QUATTRO SECOLI di Concetto Pettinato

QUATTRO SECOLI Como soi*ffG la nuova Spagna QUATTRO SECOLI Si odiano i francesi ? No, ma non si dimentica cosa hanno fatto per annullare la potenza spagnola e cosa fanno ancora in questi giorni. La verità, finalmente, alza la fronte dal pozzo [| (DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE) SIVIGLIA, agosto Dei due obbiettivi dell'imperialismo spagnuola, entrambi solennemente consegnati da Isabella la Cattolica nel proprio testamento politico, quello ispano-americano è oggi il più remoto e il più vago, quindi il meno compromettente. Dopo l'esito fatale della guerra del 1898, il prestigio dell'antica metropoli pareva spacciato per sempre, a sud del canale di Pa nama. La prosperità economica del quadriennio 1914-18 e la dittatura di Primo de Rivera permisero di rendersi conto che qualcosa da fare ci sarebbe stato ancora, ad onta di tutto, se la Spagna fosse riuscita a ritrovare se stessa e a risalire la china. Premuta dall'imperialismo nord-americano, non doveva l'America latina sentire, prima o poi, in presenza di una rinascita ispanica, l'utilità di riavvicinarsi, almeno sentimentalmente, all'antica culla delia stirpe e di ritrovare al suo contatto una più viva coscienza del proprio essere e della propria missione nel mondo ? In Spagna qualcuno lo sperò, e negli anni ohe seguirono la guerra europea- vedemmo fiorirvi una serie di istituti destinati a promuovere il riavvicinamento spirituale con l'altra sponda, dal Patronato de Relacionea Culturales alla Union Iberoamericana, dalla Casa de America di Barcellona aWInstituto iberoamericano de Derecho comparado,' dal Centro de Estudios Historicos aB'Instituto de Economia americana. A Salamanca, l'associazione Francisco de Vitori/n*s'era anzi proposta, col concorso dì alcuni intellettuali transoceanici, di creare a inten zione del Nuovo Mondo un centro di studi di Diritto internazionale. La Lega delle Nazioni, in cui le repubbliche latine volevano credere, era in quel momento dì moda e il nome del Vitorìa, campione dei diritti della persona umana, della libertà di coscienza, della libertà di commercio e di quegli altri principii che avevano reso grande, in tempi migliori, l'univer saliamo cristiano e che al candore degli idealisti sembravano tuttora costituire, in piena età dell'acciaio, il solo efficace contravveleno dell'imperialismo delle dreadnoughts, prometteva di diventare il luogo geometrico d'una rinascita giusnaturalista estremamente propizia al risorgere dell'ascendente spagnuolo oltre Oceano. L'Esposizione lbero-americana di Siviglia segnò, nel 1928, l'apogeo di tali speranze. Ma il caos della Repubblica ne consumò la rovina. L'Africa e l'America Con la rivoluzione nazionalsindacalista, il pensiero dei patrioti spagnuoli doveva ri-pi gliare a volgersi all'America la Una, ansioso di assicurarsene le simpatie: e proprio quest'anno 10 Studio di Salamanca, tornando alla carica, formulava il voto che in quell'Atene della Castiglja sorga al più presto una Università ispano - americana. Senonchè il nome del Vitoria ora non bastava più a garentìre 11 buon esito della crociata, e dovrei anzi aggiungere che la propaganda anteriormente fatta sotto i suoi auspici si ritorceva contro la Spagna totalitaria, più che non le giovasse. Nacquero, di là dall'Oceano, gruppi d'azione nazional-sindacalista e si determinarono moti d'opinione favorevoli a una rinascita ispanica nel nome di Menendez Pelavo e del generale San Martin, gran caballero cristiano. In Argentina Alfredo Villegas scese in guerra contro la democrazia, proclamando il 12 giugno 1937: « La storia della Spagna è parte integrante della nostra, l'anima della Spagna si identificò con la nostra, la fede della Spagna è la nostra fede. Dobbiamo dare alla vita un senso eroico. L'Argentina deve farsi iniziatrice della restaurazione della unità dei popoli sudamericani, raccomandandola non già agli interessi economici bensì alla comunanza della fede e dell'ispanità ». Ma contro il nuovo orientamento le resistenze si affermarono grandi, nutrite quali erano di proselitismo democratico, massonico e panamericano: e la conversione su cui la Falange contava è rimasta per via. Campo d'azione di prim'ordine per una futura Spagna unita e forte, rifatta elemento vivo della politica europea e della civiltà occidentale, l'America latina è. pel momento nnll'altro fuorché spettatrice dolente e discorde della tragedia metropolitana. Non è dunque ancora domani che Siviglia la Atlantica esumerà le trenta m!la polverose cartelle del suo prezioso Archivio delle Indie per ricercarvi i titoli della risorta Spagna imperiale a farsi capo di un commonwealth delle nazioni di lingua castigliana. Più accessibile, voglio dire più concreto, si p>?senta l'altro obbiettivo dell'imi .rialismo isa-,bltlmsddmrelrimtmuinmdCrsfzstcfrnpclln , bellino e nazional-sindacalista: l'Africa. Se la conquista di Ceuta e di Melitta data da ieri, l'esistenza di una civiltà ispanomoresca data infatti da dodici secoli. Gli scettici diranno che dei sette secoli e mezzo passati dai Mori sul suolo iberico poco meno di cinque furono accaparrati dalla guerra di liberazione e il resto eran serviti a consolidare il loro dominio, il che sarebbe come concludere che tra invasi e invasori non si seppe mai cosa fosse la pace. In realtà Arabi e Spagnuoli vissero la maggior parte del tempo gli uni accanto agli altri in buona intelligenza e con reciproco beneficio. I califfati di Abderraman I e III furono due epoche di splendore. L'università di Cordova, sacra ai mani di Averroé, addottorò il futuro Silvestro II, il papa mago. Toledo funse da officina di trasformazione della cultura orientale in scienza e filosofia dell'Occidente. Alfonso il Savio, monarca cristiano, si circondò di dotti fedeli a Maometto. La stessa riconquista del territorio nazionale da parte degli Spagnuoli, proceduta dal 1002 al 1492, secondo i calcoli d'uno storico malizioso, alla velocità di un chilometro e duecento metri l'anno, costituisce, più che una lunga guerra, un lungo abbraccio. La tolleranza esemplare dei musulmani verso i cristiani prima, quella dei cristiani verso i musulmani poi, concretate nel campo dell'arte dal mozarabismo e dal mudejarismo, queste due facce successive d'una medesima parentela, rendono testimonianza d'una affinità profonda e forse preesistente. Due secoli dopo la propria liberazione, i cristiani di Toledo si servivano ancora della Ungila araba per far testamento, donazio ni alle chiese e scritture com merciali, e ancora nel seco 10 XVI un Gongora e un Lope de Vega chiedevano volentieri l'ispirazione a temi moreschi. Oltre i Pirenei Il tentativo degli Absburgo per stabilire la dominazione spagnuola di là dallo Stretto. sotto il pretesto della lotta contro la pirateria, significò, ancorché fallito, che sino a mezzo11 Seicento ValladoUd e Madrid non perdevano d'occhio, fra le loro mille preoccupazioni continentali, il programma dei Re Cattolici. Ma contro quel programma doveva erigersi la! politica d'egemonia della Francia Con l'avvento dei Borboni sutrono di Carlo V ha inizio nella storia di Spagna Véra delle ca tastrofi. L'insediamento deglInglesi a Gibilterra è un retag gio del regno di Filippo V, nipote di Luigi XIV. La perditadelle colonie americane è undono del regno di Ferdinando VII, il goffo marito di Maria Cristina, il sovrano più borbonico della serie, colui che sceglieva, per prudenza, i propri ministri fra gli avventurieri e nella domesticità di palazzo e iniziava il regno alle gioie due volte secolari deUa camarillaLa maggiore benemerenza dFerdinando consisterà nell'occupazione di Algeri da parte delle truppe di Carlo X, al quale, dopo esserne stato ristabilito sul trono, il cousin d'Espagne non avrà nulla da rifiutare. Lo sbarco di Bougeaud sulla costa di Barberia segna lo sbarramento definitivo dell'orizzonte mondiale di una potenza -che la. Francia aveva, una tappa dietro l'altra, con pazienza certosina e inflessibile continuità d'idee, tagliata fuori dalle Fiandre, dal Roussillon catalano, daPortogallo, dalle Indie occidentali, reclute della Rivoluzione dell'Ottantanove ma soprattutto frutti caduti dall'albero infermo del borbonismo, e che ora tagliava fuori dall'Africa, usurpandovi di sorpresa un posto e una missione che la logica storica e la logica geografica promettevano alla rivale. Per rompere il lungo malefizio e fare un prima passo verso la redenzione, la penisola, dove la guerra del 1808 non era riuscita a spegnere del tutto il seme degli afrancesados, dovette attendere il 1906 e la conferenza di Algesiras. Senonchè governi debole prigionieri dell'omertà massonica pretesero da quel giorno acclimatarvi il mito della solidarietà franco-spagnuola: e, a scorno d'una esperienza di tre secoli, vi riescirono. Ancor oggi non dureremmo fatica a rintracciare nella Spagna di Franco uomini e consorterie non privi d'influenza convinti che peloro paese Z'« amicizia » di Parigi rappresenti un canone tradizionale, una necessità storicauna garenzia di indipendenzaBasteranno a sfatar la leggenda i caldi appoggi che la Francia accorda agli arteficdella estrema rovina della patria? Capiranno gli Spagnuoliquesti candidi e un po' folli cavalieri di Cristo, che la causa prima dell'estenuante solitudine in cui la loro patria s'era chiusa tra los montes come un monaco nella sua cella stette n i a , . i i l e e e i o e . o d e ie ul a li ia^ n\] e ri e e a. i e e a e a à l e a e e a i e i o nella specie di cordone sanitario tesole intorno dai suoi vicini del nord il giorno che, a sentirli, il n'y eut plus de Pyré(nées ? Fatti che pesano Non presumo giurarlo. Non renderò ai nostri amici di Burgos, di VaUadolid, di Salamanca, di Siviglia, mentre la guerra dura e si prolunga, il discutibile servizio di dipingere in loro dei nemici della Francia, per fornir nuovi pretesti al livore di questa. Nemici non le sono, e se la Francia non fosse loro così avversa non chiederebbero forse di meglio che di vivere seco in buona armonia. Ma la logica della storia non si lascia eludere facilmente, e non è in potere di alcuno evitare che lo sforzo fatto da Parigi per impedir loro di metter fine a un regime che ne fiaccava da un secolo ogni energia politica e morale e mantenere il loro paese nell'umiliante ufficio di corridoio transcontinentale della Francia ferisca nel vivo la dignità e le giuste aspirazioni dell'interesse spagnuolo. La guerra armata condotta dalla vicina Repubblica, dietro il sipario della neutralità, per fermare il Liberatore, i fiumi di sangue fatti versare per contendergli il terreno a pollice a pollice, l'insulto inflittogli rifiutandosi a riconoscere in lui un combattenie sceso in campo per la redenzione della patria e non il generale d'un pronunciamiento lasceranno senza dubbio nella penisola tracce difficili da cancellare. Vero è che, per premunirsi contro ogni rìschio, mentre spedisce obici e cannoni ai sicari della Rivoluzione, Parigi permette ai Peretti della Rocca, ai Maurras, ai Gaxotte, ai Dorìot di varcare alla spicciolata la Bidassoa per recarsi a mormorare a Burgos che la « vera » Francia sta tutta per loro. Vinca il Caudillo la partita, se non c'è modo di impedirglielo, e gli eclettici del Quai d'Orsay gli riapriranno le braccia-, per soffocarlo meglio. Ma ira la gioventù della Falange le illusioni d'una volta sembrano aver fatto il loro tempo. Onesimo Redondo, uno dei primi martiri della Rivoluzione, invitava sin dal 1932 gli Spagnuoli a rompere il silenzio ordito dalla Spagna massonica intorno all'anniversario del sollevamento contro la Francia imperiale e a fare del Due Maggio una festa nazionale. Un periodico falangista dì ValladoUd, fondato dallo stesso Redondo l'anno prima, Libertad, scriveva di recente: « In Daladier noi vediamo l'autentico successore di Richelieu, di Mazzarino, di Luigi XIV e il legittimo rappresentante di quella dolce Franfeia che sa giocare simultaneamente tutte le carte per vincere a ogni colpo ». Non meno severo, quantunque meno amaro, il Pemartìn constata dal canto svio: « La politica détta Francia e più ancora dell'Inghilterravverso le altre nazimiì, Italia, Portogallo e specialmente Spagna, è consistita sempre nel mantenere la propria posizione egemonica fomentando la debolezza intèrna e la dissoluzione sociale di quelle ». La verità, insomma, alza lai fronte dal pozzo.- Ora\proprio nello stesso punto le schiere dei discendenti degli Abemcerragì e di Boabdil accorsi ! dall'altra sponda détto Stretto ^suggellano col' sangue sui campi di battaglia il patto di una nuova fraternità ispanomoresca. Non diverrà questa la prova che il testamento di Isabella può i rispondere ancora a un grande disegno storico? Dagli arsi prati di Siviglia, l'aereo di-mezzogiorno sale scintillando nell'azzurro, sorvola obliquo la.città impennata sotto il suo minareto come una caravella sotto l'albero maestro, rincorre il s\erpe d'argento del Guadalquivir attraverso le terre color sangyie, punta dritto sull'Africa. Un un'ora sarà a Tetuan. Dietro i cristalli, un ufficiale del Tercio, ravvolto come un arabo nelle pieghe della cillaba bruna, contempla pensoso il continente vicino. Concetto Pettinato i dbt Belle sdIlsateGtotogtomnl'nDLndgcnsdMrhnlilcAgtsesctactpplsi\!{■|[!