Faccia a faccia col mistero dei Maya

Faccia a faccia col mistero dei Maya VERSO LE CITTA' MORTE DELLO YUCATAN Faccia a faccia col mistero dei Maya E* in seno a questo popolo, che creò meraviglie di architettura ma ignorava l'uso della ruota, la culla dell'umanità? (dal nostro inviato speciale) CITTA' DEL MESSICO, agosto. Domani, in aeroplano, partirò per il Yucatàn. Il Yucatàn? Aprite l'atlante ed osservate la carta del Messico. Il paese, scoperto da Fernando Cortes, vi apparirà come una specie di corno all'abbondanza, la cui imboccatura, spingendosi in mare ad oriente e gonfiandosi a dismisura, assume la strana forma dell'impronta digitale del pollice. Tale imboccatura a {orma di pollice è la penisola del Yucatàn, che, politicamente, abbraccia lo Stato del Yucatàn, lo Stato di Campeche, il territorio di Quintana Boo, l'Honduras britannico e parte dello Stato di Tabasco, di Chapas e del Guatemala. Scienziati in disaccordo Secondo taluni studiosi — per Ho più nord-americani e messicani, — la penisola del Yucatàn, intesa dal punto di vista geografico, sarebbe stata la culla dell'umanità. Mi affretto subito a dichiarare che un'asserzione del genere non riposa su dati antropologici, etnografici e storici definitivi. Si tratta soltanto di una ipotesi basata sulla scoperta di ossa umane e oggetti lavorati dall'uomo frammisti ad ossa di animali supposti terziari, fra cui il mammut. Se ne è dedotto che l'uomo americano doveva vivere alla fine del periodo terziario o all'inizio del quaternario, vale a dire un X00 mila anni fa e, perciò, assai prima della comparsa dell'Homo in Europa. La sdenta, tuttavia, non ha confermato che le ossa umane rinvenute in America siano contemporanee atta fauna in parola tanto la loro mineralizzazione appare diversa. D'altra parte, come può darsi che in America l'uomo sia esistito alla fine del terziario, può darsi altresì che il mammut e gli altri animali abbiano prolungata la loro esistenza, approfittando di condizioni climateriche ed ambientali migliori delle europee. A sostegno della tesi che vorrebbe considerare il Yucatàn come la culla del mondo, nondimeno, taluni studiosi portano il calendario degli antichi abitatori della penisola, i Maya, calendario perfetto ad anni di 365 giorni, a grandi cicli di 208 anni e a super-cicli di 5200 anni, nonché alcuni steli cronologici lasciati dai Maya. Basandosi sul calendario e sulle indicazioni degli steli, difatti, Sylvanus Eriswold Modsley, membro dell'Istituto Carnegie di Washington, è risalito fino a «70 mila anni. Ma, anche qui, nulla prova che le genti, le quali Jianno lasciato gli steli cronologici, siano vissute in epoche cosi lontane e tantomeno enunciati positivi e dati precisi permettono di credere che l'umanità sia nata nel Yucatàn e di qui siasi spinta a popolare il mondo. Una terra misteriosa Ma, direte, come si spiega che scienziati seri si siano azzardati ad emettere senza fondamento plausibile una teoria del genere f Gli è che il Yucatàn è una strana e misteriosa terra e il popolo, che l'ha abitato nei secoli, più strano e misterioso ancora. Nella jungla spessa e dura, che ne ricopre i quattro quinti, sorgono, difatti, monumenti favolosi e città allucinanti, dove la politica, la religio ne, l'astronomia, l'arte e tutti rami del genio umano fiorirono con un rigoglio più ricco ancora della selva tropicale circostante. Si ha un bell'essere uomini del XX secolo, corazzati, cioè, contro ogni entusiasmo e pronti a cercare per qualunque fenomeno umano una spiegazione scientifica 0 razionale. Dinnanzi alle « città morte » del Yucatàn, tutte le ipo tesi e tutti i sogni sono possibili tanto il popolo maya sembra avere raccolto e cristallizzato nel suo cuore mille elementi ancestrali, derivanti dalla notte dei tempi e tanto simili elementi esso ha sviluppato, ingrandito, perfezionato e fissato suUa'pietra prima di scomparire nella solitudine e nel l'ombra, dond'era venuto. D'altra parte, nulla vi è di più oscuro della genesi del continente, che ora si chiama America. A parte il periodo vicino alla conqui sfa, per cui si trovano testi ed im magini, il resto non è che un in sieme di cose morte, di documenti silenziosi, di geroglifici indecifra bili, che la scienza soltanto in par te, in piccolissima parte può fare rivivere e parlare. Che cosa si sa, difatti, dei primi abitatori dell'America* Questa ha posseduto razze aborigene oppure venne popolata da genti arrivate da altri continenti? E, in quest'ultimo caso, da dove venivano queste genti? Perchè e in quale epoca intrapresero 1 loro viaggi? Ecco dei punti interrogativi, ai quali è impossibile ••ispondere con certezza matematica. Ed è perciò, che volendo fare, sia pure a grandi tratti, la storia dell'antica America, si deve necessariamente fare la storia di una serie di ipotesi, nel cui groviglio è difficile orientarsi tanto la fantasia digli studiosi si è sbizzarrita. Riflessi dell'Atlantide C'è, dunque, chi sostiene aver avuto l'America una razza aborigena. Lo conformerebbero, appunto, i resti umani trovati presso i resti della fauna supposta terziaria. Su 3uolo americano, però, non si sono mai scoperti scheletri interi e co?npleti e cosi primitivi come l'uomo di Neanderthal, nè quelli di scimmie autropoidi, che, secondo la teoria di Darwin, avrebbero potuto avere con l'uomo un avo comune. Tutti i resti umani, venuti finora alla luce, appartengono con certezza assoluta all'homo sapiens e con uguale certezza sono attribuiti alla razza indioamericana,- appunto la razza in¬ coabscaseclivastrco« QdeInabpavinàrilorotenfltosepnsrdledcdataAAtrpctrptildnScmss contrata dai primi conquistatori. C'è pure chi crede che i primi abitatori dell'America fossero gli scampati dell'Atlantide o provenissero dall'Atlantide, il ' continente clie, co?«e scrive Platone, « si trovava nell'oceano in faccia allo stretto che si chiama colonne d'Ercole ». E il filosofo greco continua: « Questo continente era più grande della Libia e dell'Asia riunite. In un certo periodo, gli Atlanti o abitatori dell'Atlantide invasero le parti occidentali dell'Europa, ma, vinti, dovettero indietreggiare per fmvdde—cdpdcvec ritornare a poco a poco verso le loro terre. Poi scomparvero. Il loro paese venne sconvolto da un terribile terremoto, ed in un giorno ed una notte inghiottito dai flutti ». Alcuni scienziati, che nel racconto di Platone non videro solo una semplice transcrizione di favole, provocarono ricerche ed indagini nell'Atlantico. Risultò che l'esistenza di un continente tra Europa, Africa e le Americhe non deve escludersi a priori. Inoltre, le leggende e le tradizioni, raccolte dai primi conquistatori, parlano di cataclismi e di terre inghiottite dalle acque. Dicono inoltre, che gli aztechi, nei tempi, avrebbero abi tato un paese chiamato Atlan. Ora Atl in azteco, vuol dire acqua e Atlan, il paese dell'acqua. Non potrebbe essere l'Atlantide? Sarebbe, perciò, troppo .azzardato credere che certe popolazioni siano passate dall'Atlantide alla futura America? Tutto è possibile ed anche probabile. L'eventualità che il continente scomparso abbia popolato il continente « Nuovo » non esclude quella delle razze aborigene. Ma nulla conferma nè l'uno nè l'altra. Sulla scia delle leggende Comunque, per farla breve, in che modo si sarebbe popolata l'America? Tutto porta a credere che, secondo il metodo abituale regi- strato dalla storia per ogni paese, siasi prodotto in America, durante centinaia di anni, una serie di invasioni successive di genti diverse in modo continuo e in continua lotta fra di loro, invasioni simili al succedersi delle onde in un mare agitato. Ora, donde arrivava questo afflusso continuo di popoli Dalla estrema Asia o dall'Europa?Dalle Stretto di Behring o dallaGroenlandia? Oppure attraverso gli oceani? Benchè Erodoto parli di navi fenicie e di un centinaio di triremi cartaginesi, che, in epoche diverse, hanno superato le colonne d'Ercole per inoltrarsi nel « grande mare » e non tornarne mai più, e benché le leggende messicane — atzeche, maya e tolteche ■—• ricordino un uomo bianco giunto dall'est assai prima Cortes e ripartito per l'est, uomo che venne deificato sotto il nome di Quetzalcoatl, Kukulkàn, Gucumatz, si deve escludere a priori l'ipotesi di emigrazioni attraverso l'Atlantico, nessuna nave del tempo es¬ una traver- e n i a e, ni usendo attrezzata per sala del genere. Eppure, direte, i « codici » indiGeni, i monumenti... Ecco: i «codici » — e in primo luogo il Popol Vuh e il codice Troano — tutti posteriori alla conquista, sanno un poco di apocrifo, perchè, nel comporli, gli autori indigeni neo-convertiti hanno mischiato alle leggende poetiche dei Io?o popoli epi- sodi biblici troppo evidenti comela creazione genesiaca ed il diluvio. Ma i monumenti? I monumenti ci diranno se i loro fondatori sono i nostri fratelli, se venivano dall'Asia o se la futura America ebbe una genesi a parte? Wo. Ansi, sembrano fatti per ingarbugliare maggiormente le 'cose, fornendo essi materia a tut te le ipotesi e a tutti i sistemi. Ad Izamal, per esempio, io troverò \alla base di una piramide arttfi- ìciale una figura gigantesca di pie- e , e o e i ¬ tro che ricorda perfettamente la sfinge egizia. A Chichén-Itzù (pronunziare Cicén-IzzàJ, l'India potrebbe rivendicare le figure di idoli che ornano il fregio superiore della Casa das monyas. Il pu lazzo del governatore di Uxmal presenta greche ammirevoli, mentre in alcuni bassorilievi di Pa lenquè si rivelano riflessi d'arte assira. Ma come spiegare che i costruttori di tali città, dal momento che introdussero tanti concetti artistici del vecchio mondo, non misero a profitto talune cognizioni di vita pratica, per esempio, quella della ruota, notissima fin dalle antiche età alle civiltà predette e ancora ignota agli abi latori della scoperta colombiana? delVA^ericT^f momento ^| « isdi I i | rmdcrdbatTrdvlcranio semi-dolicocefalo™z™«« tribù indine i„ : fsnflnnxcx avvalorano una provenien- -. tza dall'est. Si tratterebbe, però, di emigrazioni limitate, come quelle giunte dalla Polinesia, le une e le altre presto assorbite da quelle venienti dall'ovest. Perchè l'opinione quasi generale degli studiosi e gran parte dei dati antropologici ed etnografici concordano neclo stabilire che il maggior contributo al popolamento dell'America lo diede l'Asia attraverso lo stretto di Behring. I contatti degli lndios con il tipo mongoloide sono, difatti, enormi. Con questo, non voglio affermare che gli indios sia Quanti secoli ? Emigrazioni attraverso la Groenlandia, invece, non incontrano smentite aprioristiche, non potendosi oggi negare l'esistenza di relazioni fra gli islandesi e l'America prima del IX secolo ed essendo storico che la Groenlandia fino a £000 anni fa era ancora abitabile. Il fatto, poi, che i primi segni concreti dell'esistenza dell'uomo in America —■ cumuli artificiali a forma di piramide — si trovano piuttosto ad est, nelle vallate degli affluenti orientali del Mississipi e certe rassomiglianze antropologiche — naso dritto, mento rotondo — fra alcune tribù indiane, la maya in primo luogo, ed i popoli r- iool ti un mngpi- «. A]i mtgntvvPdno un ramo diretto dei mongoli, ama, senza dubbio, gli uni e gli al- tri hanno all'origine un'identica, Jonte. Comunque, a quale epoca puoi farsi risalire l'arrivo dei primi emigranti? Tra i 5 mila e i 10 mila anni avanti Cristo. Lo so. Esi¬ ste o meglio esisteva un gruppetto di fieri americanisti i quali giurava su una civiltà messicana, vecchia di almeno 15 mila anni. Sostegno di tale asserto: il parere di un vulcanologo, il quale asseriva come la lava coprente la piramide di Cuicuilco, a pochi chilometri da Città di Messico, non potesse avere meno di 15 mila anni. Ma scavi successivi sotto la lava . , per liberare la piramide misero in luce statuette del cosxdetto perio-\do di Ticoman ulteriore, co cj« fa risalire la piramide a non più di mille anni avanti Cristo. Una cosa sola è certa: la civiltàdei primi abitatori dell'America è:molto bassa. Non sono agricoltori, perchè non conoscono l'aratro, non sono pastori, perchè non posseggono greggi e non devono trovarne nelle nuove terre. Sono degli erranti, essenzialmente cacciatori e pescatori, la cui esistenza è retta da un'unica cosa: la neces- , ' sita di trovare una regione dove la caccia e la pesca offrano mezzi di vita. Di qui, i movimenti continui. A poco a poco, tuttavia, lo stato sociale di questi primitivi migliora. E, in un periodo, che gli americanisti chiamano della « civiltà del mais » e che, poco su po- co giù, corrisponde al 3-b mila avanti Cristo, diventano sedente- n, avendo imparato a coltivare la terra. Da costoro o a fianco di co- storo sorgono le grandi civiltà precolombiane: la peruviana (in- casi, la messicana propriamente detta (tolteco-azteca) e la maya Domam, io partirò per insilare le vestiaia della civiltà maya. quella, appunto, i cui monumenti lfavolosi e le cui citta allucinanti fanno credere che il Yucatàn sta stato la culla del mondo. |Paolo Zappa àsfc*; Nelle città morte della civiltà maya: le rovine di Zayil Sculture maya al Castillo di Chichen Uzà S.SÀLVADÒR«OfPAC\YlCO^[LAlTÀMPA

Persone citate: Castillo, Chapas, Cortes, Fernando Cortes, Paolo Zappa, Platone