Il problema delle origini studiato attraverso il materiale raccolto nel Museo di Antropologia

Il problema delle origini studiato attraverso il materiale raccolto nel Museo di Antropologia ImA. BAZZA ITAImIA. Ti a. Il problema delle origini studiato attraverso il materiale raccolto nel Museo di Antropologia III. Delia nobiltà e potenza delle-nergia endogena della razza italia-na abbiamo prova nelle varie ine di civiltà che storicamente si sono qui succedute. Nessun altropaese ha scritto nella vita dell'u- inanità capitoli cosi complessi evari ma pur sempre contingentiall'evoluzione generale del co'nsor- aio umano.- è la razza italiana ohein antichi tempi storici ha dato nile genti quel diritto a cui anco-genti quel diritto a cui anco ra oggidì attinge ogni popolo ci vile; è la razza italiana che, fatti suoi i principi etici della religione di Cristo, li ha diffusi nel vwn- do dopo averli adattati ad ogniambiente naturale; è ancora la razza italiana che in tempi sttcces-sìvi, nel Rinascimento, ha com- piuto opera quasi divina strappan-do gelosi seqreti alla natura e toc-cando sommi fastigi nell'arte edha, attraverso i mari, portato in altri continenti ogni geline del nostro vivere eivi/c. E in tempi protostorici e preistorici? Fino a poco tempo fa era opinione diffusa e corrente che in in Italia scarseggiassero o facessero addirittura difetto molte fra le manifestazioni dell'operosità dell'uomo preistorico; oggidì, invece, una varia e ricca documentazione si ha in proposito e le cognizioni ormai da noi acquisite ci fanno intravvedere in varie 7eoi0-ni d'Italia un rigoglioso ayvicen-darsi di culture a cominciare da quella paleolitica, mentre in alcune stazioni neolitiche la rudimentale arte decorativa, applicata al rozzo vasellame, viene considerata come il germe dell'arte denominata classica. E della nobiltà e potenza dell'energia endogena della razza italiana ci convince altresì lo studio morfologico dei vari e numerosi tipi etnici stranieri che — a cominciare dall'epoca preistorica — presa stanza nel nostro Paese, vi permasero più o meno a lungo. Mi piace qui ricordare che fin dalla sua fondazione l'operosità dell'Istituto di Antropologia dell'Ateneo torinese è sempre statu rigorosamente subordinata alla direttiva di apportare elementi costruttivi nella questione delle antiche civiltà in genere e di quella « occidentale » in ispecie e particolarmente ancora sul problema riguardante le origini. Cosi una rapida rassegna delle antiche geliti che hanno abitato la nostra penisola si può anche fare sorvolando la sezione morfologica, nella quale di eccezionale importanza appaiono i resti fossili umani provenienti dal Gargano: ritrovi di scavo del prof. Bqainubol, donatici dal prof. Parona. Materiale eccezionale perchè in esso possono identificarsi varie forme craniche arcaiche e primitive fra loro assai disparate, fra le quali: la forma neandertaloide — ricca di caratteri pitecoidi e di inferiori tà — avente cioè singolari punti di contatto con quella espressione di umanità detta di Neanderthal, che la maggior parte degli studiosi ammette essersi estinta nel secondo periodo interglaciale del Boule; e quella magnìfica dell'ellipsoide perfetto lunghissimo, già riconosciuta fra le forme più elevate del neolitico, da noi anche riscontrata nelle caverne liguri nonché osservata nel Museo di Lisbona, proveniente dai famosi ammassi di rifiuto pure neolitici: nè mancano fra i resti fossili del Gargano del Museo torinese elementi attestanti la razza pigmoide. Onde la conclusione che quel promontorio, così fortemente aggettato sul mare, sia stato già in epoche antichissime aggredito da nuclei razziali profondamente differenti. Nell'Italia settentrionale il grandioso monumento di incisioni rupestri della Valcamonica Ce la ricca gipsoteca dell'Istituto ce lo fa ammirare anche a Torino) parla — con linguaggio figurativo — di altre genti che ci richiamano all'elemento etnico autoctono dei neolitici e dei eneolitici inumatoci e a quello dei terramaricoli e villanoviani incineratoci e possessori della civiltà del ferro, portandoci anche a ricordare la grande invasione celtica in Italia. Ci fornisce, anzi, dati in sostegno della teoria che ammette la provenienza dalle regioni alpine delle genti etrusche, di cui precisamente un gruppo isolato (che non avrebbe seguito la grande corrente migra- torio verso_ la pianura della VallePadana) si identificherebbe cogli antichi incisori di roccia comuni. Questo grandioso monumentoetnologico fa riscontro con quello.Monte Bega, nelle nostre Alpi Ma-rittime, che stabilisce pure la pre- aen*a a quelle altitudini, a comin-dare dall'epoca neolitica, di un nucleo etnico poderoso e fornito -■ -- -«,„„ «i»ca di quello di Monte Bego che ne rende assai difficile l'interpretazione; mentre l'altro della Valcamonica, di indole essenzialmente naturaìtsftca, ci ha a poco a poco rivelato l'esistenza di una civiltà palafitticola ignorata, co scene suggestive e potentemente rievocatrici: agresti, pastorali, di lotta, di guerra, di cuccia e ?e/igiose; e sono parte integrale del medesimo numerose ' iscrizioni etrusche e preetrusche. Gli studi sulla popolazione attuale della Valcamonica e su antichi ossari della regione messi a confronto colle ricerche in atto sulla preziosa collezione etrusca depositata nel Museo potranno forse portare nuovi elementi di schiarimento sopra i problemi di primaria importanza relativi alla preistoria d'Italia, e non soltanto d'Italia, che la scoperta di quel monumento etnologico ci ha fatto porre. Procedendo nel tempo, una raccolta di anitcni cràni del Trentino — affidataci dal Museo di Storia Naturale della Venezia Tridentina — dimostra che il tipo mediterraneo dolicomorfo (rappresentante genuino della stirpe italica) sia nel Trentino (se non addirittura lungo il corso dell'Adige, dale oripint alla foce) persistito pressoché puro più a lungo che altrove e cioè fino alle invasioni barbariche del Medioevo che valsero, n reaMd, a modificare alcune peculiarità etniche della regione, mostrando qui quell'importanza antropologica che in nessun altro uogo della Valle Padana pare abbiano potuto avere. Lo studio avviato sopra una col¬ n Uezione di numerosi ciani barbari-ri rinvenuti, insieme con una grande quantità di armi c oggetti freUiosi d'ornamento, a Testano pres so Torino ha già rivelato due tiP1 anatomici ben distinto; l'uno ncc° d» d< inferiorità se pur non anco di degenerazione, l'altro, mvéce, con morfologia complessi '■'"■'ne",e elevata, ricordante «inHolarmente quella della popolazioMe odierna: prototipo di questo secondo gruppo è un cranio della capacità di gran lunga superiore al In ìior ma. con magnifica architettura della fronte e della faccia. Il confronto poi fra i crani di due antichi ossari piemontesi — quello di Montirello d'Alba a pozzo> e quello di Susa a caver"« — >'« rivelato che mentre nel P>'ìmo si ha una grande omoge»eità di tipo con oscillazioni minime nel valore dell'indice cefo lieo, nell'altro, invece, si ha una grande eterogeneità. I quali dati di fatto si spiegano facilmente tenendo conto che Monacello d'Alba costituisce una vera e propria area di isolamento, si che il tipo locale si è conservato puro e si è anzi tramandato pressoché eguale ai giorni nostri; mentre all'opposto Susa si può ben definire una delle più caratteristiche e frequentate zone di transito fin dalla più remota antichità. Però, se numerose e diverse genti sono passate per Susa fin da tempi re¬ moti, certo la particolare conformazione della valle (lungo corridoio senza sbocco laterale di valli secondarie e destinato perciò più all'afflusso che'all'espansione dell'uomo) non ha permesso a gruppi cospicui di fermarvisi. Il che spiega come nella raccolta vi siano elementi rappresentanti di tipi etnici vari, qualcuno anche con conserrati spiccati caratteri di rozzezza. Anzi, ricordando anche i dati dei crani barbarici di Testone possiamo concludere che in Italia i tipi etnici inferiori sono andati scomparendo senza lasciare infine alcuna truccia, mentre i tipi superiori si sono più o meno regolarmente conservati. Tale, veramente, pare essere una caratteristica del nostro Paese di esercitare un'azione selettiva promovendo la scomparsa dei caratteri morfologici di inferiorità e determinando la persistenza e l'assimilazione di quelli, invece, di ordine superiore. Onde si spiega che, nonostante l'afflusso di tanti elementi etnici in seguito a conquista oppure a invasione violenta o a penetrazione pacifica, il tipo autoctono abbia finito di avere sempre il sopravvento, sia pure con qualche variazione nelle linee più generali. Ma, alla tenace conservazione del tipo etnico veramente d'ordine superiore caratterizzante la razza italiana, fa riscontro, ed è anzi in armonia, la particolare elevazione dell'abito psichico che conduce la nostra razza ad elaborare prodotti, caratteristici di essa, improntati veramente per cosi dire all'universalità. Certo è che, nonostante i secoli di invasione e di dominazione straniera, nessun elemento di civiltà in contrasto con quelli autoctoni ha potuto a lungo durare su questo nostro suolo. Onde si può parlare, è vero, di dominazio- ne politica ma mai di dominazione spirituale; ed ogni gente straniera è stata tanto più facilmente elisa od assimilata quanto minore è stato l'apporto di progresso. Si discute ancora oggidì fra gli storici se i Franchi non hanno troppo presto scacciato i Longobardi dall'Italia, i quali forse avrebbero potuto ancora arrecare qualche contributo alla nostra civiltà. La realtà è che dall'Italia è stato sempre come fatalmente repulso in deflinitiva ogni elemento etnico o morale che nuet'a esaurito il compito di apportare qualche nuovo contributo di miglioramento: peculiarità questa inerente al carattere polimorfo della nostra civiltà, paragonabile più di ogni ultra ad un poliedro dalle innumeri faccettafure. Le civiltà di ordine superiore in quanto non si esauriscono sono, infatti, quelle che prendono e che danno: non come alcune antiche civiltà scomparse perchè hanno solamente dato e neppure come altre primitive dei tempi nostri chè molto hanno preso s£nlia aver avuto nulla di nuovo di utile da Ucambiare, per cui sono destinate a scomparire, Ma £ueì che si riscontra neìia Uhli certamente nessun altro poBOj0 vuo v„n,are >i nL„in ,•„,„,„„ f°l° gg ^S^tmSmut'SSS aitanti iZ tanto SriVphJZe un t salo, che sintetizza eccelsamente le caratteristiche di ecclettismo di tutta quanta la razza italiana. Giovanni Marro

Persone citate: Bego, Gargano, Giovanni Marro, Valcamonica