L'ardente saluto di Vicenza al Duce

L'ardente saluto di Vicenza al Duce NEL CUORE DEL VENETO LABORIOSO E GUERRIERO L'ardente saluto di Vicenza al Duce Un9altra trionfale giornata tra grandi masse di popolo acclamante - Vimpetuosa adunata in piazza dei Signori - // viaggio del Condottiero nel Veneto si conclude oggi a Verona Nei luoghi sacri della guerra Sull'Altipiano del Sette Comuni (Da uno dei nostri inviati) Vicenza, 26 settembre. Se la visita a Belluno è stata, nel trionfale viaggio del Duce, come una parentesi di poesia, sia pure epica, rovente come tutto il clima che Lo circonda, il percorso odierno da Belluno a Vicenza, attraverso i sacri luoghi della guerra, venne compiuto dal Capo come un pellegrinaggio; Egli è passato nelle vallate ed è salito sui monti i nomi dei quali sono ben presenti nel cuore e nella memoria degli Italiani, come se compisse un voto o come se, entro se stesso, un altro ne formulasse, solenne. Bimbi e bimbi Almeno così ci parve osservando il Suo volto più severo più chiuso, ancorché il sorriso della bontà con cui Egli accoglie l'infanzia, allorchè Gli viene incontro, a tratti lo illuminasse; e questa vaghissima terra veneta, di bambini ne adunò siepi e aiuole al Suo passaggio; bambini della pianura composti con agile eleganza nelle belle divise, bambini della montagna sagomati alla buona, con le guance accese e gli occhi spalancati, raccolti nei paesi in folti gruppi o solitari sui fianchi dell'Altipiano d'Asiago, piantati sui declivi come alberelli, colorati dal tenero viola delle prime «freddoline », circondati dalle mandre da pascolo, stagliati sullo sfondo dei cieli alti e delle amiche cime dirute, che i piccoli piedi già conoscono e sanno scalare. Il Duce non aveva certamente bisogno di compiere questo viaggio per saggiare l'anima della vecchia e nuova generazione fascista e soldatesca, ma sta di fatto che dal mare al monte il marinaio e l'alpigiano Gli hanno mostrato a nudo le loro anime ricche . per qualsiasi dono. Eppure qui, tra le festanti popolazioni, il Duce compie serenamente il Suo viaggio attraversando paesi colmi di gioia: uomini, donne e bambini protendono verso di Lui le braccia come volessero stringerseLo al cuore e alzano verso il Suo i loro volti raggianti di gioia. Dove Egli passa si allarga un solco di serena sicurezza, si forma una scia spumeggiante di riconoscente speranza. Ho notato due scritte, una scaturita dal sentimento popolaresco, che è il più sincero, di una piccola frazione e che dice: « Duce, fermati con noi almeno un minuto»; e l'altra, dettata da Lui per la felicità della nostra terra benedetta, viene incontro al viandante scaturendo dal verde cuore d'una foresta: «Io voglio bene agli alberi, conservateli ». Leggendola mi è parso che la possente figura di quest'Uomo che Dio ci ha datò,' uscisse dal folto del bosco, tutta intrisa e vibrante delle occulte e divine forze che reggono i meravigliosi fenomeni naturali. Bambini e alberi e fiori sono congeniti nell'animo di Benito Mussolini, come il ritmo solenne di due sinfonie, come per esempio l'« Eroica » e la « Pastorale », che l'una e l'altra esaltano la forza eterna dell'uomo e della natura: espressione del gigante che cammina tra i fiori senza calpestarli, che porta in sè la carezzevole voce del flauto e lo squillo delle trombe guerresche senza che stridano alzandosi insieme dalle profondità umanistiche della ragione e del sentimento, della delicatezza e della forza. E' forse perchè non riesco a gittare dalle mie spalle lo zaino affardellato dell'alpino, ma oggi come non mai ho provato una intensa felicità, una incontenibile emozione seguendo il Duce per le zone di guerra che tanti anni fa ebbi l'onore di presidiare. Ebbene, voglio confessarlo, ho un solo cocente rimpianto: quello di non avere vissuto almeno per un'ora accanto a Lui in trincea. Sento che sarei stato migliore e. più degno della mia missione. Ma questa mattina, senza dir niente a nessuno di questa mia felicità, nascondendola come una superbia della quale arrossivo, ero fiero, pur nella mia umiltà di cronista, di correre nel solco che la Sua macchina tracciava per le strade che percorsi venti anni or sono. Sull'altipiano d'Asiago Da Feltre, la prima città che il Duce ha veduto ed ove era arrivato verso le 8, e dove si era soffermato per inaugurare il nuovo grandioso ospedale di Santa Ma ria del Prato, il viaggio vorticoso ha proceduto per le strade della gloria delle nostre Armi. Seren del Grappa; Solaroli, Fonsaso, Ar ten, Arsiè, Primolano, Cismon del Grappa, Bassano, ove Egli si ar resta per visitare l'Ossario dei Martiri della grande guerra, e di qui inerpicandosi per la rinnovata arteria che audacemente taglia il monte a mezza costa, arriva sul l'Altipiano d'Asiago. Siamo in pieno teatro di guerra e il Duce discende dalla macchina e si arresta e abbraccia con lo sguardo il grandioso panorama che Lo circonda. Gli episodi di questa luminosa'zssdmdgvfagmvindpzpmstOsobcmbcabgfsmssziccuscTgidvdqssgfPqtcAsqpstssdnqadrllCqLdlpggCnmj a o a e r o l o o a n l i i a l a a o a a' zona di operazioni sono ancora scritti sulla terra dalla calligrafia serpeggiante delle trincee. Il verde dei pascoli è diviso profondamente dalle lunghe ferite bianche dei camminamenti. Il Duce segue con l'occhio i cigli erbosi che una volta soffocavano sotto il peso rotondo e gonfio dei sacchi a terra; Egli sa che, ad ogni metro, quivi erano appoggiate le canne dei fucili e delle mitragliatrici; Egli sa, per aver veduto, come gli uomini si davano in olocausto alla Patria discendendo nei solchi profondi per non più rialzarsi; Egli ascolta il silenzio che dilaga sull'altipiano appena ondulato che un tempo, per molto tempo, fu squarciato dallo scoppio delle granate e dei proiettili di cannoni di tutti i calibri. Ove ora sbocciano i fiori campestri, s'alzavano fiamme e fumo; ora le Sue amate foreste appena bisbiglianti sotto la carezza vivace del vento, nei lontani e non dimenticati giorni, ardevano come bracieri e gli alberi, i begli alberi cadevano uno sull'altro feriti o abbattuti dalla rabbia del piombo. Sulle ombre trasparenti e lunghe che il sole ricava tra fusto e fusto, polverizzando la sua luce sul muschio e sull'erba, s'addormentavano per sempre i nostri soldati. Attraverso le vallate L'Italia, dopo tanti vittoriosi sacrifici di sangue è stata « sanzionata da cinqùantadue Nazioni ». Oh sì, Duce; quant'è vero che i nostri avversari d'oltre Alpe non ci conoscono o fingono di non riconoscerci più. Avrei voluto che un solo di questi « stupidi » avesse veduto la donna in gramaglie che s'è gettata ai Tuoi piedi e che Tu hai rialzata. Era bianca e rigida come una statua di marmo, il suo cuore era colmo dei cuori di tutte le donne italiane. Avrei voluto che uno di codesti « stupidi» avesse visto il gesto con il quale dodicimila operai Ti offersero un album d'argento con incise le ferme firme, le firme di un giuramento. Essi, gli avversari d'oltre Alpe, fingono di averci dimenticati. Perchè questa mattina non uno di questi smemorati Ti seguì nel tempio dell'Altipiano d'Asiago che custodisce cinquantamila salme ? Avrebbe veduto il Tuo volto chiuso e severo, il Tuo gesto con il quale Ti scopristi, osservato il Tuo procedere lento e silenzioso e pensieroso. Non uno di essi ha raccolto l'altissimo grido della folla che risponde alle Tue domande. Non sanno, o Duce, che cosa hai fatto di noi attraverso le dure sanguinose e vittoriose esperienze di quattro guerre. Dall'Altipiano d'Asiago, dopo avere apposto la firma al registro dei visitatori dell'Ossario, il Duce riprende la Sua corsa attraverso le vallate vicentine. Ed ecco profilarsi alta nel cielo la massa caratteristica del Monte Cimone, che sovrasta e domina la quieta ubertosa Valle dell'Astice Lassù i fanti e gli alpini, attendendo impavidamente la mina che l'avversario scavava sotto ai loro piedi, ne subirono lo scoppio fragoroso, alcuni reparti volarono nel burrone che avevano alle spalle. Gli altri, i superstiti del Battaglione « Valle Leogra » sotto la Croce del Redentore, finite le munizioni, difesero e arrestarono la marcia dell'esercito avversario a colpi di pietra. Dall'altra parte della vallata sul Monte Cengio, i granatieri, tutti i granatieri, morirono sulle trincee che nessuno riuscì a scavalcare. Dal Prioforà, il monte che strapiomba sulla Montanina, la umilissima casa romantica di Fogazzaro, S. M. il Re Imperatore assisteva all'epica lotta. I nostri nemici d'oltre Alpe hanno tutto dimenticato. O sciagurati, senza memoria. II Duce prosegue nelle sue visite alle vallate vicentine e si ferma a Schio, per brevissimo tempo, verso mezzogiorno, e di qui riparte per Valle Leura, Val Pasubio dalla quale arriva a Recoa ro. E quindi ridiscende per la Val le dell'Agno attraversando Cornu da, Castel Gomberto, Montecchio e Tavernelle, arriva a Vicenza, tappa finale di questa Sua sgroppata per i monti e le valli delle nostre più fulgide vittorie. La cronaca completerà questi miei poveri appunti, scritti con il cuore pieno di, ricordi sui quali è salita la marea entusiastica che il Duce ha sollevato nelle popolazioni. E' impossibile abbandonarsi alle memorie, tanta è l'urgenza del momento presente. Abbiamo, tutti quanti, perduto il senso di noi stessi, e ci sentiamo smarriti, travolti nel turbine dentro al quale stiamo passando. Domani Verona in armi concluderà quésto viaggio indimenticabile del nostro Capo. Burro o cannoni? Cannoni, Duce, cannoni. Il Popolo italiano è con Te, corjpo e anima. IDtErnesto Quadrone venebialrilel'rolaqrimPBevCgtedepdgledrnsùnetedinacpebslalodnccMtmmppltOcbcdcrotdscttslpclulcmggTpgsccmvaasp IL DUCE A SCHIO A «CORDIALE COLLOQUIO CON LE MADRI E VEDOVE DI GUERRA.