Serenata a mezzogiorno per la prima dama salita con me

Serenata a mezzogiorno per la prima dama salita con me IL GONDOLIERE DEGLI IMNftMORATI Serenata a mezzogiorno per la prima dama salita con me Storie di donne celebri e di illustri amori - Un giudice saggio - La casa di Des demona - Finalmente una signora si serve della mia gondola e della mia voga (dal nostro inviato) VENEZIA, agosto. 7 palloncini sbrillonzolano sulla a Dogaressa »; lo storico Giovanni Dolcetti in marsina e cappellina alla lobbia calata sull'occhio destro attende con me gli avventori romantici che non arrivano; il professore Anafesto Magrini suonatore ambulante di fisarmonica è seduto su una delle seggiole seicentesche con lo strumento bianco sulle ginocchia e gli occhi ciechi sperduti nel vuoto; il mio gondoliere Piero Grossi passeggia sulle fondamenta schiavoni e guarda con oc- chio intenditore le coppie che : passano. j Nessuno bada alla mia Doga ressa; nessuno bada a me, im provi^isnto gondo/iere degli inna | morati. e ' ; j r , i ; ! 1 e è n a o l [ l o a i a - La biondina in gondoleta — Dove sono gli innamorati? Dolcetti si stringe nelle spalle. Forse non ve ne sono più, o forse la « Dogaressa » è troppo suntuosa per il rito gentile e discreto. Da\ quattro giorni (indiamo in gondola noi soli, una gondola per soli uomini. Scivoliamo sui canali in ombra, strisciando lungo i muri dei palazzi e bordeggiando le fondamenta. Attacca Magrini. Il professore cieco, accompagnandosi con la voce, libera nell'aria calma, in sordina, la vecchia canzone. « La biondina in gondoleta la dormiva su sto brazo, mi ogni tanto la svegliava e la Darca che ninava la tornava a indormenzar. Tra le nuvole la luna gera ih cielo meza sconta; gera in calma la laguna gera il vento bonassà ». Gli occhi dello « storico » si soc chiudono. Il « ferro » della gon dola si alza sull'acqua musicalmente: una musica di acciaio splendente. Eppure questa è la città degli innamorati, se non ne trovo qui non ne troverò in nessun'altra parte del mondo. E' cosi facile nasconderà la passione nel nero di queste calli, portarla a passeggio per i meandri dei canali, infilarla nei sottoportici, soffocarla, perchè i curiosi non vi partecipino, sull'acqua che la dondola. Tutti mi hanno detto: «è impossibile che due creature di genere diverso non si caschino fru le braccia sui cuscini neri della gondola ». E non ne trovo neppure l'ombra; e allora andiamo a cercare i\i ■ |'U\- je omor() (jegji amori passati. n . a a . a e i n c o e a Ad ogni colpo di remo il passato vien su come pescato dalla rete del tempo. Dolcetti apre un occhio e parla. Tante volte innamorato Di celebri donne a Venezia vene furono molte. Le lanciò sui ca- noli un giornale femminista ge-novese con questo programmar«A noi donne Iddio ha impostogravi e dolci doveri; ci ha affidatiuffici molteplici importanti e soa-\l'i che non possiamo sen2a renderci colpevoli e procac' dare a noi stesse dolori e lacrime. Mentre al di fuori si agitano I e cozzano passioni, noi, raccolte a ne, santuario dc11e domestiche , mura> adoperiamoci con amore - stante a meglio intendere i noa stri doveri, a meglio adempiere a agn uffici nostri». - j _ Quest0 — seguita il barbie trascuraie - re dotto e sapiente — il program-- : „,a del giornale genovese pubbli ò ; caf0 ,lej j$gz e> fatt.0 non fre? quente, come dissero elle fecero c-. confinitano a fare assecondate da l quante oggidì sono donne illustri e jfl italia, che di illustri donne non Ine ebbe penuria mai. E penuria - non ne ebbe e non ne ha nemman- c0 quella parte di Italia che, nel e corso di ben quattordici secoli, a fornì la Repubblica di Venezia. oj — Questa. Dolcetti, è storia al-n tornente onorifica per noi Italiani]a e le donne nostre camminano sul- , la strada di quel patetico e de- gno programma, ma non è amore.Dolcetti sospira. , : — Oh! amico barbiere, sietemai stato innamorato? — Tante volte e di nessunadonna. Ma tanto innamorato cft«^un giorno trovata una donna ho vestii da sposa e, vestito io stesso 'abito della sacra cerimonia, me ne andai per i canali, contraendo^un matrimonio strettamente e purumente ideale coti la mia campagna di gondola. Il matrimonio « bianco» durò due ore, dopo di^che me ne ritornai solo e soletto] n bottega col cuore spumegg\an-< te di gioia come il mio pennello da barbiere. Bolle di sapone. — Amico carissimo Dolcetti, io come gondoliere degli innamorati'ci faccio una magra figura. i— Andiamo a caccia di ombre,\giornalista di terra ferma. i E infatti incontrammo nella inotte fantasmi di donne. — Eppure — dicevo io — ne hanno da essere di quelle vi- ve, di carne e di ossa. , j !„ r„_j- -i\ iìì fondo, c e sempre una donna — Tante - interloquì il gon-[doliere — da non si dire. — E re-, mandò pacamenle mi narrò questo aneddoto mentre il cieco face-, va soffiare piano piano la fisarmonica bianca. «Era, non so dove, un certo giudice a cui la grande rinomanza non permetteva il' riposo, imperocché dalle cento leghe d'intorno accorrevasi a pi- gliar consiglio da lui. Non sì io- sto una grave emergenza o qual- che buia faccenda poneva le fa- imghe non pure, ma talora anche le città e le Provincie in impiccio,'i mefl/io avveduti gridavano con voce concorde: «Andate a con-'sultare il grande giudice». Il1'quale però non n fermando alleìminugie del fatto, alle cagioni ap- parenti ed alle conseguenze Imo- ne soltanto a trarre in ingannoìgli sciocchi, con ghigno ironico ^risolutamente chiedeva: «E la] donnaf ». E se taluno tentava dispiegargli un'altra volta il fatto, dimostrandogli che di ben altro trattavasi che di donne ma addirittura, poniamo, di due città in armi, egli, senza punto scomporsi, crollando il capo e col medesimo ghiqno: «Capisco — riViglia-, va — e la donna? ». Su ciò re- nera (furo, e gweefera il suo ri- tornello. Allora ben bene cercun- do, le buone persone che avevano] grande bisogno di un acuto pare- re, si rammentavano finalmente che, un tal giorno, una tale donna aveva parlato con l'uomo posto in questione dal litigio da comporre e che, poniamo, una principessa, è trovata ». Da quel momento egli aveva posto il rf;'o sul della matassa e sapeva il modo acconcio a sbrogliarla e dipanar- la per bene. Imperocché, sua massima era che in fondo a tutti gli viaggiando a diporto arerà un ifijbaìlato in una delle città bramose-di sparare il cannone. Di che il\giudìce, facendo un suo risolino e pigliando una presa di tabacco: «Ci siamo — diceva — la donna avvenimenti si scopre una donna e che nulla si fa al mondo cìieuna donna non ne abbia la cagio- 'ne e lo scopo». I — Chi iniziò la rovina della Cì-\ signora Cian-Kai-Schek. vecchio almanacco, — Dove — interviene Dolcetti — è ricordato un celebre mazzo di carte conservato nel museo Cor- »er; mazzo di carte — dice lo stesso calendario — de! giuoco italiano, — Vedelo. — Come hai parlato bene, Piero, — Ho parlato per bocca di unBaci di imperatrici ina infatti — dico io — fu l'imperatrice Sin si, chi la completa è la sul Canal Grande bianco il rovescio eognuna delle quali offre incisa inramie e descritta in basso, in vol- far% ìa rappresentazione sia dri'a. °/m di "n fa"° ° <*' biografia di una gentildonna ve- neta. Il due di spade ricorda la cortei fatta da Federico m /»«-peratore e da Eleonora Impera frice col prendere partf alle danze nella festa per loro ordinata dalla Repubblica. Dice l'endecasillabo stampato sulla carta: « Tanto potè di belle dame il vanto ». Nel due di bastoni si vede Lodovico III in aito di baciare infronte una dama veneziana di-chiarann'o in e3sa di volerle ba- dare tutte. Nel due di coppe BU- sabetta, moglie dell'imperatore le nostre donne esclama. « beni-pre credei favolosa la bellezza di Venere; ora conosco l'errore men-tre incontro tante reneri in que-sto mare ». Una carta rappresen-ta donne veneziane che. nelle guerre contro ai Genovesi, danno alla Repubblica le loro gemme.* Non cura l'or chi libertate ap-prezza ». —Lo hanmo anche fatto le don-ne fasciste. n t f «T* UOVO tU traOllOl'autore di « Boheme — Per questi canali passò — imito wirw 'fncnc erte nvtfnmv appresso - la Dogaressa Orseolo ohe »M«ore di peste soccorrendo u poveri; CeciSia Barbarico che al marito non vuole sopravvivere;sempre menzionale nel mazzo dicarie come quelle che ricorderò Tommasini Morosini regina dissa Tiepolo,una Qiterini madre del santo Lo-renzo; la letterata Olimpia M(«ìi-Piero, la Foscarina Vemier; euna scrittrice che si firmava colnome maschile di Battista Mala-testa ; Giorgio Sand ha fatto lostesso approfittando di Venezia per svuotare il cuore di De Mns- set dandosi anima e corpo ad un dottore veneziano. Le carte sfilano sull'acqua. co-me su un tapperò da giuoco. Le ultime si rovesciano sui cri-stalli dei canali soffiate dalla ro-ce di Dolcetti. — Cassandra Fedele per la quale il Poliziano renne appostaa Venosta e che a navant ■v.m re- c tò al cospetto di Bona, Reginadi Po.'onta, dalla graie ebbe indono una collana d'oro; Gasparo Stampa Ma quale il Guercino XZ\12?2£S&'££ \la a giuste nozze; Irene da Spi- limbergo alla quale il Tiziano fé- 'Ice il ritratto e Torquato Tasso dedicò sonetti; Veronica Franco, l'Aspa3ia del XVI *eco'0' " re tanti quanti mai uomini in e-morsi per la ni suoi giorni - - - nA n^ninr^in leggiadria le se,vx ad accalappia- " cauti. Arrigo III passando per Venezia volle visitarla e si ebbe « tale martello al cuore » che non seppe partire dalla - citta senza polare le sue sembianze effigiate dal Tintoretto. Presa da foschi ri- «Soccorso» destinato appunto a vita dissipata finì i nel convento del raccogliere le donne macchiate dalle peggiori brutture; Veronica dedicò le sue sfacciate rime ad un Duca di Mantova e le sue lettere ad un cardinale di Este. Montaigne parla di lei nel suo viaggio in Italia. La prima cliente della barca sentimentale — Ma come siete eruditi. — Venezia — esclama Piero è a : e n -'dall'alto della sua «poppe» - un mosaico di oro e di donne, -\ _ Ma dove sono? Io ne paghe- e' rei una mille lire. « ^ *1? ^"t"1 6 -, puntando l'indice nell'oscurità mi i,dice che quella in ombra è la casa -1 di Otello. -\ /; professore cieco attacca sulla - fisarmonica l'« esultate ». e] — s In casa di Desdemana? oI — E' sul Canal Grande, .] — Ma voi — dico io — sapete --tutto! — Ci fu un tempo in cui i gon- -,dolieri; in vernacolo, si scambia |vano da gondola a. gondola le ot *ave di Torquato Tasso. Goethe O p-anse, udendole, di emozione. tZ 7n0™ & —j Mio teca. vi w om», i* w jju^d w iwuu j/unuwn, olpresi il remo e per poco non caddi um acqua. ll — Suona, " ;] suona, i\ E la donna venne, finalmente, eò io salii a «poppe» della gondola, Anafesto Magrini, i] Era mezzogiorno e il barbiere ,-: erudito Dolcetti, disse che a ses- -\santotto anni gli capitava per la -J prima volta di «portare» una see! renata in pieno meriggio. Il cielo llera 'altissimo e sulla laguna si era -\disteso un colme molle e traspaoìrentc, quasi lunare, come se si a' fosse sciolta nell'acqua una fo-\g'ia di turchese, n| Piero Grossi salutò la signora così: « Che il cammino delia tua -\VÌta, per l'onore che ci fai, sia il luminato da una stella incande -iscente». - — Piano — esclamò Dolcetti — piano che te la brusi. ai Anche il cieco rise, colando su- a i dorè sul baco da seta che tirava - e raccorciai!!. Tale mi parve in a .quella luce verde la sua fisarmoni.:tca molle e candida. o| Ernesto Quadrone . remo e per poco non caddi in acqua,..

Luoghi citati: Este, Italia, Mantova, Venezia