UN'ALTRA TRIONFALE GIORNATA DEL DUCE di Marziano Bernardi

UN'ALTRA TRIONFALE GIORNATA DEL DUCE UN'ALTRA TRIONFALE GIORNATA DEL DUCE Dal golfo di Trieste all'altipiano carsico tra la fiera esultanza del popolo giuliano Significativa cerimonia italo-jugoslava alla frontiera - La superba sfilata della Milizia L'austero rito al cimitero dì Redipuglia e la visita ai grandi cantieri navali di Monfalcone OGGI MUSSOLINI PARLERÀ' A UDINE 31 Bono della il saluto del Capo Draua reca al Duce del Gouerno jugoslauo (Da uno dei nostri inviati) Trieste, 19 settembre. Dopo la trionfale giornata di ieri che, per le grandi parole pronunziate in piazza dell'Unità, a chiarire limpidamente la situazione internazionale nella sua ora più grave, a determinare perentoriamente il contegno dell'Italia in questo urto di eventi e forse anche più di idee, già si può definire storica, in ogni altro Paese, non educato, come il nostro, al dinamismo del Regime e del suo Duce, qualsiasi città avrebbe chiesto una sosta. Il risveglio di Trieste è stato invece impetuoso, seppure possa dirsi risveglio questo schiarirsi dell'alba su una popolazione insonne, che per quasi tutta la notte aveva ' continuato a percorrere strade e piazze, dal porto, dove le navi da guerra splendevano di' tutte le loro luci, su su fino al colle di San Giusto, elettrizzata ancora dal possente discorso, dalle frementi adunate e, soprattutto, da questa presenza, per tanti anni ambita e invocata. Un'ora memoranda Erano appena le 9 quando, correndo verso Banne, dietro al fulmineo corteo presidenziale, ci si apprestava a seguire la cerimonia inaugurale di quella splendida'Colonia della Federazione triestina, e già tre itifportantissimi atti da Lui erano stati compiuti: la posa, in piazza Oberdan, della prima pietra della Casa della G.I.L.; la visita e l'omaggio, nella Casa del Combattente, alla cella ove Guglielmo Oberdan visse gli ultimi istanti della sua vita mortale; il solenne atto-di fondazione-di quella Università completa degli Studi, la cui promessa, ribadita con così alte parole, risonò ieri dall'arengario di piazza Unità. Tre atti, tre momenti, tre aspetti egualmente fervidi della vita dello spirito fascista. Il costante rammemorare ed esaltare quelli che per i primi tutto offersero di sè stessi a un'idea che oggi è diventata realtà concreta; il costante curare l'educazione militare dei giovani, il non meno attento seguire la formazione sempre più completa delle loro intelligenze. Il significato di questi riti è stato compreso pienamente dal popolo triestino, l'entusiasmo ancora una volta è esploso incontenibile; ancora una volta è stato salutato nel Capo, con tumulti di applausi, con inuocazioni appassionate, Colui che, ora per ora, di opera in opera, forgia e tempra l'anima intera della Nazione. Di fronte a manifestazioni di tanta imponenza, la cronaca sfugr ge, i particolari dileguano. Che piazza Oberdan abbia rinnovato il festoso aspetto dì piazza dell'Unità, con la spettacolosa adunata di folla, col variopinto stendersi di bandiere, di drappi e di vessilli, ormai meno conta.. Conta quel gesto simbolico del Duce che, con la cazzuola spalma di calce il masso, dentro vi cementa la pergamena che poc'anzi ha firmato, assiste attorniato dai suoi Ministri alla benedizione vescovile; conta quel Suo passai-e in rassegna, quasi ad uno a uno, quasi nel volto e nell'anima di ciascuno, figgendo il Suo sguardo penetrante, i combattenti della grande guerra, come per saggiarne la tacita fiera promessa. E poi il Suo commosso sostare nel Sacrario dei Caduti e dei Martiri fascisti, il Suo omaggio al monumento di Oberdan, il Suo pensoso raccoglimento in quella cella; conta infine, lassù allo Scaglietta, .ti Suo aperto e giovanile sorriso a tanti giovani acclamanti, che da Lui e per Lui, vedono esaudito, con la fondazione della Città Universitaria, un sogno di più complete possibilità culturali e più intense affermazioni. Qui, su questa terra di confine della genialità e della civiltà italiana. Un'ora sola, ma un'ora memoranda, un'ora che rimarrà scolpita nel cuore di Trieste, così come chiusa nella pietra è l'epigrafe che consacra questo nuovo faro del nostro sapere. E ancora non si era spenta la eco di quel goliardico tumulto di gioia, che già Mussolini ricontemplava da Banne, erto e lontano, come uno scoglio rude, il dosso possente di Monte Nevoso. Percorso di indicibili bellezze naturali, sull'asfalto della stupenda stra'da sulla quale corre velocissimo il corteo presidenziale, fra un rombo di motociclette che le ovazioni della jolla, da paese a paese, ricoprono col loro anche più alto fragore. Fra i 300 bimbi di Banne E' cosi che Opicina è tutto un riso di bandiere e di archi trionfali sopra le formazioni fasciste schierate al passaggio; e cosi Banne esprime il suo orgoglio di possedere la splendida colonia intitolata ai Principi di Piemonte. Per una- strada- ohe a destra si sglsirffis stacca dalla Nazionale, il Duce vi giunge che da poco sono passate le 9. Trecento bimbetti, in magliette e pantaloncini da ginnastica, sono lì che attendono, frementi di impazienza, ansiosi di far scattare, sul « presentatami » il loro finto moschetto, di cui sono tanto fieri. La cerimonia è semplice, ridente, lietissima. Il Capo qui si sente padre, il gran Padre di tutti i ragazzi italiani. Penetra, sorridente, nel lindo edificio, tutto lo percorre, dalle cucine ai dormitori, di tutto si informa e si interessa. Quindi sale sulla gran terrazza ad assistere, di lassù, al passo romano, sulla spianata di fronte, dei futuri soldati d'Italia. L'esercizio è compiuto in modo perfetto ai secchi comandi dell'istruttore. Allora Mussolini volge gli occhi intorno sul panorama magnifico del Carso, verso Sesàna. Gli stanno intorno i Ministri, cui si è aggiunto S. E. Bottai. E, nel pacifico incanto, questa sembra una breve sosta patetica. Ma il tempo stringe, Sesano e Postumia attendono. Il Capo si compiace con i dirigenti della Colonia, rapido si avvia verso la Stia automobile. Vorrebbe partire, ma ne è impedito. E' un affetto infantile, che per la sua ingenuità, non può essere contenuto, che Lo costringe a qualche attimo di attesa. Tutti questi maschietti e queste bambine Gli si sono affollati intorno; voci argentine gridano il nome, piccole mani si tendono alle Sue, le afferrano, le stringono. Il Duce sorride, ride, fa cenni paterni col capo. E' inutile, i bimbi non Lo lasciano; una ragaztetta a forza vuole metterGli in mano il suo cappellaccio di tela; tre, quattro altre si aggrappano al predellino dell'automobile che già accenna a muoversi. Allora Mussolini si inquieta per loro: «State buone, state buone che vi fate male »/ e adagio adagio, affettuoso, le raqqueta, mentre i presenti applaudono commossi e con occhi umidi per il gentile spettacolo seguono la macchina che ormai corre veloce verso Sesano, dove si svolge la visita di un'altra grandiosa Colonia della Federazione. Quindi il viaggio procede alla volta di Postumia. Qui gli schieramenti e gli apparati sono grandiosi, degni della importanza della cerimonia, cui il Duce è stato pregato di presenziare e che consiste nella posa della prima pietra della Casa del Fascio. Anche qui il rito si compie con rapidità fascista. Alle Grotte di Postumia Tutta la popolazione è schierata al passaggio, e chi non ha trovato un posto, gremisce, intorno, ogni luogo elevato, si affaccia da balconi e da tetti, sventola fazzoletti, tricolori, inneggia al Fondatore dell' Impero- che tosto si avvia verso il palco eretto su un lato della piazza. Nuovamente, ed è la terza volta in questa mattinata feconda di opere, firma la pergamena, la suggella nel blocco di granito. Anche questo rito è compiuto. Ma prima che il Capo si allontani, ecco tre donne farGlisi dinanzi: sono le tre donne più prolifiche del luogo e una, Anna Pangrazio, di 45 anni, ha ben undici figli. Con le compagne ella offre a Mussolini un bel cesto colmo di frutta di questa terra montana: funghi odorosi, verze, insalate. E il Duce, sorridente, accetta, non senza consegnare una Distosa somma ' alla Pangrazio e alle due altre madri fasciste e ai due operai che Gli hanno pòrto la cazzuola e la calce. Ora è la volta della visita alle Grotte — le più celebri del mondo, che per diecine di chilometri e con profondità quasi paurose, si addentrano nel sottosuolo carsico, con effetti fantastici di mirabili architetture naturali. Oltre quaranta minuti il Capo vi si intrattiene, percorrendole sul trenino elettrico, in parte a piedi, fino alla Grotta del Paradiso, quindi riesce alla luce e al tepore di questo sole che inonda tutto il Carso, ad aggiungere letizia a questo giorno fausto. Firma l'albo dei visitatóri e risale in macchina, Il confine italo-jugoslavo, sulle ultime case del paese di Caccia, non dista che otto chilometri, e ciascuno dei pochi privilegiati, che con i Ministri e i gerarchi, ormai, possono seguire il corteo, comprende il significato di quest'ultimo percorso e della austera cerimonia militare, cui sull'estremo lembo di terra italiana, si sta per assistere. Minuti veramente indimenticabili di intensa emozione, di profondo significato. Si intuisce che domani, che fra poche ore, l'Europa intera commenterà ogni gesto, ogni parola di Mussolini, compiuto o pronunziata 3u questo confine. Più che un paese, Caccia è un gruppetto di poche,. linde case. Spaziosissima qui, la valle si apre cvsgtfvzbLcrdbpvluslaAdmgspcfrldpdficPisvmefdpcglibtsqcdgètsseMmnzsmglasddLndscpsTnapa , con larghe praterie montane, con vastissime, cupe abetaie, che vestono il dosso dei colli. E' una vegetazione di alta montagna su alture non molto elevate, quali di frequente si trovano nelle basse valli del Trentino, Il clima è delizioso, la piccola popolazione sembra di carattere raccolto e fiero. Là, sulle ultime case, è il cippo del confine; sventola l'ultimo tricolore, e dieci passi più in là la bandiera jugoslava. Ma la duplice barriera è alzata, un singolare impressionante apparato si offre alla vista. Mentre sulla terra nostra, lungo la strada, è schierato il presidio delle truppe di frontiera, con la bandiera del 9" Reggimento Artiglieria e la banda del Corpo di Armata di Udine, a qualche metro di distanza, sulla terra jugoslava, rigidi nella loro divisa, stanno i soldati jugoslavi: un reparto del 1" Reggimento Alpini con bandiera e musica. Oltre il cippo di Caccia E' un momento solenne. Scoppia fra i presenti un applauso, mentre risuonano gli squilli d'attenti. Allora il Duce balza sull'ingresso della borgata dall'automobile, ra pidamente seguito dai ministri, dai gerarchi triestini, da alti ufficiali, passa in rivista la truppa italiana, marcia verso quel cippo che segna il limite di due grandi Paesi. La sua vigorosa andatura, il lampeggiante sguardo, il maschio sorriso che Gli illumina il volto, un che di cordiale e di ititi mumente gioioso che da Lui si esprime, colpiscono in modo profondo. Nello stesso istante, di là dal confine, le autorità jugoslave procedono verso Mussolini. Sono con altri e con un gruppo folto di giornalisti, il Bano del Banato del la Drava, dott. Mark Natlateen e il Comandante la Divisione di Lubiana generale Lukich. L'incontro avviene nel breve tratto di zona neutra, fra i due sbarramenti. Un attimo; ed ecco questi stranieri di colpo affollarci intorno al Duce, con l'atto cordiale di chi improvvisamente voglia salutare un amico. Un sorriso è su tutti i volti, una cortesia lieta muove ogni gesto. I fotografi si precipitano innanzi, i giornalisti si protendono avidi. L'attesa è enorme, anche di una sola frase Ma Mussolini riprende la marcia mentre la musica jugoslava intona la Marcia Reale e « Giovinezza » e davanti alla bandiera jugoslava leva il braccio nel saluto ra mano. Tutti i ministri, i gerarchi, gli alti ufficiali lo imitano. Si ode un grido: « Ztvio .Mussolini/ Viva Mussolini! ». Il reparto alpini è passato in rivista dal no stro Capo. Il Duce adesso è solo davanti a quei soldati. Un vuoto deferento si è formato intorno a Lui e con voce tonante Egli prò nunzio il saluto di rito dei Coman danti jugoslavi e nella loro lingua serbo-croata: «Pomozi bog juma ci » « Dio salvi gli Eroi! ». Prorompe dalla truppa il grido di risposta: « Bogti pomogao » a Dio aiuti Te ». In quella lingua e in quei lo no impetuoso, il saluto ci scende al cuore. La cerimonia militare è compiuta. Ma ora si fa avanti il Bano della Drava e, rivolto a Mussolini, Gli rivolge queste parole: « Eccellenza — egli dice — reputo onore grandissimo di potere, ai confini del Regno d'Italia e del RVjnetsBtpJis i à e o i e o fi è , o o o a a i e o , l Regno di Jugoslavia, salutare V. E. a nome del Reale Governo jugoslavo, ed in modo speciale a nome del Presidente del Governo e Ministro degli Affari Esteri, dottor Milan Stojadinovic. A questi saluti aggiungo, come Bano. del Banato della Drava, i miei rispetti devotissimi ed il saluto della popolazione di questo Banato. « Eccellenza! come amico della Jugoslavia, V. E. oggi ha messo il piede sul suolo jugoslavo; perciò il Popolo jugoslavo, lieto della Vostra visita, Vi saluta cordialmente con sincero « Benvenuto ». Auguro di cuore che la Vostra visita renda ancora più stretti i vincoli di buona vicinanza e di cordiale amicizia tra la Nazione italiana e la Nazione jugoslava, e promuova la prosperità delle Nazioni Vostra e Nostra », Applausi e voci « Zivio! Ziviot » concludono il fervido saluto. Poi si fa innanzi il Comandante le Forze militari della Drava, e dice: « Eccellenza, sono ben lieto, mentre V. E. pone il piede sul suo 10 jugoslavo, di esprimere tutta la lietezza jugoslava per questa visita. Mentre saluto devotamente V. E., mi permetto esprimere 11 fervido augurio che questa vi sita contribuisca a rendere sempre più stretti i vincoli di buon vi cinato e di cordiale amicizia che esistono tra la Nazione italiana e quella jugoslava, per la prosperi tà delle due Nazioni sono lieto di porgere a V. E., in nome dell'Esercito jugoslavo il più vivo saluto e l'augurio per il Vostro Paese e per la Vostra Famiglia. Siate il Benvenuto. Viva il Duce! Viva l'Eser cito italiano! ». Le aperte e schiette parole di amicizia sono ritemprate da un gesto gentile: una giovane jugo slava si avvicina al Duce e Gli offre un mazzo di fiori, poi si ritira di fretta tnai staccando gli occhi dal volto di Lui. Le parole del Duce Il Duce, gradita l'offerta, ri sponde ora al saluto del Bano e del Generate: ((Sono molto lieto — Egli dice — di avere passato in rassegna un reparto del valoroso Esercito jugoslavo. Son lieto che ciò sia avvenuto su questa frontiera, che congiunge due Popoli amici. Tali siamo sulle nostre frontiere terrestri e marittime, tali intendiamo di rimanere. Da questo estremo lembo di terra jugoslava, desidero che giunga il mio più cordiale e deferente saluto alle autorità supreme dello Stato jugoslavo, in particolar modo n S. E. il Presidente Stojadinovic e a tutto il popolo jugoslavo ». La voce del Duce squilla netta, possente; ogni sillaba è religiosamente raccolta, in ogni parola echeggia una nota cordiale; e l'accenno al « valoroso Esercito jugoslavo » fa echeggiare, fra questi montanari rudi, fra tutti i presenti, un applauso caldo e schietto. E una ovazione poi scoppia alle parole che alludono all'amicizia col Presidente Stojadinovic. Avviene c7ie ormai, fra questi monti, su questo confine, in un luogo così altamente significativo, la cordialità spontanea prevalga su qualsiasi senso di ufficialità. Al Duce vengono ancora offerti fiori; una conversazione animata e sorridente si intreccia fra Lui e le autorità jugoslave. Ma ciascuno sembra voler conservare un ricordo di questa ora così nobile. E' Mussolini stesso, allora, a far cenno ai fotografi di far scattare gli obiettivi; è Lui stesso che chiama intorno a sè le donne del luogo e alcune s' ». salite dai dintorni, vestite t del ricchissimo costume jugoslavo, con l'alta cuffia ricamata d'oro, per essere con loro fotografato, accanto a Galeazzo Ciano. E tutto questo piccolo popolo, tutte le autorità jugoslave Lo accompagnano in territorio italiano, fino al vecchio edificio doganale, che sarà abbattuto, per far posto a una nuova sede di ufficio, ancora conversando con schietta animazione. Qui, fra gli squilli di «.attenti» e le musiche delle fanfare, av¬ viene il congedo; e vediamo il corteo ripartire rapidamente verso Postumia, verso Trieste. Ma qui, sul confine, pare che i presenti, dall'una e dell'altra parte, stentino a lasciarsi. Piccoli, festosi episodi avvengono, fra la gaiezza generale. Poi l'adunata conviene ormai che si sciolga. Echeggiano di.nuovo gli inni italiani, rispondono gli inni jugoslavi. Gravi e vivaci, le musiche si spandono per la valle verde e ampia, si perdono lontano sulle pinete, sotto il cielo terso, nella grande pace che è nell'aria. Irresistibilmente, un nodo di commozione stringe le gole. Questa, si pensa, è la cordialità e la reciproca comprensione che dovrebbe stringere, con pari rispetto, tutti i popoli in grado di capirsi e di stimarsi. Questa anche più nobile, nella tanto grave ora presente, è la grande e costante aspirazione di Mussolini. Marziano Bernardi A