Le malattie degli atleti e degli aviatori al Congresso di Medicina del lavoro di Angelo Viziano
Le malattie degli atleti e degli aviatori al Congresso di Medicina del lavoro Le malattie degli atleti e degli aviatori al Congresso di Medicina del lavoro BARI, settembre. La medicina del lavoro, la più dinamica tra le mediche discipline — come ha detto Luigi Ferrannini — in quanto deve indirizzare e seguire il lavoro sempre in continua evoluzione per lavorazioni nuove, nuove tecniche, nuovi macchinari, nuovi materiali, e deve anche preparare le relative provvidenze di legge per quanto riguarda prevenzione, assistenza, cura, risarcimento, ha chiamato in questi giorni a raccolta i suoi cultori a Bari per il suo XIII Congresso nazionale, con lodevole cura organizzato dal Clinico medico della fiorente Università Adriatica. Le relazioni che abbiamo ascoltato non sono apparse tutte in realtà inquadrate nei confini consueti della specialità; ma sono volutamente uscite a spaziare in un aere più vasto, confluendo anche verso il campo della medicina dello sport, che, d'altronde, va ritenuta una filiazione della stessa medicina del lavoro. La patologia professionale degli atleti e la patologia degli aviatori sono stati, difatti, 1 temi che hanno caratterizzato il congresso; al quale, peraltro, non sono mancati notevoli rapporti su argomenti più ortodossi della specialità, quali la silicosi, le malattie da lavorazioni stagionali dei rurali, l'esperienza quadriennale sulla assicurazione delle malattie professionali e via dicendo. Volendo dunque analizzare 1 lavori del congresso, cui hanno partecipato personalità mediche di gran fama, bisognerà distinguere, per cobI dire, due sezioni; vediamo oggi quella che più si riferisce all'attività sportiva, tanto più che il relatore, prof. Ugo Cassinis, di Roma, pur cercando di rimanere negli stretti limiti della patologia pro/essionole degli atleti, non mancò di ribadire l'indirizzo, da tempo auspicato ed ore. ùi via di applicazione, per una saggiti educazione ed assistenza di tutta la massa sportiva, professionista o no. La relazione del Cassinis è stata poderosa, interessante, esauriente. La letteratura medica sino ad oggi era muta per quanto riguarda malattie specifiche degli atleti; muta perchè in effetti è difficile riconoscere nel campo dell'atletismo malattie che insorgano per sola ed unica causa di esso, ma solo è dato incontrare malattie tra le più comuni, cosi mediche che chirurgiche, che possono essere favorite nella loro insorgenza da particolari condizioni dell'ambiente e dalle esigenze di rendimento richieste da ogni sport. Bisogna ' d'altra parte considerare che entrato un atleta nella categoria del professionismo, dopo molti anni di attività sportiva quale dilettante, rappresenta un prodotto di selezione spontanea dalla massa degli sportivi, massa dalla quale soltanto una piccola quantità si eleva per caratteri peculiari fisici e psichici; mentre molti si arrestano ad un livello medio di capacità sportiva, che non permette di eccellere in modo particolare, pur consentendo loro di mantenere qualità fisiche di eccezione, ed altri regrediscono e scompaiono dall'ambiente sportivo, cui hanno chiesto più di quanto il loro organismo fosse capace di sopportare. Premesse queste considerazioni, il Cassinis passò tuttavia in meticolosa rassegna la morbilità degli sportivi in base alla sua lunga esperienza di vita tra di loro come organizzatore della Federazione Italiana Medici degli sportivi. E naturalmente, poiché la pelle, quale mantello di rivestimento del nostro corpo è il primo elemento ad incontrare, il Cassinis ci diede innanzitutto un quadro completo delle dermatosi che si possono riconoscere nei diversi atleti, pur non attribuendo sempre loro un vero carattere professio naie. Cosi certe dermiti, cosi dette a calza, osservate in gambe di sciatrici, denuncianti una sofferenza della circolazione sanguigna periferica, vanno considerate co me facile retaggio di una costituzione particolare, tanto che si riscontrano più facilmente in soggetti longilinei astenici, con deficiente funzione delle ghiandole surrenali, oppure in individui biondi di costituzione linfatica. Lo studio accurato delle deficienze costituzionali, ormonali, ecc. potrà sempre più ridurre questi fenomeni cutanei. Nei riguardi dei muscoli il re latore mostrò di pensare che sia un errore considerare gli aumenti di volume più evidenti negli atleti professionisti come gli atteggiamenti abnormi di questi quali stati di malattia; piuttosto sono la conseguenza gli uni dell'intensità del lavoro che incide su gruppi di muscoli chiamati in azione prevalentemente per l'esecuzione delle fasi fondamentali di un dato esercizio sportivo, gli altri molto frequentemente dell'abbandono del portamento o talora dello sviluppo abnorme degli stessi gruppi muscolari. Solo le ipertrofie esagerate che troviamo nei professionisti per eccezione, ma con frequenza maggiore negli atleti da circo e da varietà debbono essere considerate, anche secondo la nostra scuola costituzionalistica, come stati di disarmonia e quindi di squilibrio e come cause di possibili stati morbosi riflessi su altri sistemi ed organi quali il cuore ed il sistema nervoso. A proposito del sistema nervoso non si può che condividere il pensiero del Cassinis quando egli afferma che se è vero che in determinate circostanze, sempre in individui predisposti, eccessi di sport possono dar luogo a veri stati di alterazione psichica, a stati di esaurimento nervoso, è altresì vero che lo sport corregge molti lati del carattere infondendo la forza di volontà, l'audacia, il coraggio. Molta importanza ha a questo proposito l'allenamento. Sono i si¬ stemi nervosi labili che risentono di più il danno di un allenamento mal fatto e vanno incontro a fenomeni di esaurimento. Si tratta allora di una forma di stanchezza (astenia) nervosa, soggettiva edoggettiva; non solo la volontà è indebolita, ma la capacità al lavoro muscolare diminuisce e l'atleta si lamenta di insonnia accompagnata a senso di irrequietezza cerebrale, di preoccupazione per la propria riuscita, di cefalea, spesso a casco, disturbi circolatori, cardiopalmo, rallentamento del polso, aumento della pressione sanguigna, disturbi dell'apparato digerente, diminuita funzionalità genetica. La supposizione che gli sforzi muscolari possano determinare l'insorgere dell'enfisema polmonare è stata demolita da recenti ricerche, le quali hanno dimostrato che anche i polmoni subiscono, come i muscoli, un aumento del loro volume, per essere in grado di offrire all'assorbimento dell'ossigeno una maggiore superficie. Questo aumento di capacità funzionale è anche sostenuto dalla mancanza di qualsiasi disturbo bronchiale. Riguardo all'opinione corrente che gli atleti siano più facile preda della tubercolosi, da recenti indagini di studiosi italiani risulterebbe invece che il decorso delle forme tubercolari negli atleti è sempre più benigno che negli altri soggetti. Passando ad esaminare 11 comportamento del cuore e dei vasi sanguigni, 11 Cassinis si è domandato se l'aumento del volume cardiaco dipendente da causa sportiva sia da considerarsi come stato morboso, deducendone che esso deve invece ritenersi come reazione normale dell'organo alle maggiori richieste di lavoro provocate dall'impegno delle numerose masse muscolari. , Però vi sono atleti che hanno una netta ipertrofia del cuore, la quale è imputabile talora a precedenti malattie infettive ledenti il muscolo cardiaco, tal'altra ad esagerate richieste di lavoro con Intossicazione da fatica del muscolo stesso; in tali casi il cuore può presentare tutte le irregolarità di funzione note nella clinica medica generale. Logicamente tale ipertrofia va considerata come uno stato patologico ed il rendimento di chi ne è colpito, anche se appare ancora normale, deve ritenersi almeno potenzialmente diminuito. Per diminuire le alterazioni di ordine medico prevalentemente dipendenti dal metodo di preparazione è necessario conoscere 1 piccoli ed 1 grandi squilibri nel rapporti tra le funzioni e soprattutto i limiti di ampiezza delle singola capacità che differiscono dall'uno all'altro individuo. La chiara e meticolosa relazione del prof. Cassinis, che diede luogo ad una interessante discussione alla quale abbiamo partecipato con i professori Preti, Ferrannini, Loriga, Pellegrini, Tovo e Bufalini, merita di essere largamente diffusa in ogni organizzazione sportiva; poiché la conoscenza dei suoi dettagli potrà essere di opportuna guida a tutti l dirigenti il movimento sportivo e conseguentemente un buon monito per un ulteriore perfezionamento dell'assistenza di tutta la gioventù. Non meno forte è stato l'interesse suscitato dalla dotta relazione di Padre Agostino Gemelli sulla patologia dell'aviatore. Lasciato al col. medico Marnili il compito statistico delle malattie comuni che più frequentemente colpiscono i navigatori dell'aria, il prof. Gemelli si è voluto particolarmente intrattenere su quegli stati di intossicazione provocati nell'organismo degli aviatori dall'insufficienza di ossigeno, quando essi si elevano per abitudine quasi quotidiana a quote superiori ai 3500 metri. Si tratta di sofferenze che non vengono apprezzate dagli stessi piloti, ma che col loro sommarsi in prosieguo di tempo — e qui è l'importante — finiscono con portare anche a stati di esaurimento e sono sovente responsabili di certi i errori », cui il pilota è indotto dalle sue condizioni psicofisiche momentaneamente alterate. Dal periodo della selezione per ottenere i migliori risultati del pilotaggio, siamo oggi passati al periodo della difesa del pilota; affinchè il suo rendimento sia il migliore. A questo fine mirano le proposte pratiche del Gemelli, che vorrebbero una riduzione del numero di voli giornalieri di un pilota, l'uso di una miscela di ossigeno ed anidride carbonica (secondo la vecchia formula del nostro Angelo Mosso) per quegli aviatori che quotidianamente si elevano a quote oltre i tremila metri, un migliore condizionamento della cabina di pilotaggio, massima eliminazione possibile dei rumori e delle vibrazioni, nonché una più razionale distribuzione dei vari strumenti e della luce sul cruscotto, in modo da ridurre al minimo la stanchezza psichica, fonte di « errori ». Per tutto ciò non è fuor di luogo auspicare una intima collaborazione tra ingegneri progettisti di aeroplani e medici-psicotecnici. Angelo Viziano
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