed Arduino Glabrione, che va considerato « uno degli organizzatori della vita politica e «ociaZe dell'Italia nord-occidentale», inizia la sua energica azione non di santo laico in lotta contro gli infedeli, ma di capo di Stato che vuol porre fine ad una situazione intollerabile; ed alla sua lontana nipote prepara quci saldo possesso territoriale che sarà il nido montuoso, di qua dal¬ le Alpi, alle aquile sabaude per il oro- volo italiano. La formidabile ròcca Base possente delle imprese mi- itart sorge così il robusto castel„ A,t„*..„„„.» _„* 7 ^^^J^J^^'^ ocato slM presso della valle; e sotto aZZa ròcca tZ borgo antichissimo forse d'origine gallica diviene un posto avanzato per l'opera di trasformazione economica della Val di Susa. Soltanto così si spiega tanta imponenza di mura, quassù a centoquindici metri sopra la casa natale del Beato Umberto III di Savoia, tanta vastità di spazi abitabili che si desumono pur dalle scarse rovine, tanta complessità e robustezza strutturale, vistbtZi ancora nei punti dove i ruderi affiorano dal terreno. Non il solito castelluccio baronale, dimora temporanca del feudatario e, in tempo di guerra, accantonamento di pochi militi a difesa del territorio soggetto; ma una tapace e formidabilmente munita fortezza a pianta ellittica accupante Z'intera superficie, d'oltre mille metri quadrati, della gran rupe d'Avigliana, ben difesa da alte torri quadrate e cilindriche, con cisterne per l'acqua e magazzini per viveri, ampie sale, cortili, predisposta insomma jn tutti i suoi clementi per sostenere all'occorrenza un lungo assedio. La sua concezione rivela „Mn mente ardita, lungimirante cd ambiziosa aitate doveva essere quella d'Arduino Glabrione, uomo sottile ed esperto di raggiri come dimostra il suo contegno all'assedjo dj Canossa quando, lusingando con chiacchiere l'assediatile BerenL,a,.j0) consigliava invece agli assedj„(j « di far USCjre dalla rocca, come fuggitosene, un cinghiale ben p(H,Cj,,f0 per mostrare agli assedianfi come quei di dentro fossero ampiamente forniti di viveri»; la sua costruzione denunzia la presenza di un architetto abile, capace di situare — come si vede da quanto resta in p{edi — ingegnose scalette nello spessore dei muri per permettere ai difensori di accorrere agli spalti senza esporsi alle frecce degli attaccanti. Questo ch'è uno dei più antichi castelli del Piemonte, fu senza dubbio anche ìina delle sue più gagliarde rocche forti. E nelle sue mura cer/0 ben spesso si rinchiusero schin- ,-c d'armati nella lunga guerra contro i Saraceni; e più d'una volta certo Arduino Glabrione discese da quest'altura alla testa dei suoi cavalieri per recarsi a combattere nell'alta Val di Susa. Cosi gli Arduinici aprivano le vis italiane ai Sabaudi. «In petto femminile racchiudi forza virile; come Debora, senza, appoggio maschile, da te sostieni ogni peso del governo », scriveva San Pier Damiani alla Contessa Adelaide, all'ultima grande Arduinica, evidentemente prima che diventasse contessa di Savoia sposando il figlio d'Umberto Biancamano. Dove viveva l'intrepida -■.me*®''- A ' i In questi spalti si rinchiusero schiere d'armati per la lunga lotta contro i Saraceni