LATRATI NELLA NOTTE NOVELLA DI RAFFAELE CALZINI

LATRATI NELLA NOTTE NOVELLA DI RAFFAELE CALZINI LATRATI NELLA NOTTE NOVELLA DI RAFFAELE CALZINI Giunsi in ritardo al treno diretto e dovetti accontentarmi di un «locale» affollato di pastori e di contadini e sedermi con essi in uno scompartimento di terza classe. Trovai posto di fianco a una ragazza nervosa e sorridente die, per farmi sedere, ripulì la panca di legno con un lembo della sua sottana a righe azzurre e scarlatte. Evidentemente non era troppo allarmata dalla presenza di uno «straniero» e la sua aria selvatica non riepondeva alla realtà dei sentimenti. Due anelloni d'oro falso le pendevano dalle orecchie quasi seguendo la curva dei riccioli corvini che incorniciavano il suo volto magro, il suo profilo grifagno di zingara. Davanti a noi, sulla panca di faccia, un ragazzo sdraiato dormiva profondamente ; e pareva decapitato perchè un fazzoletto nero ricopriva il suo volto difendendolo dalla luce del mezzogiorno e dalle mosche. Richiamate dal caldo, dall'odore di quella umanità sudata e dagli avanzi di cibo sbriciolati sul pavimento le mosche entravano uscivano dai finestrini grigliati del treno a centinaia. La ragazza era stata interprete in un consolato di Chisinau, parlava abbastanza bene francese raddolcendolo nell'accento rumeno. Evidentemente mi indirizzò la parola per farmi capire che una « certa cultura » la distaccava dai servi della gleba, dajrli abbattitori d'alberi e dai mandriani della Bessarabia che riempivano il treno tornando ai loro villaggi dalla fiera di bestiame di Chisinau. E forse per mostrarmi che « non aveva niente a che fare » con loro, rifiutò il sorso di tanica che un galante viaggiatore le offerse passandole la boraccia dopo averne forbito il .collo di vetro, foderato di paglia, con il gomito della manica. Accortasi di poter parlare con me impunemente perchè nessun altre rbalbettava il francese, mi fece -una quantità di domande curiòjje- é^iiasi villane alle quali risposi evasivamente non com prendendo dove tanta confidenza voleva mirare. Per non tradire la mia qualità di letterato che è sempre tra le più sospettabili professioni e le più indefinibili (■giornalista? pubblicista?) quando eHa mi chiese se ero veramente un medico, come lasciava supporre la mia valigia piena di libri, o forse lo sguardo dietro gli occhiali, annuii, pensando di essermela cavata nel miglior mo; rio senza dover dare indicazioni sul mio itinerario, la mia nazionalità, ecc. — Me ne ero accorta subito; se Un persona elegante capita da queste parti è sempre un medico. I nostri medici mezzo russi e mezzo romeni non valgono un soreo d'acqua. Se sono romeni ci odiano perchè siamo russi, e se sono russi ci odiano perchè siamo romeni; vogliono saper i nostri interessi, come i pope, e poi li confidano alla polizia. Già, qui, tutti si confidano con la polizia. Sorrideva con la bocca larga e violetta schiusa sui denti minutissimi. Il naso grifagno soltanto dava alla sua espressione una improvvisa serietà, in contrasto con le parole e col tono della voce, ironici. — Voi non siete francese! — No, non sono franr cose. — Anche dei francesi non mi fido. 'Vedete quel ragazzo 1 — Non lo vedo; lo immagino. — Ebbene quel ragazzo è mio. E devo riportarmelo a casa perchè alle scuole cattoliche di Chisinau, i preti francesi non lo vogliono. — Non lo vogliono? Come mai? — E io sono disposta anche a pagare: come posso, si capisce. L'hanno tenuto un mese; ora lo rimandano. Dicono, dicono... — Stette un momento silenziosa e. si 'guardò intorno, e gli passò una mano magra, adunca sul volto velato dal fazzoletto^ per allontanare le mosche, e più per accarezzarlo con un'amorevolezza gelosa e irritata. — Sì, dicono che fa paura agli altri ; che certe notti, in sogno, in sogno si capisce, latra ; latra o insomma russa: fa qualche lamento che pare un latrato. Tutti possiamo avere degli incubi: non vi pare? Si soffocava : aprimmo un momento la griglia del finestrino. Attraversavamo una foresta. Pareva di costeggiare il diorama di un'epoca preistorica. Si levavano al passaggio della macchina gracidanti corvi, e daini galoppavano. I colonnati dei pini assottigliavano lunghe ombre azzurrognole e profondità verdi. Nel riflesso il tono bruno di quel viso zingaresco assumeva una patina livida. Si affacciò al finestrino- a respirare il buon odore amaro di resina. Vedevo in prospettiva il suo corpo piegato, 1 fianchi magri e forti che tendevano la sottana a .strisce rosse e azzurre, e la vita snella, di cammiuatrice, di cavalcatrice. Emanava dal suo corpo che passava dall'ombra alla luce secondo i vuoti e i pieni della foresta, interminabile, non so che energia selvatica e che" bestiale tenacia. Poi risedette di fianco a me ; una ruga separava ora le due sopracciglia inarcate come ali di falco. Pareva avesse chiesto ai chilometri e chilometri di foresta, agli oracoli invisibili della foresta il permesso o, meglio, la istigazione a parlare : — A meno che... — A meno che? — E io non pensavo che riprendesse il discorso al punto in cui lo aveva interrotto: — Noi siamo come certe terre che il fiume lascia e riprende ogni cinquant' anni. Secondo che la Rumenia o la Russia dilagano passiamo di qua, passiamo di là. Le inondazioni e le guerre non sono volute in alto? Non esiste generazione lima n a che non abbia a^uto il suostoto gontuttatterinone Pube,zarbacame usorbe grepolerlasne strza depiùgiuCanoandofucstestinutravosi»pagiàsemzoglisucaannoniradascocavaneceprmetaziatebasotrtudivainpanoEvaavil sbtrtorescrianbquvorerimriprteglsicamquernvotopevedquveabalpfafuuscmluvagibintagsccarim—pdumbepacforufo—dmsotemppprsizcpe Odqqplatieaplizatcdlicsvg — e e 1 e i e e e a e i i a a o o l a e e . a , i n l suo periodo di n fuga » o arresto, o « campo di concentramento ». Anche l'acqua ogni tanto gonfia, trabocca e si porta via tutto : e piante che erano spuntate su questa riva vanno a metter radici su quella opposta. Al inondo siamo tutti a disposizione di una siccità o di una piena ! Purché restino delle buone gambe, guardi, come queste, per danzare. Lei non crede che saprei ballare in treno anche se il treno cammina ! Mi basta poco spazio e una fisarmonica intonata e un sorso di tsuica. Olà! — Sì le gambe erano diritte non troppo magre con quella modellazione del polpaccio che caratterizza le ballerine di professione. E non mi lasciò proseguire quella indagine (bella, sotto l'abito goffo a strisce rosse e azzurre, la ragazza !) nè pensare alla stranezza della conversazione seguita a un più strano incontro, perchè ag; giunse: — Ma poi, dentro, nei Campi di concentramento, la vita non e mica allegra. Tutt'altro e anche per vedersi tra uomini e donne si arrischia magari una fucilata. — Procedeva con queste frasi sconnesse, come una bestia che tasti il terreno e lo annusi temendo di finire in una trappola. La trappola era la sua voglia di parlare, di « confidar si». — rgiorni non passavano o passavano troppo adagio: erano già divenuti mesi, anni. Calava sempre più l'aria di libertà, lazozza del mattino, e crescevano gli aguzzini le vessazioni gli insulti. Mi avevano rastrellata e cacciata là dentro a 16 anni : oro ancora là a diciotto. Portavamo noi sulle nostre spalle di prigionieri civili i malumori della guerra. Se i bollettini erano buoni dalli sopra noi perchè eravamo sconfitti! Se i bollettini erano cattivi dalli sopra noi che « avevamo favorito» il nemico! Alcune squadre di lavoratori avevano cercato di fuggire ed erau state prese a fucilate o finite nel fiume. Ma l'ostinazione è così fatta che quelle esperienze disgraziate ci davano la voglia di ritentare l'impresa ; non che di abbandonarla. Perchè si faceva tesoro della cattiva sorte degli altri e si pensava di essere più fortunati, o più intelligenti; e di riuscire dove gli altri avevano fallito. Io ero rimasta incinta ; di un ragazzo che passava sotto i reticolati la notte per venirmi a vedere. Era una cosa che mi intimidiva e mi esaltava. Da un lato avevo paura di piccole cose, come il rumore d'una fucilata o lo sbattere di una porta, e, dall'altra, sognavo ohe avrei potuto tentare grandissime avventure. L'idea di fuggire, di arrischiare la pelle con un gioco pericoloso e nuovo mi attraeva ; ma anche la madre, e la nonna, e la bisnonna c'erano passate per quell'episodio. Mi «riempivo» di voglia di fuggire. Bisognava fare l'esperimento in massa per riuscire. Tutta una squadra; uomini e donne; quanti eravamo riuniti al lavoro. Lavoravamo aprincipio della foresta ; si abbattevano alberi, si sfrondavano e tagliavano alla segheria in traversine per la ferrovia: poi si accatastavano. Ogni tanto un camion veniva e ne portava via qualche tonnellata. La foresta era così grande che si capiva benissimo che il nostro era un lavoro inutile, ossia sproporzionato. Dopo mesi e mesi di fatiche per quei saccheggio di tronchi, avevamo appena intaccato l'orlo della muraglia di alberi oltre la quale scorreva il fiume. Noi avevamo sperato, in principio, dabbattere sempre più alberi e dallontanarci sempre più dal Campo di concentrazione in modo da facilitare le probabilità di una fuga. Illusioni bambinesche. In un anno di lavoro ci eravamo scostati si e no un mezzo chilometro oltre i dieci che erano la lunghezza della strada per arrivare fin là. Ma quando si è prigionieri ci si illude come i bambini. Dunque dopo molto almanaccare e tergiversare approfittammo di una giornata in cui era giunto il camion... — Ah capisco : buona idea impadronirsi decamion e fuggire I — Si mise a ridere e mi battè confidenzialmente una mano sulla gamba— Bravo ! A voi, signor dottorepare facile fuggire da un Campo di concentramento come ordinare una purga... No! No! Gli uomini avevano deciso che si sarebbe messo in moto il motore e approfittato di quel frastuono per accoppare le guardie. Se anche fosse scappata qualche fucilata irumore del motore l'avrebbe soffocata: e poi, noi, cantavamo— Cantavate? — Si : ci eravamo distese in fila indiana e cantavamo una litania dei boscaioli. Possono durare un minuto o un'eternità. Eravamo sottovento in modo che il canto giungesse ipiù possibile lontano. E, quepoveretti dovettero credersi neparadiso degli angioli e dei cherubini prima del tempo. Poi isilenzio fu così pesante che, senza il coraggio di due giovani chci scossero da' una specie di torpore, saremmo rimasti immobili e ci saremmo lasciati acciuffareOgnuno di noi aveva una gavetta di metallo per la distribuzionquotidiana della zozza e dell'acqua da bere. Fu trivellato con un piccone il serbatoio del camion la benzina fu distribuita in parti uguali, nelle gavette. Questera la nostra salvezza; tutte leapedizioni precedenti erano failite per colpa dei cani. Si sguin zagliavano i cani poliziotti sulltraccie dei fuggaschi e, dopo poco essi erano raggiunti : i soldatdovevano intervenire a strapparli dalle zanne degli animali. Ercapitato tra noi un russo « unspecialista di evasioni » e ci aveva suggerito quell'astuzia: bisogoava lavare ben bene le acarp e o o o o e e a e a . o e o a a r i r o al aaa a aae ao a a; i di ma a n o a mta el a : e, o e obpr e il fo. o sen il ei el eil e r ; e. a e cn e rta e e gli abiti nella benzina : in modo che i cani non potessero seguire le traccie del nostro odore. I cani ! I cani ! Non li avevamo mai visti ma uditi : non ce li facevano vedere e abbaiavano raramente ; giudicavamo della loro voracità e del loro numero dalle quantità di carne che vedevamo portare ogni mattina al canile. Dovevano essere bestie enormi a giudicare dai latrati che accoglievano il guardiano col cibo: enormi e feroci. L'« operazione » si era svolta vicino a sera; avevamo davanti a noi la notte per raggiungere la riva del fiume dove una enorme zattera di legname, di quelle che scendono a Costanza, avrebbe accostato la riva e ci avrebbe permesso di traghettare : forse di far un viaggio di qualche miglia a valle. — Ci avventurammo nella foresta ; le donne avanti : (ora non cantavamo più) il terreno era soffice e camminavamo senza far rumore. Eravamo abbastanza sicuri di riuscire; calcolavamo a naso che, prima delle otto, la nostra fuga non sarebbe stata scoperta : ci pareva difficile che avviassero subito i pochi soldati di scorta sulle nostre treccie : a meno che i cani... Ma, per i cani, si era escogitato il bellissimo espediente della benzina. E poi la guida ci faceva proseguire a zigzag. Tutto avveniva, come si dice, regolarmente quando, senza che ce lo dicessimo, uno stesso spavento ci gelò le vene. Prima ■leggera e color d'anice, poi un poco più pesante e color di latte, prima fino alle nostre ginocchia e poi fino all'altezza del ventre, delle spalle, della testa, cominciò a salire la nebbia. La nebbia in settembre è ancora una rari tà; ma bisogna dire che era l'anno delle rarità. Più essa si intensificava più ci raggruppavamo La luce lunare, sulla quale ave vamo contato, parve arruffare quelle matasse. Non osavamo chiedere alla guida se si orizzon tava dentro l'ovatta impalpabile, per non comunicargli il nostro panico e confonderlo di più: e anche perchè avevamo abbastanza da fare a camminare tra gli sterpi e i rami sempre più intricati e fitti. La scoperta della nostra fuga doveva essere avvenuta. Ecco : corrono da un posto all'altro e bestemmiano perchè devon lasciare a mezzo la zuppa o la fumata o la partita a carte; fanno fischiare le sirene ; mettono in moto qualcosa : forse le auto del comando o Bemplicemente le motociclette: forse per andar meglio lungo la foresta e il fiume montano a cavallo. Qualcuno monta a cavallo. Speriamo che gli altri preghino per noi vedendo i nostri posti vuoti, udendo quel rimescolìo e, più terribile, più sinistro di tutto, udendo l'abbaiare dei cani che vengon tirati fuori e saranno sguinzagliati sulle nostre traccie. Questa volta il loro olfatto è messo a dura prova. La benzina ! La benzina ! Eravaino decisi a marciare tutta la notte e ci avventavamo in quel caos di cotone bianco come mosche in una ragnatela: ci arrotolavamo con la immaginazione sempre intorno agli stessi dubbi, alle stesse ipotesi. Finché a mutare il nostro dubbio in uno scoramento terribile si accentuò la paura che la nostra guida avesse sbagliato strada. Sentivamo un allentamento della sua sicurezza, un seguirsi di sospensioni strane nella sua direzione. A gettarci tutti in terra venne il suo ordine di « alt ». A terra: moralmente e materialmente. Gli uomini erano i più compromessi perchè avevano accoppato i sorveglianti e sapevano che li attendeva la fucilazione: decisero di proseguire subito ad ogni costo. Per loro non c'era che arrivare al fiume: il fiume rappresentava la sola barriera possibile tra la morte minacciante e la vita. Nessuno rinunciò a seguirli anche se andavano all'impazzata, in quella notte, in quella nebbia. Quando ai trattò di alzarmi dal muschio umido dove mi ero lasciata cadere sentii una stanchezza improvvisa e tremenda. Mi ricordai appena allora di essere in stato interessante. Un laccio di stanchezza mortale mi tagliava le gambe. Era deciso che nessuno si sarebbe fermato per aiutare quelli che non avessero forza di seguire la strada. Ogni minuto aveva il valore, quasi, di una vita: e c'era in tutti il senso ohe la partita era quasi perduta. Nessuno si aspettava quella nebbia che circondandoci ci sviava, che attutiva i nostri passi. Invano come «fiche de consolati on » si obiettava che la nebbia avrebbe intralciato anche i nostri inseguitori, quelli che oramai da parecchie ore camminavano sulle nostre traccie. La foresta non si addensava e non si diradava ; era sempre la stessa rete fatta con le stesse maglie uguali di tronchi di rami: una gabbia peggiore di quella che avevamo, creduto di fuggire. Non è la strada: non e la strada: abbiamo perduto la strada; il fiume avremmo dovuto raggiungerlo da un pezzo ! Chi disse per primo queste o consimili parole non so. Si sperava col cuore in gola di udire il rumore del fiume; sentire l'aria umida, tipica delle vicinanze del fiume. E tutto era fatto per ingannarci (anche la bopravainsiglponofoEalcodel'stsalivsimprmleneDt'coalcoI gatavosbsumercorensolanAdqstodtupletuchsenml'dvpqrnmcfuleddldvevdmnvmutreddcppricisgclvccttamnznsi- i natura ha le sue ironie) il fru- n e oti ra o eo scio degli alberi sembrava quello delle onde, e la nebbia odorava d'acqua. Dopo un po' schiarì; l'alba non doveva essere lontana. Ci imbattemmo in una radura, in una capanna. Si sperava ^ di trovare i boscaioli : si chiamò a costo di far udire le nostre voci ; ma il panico ai toglieva ormai pe - ogni prudenza.. Non c'erano i lnnfvmtdasunvs^sgp—rgatndl•rotvptlvrcplCHeGpnt e r o e o , i l a l e , a e n , l : . o i i a i , . l n i a e i o e . , » a e i a n boscaioli; c'era, una ragazza; la pregammo; la scongiurammo ; ce a spingemmo innanzi. Lei doveva sapere; ma si spiegava male, in un dialetto appena comprensibile che per la paura farfugliava. Non importa: non importa : la speranza era tornata in noi ; era altrettanto assurda e infondata come la paura prima. Era così bello considerarsi vicino al fiume, e già fuori pericolo, e coi pedi scivolanti sui tronchi dello zatterone. E il rumore dell'acqua sulle rive e il .levarsi di stormi di uccelli al nostro passaggio. Fu chiaro: ci vedemmo in viso: lividi. Subito dopo il sottilissimo pianto di un uccello che presentiva l'alba si udì netta mente un latrato. Parve naturale : qualche cane disperso o Ik cane di un cacciatore di cinghiali: Dopo un poco un altro, da tutt'altra parte, che gli rispondeva come un corno di caccia; e poi un altro un altro: per fortuna ancora lontani; ma implacabili. I cani i cani. Tremavano le gambe a tutti; ci fu un tentativo di fuggi-fuggi istintivo. Poi silenzio. Ci eravamo sbagliati? Era l'effetto di una suggestione collettiva? Ma no; ma no. Ora riprendevano e si erano avvicinati l'uno all'altro come *per premdere la stessa direzione che non era ancora la nostra; ma era una direzione sola. Quando avranno raggiunto la capanna dei boscaioli sarà finita. Perchè deve essere finita? Abbiamo dimenticato ogni prudenza e ci facciamo guidare da questa ragazza che segna il nostro passaggio nel bosco col suo odore di umanità. Siamo come tutti i ladri: abbiamo fatto la pentola senza il coperchio ! Quale effetto facessero frasi così naturali ìti un seguirsi di spaventi che corrispondevano ai latrati sempre più vicini e uniti dei cani, io non so dire: mi sentivo mancare le forze. Certo: resterò l'ultima. La nebbia si era diradata ; ma la foresta non schiariva Avevamo abbandonato ogni prudenza ormai come avviene ; quando si gioca la vita ; parlava- j rno, ci chiamavamo, ci incitava- mo con le grada; il calpestìo, il Icigolìo dei rami infranti nella!fretta ci avrebbero impedito di udire quel benedetto fruscio delle acque. Avevo le vesti in brandelli e i piedi sanguinanti. Perdevamo, io e le altre donne, quelle goocie di sangue, quei brandelli d'abiti negli sterpi, che avrebbero servito di incitamento e di guida ai cani. Ma non avevano più bisogno nè dell'uno nè dell'altro. Come si udivano! Come si udivano! Venivano innanzi alla carica: uno aizzava l'altro. Non ancora gli uomini. Ci avrebbero beccato ad uno ad uno a fucilate più tardi! Ma intanto la terra rera mutata sotto i piedi; una donna aveva raccolto un pugno di sabbia e l'aveva baciata. Di colpo la foresta cessò; sul fiume pendeva un poco di nebbia; appena un velo. Un'isola era ancorata alila riva; un'isola di leenaine. C'erano da fare... che dico? cinquecento metri sulla rena. E io non li feci: non li feci. Una specie di paralisi mi bloccò le gambe. Vidi tutti gli altri che correvano. La zattera levava l'ancora; si staccava. Più sentivo quei latrati e più la incapacità di muovermi cresceva. Qualcuno tentò di sollevarmi e portarmi in braccio ma tutto fu inu tile. Ero già un peso morto. Non avevo che da aspettare. Final- mente li avrei visti, i cani. Era-no divenuti silenziosissimi ; la zattera cominciava a partire ; chi non l'aveva raggiunta in tempo si buttava a nuoto. Credevo di veder spuntare dal- la boscaglia animali" enormi ;~ma no, no: neri e magri, giallobru- ni sotto il ventre, immensi scara- fagtri con il muso aguzzo. Tutti !verso di me a raggiera; ma calmi, spietati. L'uomo che era stato il mio amante dovette prenderli a rivoltellate perchè non avanzassero altro svenuta. Intanto poi io ero scatenava uria, battaglia contro quelli che navigavano sulla zattera ormai a valle; sempre più a valle... 10 e il mio « salvatore » pur es- sendo di paesi diversi ci siamo^^„f,- „ ;i u—..k;„„ sposati : e cosi il bambino... 11 «bambino» accennava a sye-gliarsi e si allungava sul sedile ; pruma una gamba, poi 1 altra. — Ld e, a, vederlo, un cosi bel ragazzo — aggiunse la donna to- giandogli dal viso il fazzoletto e asciugandosi il sudore. Era piut- tosto grande e forte; sproporzio-nato a quella snellezza graziosa-della madre. Era senza grazia elì viso aveva ossuto e lungo, di- •rei scarnito, le mascelle proniN olenti c tese, la bocca piena di troppi denti e gli occhi piccoli, vicini, grigi. Così, almeno, mi parve. Raffaele Calzini V«™«» Il crescente numero di automobili in circolazione ha costretto le autorità municipali di Berlino a utilizzare nel modo migliore lo spazio disponibile per la sosta delle vetture. I posteggi sono stati distinti in settori per macchino piccole e per macchine grandi e nessuna vetturetta piccola può occupare, parcando, lo spazio destinato a una grossa macchina

Persone citate: Final, Raffaele Calzini, Raffaele Calzini V

Luoghi citati: Berlino, Bessarabia, Chisinau, Rumenia, Russia