Le indagini a Roma

Le indagini a Roma Le indagini a Roma La movimentata esistenza dell'ebreo milionario - Come sono caduti in trappola e come hanno confessato i complici Roma, 7 ottobre. A mano a mano che le indagini approfondiscono la turpe faccenda del contrabbando del milione, emerge sempre più sinistramente la misteriosa attività affaristica del « deus ex machina » di questa criminosa organizzazione, l'ebreo Renato Sacerdoti. Quante mai cariche, quante complesse e burbanzose mansioni egli aveva, quanti affari, quanti legami formavano 11 substrato della sua vita straordinariamente movimentata, lussuosa e misteriosa, soltanto ora comincia la cronaca a rivelare. Un uomo che viaggiava molto Era uno di quegli uomini perennemente indaffarati, sempre in procinto di partire, sempre gravati da un pondo di onerosissimi affari. Era uno di quegli uomini per i quali sono necessarie una valigia perennemente pronta e a portata di mano, una cabina di vettura-letto prenotata,, un'automobile col serbatoio pieno di carburante e col possente motore sempre pronto a divorare migliaia di chilometri, un passaporto colmo di visti di entrata e di uscita dalla frontiera; vasto era indubbiamente il campo di azione di questo uomo d'affari, sempre sorridente sempre frettoloso sempre inappuntabile, sempre alle prese col telefono che, in fondo, era il suo principale strumento di lavoro. Era insomma, il giudeo Sacerdoti, un uomo che viaggiava molto, l'uomo che sa viaggiare. Tra il giugno e l'agosto ultimo scorso, non meno di una ventina di volte, il giudeo.affarista era.-uscito dall'Italia ed èra rientrato nel giro vorticoso dei suoi affari. Era andato ad Atene, a Rodi, a Montecarlo, in Francia, sempre con una gialla e vistosa borsa .di pelle di bulgaro gonfia di fascicoli di pratiche di memoriali di verbali, perchè il Sacerdoti consigliere consulente membro di numerose società, una delle quali di carattere minerario, aveva mille faccende da sbrigare all'estero. E' su tutta questa attività affaristica complicata e non chiara che la polizia romana continua a fissare la sua attenzione facendone oggetto di particolari indagini. Cosi si è parlato del contrabbando di gioielli per il valore di due milioni. Il fatto che risale al 1936 viene oggi ricordato, perchè non apparve chiaro allora e può oggi essere meglio lumeggiato alla stregua delle odierne indagini. Quale parte precisa ebbe nelle vicende il Sacerdoti? Di chi erano i gioielli ? Su questo punto potrebbe forse essere utile che parlasse un noto gioielliere romano; chissà che egli non possa illuminare anche sulla faccenda del gioielli la polizia italiana. La chiave del mistero Per poter accertare le nuove responsabilità nel turpe affare del contrabbando di valute e di con seguenza procedere ai nuovi senr sazionali arresti dei complici del terzetto Godi di Godio-Sacerdoti, l'autorità di Pubblica Sicurezza è stata messa sulle buone tracce oltre che dalle ammissioni della marchesa avventuriera anche dalle reticenze del marito di lei, marchese Godi di Godio. La figura di quest'ultimo era apparsa finora quasi in una discreta penombra, mentre è risultato, su dati di fatto assolutamen te inequivocabili, che i misteriosi mandati ai quali aveva fatto accenno la Godi di Godio nel suo interrogatorio, allorchè aveva detto che il denaro non era suo ma di terzi, agivano per il tramite del marchese stesso, che, non solo era al corrente della losca missione della moglie, ma egli stesso le ave va affidato ingenti somme che delittuosamente dovevano essere esportate. Allorchè i funzionari si reca rono all'Albergo Excelsior, dove i coniugi hanno la loro abituale dimora, il marchese, che non era ancora informato degli sviluppi del dramma, attendeva notizie dalla moglie, che credeva a Torino. NelPapprcndere che la marchesa era stata arrestata ed internata alle Mantellate in seguito a sue confessioni, ebbe come uno scatto. — Ma non può pagare le coi pe di terzi! Accompagnato in Questura, i. marchese fu a sua volta sottoposto ad abile interrogatorio. Continuò nel negare gli addebiti alla marchesa facendo capire che se aveva agito, lo aveva fatto In buona fede, perchè tratta in inganno da terze persone. Naturalmente la storiella npn fu creduta, perchè la malafede della signora appariva ormai chiara dal suo precedente interrogatorio. Per quanto incapace di allontanare da sè l'aucima, il marchese volle mantenere il silenzio più ostinato sul. mandanti e complici dmotabmcdlacmtetrmtitopctatatiggmtunvnecztasplaQnmpoqnimsCtl'gladcdcldsgatngaslccttmdrvsdamndpcGcb a e e ù i di questi. Apparve chiaro un elemento, e cioè.che il marchese con ogni probabilità non aveva trattato direttamente col mandante, bensi attraverso i di lui agenti che mantenevano i contatti col marchese Godi di Godio. Era necessario trovare la chiave di volta del mistero; vale a dire la personalità dell'Intermediario che aveva consegnato il denaro al marchese. Cominciò allora da parte della polizia un lavoro che potrebbe paragonarsi ad un ricamo. Nessuno, nè l'ambiente direttamente interessato nè altri ambienti, sospettò fino all'ultimo momento che la polizia agisse intorno a presunti complici tenendoli d'occhio. Una azione oculata e discreta, questa, che provocò l'errore fatale, da parte del giudeo Sacerdoti, responsabile principale, in seguito al quale errore fu possibile gettar luce sui complici nel tradimento. L'azione precipitò quando tutto era pronto e quando ormai non esistevano più dubbi. I colpevoli, stretti in una cerchia di ferro non avrebbero più potuto sfuggire e non sfuggirono. Nell'abile rete cadde il colpevole principale, senza quasi accorgersi dell'errore fatale che aveva commesso inconsciamente. L'intermediario L'altra sera, e precisamente nel pomeriggio di mercoledì, accumulati tutti gli elementi, la nostra Questura agì con pronta decisione. li Questore Palma — assai conosciuto pure a Torino, dove comandò la Squadra Mobile —~ che personalmente aveva diretto le operazioni, dette ordine di agire quando nessun dubbio ormai rimaneva sulla colpevolezza degli altri implicati secondari e principali. Fu così improvvisamente arrestato nella sua abitazione, in via Condotti 81, il conte Benedetto Orta di Torre Uzzone. Era questi l'intermediario che aveva consegnato ai marchesi Godi di Godio la ingente somma da esportare. Come si vede, l'azione dei traditori era stata condotta con una certa abilità, si potrebbe dire con diramazioni di carattere massonico, senza, cioè, che trapelasse all'uno ed all' altro, la personalità del principale responsabile. Fu, in certo qual modo, questo sistema dì carattere prettamente giudeo e massonico, questo sistema a compartimenti stagni a insospettire maggiormente la polizia, che nell'affare esistesse lo zampino giudaico. Il conte Orta di Torre Uzzone aveva, a sua volta, ricevuto la somma con l'incarico di passare l'ordine di tradimento alla marchesa Godi di Godio, da una sua cugina, la contessa Giovanna Orta di Torre Uzzone. Questa ultima infatti eseguiva l'incarico, ma ebbe cura di mettersi immediatamente in salvo oltre frontiera. Attualmente la contessa si trova in Francia, dove attendeva l'esito di tutta la faccenda per guadagnare il premio per cui aveva accettato di far parte del tradimento. L'incarico ricevuto dalla cugina fu assolto dal conte Benedetto di Torre Uzzone alla vigilia della partenza per Brusselle della marchesa Kay Violetta, in Godi di Godio. A questo punto fu, in un certo qual modo, facile trovare il bandolo della matassa. Lo si trovò nella sera stessa di mercoledì quando, contemporaneamente all'arresto del conte Orta di Torre Uzzone due funzionari comparvero allo studio di un ragioniere che era il Procuratore del giudeo Sacerdoti. L'arresto di questo ragioniere, Francesco La Cava, avvenne semplicemente cosi: — Siete in arresto — dichiararono i funzionari, quando il colpevole comparve in loro presenza. Un tentativo malcelato di dimostrare meraviglia; poi la solita dichiarazione: — Io non c'entro in niente. Un ragioniere che si tradisce — Bene, risposero i funzionari. Allora non avete nulla da temere. Senonchè, quando fu in Questura, la emozione vinse la scaltrezza ed il ragioniere si tradì subito: — Non perdiamo tempo — consigliò allora il funzionario inquirente. — Tanto ormai tutto è chiaro. La contessa ha parlato ! — Ma se è in Francia — balbettò il ragioniere. — Chi è in Francia? — Vedete che sapete qualche cosa di interessante, allora!... Il ragioniere rimase come stordito della sua stessa ingenuità. Poiché i funzionari non avevano fatto nessun nome di contessa, ma avevano detto semplicemente « la contessa ha parlato > l'esclamazione era ormai una confessione Un¬tssszds o a a ¬ to più completa, perchè fatta di sorpresa, senza che alcuno l'avesse in modo esplicito richiesta. Era inutile perdere tempo In scenate e in proteste di innocenza. Il La Cava lo capi a volo e fece la sua confessione completa: dichiarò che aveva consegnato, d'ordine dell'agente di cambio Sacerdoti, di cui era procuratore di ufficio, la somma di 1.053.000 lire alla contessa Orta di Torre Uzzone, che, a sua volta, affidò la somma al cugino perchè la consegnasse, alla vigilia della partenza per Brusselle, alla marchesa Godi di Godio, tramite il marito di questa. Che faceva nel frattempo l'artefice principale di questa ignobile macchinazione, l'ebreo Sacerdoti? Ulteriori sviluppi Egli si trovava tranquillamente a Cuneo — di qui la prima errata notizia del suo arresto colà — dove lo raggiunse la notizia della scoperta del milione di lire italiane nello scompartimento della vettura-letto del rapido di Parigi. Ma la notizia gli arrivò senza i nuovi sviluppi. Lesse difatti che la marchesa Godi di Godio era stata rilasciata in libertà dopo la sua dichiarazione che il milione non le apparteneva. In tutti i casi era meglio che si perdesse il milione anziché venissero alla luce più gravi cose. D'altro canto il Sacerdoti era troppo sicuro della sua organizzazione. Aveva concluso l'affare con tutta sicurezza per sè. Alla peggio qualcun altro avrebbe pagato per lui. Ora si trattava di far tacere l complici. A questo avrebbe pensato con un po' di denaro. In quanto al denaro perduto avrebbe ben saputo rifarselo. La Questura di Roma con la sua azione silenziosa, con 1 suoi passi sicuri ma ovattati, lo lasciò in questa Illusione. Il Sacerdoti, se avesse fiutato il vento infido, avrebbe passato la frontiera al momento giusto; e salvo lui, salvi tutti. L'indomani si assicurò che nulla fosse trapelato del tradimento da lui organizzato e, quando ne fu ben sicuro, prese il treno e da Cuneo venne a Roma per salvare il salvabile. L'ingordigia dell'oro, la fascinosa voce del guadagno lo attrasse nella trappola. Niente era trapelato fuori degli ambienti della Questura strettamente interessati della faccenda, sicché nessuno avrebbe potuto mettere in guardia il giudeo, il quale fu visto partecipare con assoluta tranquillità esteriore ai funerali di un suo amico ebreo deceduto in quei giorni. Ma ormai era caduto nell'abilissima trappola che la Polizia gli aveva preparato e quando cominciò a fiutare il vento infido era troppo tardi. Allorchè fu arrestato dai funzionari della Questura di Roma ebbe un solo gesto, quello di ritrarre le mani e di supplicare: — Non mettetemi le manette: Poi riprese la sua aria arrogante e sicura. Tuttora egli si mantiene sulla negativa, senza curarsi affatto della sorte dei suoi complici più stretti e delle persone legate a lui e da lui compromesse. Ora adopera tutti gli sforzi per non tradirsi. Ma è ormai troppo tardi. Il Sacerdoti, ricchissimo, era stato arrestato nella sua abitazione in Prati, in via Pompeo Magno n. 9. Dal suo arrivo a Roma fino al momento dell'arresto egli non aveva sospettato neppure per un attimo di essere sorvegliato e abilmente tenuto d'occhio. Ma l'operazione di polizia, condotta personalmente con grande abilità dal questore Palma, è nel suo pieno sviluppo. Risulta che è stato fermato anche il noto avvocato romano Burali d'Arezzo di Ernesto, nato a Giulianova (Teramo) il 10 novembre 1899, nei cui confronti proseguono gli accertamenti perchè non lo si.ritiene estraneo al fatto. Il Burali, tìglio di un alto magistrato a riposo, è Il legale del Sacerdoti e il suo nome sarebbe stalo fatto da uno dei complici del Sacerdoti stesso. Un comunicato del sindacato fascista avvocati e procuratori precisa che il Sacerdoti non ha mai appartenuto all'ordine degli avvocati di Roma e tanto meno al sindacato fascista avvocati e procuratori di Roma, nè consta che abbia mai avuto il titolo di avvocato. La marchesa Godi di Godio si trova alle carceri delle Mantellate in via Giulia, dove occupa una cella a pagamento. Altre celle a pagamento sono occupate dai suoi complici che si trovano nelle carceri di Regina Coeli. Tutti sono sottoposti a speciale sorveglianza degli agenti di custodia. Pare che fra la marchesa e i suoi complici, che hanno subito vari interrogatori, siano avvenuti confronti che avrebbero avuto momenti di granIda drammatica.*. cmruinpglctCreseenQdtnmntrgctplGsssvrsrazGupzm