Uno sguardo alla colonia "La Benedetta,,

Uno sguardo alla colonia "La Benedetta,, GIUDEI STRANIERI IN ITALIA Uno sguardo alla colonia "La Benedetta,, • 176 colonizzatori si sono succeduti nell'apprendistato, in un anno e mezzo, nella tenuta di turate Caccivio - Gli ebrei alla caccia dei segreti della pollicoltura intensiva - "Un affare, un affare!,, -Come si riconoscono gli ebrei sotto fasci di Reno... (DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE) Lurate Caccivio, 30 agosto. Siepi compatte di bosco, alte che dev'essere un paio di secoli che sono state seminate, e svolgentisi per i viali con tanta leg giadria da assoinigliarle piuttosto « minte leziose d'uno scenario di giardino settecentesco che a filari ornamentali d'un allevamento ino dello di polleria, \ Tanta grazia, tanto garbo sono '» questa spalliera di bosso Ulu.stre: e forse una volta la villa, dove ora. abita la signora strame « del- h,oa°> apparteneva a una casata nobile di Varese o di Co »">> che con i pascoli aromatici .dei campi vicini nutriva un alle vamento di purosangue; e la se ra nel salone d'onore forse dame e galanti cavalieri si riunivano in arcadiche assemblee, e fra una disputa e l'altra su, Metastasio e Parigi e su quel diavolo di Vol Jave intercalavano i sospiri delle \ ^°'e e de> violini, 1 Gentilezza così accogliente del .b°ss° «H'ingrcsso del luogo! E nel f°ndo !e SWP<• *« concludono in vovticztpcptpsIute che ricordano nella linea ar moniosa la forma dell'arpa. Il sole tramonta scarlatto. Un cielo biondo. Oh, veramente uno scenario suggestivo per ricostruirci con l'immaginazione lo svolgersi di una sirventese, di una conciane accademica fra damette belanti e e , abatini nnpamtccali e' ... * „ o MlSIBrO U 11113 glOV3ne SlgROrS , , -\ Ma a rompere tanto incanto seno\tnnentale, ecco una distesa di wia] Ponenti mutande, di brutte calze, -, * bruttissima biancheria da don-,na « da w°m°> accartocciata, seco ! ca' fopo tutta- una giornata d arl dentf bacio solare a « Mutande d'ebrei. Lunghe mutande con spaghi in luogo di fci¬ , !tì,cce' logore in più punti, spudo \ratTe « stanti». A lo tacevo e il imo interlocutore d, continua: - \ « Eccovi alla colonia agricola e degli ebrei stranieri di Lurate Cace, ciuio. Quelle mutande non vi fan- ; no l'effetto d'una loro bandiera ? ». -j Lurate Caccivio, tenuta «La Bee, nedetta». La mia inchiesta su que- ■ sta segreta e fluida vita delle co¬ oqdqrrqfapusi tscflngguc«cptian Ionie agricole di giudei stranieri in Italia, la cui esistenza è stata rivelata al pubblico da La Stampa, mi aveva portato qui, in questo paese, dalla sottocentrale dì Li- o a ò,{_ llvorno Ferraris e dalle colonie est - stenti nel Vercellese, in questo - \ paese, a circa mezza strada fra e Como e Varese, e dopo l'affanno o di alcune ricerche ero riuscito fi- nalmente a toccare la quarta tap- ! pa del mio viaggio, e \ Questa volta la proprietaria delo'ja tenuta modello dove la colonia I agricola degli ebrei stranieri è e ospitata, è una straniera pur esti^ sa: ia signora Irma Ikmoff Von o wattembach, una signora con ole,] fe parentele tedesche e svizzere, l-^dova, giovane, bionda, bella, n-,per quali canalizzazioni sotterra ijMe6 questa signora, di militantis e sima religione protestante e senul za addentellati ebrei, si sia fatta ali i>assuntrice d'una notevole parte si della Jilantropta filo-giudaica in Italia, non mi è stato dato di saj pere. Credevo a- tutta prima che la | centrale di Lucerna, la quale inI strada a Livorno Ferraris gli ebrei di tutto il mondo (che scendono in Italia a pettinare d'ogni segreto la nostra agricoltura sperà! cialìzzata, prima di andare a far ni funzionare le grandi aziende nonso cole industrializzate della Palera.«tino; avesse rapporti diretti con i-. questa signora n il rire ne atalni ti mezzo svizzera. No. 1 mediatori di questo colossale affare che ha spogliato in due anni l'Italia di tutti i gelosi segreti di coltivazione, di selezione, di stagionatura, di condizionamento dei nostri prodotti agricoli più pregiati, sono, purtroppo, italiani, e fanno capo all'ing. prof. Lcblis di Vercelli, agronomo d'alte capacità ed ebreo di strette solidaric se Itti razziali, al quale ho già accenne j nato nel mio precedente articolo. e- .. . „ „iiìb-ii11m s-j | Segreti Della pOlllCOlttlTa se, a! A Livorno Ferraris è eletnla colti ! vazione del riso migliore prodot! to nel inondo, che gli ebrei, succedutisi in avide e fitte squadre di apprendisti, hanno trasportato in Palestina. Qui a Lurate Cacci vio, essi hanno ormai appreso tutti i labirintici segreti della pollicoltura intensiva. Io, passato l'alzabandiera di mutande, ho visitato questa tenuta «La Benedetta». In pollai razionali, vasti come piazze d'armi, distinti da fitte reti confinarie, questa tenuta ha una presenza media giornaliera di oltre k mila galline delle razze più pregiate: livornesi candide, come se le coprisse una gualdrappa di daqsddleasle . - ¬ ovatta, e di razza così pura che-mquest'animale, di solito tanto modesto, visto in tali esemplari acquista un'aria di nobiltà e di fierezza, un incedere che non è più ridicolo come quello della gallina qualunque, ma ha qualcosa della falcata degli sparvieri e delle aquile. Questa folla enorme di galline produce qualcosa come J/0 mila uova al mese, in media. In altri settori ci sono gabbie speciali per i galli reali, maestosi, alti, col petto possente; e una squadra di ebrei stranieri, addestrata dai nostri eccellenti contadini, ormai sa perfettamente come popolare di galline quelle gabbie e solleticare e nutrire con mangimi vigorosi leggermente inebrianti, l'ardore dei galli. Le galline destinate a fare le uova da riproduzione sono scelte con cura raffinata ed occorre un « occhio r>, una capacità di intuito che soltanto il lungo tirocinio e la pratica assidua possono dare. Poi le uova sono passate alle incuba trici modernissime, che le covano in un tepore graduato con estrema accortezza. Dopo nasceranno i pulcini dorati, che andranno a rinfrancare le decimazioni fatte fra le galline che, ormai aride di uova, sono state destinate a fare grassi brodi o appetitosi stufati. Questa grande azienda, oltre al valore dei prodotti in uova e carne bianca, ha commercializzato su vasta scala l'esportazione degli esemplari — ,<7a7!t e galline — da riproduzione, con notevole successo. Si tratta, insomma, di un caposaldo, di uno di quelli che si chiamano quadrivi vitali nell'allevamento nazionale degli animali d.i cortile. i a o - o a o a è n , , a e n a li i r n a. e ee, ù i, s c no. i tce o i stlnidtegqtlddi dove noi abbiamo emigrato, chese li mantengano i governi, poi- che noi giovani abbiamo bracciabuone, e quando guadagneremobene, se un giorno i vecchi saggi vorranno affrontare il viaggio, li Tutti giovani Così anche questo órivio, nitri come a Livorno Ferraris, qui a Lurate Caccivio, in caposaldo, in questo quauna colonia di ebrei strasi è accampata silenziosa. tenace, laboriosa, disciplinata, e adesso i presenti sono oltre venti. Ma in un anno e mezzo si sono succeduti nell'apprendistato 176 giudei di ogni parte d'Europa. Centosettantasei. Ma la cifra dirà di più, quando si porrà mente a questa considerazione mia: il più vecchio di questi 176 colonizzatori della Palestina, è della classe 1907. I più giovani, sono perfino — uomini, donne — del 1918; non hanno quindi ancora vent'anni. Questa della giovane età di tutti gli apprendisti della colonizzazione agricola sionista in Palestina, era d'altronde una osservazione che avevo già fatta in Piemonte. «Perchè?» ho domandato ad uno di questi ebrei, un polacco che a Cracovia faceva il pittore ed ora è espertissimo nella fecondazione artificiale delle uova. « Illustre signore, vedete... vedete: i vecchi sarebbero subito un carico pesante per il Governo palestinese e per le nostre comunità agricole, industriali e commerciali di laggiù. Allora, fin che possiamo, i vecchi li lasciamo nei paesi chiameremo con noi... ». Ghiotto affare Ho poi sentito un'ultra ragazza ebrea, di Norimberga, direttrice laggiù di un negozio di mode, ed ora preparatrice di pastoni per legalline, dire press'a poco così: « Oh, il mio vecchio zio Isacco mi scrive che vuol ue»iire a Tel Avivappena io ci vado, e che ha quasi raccolto le mille sterline necessarie al « visto » di immigrazione. Ma un viaggio tanto lungo, lui, così vecchio! Perchè spenderlo negli ultimi tempi della vita, quel denaro t Un cosi saggio vecchio, ve- drai, ci penserà meglio, resterà a Norimberga ». Quanto ai paesi di provenienza, questi ebrei de « La Benedetta » sono, come passaporto, danesi, tedeschi, polacchi, dello Stato libero di Danzica, austriaci, lituani, apolidi; apolidi, in genere, sono russi emigrati. E' interessante notare, appunto, come il fenomeno di questa immigrazione sionistica in Palestina- non sia dovuto esclusiva- mente alle correnti dei giudei mfidrlspurgati dalle leggi restrittive di taluni paesi, come la Germania, l'Ungheria, la Polonia e la Romania. Nella mia inchiesta mi sono imbattuto in appartenenti a Paesi dove le leggi demografiche garantiscono agli ebrei ogni libertà: per esempio danesi, cecoslovacchi, belgi, francesi e persino turchi. In questo caso è ovvio che non si tratta di emigrati sotto pressione della volontà razzistica. Gente furba, che ha ben calcolato. Venire in Italia ad apprendervi ogni forma più eletta e piùpregiata dell'agricoltura e poi trasferirsi in Palestina, a realizzare le esperienze assommate in queste colonie agricole. Si tratta di un ghiotto affare. Per giungere a questo ghiotto affare uomini e donne oggi- lavorano i campi, laboriosi ed attenti, ed affrontano ogni fatica più snervante, anche se i primi venti anni' della loro vita li hanno passati a commerciare o a studiare sui banchi scolastici, o a scrivere musica, o a dipingere, insomma in attività intellettuali e, comunque, non manuali. Progetti per la Palestina « Nostro illustre signore — mi diceva un di loro — ogni sera noi facciamo il conto di quello che qpbiamo appreso e possiamo gioirne ». Esperienze che questi ebrei mettono nella cassaforte delle loro capacità collettive e singole, e che poi, tradotte in atto nelle tenute palestinesi, daranno forte incremento di utile. Io ho parlato con qualcuno che li accosta da anni, da anni li vede vivere e lavorare. Rivelano, qui, in questi campi lombardi, tutte le peculiarità della loro razza, non più tedesca o polacca o francese 0 lituana o turca! Appena sono qui, dal primo giorno, vanno tutti d'accordo. Sono ebrei, e soltanto ebrei. Anche quando dicono di non conoscere la lingua l'uno dell'altro, finiscono sempre con intendersi bene. E poi imparano l'ebraico. Per insegnare loro l'ebraico, la Centrale di Lucerna ha inviato in Italia un dotto rabbino, Simone Bousas, che soggiorna ora in quella colonia agricola e dirige le esercitazioni della lingua nazionale ebraica. In attesa di essere molto padróni della difficilissima lingua ufficiale della Palestina; il loro esperanto è il nostro italiano. In questa colonia di « La Benedetta » ci sono sedici uomini e nove donne. Tutti giovani, come ho-detto; uno studente, di filosofia, un dottore in legge, un'ostetrica, impiegati di banca e di ditte commerciali, due indossatrici flessuose ed una ballerina, un meccanico, un elettrotecnico, alcuni commercianti, un piccolo industriale. « Voi, Izak Korm, perchè avete lasciato il distretto polacco di Gdinia, se là nessun atto è stato tentato contro gli ebrei? Stavate bene; è, allora, l'ideale dello stato ebraico che vi porta in Palestina ? ». « Ecco, molto illustre signore, io e\avevo una proprietà di poche de- j cine di migliaia di zloti. In tutto, a]quando ho liquidato oculatamente, o] 600 sterline. Una ben piccola in i idustria! Invece, adesso, lavoro qui i I qualche mese, imparo un mestierej 1 nuovo e poi t Centri sionistici mi danno mille sterline, un passapor- I lo nuovo ed un appezzamento di terreno che mi hanno messo in uvCtitttulnlsqsrLn e . o 6 i i e d e n à i cnlpdcnbdlpssmtpiculidlsnaa e d condizione di fare ben fruttare.|affare. Tanto pii che io potrò rivendere ai miei fra ) , ,.«„,.„ ,„ „»„„ t,_m,_ Un affare, un affare. Tanto euélli di laggiù, qualcuna delle espe: rienze acquisite nel vostro bel i ' Paese ». v] Del resto, gelida vita, senza in- i . i - canti, senza fantasia, con freddi, meticolosi orari. Questi venticinque ebrei, stranieri, hanno imparato tutto, tutto, dai nostri contadini, anche certi linguaggi fioriti. Ma una posa non hanno saputo imparare: cantare. Stamane sono tornato a vederli mentre scaricavano carretti di fieno. Riconoscerli è facilissimo di solito, poiché i loro tratti este- riori sono inconfondibili. Ma ero!lontano, ed ho voluto chiedere ad, zo della tenuta- « Debbo ' 11 cenuta- «ueooo un ragaz, vedere gli ebrei, per fotografarli. Come posso riconoscerli, così, sotto i fasci di fieno t ». Un canto vivace dai ritmi sveliti era sull'aia dorata dal sole mattutino. La cadenza era tipicamen-, te nostra, ma costituiva in tutto', una ghirlanda di poche note faci-i lissime a ricordarsi; uno di quei' nostri stornelli campestri, squillanti ed allegri. /I ragazzo mi disse: « E' facilissimo che li ricono- sciate, questi ebrei: quando c'è qiiclcuno che non canta, guardate sotto il fascio del fieno vi trave- rcte un ebreo ». E così feci c così li riconobbi. Attilio Crepas

Persone citate: Attilio Crepas, Ferraris, Irma Ikmoff Von, Metastasio, Simone Bousas