LA VENDETTA

LA VENDETTA UN ROMANZO VERO NEL DESERTO) LA VENDETTA L'uomo che si presentò morente di sete ai reticolati di Misda, nella Ghibla arsa e selvaggia Questo racconto rispecchia am-j odente e vicende della Libia, nel pe-.rnodo immediatamente successivo e ! dacché era così affievolito che qua J si non riusciva e parlare. Qualche ora che avesse dovuto camminare alla grande guerra e durante la nostra riconquista del territorio, e metto in evidenza la tipica mentalità di alcuni dei principali capi arabi e bèrberi, personaggi d'un medioevo barbaro, con fiere passioni e sanguinose contese. Le pagine che il nostro Mario Bassi ha ricavate dai propri personali ricordi, de' suoi lunghi soggiorni e ripetuti viaggi africani, e da fonti documentarie delle più autorevoli, com'egli stesso citerà nell'ultima puntata, potrebbero parere di romanzo, tanto vi si aggrovigliano avventure e casi diversi; ma sono d'un romanzo autenticamente vissuto, pagine di vita vera. Saranno otto puntate. i La Vendétta è nelle mani ili. Dio*. (Aforisma coranico). In Libia, un giorno del 1926, s'accostava ai reticolati del nostro fortino di Misda, nel cuore della regione predesertica della Ghibla, un pover'uomo, un indigeno, che si trascinava penosamente, venendo per la squallida distesa riarsa, solo, nell'abbarbagliante calura meridiana; e preoccupato, adesso, di. nascondere le proprie nudità dentro uno straccio di baracano sbrendolato e lurido. Miserabili nudità, per cui sotto la pelle risecchita e piagata spuntava da ogni parte lo scheletro, come dovesse forarla, e che denunziavano visibilmente lunghi e travagliati stenti, le privazioni continuate, le fatiche esasperate, ogni sorta di patimenti. Peggio che emaciato, il viso appariva scavato all'osso, di color bruno terreo, ricotto dal sole e dal vento, con l'ispida barba polverosa; e su quel viso cosi scarnificato le bozze frontali e le altre tondeggianti ossa del cranio acquistavano un rilievo sproporzionato, s'accrescevano in prominenze esagerate. Quel cranio coperto sul cocuzzolo d'una di quelle coppolette, la taghìa, altrettanto sozza e consunta che il baracano, e dalla quale uscivano scomposte ciocche di capelli, appiccicati sul collo o che s'intorticciavano arsicci; quel cranio enorme, da richiamare l'attenzione, conferiva qualche cosa di più tipico e di potente alla desolata figura; mentre gli occhi, vividi pur nell'abbattimento, esprimevano una fierezza non anche doma, una volontà e un prestigio: non occhi certo da accattone; ma piuttosto d'un uomo d'energia e d'autorità, d'uno forse che aveva comandato, che forse saprebbe comandare. Tutt'altro che un tipo volgare, quel disgraziato straccione; e l'aria soprattutto di non essere uno straccione abituale. Introdotto nel forte, l'individuo supplicò, più coi gesti che con le parole, che gli dessero da bere szdccasmlscd^tdGlvttCTEgtltsseugCmfpdffiidlzctRlnnvp -j oltre, in quelle condizioni, esau-.rito com'era, estenuato di sete, e o ahe e e i e l i i i e o i a i . , o a , e , a , à o i ti e di il di orsi e o rao e, ia di aa, n tuooo oso e e sarebbe caduto per non più rial zarsi. Era veramente allo stremo delle forze, d'ogni resistenza fisica e morale. Ma gli bastarono-pochi sorsi d'acqua, per cui mostrò ancora tanto dominio di se stesso da non ingollarli avidamente, ma sorbendoli a lente misurate golate; gli bastarono quei pochi sorsi per riprendersi alquanto. E chiese di parlare sùbito col comandante. Il capitano Chalifa Chalet! Il giorno dopo, rifocillato e un BeramdsqqlZdArd^v^^iy^ì^m^a^\^tdto col primo autocarro militare diretto al Gebél, precisamente a Gasr el-Gariàn — il Castello delle Grotte, cosi nominato dalle caverne naturali e dalle abitazioni trogloditiche sparse numerose intorno; — dove aveva sede il C.T.S.T. — leggi, Comando dei Territori del Sud Tripolitano. — E fu ammesso alla presenza del generale Rodolfo Graziani, allora titolare di quel comando. Il colloquio durò un buon pezzo. Poi altri colloqui seguirono, nei giorni successivi, tra il generale e il misterioso individuo, da solo a solo, e più spesso con l'intervento di una persona di speciale fiducia del generale, il capitano Chalifa Chaled. Cordiale compagno, col quale mi ritrovai frequentemente, e in operazioni di guerra, in Libia e in Somalia, il capitano Chalifa Chaled è un libico, nato, se non erro, proprio al Gariàn; ma di famiglia turca. Il nonno era capitano dell'esercito turco; e mandato di guarnigione in Libia, fini che vi si stabilì. Luì, Chalifa, frequentò a Costantinopoli la Scuola Militare Superiore, e uscì sottotenente di fan teria. Combattè in Libia, con tro di noi, appunto come ufficiale turco, durante la guerra italo-turca del '911-'12, e ancora dopo la pace di Losanna, fino alla battaglia di Assaba, il 23 marzo 1913. Quattro giorni dopo, il | 27 marzo, quella nostra colonna condotta dall'allora maggior generale Clemente Lequio, e di cui era capo di stato maggiore il futuro quadrunviro della Marcia su Roma e maresciallo d'Italia Emilio De Bono, allora tenente-colon- aqgdlfitccvbdInello di stato maggiore; quella. nostra vittoriosa colonna occupa-1va Gasr Iefren; e ehalifa Chaled si presentava al generale Lequio.,per rimettergli spontaneamente a,propria sciabola, firmando latto :del di sottomissione al Governo Re d'Italia. Incorporato, per sua opzione, nelle nostre truppe indigene, insieme con altri tripolini già ufficiali e sottufficiali nell'esercito turco, Chalifa Chaled ebbe il grado di tenente. Partecipò indi a tutte le nostre campagne di guerra in Libia, dando prova d'una lealtà esemplare, esaurientemente dimostrata nella più perigliosa crisi del '915 e degli anni della guerra europea, quando le defezioni e il tradimento c'insidiavano e infierivano per tutta la colonia, da parte della quasi totalità del capi e notabili indigeni; e dando prova d'intelligenza e di capacità più spiccate, e d'un coraggio eccezionale. E si segnalò particolarmente nella disperata resistenza di Tarhuna, della primavera appunto del '15, là dove rifulse di sublime eroismo, nel sagrificio, l'intemerato spirito di Cesare Billia, tenente-colonnello di fanteria, me- daglia d'oro; e nella sortita daTarhuna stessa, il 18 giugno diquel '15, e nella disastrosa ritira- ta, per cui cadde in combattimen-to, rifiutando di porsi in salvo, ecurando i feriti, donna Maria Brighenti Boni, l'unica donna insignita, alla memoria, di medaglia d'oro al Valor Militare: eletta e degna consorte dell'altro eroe, il maggiore di fanteria Costantino Brighenti, che in quei giorni difendeva strenuamente Beni Ulld, e la difenderebbe fino alle estremepossibilità; e preso prigioniero dairibelli, loro stessi pur ammirati e scossi dal suo Intrepido e fierocomportamento, dal suo stupendo valore, dopo un anno di martirio, non potendo più reggere all'ina- zione e all'umiliazione, rovinatonel fisico, desolato e affranto, sitoglierebbe stoicamente la vita:anche lui medaglia d'oro, in »ie-moriam. In quelle terrìbili contin- genze, in quella tragica ritirata da Tarhuna, il tenente Chalifa Chaled, ferito e continuando a combattere, si meritò la medaglia di argento al. Valor Militare. Auspice e iniziatore il governatore Giuseppe Volpi, che dal gen LUI C UlUaCJJJJC V Ullli, l. 111. Urti ^lll~ naio del '22, contro le ambigue in- Bonomi, — e quasi antiveggendo e precorrendo la provvidenziale rivoluzione e la rinascita fascista, aveva risolutamente e fortunatamente intrapreso la riconquista della colonia, con il combattuto sbarco a Misurata Marittima; quando poi, il Natale di Roma di quello stesso '22, l'allora colonnello Graziani spiegava al vento, da Zuara, il suo gagliardetto fregiato del motto latino dell'ardimento — Audacia vincit, — e marciava irresistibilmente alla riconquista, dalla Gefara al Gebél; egli si prese ^^ Chale^ co" ,sè' aggregato tenzioni e l'ignavia rinunciataria sodel Governo di Roma — Ministero dal suo comando. E da allora, per quasi intera la serie delle campagne libiche dì Graziani, otto anni, dal '22 al '30, dalla Tripolitania alla Sìrtica e alla Fasania, l'ex.ufficiale turco resta accanto al futuro maresciallo d'Italia e marchese di Neghelli, interprete ufficiale e personale, per la lingua, avvegnaché Graziani conosca l'arabo quasi correntemente, suo uomo di fiducia, suo uomo devoto e pronto, che lo accompagna, lo segue dovunque, come l'ombra. Uomo di fiducia di Graziani Da allora, da quell'animosa e sorprendente campagna di guerra; che Graziani porta vittoriosa mente il suo gagliardetto e riporta la bandiera d'Italia da Zuara a Ez-Zàula, e per la florida Gefara, a El-Azizia, a Bir el-Ghenèm, ad Ain el-Uchim, a Giosc; e poi im mediatamente scalando dritto l'irto e minaccioso bastione del Ge bèi, a Es-Slamàt, e occupando Giado, ed Ez-Zintàn di qua, e di là Cabào, e fino a Nalùt, e accingendosi ad avanzare nel Gebél Iefren... E allora, a Roma, in Parlamento, nello stesso Senato, si levarono verbose e iraconde proteste, stridule voci o catarrose, a deprecare tali avvenimenti, a condannare tali vittorie, a imporre la fine di quelle che si definivano av venture militari temerarie. Come ricorda il conte Volpi di Misurata, nel libro La rinascita della Tripolitania, « ... la canea social democratica, per la cosiddetta prò tezìone del popoli oppressi, rìn ghiava contro le avventure imperialistiche... »; e in Senato dovette insorgere, col suo nobile sdegno, il futuro maresciallo d'I Italia "e duca di Adis Abebà, Sua . Eccellel,za pietr0 BadogUo d', Sa. 1. ^- rimbeccare uattro rlm petulanti, ctos'eran dati , blateraPre anch; loro di litica ,co,oniale avventaU| e non £ lrate j j , , : cassandre del malanno, scongiuravano chissà quali più nefasti pe ricoli sarebbero per derivarne. Fortuna di Graziani volle, nonché dell'Italia, ch'egli imprendesse la nuova marcia da Giado nell'Iefren precisamente il 28 ottobre di quel 1922, fatidica data, il giorno stesso che le camicie nere della Rivo luzione irrompevano a Roma; e la marcia si compisse il 31 ottobre col combattimento di Es-Suffìt la rioccupazione di Gasr Iefren, lo stesso giorno che Benito Mussolini assumeva il governo. Quel giorno, combattendo a Es-Sufflt, tra ruderi di costruzioni romane, presso la grandeggiante rovina di un mausoleo romano, il colonnello Graziani ritrovava una moneta, con un maschio profilo imperiale sul retto, e sul verso l'imagine della Dea Roma. Rivelazione della storia che ritorna, augurio portentoso. E poi la riconquista del Gebél el-Gariàn, sùbito dopo, l'occupazione di Gasr el-Gariàn, il 17 snnctue ddpAnincddngtezaCtinTGeunnpipalcfedisltpbftutnlgesmmcvccsgrpddnovembre; mentre quell'avvento] l del Governo nazional-fascista si'gniftcava per gli audaci restaura tori del nostro già avvilito anni- | chilito prestigio in colonia, e per I |ia colonia, come ancora s'esprime,ii conte tVolpi, « ... significava... j l'identità assoluta di politica e di | intenti, e la fine per sempre d'un|disagio tormentoso, che aumentava le difficoltà dell'azione... ». Da allora, e quando Graziani, promosso generale di brigata per merito di guerra, era marciato - senza un arresto a Tarhuna, e per | u Gebél Msellata, aveva concorso all'occupazione di Sliten e di Mi! surata Città, aveva riconquistato j Beni Ulid e il paese degli Orfella, aveva diretto l'occupazione della Ghibla occidentale, verso il confi-;] ne tunisino, da Sinàuen a Dergi iU Ghadames, operata dalla colon- ]na dell'allora maggiore di cavai- j]ieria Giovan Battista Volpini, co-] mandante lo squadrone meharisti, | oggi generale di brigata, primo Ialutante divampo di sua altezza.reale il Duca d'Aosta vicere d'E-!tiopia; e poi la rioccupazione del- i la Ghibla centrale settentrionale, con Misda, e dell'orientale, con Ghirza, sul medio uadi Zemzèm; I v.,1111 i.A, all! HHIin' 'IclUI tiClI lucili , Jda allora, Chalifa Chaled, promos- \ so capitano per merito di guerra dalle operazioni sul Gebél, non s'era più staccato da Graziani, e non se ne staccherà. E Graziani, nel suo libro Verso il Pezzati, dichiarato che l'ebbe con sè «... in tutte le campagne, con assoluta e incondizionata devozione e fedeltà... », ne dà ancora questi giudizi: « ... Sicurissimo per fedeltà e capacità..., capitano Chalifa Chaled... Apprezzato consigliere, per la conoscenza profonda dell'elemento indigeno, sia nel campo politico che in quello militare, fu di grande aiuto sempre al suo capo... Renderà sicuri e apprezzati servigi nell'avvenire, per la sua intelligenza e per l'integrità del carattere, immune dalle cattive tenden-" ze dei capi locali, e perfezionato al nostro costante contatto... ». Una banda e un capo Ecco dunque perchè il capitano Chalifa Chaled era chiamato interlocutore nei riservati colloqui in cui il generale comandante dei Territori del Sud Tripolino, a ElGariàn, intratteneva il misterioso e già cosi mal ridotto ospite, a una data stagione di quell'anno 1926. Poco tempo trascorse, settimane; e l'individuo, quell'ospite, riapparve irriconoscibile: soprattutto irriconoscibile da quel giorno che, pressoché morente, era venuto ad abbattersi contro i nostri reticolati di Misda. Rivestiti gli abiti di capo, che gli s'adattavano perfettamente, avvolto in un candido e soffice baracano, fasciato il capo del turbante con un cordone d'oro in giro, sempre magro, ma non più scheletrito, e ravviati i capelli, e la barbetta elegantemente tagliata in tondo al viso e ben curata, possedeva e impugnava una carabina, possedeva e inforcava un focoso stallone. E ancora qualche tempo dopo, caracollava in testa a una sua banda di gente, duecento, trecento individui, ch'egli era venuto raccogliendo, richiamando da lontani e disparati luoghi, scegliendo, inquadrando. Quella sua banda: gente d'ogni età e risma e colore; di torvo aspetto, brigantesco; facce veramente patibolari, la più parte; e molti col corpo solcato di cicatrici, qualcuno sfregiato o che pareva addirittura storpiato. Cavalcavano ginnetti smilzi, stecchiti, con criniere e code selvagge, e sottili teste scarnite, e froge sanguigne e occhi corruschi, che parevano improntati alla stessa preoccupante minacciosa maniera del padrone. Gli uomini erano armati tutti di fucile, con cartuccere di cuoio rosso marocchino, a cintura, colme, e sostenute da bretelle, con qualche altra cartuccera aggiuntiva sul petto;, molti erano armati anche di rivoltella o di pistola, molti di sciaboloni e scimitarre, tutti anche di pugnale. Quando la banda partiva di galoppo, ch'era l'andatura preferita, vedevi un turbine furioso, uno sventolamento unico e confuso di baracani e di bornùs, di code e di criniere, un balenar d'armi, dentro una crescente nuvola di polvere; ed echeggiavano urla, che non sapevi quali di voci umane e quali nitriti; poi echeggiavano colpi di fuoco... In pochi istanti, il turbine rombava lontano, si perdeva nella nuvola enorme del polverone. Quella banda: un'accolita d'anime dannate, gente incondizionatamente ligia al capo, ubbidiente a ogni sua parola, a ogni cenno, a un solo sguardo; e gente accomunata da queste tre peculiari qualità e passioni; una foga frenetica di menar le mani, di com- ] I battere^ di massacrar" nemici;" U ,pju fatalistico sprezzo della mor j te. e ciascuno una sua personale | implacabile vendetta da compie|rei c tutt} da soddisfare una gran- ;sione a, mondo. GU foaae ricom. pai.so dinanzi er-Rasùl — il Pro- feta manco a Maometto non j]'avrebbe cèduta. ] ' .. ... . | Queuuomo era il siai — slgno- I" ~ ch*[lt* Zaui. E la sua sv.ria' a rievocarla, non è ment'af!fatt° banale; ma piuttosto ha un i animato movimento romanzesco, e diosa vendetta collettiva. E colui che precedeva davanti a tutti, come a capo si conviene, e primo a impegnar la zuffa, primo nel combattimento, primo a lanciarsi sul nemico allo sbaraglio, quando la partita si risolve in due, e per entrambi è questione netta di vita o di morte; il capo covava lo spasimo, nell'intimo, della più agognata e tremenda vendetta, senza remis- con episodi di singolare dramma "Cita, Mario Bassi \i Con limi a) Es-Suffit (Gebél Iefren): l'imponente rudero d'un mausoleo romano