La cellulosa di importazione

La cellulosa di importazione Un passivo da eliminare La cellulosa di importazione La viticoltura, coi residui che oggi brucia o disperde, può supplire al fabbisogno nazionale L'importazione' della cellulosa, pasta chimica o meccanica di legno, pel fabbisogno delle industrie nostre della carta, dei tessili artificiali e degli esplosivi è venuta continuamente crescendo negli ultimi anni. Da 1 milione e 800 mila quintali di sei anni fa, siamo sempre saliti, e abbiamo sorpassato i 3 milioni e mezzo lo scorso anno. Nè, nonostante il magnifico slancio che la produzione nazionale ha preso (fino a quattro anni or sono non dava che 75 mila quintali di cellulosa) con gli stabilimenti che lavorano legname a Tolmezzo, Mantova, Romagnano Sesia (che daranno sui 250 mila quintali insieme), con quelli che lavorano paglia di grano e di riso (Foggia dà sui 200 mila quintali da sola), si è arrivati, jper ora, a supplire il fabbisogno. I competenti, come il prof. Palazzo, calcolano che solo in un triennio si potrà arrivare a provvedere la metà della intera imj .azione di cellulosa. Una nuova fonte Quanto alla cellulosa cosiddetta nobile, quella che serve a fare tessili artificiali, tipo raion, e per la quale si tratta di un fabbisogno di almeno 1.200.000 quintali, molto si attende dal nuovo grandioso impianto di Torre di Zuino (Udine) che lavora la canna comune, quella che serve finora da sostegno a viti e piante orticole. E molto si dovrebbe sperare dalla utilizzazione a tale fine degli stocchi di granturco, secondo le ricerche del dott. Contardi, del canapulo, dogli steli di sorgo zuccherino. Ma ecco una quasi Impensata, e certamente vicina e vastissima, sorgente di materia prima ottima per cellulosa da carta e da raion, in un residuo della più diffusa e caratteristica coltivazione nostra, privilegio indistruttibile della terra e degli uomini d'Italia, quella della vite.' Si tratta dei sarmenti di vite che ogni anno si asportano^ con la potatura delle nostre rigogliose ampelidee. Questi residui vanno oggi tutti a finire sul focolare o nel forni da pane; In parte tornano alla terra in alcune concimazioni d'impianto di viti e fruttiferi. Bruciarli cosi all'aria è già una cattiva utilizzazione. Combusti con quella che si dice distillazione secca darebbero assai di più per la nazione: circa 39 per cento di ottima carbonella che serve egregiamente anche pei motori a gasogeno, 36 per cento di acque acide ricche e 4 per cento di catrame e gas. Ma l'utilizzazione per cavarne cellulosa è evidentemente, sopra tutto per gli attuali bisogni della nazione, infinitamente migliore e più redditiva. Curioso che Cent'anni or sono chi scrive ebbe questa idea, di vedere se i tralci residui di potatura potessero servire a far cellulosa e carta. E fece fare prove ad una cartiera di Romagnano Sesia: ne ebbe un campione di cellulosa greggia e uno di buona carta da imballaggio non imbianchita. Ma, probabilmente, causa i metodi allora usa> ti, si affermava un rendimento di solo il 22 per cento a peso umido, e si constatava che la fibra era troppo corta e poco resistente per la lavorazione all'acido solforoso. La cosa non ebbe per allora seguito pratico. Oggi, per gli studi e le prove pratiche di un competente valoroso, il dott. ing. Rino Valente di Udine che è insieme industriale, chimico e proprietario di vigneti, si è solidamente acquisito che la generosa « sacra vite » di Orazio assicura all'autarchia nazionale semplicemente coi tralci o sarmenti residui della potatura una disponibilità annua, costante, ottima di cellulosa. E' il procedimento di attacco e di lavorazione che ha distrutto le prime obbiezioni di trent'anni fa. Si è ottenuto un rendimento in cellulosa del trenta per cento del peso dei sarmenti socchi, e si è veduto che la fibra ■ìjpfè più lunga di quella della paglia '•'e del pioppo. Si noti poi, ciò che è .^di massimo interesse, che la cellulosa da tralci di viti è atta anche alla lavorazione del raion perchè contiene 88 e più per cento di cellulosa alfa o nobile. I dati tecnici Per la produzione della carta questa cellulosa non ha bisogno di aggiunta di altre materie, quindi dà carta interamente nazionale, Le caratteristiche tecniche della carta ottenuta in -primi esperi menti industriali sono già molto lusinghiere. Con cellulosa raffinata a 51 gradi Schopper Riegler e una carta del peso di 204 grammi il metroquadrato, con peso specifico apparente di 0,79, si è avuto, nel la direziono macchina, un medio carico di rottura di kg. 8,548 e un allungamento medio di 2,16 per cento con una lunghezza di rottura di metri 2797; nella direzione trasversale il carico medio di rot tura fu di kg. 4,140, l'allungamen to di 2,36 per cento, la lunghezza di rottura di 1355. La lunghezza media di rottura risultò di 2076 metri. Ma questi dati miglloreran no ancora perchè nelle prossime lavorazioni in grande saranno evitate incertezze e perfezionati particolari del metodo, e l'uso di macchinari più appropriati scongiurerà l'inconveniente di riduzioni metalliche durante le ore di permanenza della pasta nei macchinari, col risultato di assicurare scirnsispcIsacrstrdDdegtldrnqtt sempre più 11 candore nitido della celluiosa da vite, già conseguito in pieno nelle prove di laboratorio. Si aggiunga che le macchine necessarie per questa produzione sono tutte interamente ottenibili in Italia e che la lavorazione col sistema ideato dall'ing. Valente è più breve e quindi non più costosa certo di quelle attualmente in uso. Il risultato economico non può essere che buono. Quanta materia prima si potrà avere a nostra disposizione dalla coltura della vite in Italia ? Non si hanno dati precisi finora, data la varietà grande dei sistemi di coltivazione e allevamento delle viti nel nostro lungo, vario e accidentato paese, e i sistemi di potatura adottati, Vermorel e Dantony pei vigneti francesi videro una media di 20 quintali ad ettaro di residui di potatura in vigne specializzate. Ma il rendimento in tralci potati dalle vigne italiane deve essere molto maggiore di quello delle basse e non tanto rigogliose vigne francesi. Nei nostri vigneti specializzati si arriva ad avere dalle 2287 piante in media per ettaro a oltre 7 mila in quelli di Lazio, Abruzzo, Calabria e a 9724 in quelli della Campania. Cifre da valutare Ma poi abbiamo sistemi di allevamento a lunghi tralci, come nel Monferrato, ove sono 3600 a 4000 viti per ettaro, nelle ' « gabbiere » dell'Oltrepò pavese con 800 ceppaie e 6000 viti ecc., dove i tralci che si asportano con la potatura ogni anno sono lunghi in media 1 metro e mezzo. Ancora: abbiamo vastissime colture di viti sposate ad alberi, pimi, aceri, gelsi. Nel Modenese e in Romagna, ad esempio, 425 alberi di olmo in un ettaro sono sposati (c'è la poligamia... innocua) con 4 viti ciascuno; nel Valdarno 190 aceri ognuno dei quali ha 2 viti abbracciate; in Val di Chiana' gli aceri sono a 5 metri l'uno dall'altro e ognuno ha due viti. In questi sistemi, come in quelli a pergola, cosi numerosi nella Venezia Tridentina e nel Veneto e in quelli a raggi e raggiere", 1 tralci che tutti gli anni si asportano sono assai lunghi e ben maturi, ricchi di ottima cellulosa. In complesso, secondo 1 dati dell'ultimo catasto agrario, l'Italia alleva nel vari sistemi 6 miliardi e 805 milioni di piante di vite, di cui oltre 4 miliardi nelle colline, e 1.352 milioni in pianura, ubicazioni dalle quali non deve essere difficile la raccolta e il trasporto. Non è azzardato prevedere che il prodotto annuo in sarmenti tagliati con la potatura si aggiri in Italia dai 25 ai 30 milioni di quintali. Pur lasciando ai coltivatori una parte di questo prodotto, come inevitabilmente avverrà, può ritenersi che per l'utilizzazione industriale siano disponibili annualmente verso i 20 mi' lioni di quintali di sarmenti da cui possono aversi 6 milioni di quintali di cellulosa del promettenti caratteri accennati. Non sarà certo difficile organiz zare la raccolta, ridurre in masse di comodo trasporto i sarmenti offerti dalle nostre vigne, facilitare l'afflusso alle fabbriche. L'italia no nuovo ha affrontato ben altri problemi! E' consolante pensare che, senza distruggere un patrimonio arboreo purtroppo non grande nel nostro Paese, senza ricorrere a nuovi impianti o a speciali colture che ruban terre ad altre coltivazioni, ma utilizzando un prò dotto sicuro e immancabile messo ogni anno a disposizione dalla più antica e più appassionante coltura di nostra gente rurale, si possa arrivare un giorno prossimo, come fervidamente si augura, a liberarci dal bisogno di una costosa importazione dall'estero per le 'ndustrie che domandano cellulosa. Questo bel piano di' sicura realizzazione, eleverà una volta di più — e ne ha bisogno — la coltura viticola nel concetto e nella considerazione degli italiani, che, se non sono ancora 1 primi enologi, sono però i primi viticoltori del mondo. Arturo Marescalchi

Persone citate: Arturo Marescalchi, Combusti, Contardi, Riegler, Rino Valente