Quel che resta di manzoni nel collegio di Merate

Quel che resta di manzoni nel collegio di MerateQuel che resta di manzoni nel collegio di Merate gUna tabacchiera, un dente, una ciocca BRIANZA, settembre. Manzoni ragazzo non doveva essere, in quel '91 che, come s'è visto nell'articolo precedente, segnò una data importante, la prima data importante della sua vita, diverso dal ritratto che aveva fatto l'Appiani, a lui e alla madre, l'anno prima. E' un bambino dal visetto quasi a pera, con due grandi e begli occhi spalancati e malinconici che guardano lievemente in su. Sta in braccio alla madre, i cui occhi verdi, vivaci e penetranti, piacevano tanto a Giovanni Verri, cavaliere gerosolomitano. L'originale del ritratto — forse lo stesso che Donna Giulia donò all'amico e che poi riebbe, alla morte di lui, con un voluminoso carteggio intimo di cui non s'è trovata mai traccia — non esiste; ne esiste soltanto una copia, che ora si trova, con gli altri cimeli, al Centro Manzoniano. In una nota apposta nel retro del ritratto ci sono delle minuziose indicazioni sull'abbigliamento di Donna Giulia, e sui suoi tratti fisici. E' il « vestiario », come precisa la nota, per cavalcare: « Cappello nero; capelli rossi incipriati, occhi verdi, colorito roseo e bianchissimo; ve stito color verde con rebord color cioccolatte; fazzoletto di garza bianca ». Il viso lungo, dal naso quasi aquilino, dalla bocca stretta e arguta mostra più anni di quanti la giovine marchesa non ne avesse; ne aveva appena ventotto, infatti; e alcuni tratti realistici, che nell'originale l'Appiani sem- I mai avrebbe neoclassicamente am i morbiditi, vi figurano invece acI centuati da una mano pesante e alquanto incerta nel disegno. Per il bambino la nota dice: «Il bamj bino ha un giubbino di seta rossa |con una chemiaette bianca, guar ; nita di mussola». E aggiunge: : « Per tenerlo quieto, dice ora Ales ■ sandro che gli tenevano un aran ciò (.rie) davanti ». E più sotto: < Ancora si ricorda Alessandro i del vestito e del momento in cui ■ gli fu fatto questo ritratto ». Chi ! ci dà tutti questi particolari è, è evidente, Donna Teresa; la quale, 1 meticolosa com'era, mette anche | ia sua firma, e indica l'anno dei- prvemdavosaistcopastbu1852. Sessantadue anni la nota: dopo. "Deh, prendi questa scatterà,, Ma che cosa serba il collegio di i Merate di Don Alessandro ? — Ben 1 poco — mi dice il giovane sacer1 dote ohe mi guida in questa visi i ta nei porticati, e su per le" scale, 1 gli anditi, le aule, 1 dormitori del collegio. Per il biglietto, forse 1 nemmeno autentico, già s'è visto; \ quel che ancora c'è, conservato co ì me un prezioso cimelio, è tutto In -1 una scatola. Il sacerdote me l'apre i, sotto gli occhi; e vien fuori una e ; tabacchiera; e, avvolti In due in - gialllti pezzettini di carta, una - ! ciocca di capelli, e un dente. Poe! co; ma su queste, diciam cosi, cue riose reliquie, non esistono dubbi o di sorta; la tabacchiera, il dente e - la ciocca di capelli furono proprio o di Alessandro Manzoni, a : E arrivarono al collegio in que- sto modo. Tutti i manzoniani co- -|noscono il fedele i , cameriere di Don Alessandro, quel Clemente Vismara, grasso, glabro e con due bei basettoni, che restò in casa Manzoni, tanto a Milano che a Brusuglio, moltissimi anni. Mo- i rendo, il buon Vismara fece questo i lascito al collegio; e il dono gli o| dovè sembrare di particolare imo j portanza se ebbe cura di « auten-jticarlo » con dichiarazioni scritte, - Per la tabacchiera infatti egli ha e [ scritto di suo pugno queste te stuall parole, che fedelmente tra scrivo: «La scatola era di Alessandro Manzoni, questa scatola è d est inoliata tsia al collegio di a Merate dove fu Manzoni Alessan i :,jro j primiani (sic) di collegio. Vi- a o el n sma.a Clemente ». E' una scatola d'onice, che don Alessandro teneva sempre a portata di mano, perchè, come è noto, stabaccava fre e ^ aggiungeva spesso questi versicoli scherzosi e... crittografici: a quentemente. E' forse la stessa taa bacchiera che si vede nel ritratto e dell'Hayez, forse il più noto ritrate j to del Manzoni. E, senza troppa n-, fantasia, si può credere che sia la o-j stessa ch'egli passava qualche voldi j ta a Donna Teresa, perchè pigliasn- se anche lei una presina di tabacc-co. Quando gliela offriva, si sa che l ò a- d m iodi e- £>e/i prendi questa scatterà die l'è molto bellissiinia, se sonno ti pardomina tabacco fi sveglierà. E donna Teresa faceva uno starnutino; e si svegliava. "Dente e capelli di Alessandro...,, Anche per il dente, un lungo . , " l- canino giallastro, sottile e appun- a- tito, c'è la sua brava « autenticaV i zione ». Difatti, sul fogliettino che LteLutuciandelegchdilo caguqudelibscbrprdopalagacogrgningcidrbisisuceptediti11 ptocaaziltnnctccspgecptnlerisndid—griddnnmpseeSdldpddcvmrrtg^-1 rav^eTTfed^e '= ta 6 ' * . .. »,„„„„_j„ i-1 scritto: -? Dente di Alessandro i, Manzoni levato dal suo servo Cle- di, mente Vismara ii mese di ottobre si 1870 a Brusuglio ». E l'operazione n- j è precisata ancora di più da el un'altra dichiarazione: «Estratto V : dal Vismara a Manzoni il 1» otre ! tobre 1870 ». e-1 Se avessi i gusti di quel becchio, no patetico e filosofo dell'Amleto, e ; cadrebbe a punto qui un « pez zettino », cioè un breve discorset- u to su questo dente, certamente a- uno degli ultimi denti della lunga s- vecchiaia di Don Alessandro. Non a- era un molare, cioè non era ad- o-'Uetto alla masticazione dello s- scarso cibo che il collegio di Me- i-irate forniva a quel tempo alla a sana e sempre desta fame di Li- el sandrino; il quale potè finalmente n_,sfamarsi soltanto al Collegio Lon e'g°ne. " terz° e ultimo collegio del- ui la- sua giovinezza malinconica e o- i ribelle: malinconica per il mana- icante affetto materno, e ribelle a ! contro il conformismo religioso e r-[ leI : un tantino austriacante dei bravi padri somaschi. Non era un molare, dunque, ma come canino aveva anch'esso ben poco da masticare, allora. Masticava in compenso — se un dente può far questo — il sapore delle busse, di t qualche mela in refettorio, e delle UtcspdmadcnrutpptsTg prime amarezze. Il papà infatti veniva a trovarlo ben di rado; la madre, mai, perchè se n'era andata a Londra e a Parigi, col nuovo amico, Carlo Imbonati; e.Lisandrino si sfogava, sfogava il suo istintivo giacobinismo scrivendo con la lettera minuscola le parole papa, re e imperatore. Con grande stizza dei padri; e soprattutto del buon padre Soave, che teneva cat- a a e e a a - o i a è i - a i o a a e r, o - e tedra di rettorica al collegio di Lugano. Nemmeno la fame di letture, che Lisandrlno ebbe precocissima, e gli durò fino ai tardi anni senza mai poterla soddisfare del tutto, egli potè sfogare nel collegio di Merate. Quali fossero dunque le gioie ch'egli vi provò, sarebbe difficile dire; forse un solo orgoglio, quello di essere nipote di Cesare Beccaria, e di sentirsi dello stesso sangue e degli stessi sentimenti; per quel tanto ch'egli potesse capire della grande riforma che, con quel libretto Dei delitti e delle pene, scritto quasi in un accesso di febbre intellettuale, parecchi anni prima, il nonno aveva promosso, dopo aver messo a rumore l'Europa enciclopedistica. La notizia della morte del nonno Cesare, al ragazzo giunse appunto in questo collegio; e fu per lui un nuovo, e grande motivo di tristezza. Il professore che mi accompagna in questa visita mi svolge intanto sotto gli occhi l'altro fogliettino; quello che contiene la ciocca di capelli di Don Alessandro. E' un pizzico di capelli più bianchi che grigi, sottili e aridissimi; il buon Vismara li tagliò al suo padrone un giorno che gli faceva, come al solito, barba e capelli. E se li conservò gelosamente; magari eludendo la vigilanza di Donna Teresa che stava attentissima anche a queste cose; e se 11 grande marito lasciava una penna perchè troppo usata, subito lei la requisiva, e ci appiccicava su un cartellino: « Penna appartenuta ad Alessandro Manzoni ». E' perciò da stupire che il vecchio servitore avesse potuto trafugare una scatola e, perchè no?, un dente di Don Alessandro... Tabacchiera, dente e ciocca sono adesso in questa scatoletta di cartone; pervenuti al collegio attraverso un nipote del Vismara, certo Giulio Mauri, che soddisfece alla volontà del defunto passando i cimeli nelle mani di un prof. Colombo e da esse a un signore di Merate, l'on. Baslini. Ed ecco anche spiegato come questi cimeli si trovano qui, dove io ho potuto fotografarli la prima volta. Manzoni girevole Del collegio com'è oggi, dopo le trasformazioni e gli ampliamenti, non dirò che resti poco; le aule, le scalinate, i corridoi sono anzi rimasti suppergiù gli stessi; gli stessi alti soffitti nelle camerate, nitide e ora deserte. Chi sa dove dormiva Lisandrino?... Mi viene in mente questa sciocca domanda, e la fo. — In una di queste... — mi risponde, con un gesto vago, il professor Meana. Il quale ha voluto farmi vedere anche la biblioteca, costituita in grandissima parte con « fondi » lasciati da antichi insegnanti del collegio, e un reparto di mineralogia e di storia naturale, venuti allo stesso modo. E poi m'ha mostrato, in biblioteca, uno del primi incunabuli: un Nuovo Testamento in verità un po' corroso, e bisognoso di cure restauratrici; e una statua di Don Alessandro. Sta seduto, in un atteggiamento di stanco riposo, una gamba tesa l'altra rattratta, le braccia abbandonate; chiuso in un abito a doppio.petto, la testa piegata, quasi dormisse. Ma sarà irriverenza dire che la testa è innestata al collo come su un perno, ed è girevole? A don Alessandro non girò mai la testa, anche quando l'agorafobia gl'impediva d'andar in giro da solo. Manzoni non era una testa che girava; è strano che l'ignoto scultore non lo sapesse... G. Titta Rosa U di bt La tabacchiera di A. Manzoni

Luoghi citati: Europa, Londra, Lugano, Merate, Milano, Parigi