Giornata di sosta ad Amsterdam

Giornata di sosta ad Amsterdam Giornata di sosta ad Amsterdam i a i (Dal nostro inviato) Amsterdam, 29 agosto. Non possiamo nasconderci che, finora, questi campionati non ci /tanno dato le soddisfazioni che da essi ci aspettavamo. Non parliamo \ di quello di velocità dei professionisti, per quanto avremmo potuto sperare che Pola si sarebbe portato almeno negli ottavi di finale, ma, passo più, passo meno, poco importa, finché non si arriva alla semi finale, là dove comincia il punteggio per la classifica per Nazioni. Non voglio dire che sia stata una delusione la esclusione, non ancora definitiva, ma molto probabile, di Canazza in quello degli stayer feppure l'azzurro, se non si fosse smarrito nel momento in cui avvenne la caduta di Kraus e Meuleman, avrebbe potuto prendere il posto di Lohmann, rimasto in quel frangente senza allenatore), ma la sconfitta di Loatti e l'eliminazione — che speriamo temporanea — di Severgnini ci hanno procurato una delusione più amara dell'altra. Modesto bilancio a e s o a o : i e a e e ; i o Tutta l'annata parlava in favo re del nostro velocista, tutti i prò nostici erano per lui, meno, si capisce, quelli olandesi. Questo ottimismo era avvalorato dalle per fette conriiatoni di forma del bolo gnese; sulla soglia della finale, poi, sembrava quasi certezza al pensare le tante volte che l'italiano aveva battuto, in Italia come all'estero, a Parigi come ad Amsterdam, a Vincennes come a Utrecht, l'olandese. Invece, questi ha vinto con tanta regolarità e chiarezza, direi quasi con tanta superiorità che le grazie di una giornata eccezionale non basterebbero a spiegare. E tuttora mi domando se éVati de Vijver che ha miglioratodi colpo o se realmente esiste una differenza di classe fra i due, o seil campione del mondo corse sen-za pretese per un anno per prt.-sentarsi rinnovato e trasform'ito a questo campionato. A tali doni'inde risponderanno i confronti che i due sosterranno tra breve rella ri-vincita del campionato e quelli che li attendono nella loro carriera di professionisti. Una cosa, invece, è risultaata chiara: la superiorità complessiva dell'Olanda, la grande disponibilità di uomini che rinnovano i ranghi, la possibilità di selezione che offre la massa di gin ss-'vani che, al contrario che dn noi, ancora ama e pratica il ciclismo su pista. Questa massa, cresciuta, alla scuola di un grande campione e alla passione di una folla che la assiste e la incoraggia, è la sorgente copiosa da cui sono scaturiti, come esponenti eletti, i Moeskops e i Mazairac, i Van Bgmond e i Van Vliet e i Van de Vijver, tutti nomi che nel libro d'oro di questi campionati illustrano il ciclismo olandese, ricco di una tradizione che noi abbiamo perduto e che ha brillato in tempi ormai lontani non i Verri e con i Martinetti. Noi scontiamo in questo campo la preferenza che diamo al ciclismo su strada, qui, invece, povera cosa; scontiamo la crisi della pista, uccisa, come altri spettacoli sportivi, da quella immensa pio vra che è il calcio; scontiatno il disinteressamento federale, durato anni e anni, e finalmente ora sostituito da una cura che ci lascia sperare prossimi e ottimi frutti. Anche se lo sforzo compiuto dalla nostra Federazione nel tene re Loatti dilettante per un anno è in parte fallito, non per ciò esso sarà stato vano; anche se la scucia affidata a Verri non ci ha dato il campione del mondo, non per ciò diremo che sarà stata inutile e che bisognerà abolirla. Bisogna persistere, bisogna continuare, allargare l'opera di propaganda tra i giovani, di direzione tecnica, di appoggi finanziari; e, soprattutto, bisogna cercare per i nostri ragazzi degli incontri internazionali come si fa per il calcio, il pugilato, l'atletica. Speranze per l'avvenire Le qualità fisiche non mancano ai nostri giovani, la buona impostasene neppure; ce lo hanno dimostrato anche Astolfi e Bergomi; manca ad essi l'esperienza, l'abitudine alla lotta che sono quelle che 'danno l'intuito della corsa, che non portano i nervi a fior di pelle, che noti fanno perdere la testa e lasciano veder chiaro nei momenti decisivi. Questo campionato, dunque, ci ha dato un'amarezza, ma ci ha anche dato un insegnamento e un incitamento. Se sapremo approfittarne potremo presto raggiungere le mete più alte. Per ora ci dobbiamo contentare di constatare che siamo risaliti, e non poco. Erano parecchi anni che non vedevamo tre « azzurri » fare bella figura in un campionato mondiale. Tolta l'Olanda, in cui, come ho detto, il ciclismo su pista vive in un'atmosfera particolarmente fa vorevole, nessun'altra Nazione ci ha dominato; neppure quella Francia che, un tempo, fu fucina di campioni, ne quella Germania, che sembrava dovesse produrre, dopo i Richter e i Merkens, chissà quanti assi della velocità. E ciò non è poco, anche se non è tutto "ausilo che abbiamo diritto di sperare. Sapete la disavventura capitata a Severgnini ieri sera. La sua vittoria era ormai certa (alcuni giornalisti ì'aveuano già telefoni ta ai loro giornali/ quando si tra mutò in pochi gm in amara scoli fitta. La primi colpa di ciò è in che un po' di Severgnini. Purlrop po, in questo genere di corse, gli accordi tra i concorrenti non sono rari, per non dire inevitabili. L'italiano ne aveva fatto uno con Paillard, nel senso di corrispondere una certa cifra — pare 7 mila lire — nel caso di entrata in finale. L'esclusione, quindi, avreb be almeno fruttato un discreto guadagno. Il guaio è che quel.... fiore di galantuomo che è Paillard aveva fatto to stesso accordo con Wals, il quale, naturalmente, se era disposto a farsi doppiare dal francese e a lasciargli ma libera, non lo era affatto nei confronti con l'italiano. L'accordo che aveva fatto Severgnini con Paillard era perfettamente sportivo perchè ognuno rimaneva libero di difendere le sue possibilità; quello, invece, che Paillard fece poi con Wals aveva le sue radici nella doppiezza, cioè nella disonestà. Così si spiega come l'olandese anche con quattro giri di ritardo si impegnasse ogni volta che Severgnini muoveva al suo attacco e facilitasse, invece, la marcia del francese. Ma la prima cosa egli non poteva fare, non per. regolamento — che su questo punto tace — ma per consuetudine internazionale, ormai accettata su tutti i velodromi europei e che i commissari avrebbero dovuto conoscere. Per questo Severgnini, a cominciare dal trentesimo giro, cominciò a far segni ai commissari di intervenire a richiamare all'ordine Wals; ma questi non videro, o non capirono o non credettero di agire d'autorità. Severgnini si innervosi, Pasquier commise l'errore di portarlo all'inutile attacco di Wals, di farlo rimanere nel turbine della sua scia e poi anche di quella di Paillard quando questi si sdoppiò. Otto giri prima della fine, egli risentì dello sforzo e non' solo perse quello di vantaggio, ma un altro ancora. Così, dopo l'immeritata entrata in finale di Lohmann, è stata quella del tutto rubata di Paillard. Severgnini e Canazza L'italiano dovrebbe conquistare il suo posto domani nel ricupero, in cui avrà di fronte l'olandese Groenewegen, lo spagnuola Fombellida, l'ungherese Szekeres, lo svizzero Suter, tutti avversari che egli sovrasta più o meno di classe; ma il fare tre prove di cento chilometri in cinque giorni non è certo quello che lo può favorire per la finale. Nella quale gli si presenta, per giunta, la formidabile coalizione dei due tedeschi Metze e Lohmann. Nell'altro ricupero Canazza dovrà lottare con Lemoine, Wals, Heimann e Ronsse; e il suo compito si presenta assai difficile. Purtroppo, in complesso, se per questo campionato potevamo fino la ieri vantare 40 probabilità di | vittoria, oggi ce ne rimane meno della metà. Domani, mi trasferirò a Valkenburg ad attendere i nostri « stradisti » che arriveranno nel pomeriggio, riservandomi di tornare ad Amsterdam giovedì se uno dei nostri entrerà nella finale degli « stayer ». Ormai cominciamo ad uscire dall'atmosfera dei campionati su pista per entrare in quella dei campionati su strada. E vogliamo sperare che questi ci riservino maggiori soddisfazioni di quelli. Giuseppe Ambrosinì LdtEtsatsrf