L'imbarco a Cadice dei nostri Legionari di Riccardo Forte

L'imbarco a Cadice dei nostri Legionari L'imbarco a Cadice dei nostri Legionari La calorosa gratitudine della Spagna espressa dal generale Queipo de Liano (Da uno dei nostri inviati) Cadice, 15 ottobre. Il gran giorno è arrivato. Dal Valba, i reparti di volontari che partono per l'Italia hanno afilato attraverso le straducce che rigano quel gran blocco di gesso che è Cadice. Gli ultimi sono (/vinti qui nella notte. Dalla staxiòne sono andati direttamente al porto e sono saliti su una delle quattro navi italiane ormeggiate al molo principale. I soldati e il popolo Tutto è pronto per la partenza. Bui vapori la truppa si è disposta come in grandi caserme galleggianti. I vascelli brulicano di uoviini. Larghi alti e tozzi, i quattro bastimenti ormeggiati, uno fra l'altro, per lungo, occupano cinquecento metri di molo lungo i quali si sente parlare e ridere in italiano. Lontano vegliano le navi da guerra della divisione navale che scorterà i piroscafi, durante il viaggiò. I loro contorni sono lievemente sfumati dalla caligine che si leva all'orizzonte. Lo scenario è paradisiaco. Cadice è un isolotto collegato alla penisola iberica da un istmo di pochi metri di larghezza, appena quel tanto che basti perchè ci passino una strada e una ferrovia. La cittadina è un mucchio di case bianchissime traversate da strade strettissime formicolanti di gente popolana cordiale, chiassosa, pronta allo scherzo ed alla fantasia quanto indolente. La giornata di oggi è giornata di festa, la « Fiesta de los Italianos ». La gente, è tutta nelle strade. In un grande spiazzo che si apre all'entrata della città si sono ammassate a poco a poco le colonne legionarie. Scendono dal piroscafo ordinatamente, silenziosamente, marciano per il viale lungo il mare e rianno a raggrupparsi. Il sole è accecante. Il cielo è azzurro come in una delle più belle giornate di primavera. Un bianco aeroplano italiano sorvola la spianata. Migliaia e migliaia di abitanti di Cadice si radunano dinanzi allo tribuna preparata per i generali. La truppa è ora al completo. Sono le undici. Nella tribuna salgono il generale Millan Astray, il generale Queipo de Liano comandante dell'esercito del Sud, cinto della sciarpa rossa del comando, il generale Berti, l'ambasciatóre conte Giudo Viola di Campaltò. Millan Astray si avanza rapidamente verso l'orlo della tribuna e con voce stentorea, con quel suo gesto diretto ed esaltato come tendente sempre ad uno scopo lontano, il mistico dell'Esercito spagnolo annunzia ai legionari italiani, in nome di Franco, il riconoscimento a tutti loro del diritto di fregiarsi del distintivo della Legione spagnola da lui fondata. I nostri volontari sono così membri onorari del glorioso u.Tercio ». Il saluto della Spagna Queipo de Liano parla a sua volta. Esprime a nome dell'Esercito spagnolo e del suo Capo, a nome della Spagna tutta, la gratitudine verso questi pazienti tenaci eroici nostri soldati: « Io vi manifesto la riconoscenza cui avete diritto per l'aiuto che l'Italia ci ha recato. Nessuno spagnolo degno di questo nome potrà mai dimenticare o misconoscere questo debito contratto. Noi ci rivolgiamo in questo momento col pensiero reverente verso quel flenio della ctviftd latina che tutti nel mondo ammirano o temono, il signor Benito Mussolini. « Voi veniste qui in servizio di un ideale e il vostro gesto fu come una dimostrazione attiva della solidarietà che lega gli uomini di onore. Il vostro arrivo in Spagna fu in un certo senso la replica logica alla venuta dietro le mura di Madrid delle brigate internazionali costituite dalla feccia dei popoli. Voi veniste per lottare per un ideale; essi per istinto di rapina. Vi dichiaro, in nome del Capo e a mio proprio nome, che avete compiuto perfettamente la missione che vi siete proposta. La Spagna è soddisfattissima del vostro comportamento. « Potete andare in Italia con la fierezza che produce il sentimento de. dovere compiuto. Avete dato la vostra partecipazione alla lotta per la vera libertà, per il ■mantenimento della civiltà occidentale, per la dignità dei popoli. Siate certi che la gratitudine delJg Spagna sarà eterna. Troppi fiotti di sangue italiano hanno bagnato questa terra, da Malaga a Temei, da Santander a Castellon, perchè noi possiamo dimenticare. «A questo affetto verso l'Italia, la Spagna si offre con tutta la sua anima. E' come la Cenerentola che, disprezzata dai suoi, si dà con tutto il cuore al principe del sogno che una volta la rive ò a se stessa. Mussolini è stato per la Spagna il principe - del sogno che l'ha compresa quando altri l'avevano dimenticata o dispreizata. Perciò, o Legionari italiani, allorchè al vostro ritorno in Patria esprimerete i sentimenti che nutrite verso l'Uomo cui si 6e;e che oggi da Roma si dettino al mondo nuove norme di diritto come in epoche preterite, siate certi che qui, in Spagna, saremo associati alla vostra gioia e grideremo con tutta la forza dei nostri petti: «Duce, viva l'Italia e il Re!». La rivista Dopo questo commiato vibrante, che ha visibilmente commosso i nostri legionari, è cominciata la rivista delle forze partenti. Uno dopo l'altro, i baldi battaglioni sfilano volgendo il cago verso la tri buna dove sono i generali. L'entusiasmo della folla non, ha più limiti. Il grido « Duce! Duce! » si rinnova ad ogni passaggio di gagliardetto, mentre miriadi di braccia si alzano nel saluto romano. Millan Astray, col volto acceso dall'esaltazione, bucherellato dalle pallottole, cosparso di cicatrici, rappezzato come un vecchio abito, muove l'unico braccio, il destro, al ritmo delle musiche che battono il passo dei Legionari. E il vecchio soldato, incarnazione leggendaria senza pari delle virtù militari, vibra come uno strumento delicatissimo al passaggio delle truppe, ne sottolinea, ne « vive » ogni particolare. Gestisce, ordina di accelerare i tempi della musica, di accorciare o allargare gli intervalli fra i reparti, dirige e segna il passo della sfilata con istintiva, irresistibile e simpatica invadenza. Accanto a lui, Berti e Queipo de Liano sorridono sereni ai soldati con quella aria paterna e fiduciosa che suscita più che imporre la disciplina che è comune ai due capi. La cerimonia è finita. La Spagna ha dato congedo ai diecimila volontari italiani che vennero a difendere le norme della vita cristiana, civile ed umana minacciate dal più fosco terrorismo che una rivoluzione abbia mai suscitato nel .mondo. Essi ripartono stanchi ma forti di una coscienza intemerata, di un purissiino passato militare. Poche o nessuna spedizione militare fu così disinteressata, così improntata di discrezione, di rispetto per il paese alleato, di generosità sostanziale quotidianamente applicata nei riguardi dei vinti. I combattenti rossi che sono caduti nelle mani dei Legionari italiani durante le battaglie vittoriose di Malaga, Bilbao, 'Santander e le tante altre non hanno potuto rimproverare ai nostri combattenti un solo eccesso, una sola mancanza alle leggi della guerra, alla cavalleria che in questa terra che ne fu culla gli italiani hanno applicato ed insegnato. Questa porzione dell'.Esercito legionario che rimpatria lascia in Ispagna qualche cosa di più che la semplice riconoscenza per l'aiuto prestato nell'equilibrare a vantaggio dei Nazionali il rapporto delle forze; lascia il ricordo buono, odoroso, sostanzioso come il sapore del pane, della gente per bene. Della Italica gens. Riccardo Forte