Due isole, due mondi di Leo Rea

Due isole, due mondi UN'ESTATE NEL MARE Di BERING Due isole, due mondi Gli esquimesi, disertata quella su cui batte la bandiera bolsceuica, l'hanno chiamata "Inferno,, e sono andati nell'altra, batteiiandoìa "Jsola del Paradiso,, - Enórmi stranezze della bianca uita sull'orlo del mare leggendario (Dal nostro inviato) DIOMEDE (Americana). 7 manuali di geni/rafia scolastici e non scolastici insegnano cheì VAlasca, e per essa gli Stati Uni-\ ti, sono separati ad occidente dal-\ In Siberia, e per essa dalla Rus-sia, dallo stretto di Bering. Ciò è vero quando c'è ulta marea, ma, quando le continue ed impetuosecórrenti fra l'Artico e il Pacificosono stanche di lottare l'ima con- tro l'altra e sono costrette a piegare le loro forze di fronte a quelle misteriose della marea, è possibile andare a piedi — e calcando terra, non ghiaccio — dagli Stati Uniti in Siberia o viceversa. Non vogliamo dire che si possa passeggiare da Capo Principe di Galles, Alasca, a Capo Orientale, Siberia; ma insistiamo che si può andare da terra alascana a terra russa a piedi passando, marea permettendo, dalla piccola Diomede che è americana, alla grande Diomede che è sovietica. Qui è martedì, là mercoledì Le due isole sono vicinissime; 10 stretto canale che ad alta marea le separa, non è navigabile, l'istmo roccioso che le unisce a bassa marea è lungo un cinquecento metri. Eppure le due isole rappresentano due mondi: quando nella Diomede Piccola è martedì, in quell'altra è mercoledì perchè la linea internazionale di data passa attraverso di esse. Prima che la Russia divenisse bolscevica, la Diomede Grande Aliena il maggior numero di abitanti; oggi è abbandonata e gli esquimesi che l'abitavano sono venuti a stabilirsi sulla Piccola dove stanno tanto meglio che nel linguaggio degli indigeni le due isole sono chiamate con nómi che vogliono dire « paradiso » ed « inferno » e non occorre dire quale sia l'ima e quale sia l'altra. Sul « Manuale per il pilotaggio nell'Artico », che secondo le intenzioni dei cartografi di Washington dovrebbe essere una specie di Bibbia per i naviganti di Oltrebering, c'è scritto che le due Diomedi sono prodotto vulcanico, che vi si può sbarcare soltanto a marea bassa e avvicinando l'isola minore dalla sponda meridionale in vicinanza della radice dell'istmo. Praticamente, le possibilità di sbarco sono ulteriormente condizionate: bisogna che non tiri vento da sud che altrimenti non ci sono nò braccia né timoni forti abbastanza per impedire che le scialuppe vadano a grattare il fondo contro il « >ecf ». Per tre giorni il « Nort.hland » ha atteso, ancoralo a tre quarti di miglio dalla costa che marea e vento calassero; ma, neanche a farl'apposta, quando l'ima si comportava secondo le istruzioni stampate a Washington l'altro disobbediva le istruzioni stesse, ragione per cui 11 comandante, dopo aver brontolato per tre giorni —non contro la marea nè contro il vento, ma contro i « cappelli di paglia » che stampano, standosene a Washington, istruzioni sul modo per ancorare alle Diomedi — ha ordinalo di salpare le ancore, ha circumnavigato ad oriente la Diomede Piccola ed è entrato nell'Artico annunciando che lo sbarco sarebbe avvenuto proprio sulla costa settentrionale, anche se i « cappelli di paglia » hanno fatto stampare che da quella parte lo sbarco è .impossibile per la assoluta mancanza di ancoraggi. Si è incrociato per una mezza giornata a nord del reef, spostandosi adagio a destra e a sinistra mentre a prua ì marinai lavoravano col piombo- ogni tre minuti uno. di essi annunciava facendo portavóce verso il ponte: « Centoventi braccia d'acqua, signore! » e il capitano rispondeva nulla, la sua mano faceva più dura la stretta sulla plancia, dava qualche comando al timoniere. Per dodici ore, le segnalazioni dei dwmarinai hanno dato fra trecento cinquanta e cewcinquanta braccia; ogni quattro ore i marinai si cambiavano; per dodici ore il co mandante è restato sul ponte fermo, sempre allo stesso posto, rifiutando cibo e bevanda, deciso più che mai a dimostrare che aveva ragione lui. Una navigazione drammatica Verso la metà fra la dodicesima e tredicesima ora di sondaggi, uno dei marinai che manovravano i piombi, ha urlato un slSzcvg trionfale: — Settantacinque braccia, sigr.ore! Il comandante ordinato di mettere il telegrafo di macchina sul «ferina », poi si è messo sull'orecchione del ponte per scrutare il mare, cercando di penetrare il segreto del suo fondo, osservando i minimi movimenti dell'acqua, qualche impercettibile differenza di colore, qualche reazione di correnti basse contro l'increspatura del- l'acqua ancora mossa dal tagliamare: cercava di scoprire qualche segno che gli indicasse la presenza di una ruga di una gobba di un balzo di qualunque cosa che fosse a una trentina di braccia dal pelo d'acqua per buttarvi le ancore. Il secondo sondaggio sulla zona che era apparsa promettente aveva dato a un centinaio di metri dal primo sessanta braccia. Il comandante ha fatto mettere le macchine sull'« avanti adagio ». Sul suo volto i segni della speranza e del disappunto, della ferma convinzione di aver ragione, convincimento che era però accompagnato dalla conoscenza di aver messo in bilico il suo prestigio e la sua autorità, si erano concentrati in una tensione di cui sono capaci soltanto gli animali e gli uomini abituati ad avercela da fare con e contro le forze della natura. In quei momenti il capitano del « Northland » aveva una maschera che avrebbe dato a uno scultore immediata ispirazione per una statua della volontà. Dopo tre minuti di navigazione sulla avanti adagio » da prua è venuto un grido confortante: « Cinquanta braccia, Signore! » e i due telegrafi son stati messi sul « ferma ». Senonchè il sondaggio successivo ha dato sessantacinque braccia. Senza scomporsi il comandante ha ordinato ancora una volta di mettere le macchine avanti. L'ufficiale di guardia ha evidentemente creduto di aver capito male o a un lapsus del superiore e non ha tirato subito le manopole dei telegrafi; non avendo sentito ripetere ed eseguire l'ordine il comandante si è voltato verso l'ufficiale inviandogli uno sguardo che voleva dire: « so che non avete capito nulla della manovra che sto per fare... ». E quello, capito lo sguardo, ha sacramentalmente ripetuto « avanti adagio » e fatto trillare i campanelli dei telegrafi. Tutto l'equipaggio, compresi i lavapanni cinesi ed esclusi soltarr to gli uomini dì turno in macchina, era raccolto sul ponte per assistere alla battaglia. Il capitano ora dava comandi brevi e frequenti: ferma, indietro tuttaforza, indietro adagio, ferma... In un paio di minuti di Northland ha perduto ogni abbrivio; per due minuti il capitano non aveva mosso nè labbra nè ciglia, poi, d'un tratto ha fatto un segno e il nostromo che stava al verricello delle ancore ha impugnato la manetta dell'argano: un altro segno e le ancore,.una dopo l'altra, sono siate scatenate in mare mentre le macchine hanno vogato per un mezzo minuto indietro adagio. Sul ponte, silenzio teso Sul ponte silenzio teso finché non si è sentito il caratteristico strappo dato allo scafo dalle catene delle ancore che avevano « guantato ». Il capitano ha ordinato il « finito in macchina » e che gli portassero un sandwich. Il resto della manovra si è svolto normalmente: i verricelli hanno cominciato a recuperare metri e metri di catena finché son restate ben tese sulle àncore e la barca assicurata. A sera nella saletta e giù, nel refettorio e nelle umache davanti all'albero di prua si discuteva e disputava del come e dei perchè il capitano aveva « sentito » che l'ancoraggiO'C'era ed era buono. Se ne discuterà ancora a lungo perchè l'interessato non ha creduto opportuno dir niente e nessuno si azzarda a chiedergliene. Passare dalla scialuppa alla terraferma è stato affare poco meno complicato che quello di ancorare il guardiacoste ìnezzomiglio al largo: il dentista ha preso la spinta per il balzo nel momento in cui la scialuppa reagiva in modo inatteso al risucchio di un'ondata ed è caduto in terra per aver posto il piede con troppo impeto sul muschio delle roccie: asciugato il cavadenti e rialzato il medico, ci sia- ino accinti a traversare l'isola per raggiungere il villaggio che sorge sulla sponda meridionale di essa, dalla parte opposta a quella dove avevamo toccato terra. Sì è proceduto per un'ora e mezzo sulle roccie, a braccia aperte bilanciandoci come funamboli o come palmipedi uscenti d'acqua, /iti-\r.hè si è raggiunta la punta più alt.a dell'isola; si era sperato di tro[var là qualche indigeno che, uditi i colpi di sirena (lei Northland fosse venuto ad incontrarci e guidarci al villaggio: ma, evidentemente, il vento aveva sempre tirato da sud ed i barriti della sirena non avevano avuto altro risultato che quello di spaventare i trichechi della banchisa. . Intagliatori d'avorio di tricheco Il villaggio di Diomede è poco migliore di quello dei kingislandesi: sorge in vicinanza di quel tratto di spiaggia che, secondo i cartografi di Washington costituisce l'unico approdo. Ma gli abitanti di qui sono più furbi più industri: se il governo americano offrisse loro di trasportarli su un'altra isola, giù nel Bering dove si possono far fortune da esquimese accoppando foche alle Prìbilof o intagliando avorio di tricheco alla San Lorenzo, questi di Diomede accetterebbero subito. Ma è proprio lo Zio Sam a volere che restino qui, il più possibile contenti e il più possibile numerosi: per ottenere il suo intento non bada a spese; la Diomede Piccola è l'unica isola dell'Artico che riceve quattro più o meno regolari visite annue dei guardiacoste; e il dentista federale ha precise istruzioni di fare, a quelli di Diomede, un'iniezione di novocaina prima di strappare sia pure un incisivo; il medico ha ordine di prescrivere per tutti quanti degli occhiali — il più awibtto oggetto di ornamento, segno di distinzione che, per gli esquimesi, equivale a una rosetta di seta all'occhiello dell'elettore influente di Francia o al burocrate di tutti i paesi; c'è anche ordine di comprare tutto quello che offrono al prezzo che chiedono. Il primo indigeno che abbiamo incontrato aveva in mano un pezzo di pietra, ed ha chiesto al capolancia di comprarlo. — Quanto? Due dollaril ma se non è che un pezzo di pietrai — SI — ha risposto il venditore — ma se gli attaccate un manico diventa un'ascia. Ma la sorpresa è salita al culmine quando ho visto che il quartiermastro del Northland ha cominciato a contare al capovillaggio milleottocento dollari in tanti biglietti da cinque: era il salario anticipato per i lavori di costruzione di una strada tra quel breve tratto di sponda sabbiosa, dove si dovrebbe poter sbarcare quasi sempre, .e la sommità dell'isola. Non ho potuto far a meno di chiedermi e di chiedere a cosa del diavolo può servire, quassù, una strada. Mi hanno risposto — con Un sorriso gentile che voleva dire « è cortese, ma non obbligatorio che crediate... » — che la Diomede Piccola dà asilo a tanti uccelli 7>iarini e che, in previsione di inviare una spedizione ornitologica, il governo aveva pensato bene di costruire una strada perchè i componenti di essa possano muoversi, e muovere i loro bagagli, con maggiore comodità. Se poi, un giorno, anziché ornitologi e reti, ci fosse bisogno di portare artiglieri e cannoni, la strada della Piccola Diomede, risulterebbe più che inai comoda e i mille ottocento dollari ben spesi. Leo Rea \j II breve tratto di spiaggia dove, secondo le istruzioni di Washington, l'approdo dovrebbe, in certi casi, essere possibile.

Persone citate: Capo Principe, Diomedi