Il duello delle targhette

Il duello delle targhette A ila. m*£ceM*cm dell'imo mo felice Il duello delle targhette Epica gara tra due gentiluomini inglesi per la caccia al maggior numero di etichette d'albergo n Passo della Mendola, agosto. Ma dove diamine sarà andato a cacciarsi questo benedetto uomo felice? Ci sarà o non ci sarà? E se c'è, riusciremo a trovarlo? E se riusciremo a trovarlo, come faremo a sapere che si tratta di un uomo felice? Ce lo dirà lui? A Edolo ci fermiamo, a Ponte di Legno ci fermiamo, dappertutto, dove c'è un grande albergo, noi ci fermiamo. Manovre astutissime Ma, dobbiamo confessarlo a nostro scorno, non ci fermiamo per vedere se riusciamo a trovare l'uomo felice. L'uomo felice, oramai, è passato in seconda linea. Anzi, per essere sinceri, vi diremo che oramai non ce ne importa più niente dell'uomo felice. Siamo troppo presi dalla faccenda delle targhette. Si tratta di quelle targhette variopinte che i portieri degli alberghi di lusso appiccicano alle valigie dei clienti quando questi se ne vanno. Esse rappresentano per i viaggiatori qualche cosa di simile ad un attestato di permanenza in. un luogo come si deve. Ed è per questo che tutti ci tengono moltissimo ad avere la propria valigia ricoperta del maggior numero che sia possibile di queste targhette. Per noi, la faccenda è incominciata da poco. Ci siamo accorti, mano mano che andiamo avanti e che le nostre valigie stanno perdendo quell'aspetto provinciale che hanno le cose troppo nuove, che la considerazione dei portieri verso di noi aumenta. A Napoli, che non avevamo nessuna targhetta sulla valigia, il portiere ci salutava appena con un cenno del capo, a Capri che ne avevamo una, il portiere ci diceva: « Buongiorno, signori », a Roma con due targhette, il portiere dell'albergo in cui eravamo alloggiati accompagnava le parole di benvenuto con un cortese inchino, a Venezia, quando già le nostre valigie sfoggiavano parecchie targhette, il portiere ci domandava sempre, ogni volta che entravamo o usci vamo, se eravamo contenti del servizio. Avidi di considerazione, da qualche tempo, abbiamo escogitato un trucchetto. Ogni volta che passiamo con la macchina vicino ad un albergo, ci fermiamo, entriamo con aria indifferente e rivolti al portiere: Noi — diciamo, sorridendo un po' imbarazzati — siamo dei tipi, un po' strani... Il portiere, in principio, ci squadra non troppo benevolmente. — Si vede, si vede — dice poi, lasciando vagare il suo sguardo sulla nostra persona. — Si vede benissimo. — Pensate — seguitiamo noi, imperturbabili, che stiamo facendo una bizzarra collezione... — Ah, si? — ci risponde distrattamente il portiere, senza nemmeno curarsi di simulare dell'interesse. Ma noi gli passiamo, sottomano, una moneta, e il suo viso si illumina immediatamente di rispettosa comprensione. , — Di che si tratta, signori, di che si tratta? — ci chiede, abbozzando rapidissimamente tre o quattro inchini. — Ecco, noi facciamo collezione di targhette d'albergo — diciamo noi, parlando svelti svelti — ce ne potreste dare tre o quattro di questo albergo di cui, se non erriamo, voi siete direttore.? Sappiamo benissimo che è soltanto portiere, ma per raggiungere il nostro scopo, non esitiamo nemmeno un istante ad usare l'arma della più ignobile adulazione. — Portiere, portiere soltanto — dice lui con modestia. — Portiere soltanto? — esclamiamo noi, in tono di dolorosa sorpresa. — Con quella bella faccia così comprensiva, così intelligente? Oh, è proprio vero che i meriti non sono mai riconosciuti. ■— Grazie signori, grazie! — ci fbetdcdice lui commosso. — Dunque, voi fate collezione di targhette d'albergo ? E' una collezione originale e veramente simpatica. Sono molto lieto di poter mettere a vostra disposizione tutte le targhette che ho. E ce ne allenta un pacchetto. E noi, quand'è sera, chiusi nella nostra stanza, ci armiamo di un pennellino e di un vasetto di colla dedicandoci ad un misterioso lavoro: quello di appiccicare le targhette cosi ottenute alle nostre valigie. Se continua cosi e se è vero che la considerazione dei portieri d'albergo dipende dal numero delle targhette, fra poco ci sentiremo chiamare per lo meno « maestà ». Il lord e il baronetto A proposito di targhette, conosciamo una graziosa storiella che vale la pena di essere divulgata. Lord Halifax e il baronetto Cheiveman, sono due nobili inglesi. Come tutti gli inglesi, sono maniaci delle scommesse. Un giorno, in un albergo, hanno occasione di vedere le loro rispettive valigie e sorge fra loro una discussione su chi, dei due, aveva più targhette attaccate alla propria. Le contano e constatano che sono in numero pari. — Eppure — dice allora lord Halifax — io potrei scommettere che in un anno posso avere tante di quelle targhette attaccate alla mia valigia che voi non ve le sognate nemmeno. — Scommettiamo — disse il baronetto — a chi in un anno riesce ad averne di più. — Accettata la scommessa. I due nobili inglesi partono ed iniziano il giro del mondo. Non c'è città nella quale non si fermino, non c'è albergo nel quale non scendano. La superficie esterna delle valigie che hanno con loro non è più sufficiente a contenere tutte le targhette che i portieri di albergo vi appiccicano a gara e sono costretti a viaggiare con una infinità d'altri bagagli vuoti, per poter disporre di un maggiore spa [zio. Il numero dei bagagli impe-J cettati aumenta sempre di più, ma i due inglesi non la smettono. Lord Halifax pur di poter avere un maggior numero di targhette del rivale, ricorre persino alla frode e se ne fa spedire da tutte le parti del mondo. Il baronetto Cheiveman, arriva fino al punto di prezzolare dei sicari perchè stacchino dai bagagli del rivale le targhette che ci sono attaccate e le spediscano a lui. Lord Halifax fa di peggio. Penetra nelle stanze di albergo, vestito di una semplice maglia nera e ruba le targhette dei clienti. Viene più volte sorpreso ed arrestato. Naturalmente, quando le autorità vengono a sapere di che si tratta, lo rilasciano subito, considerandolo come un innocuo maniaco. Al termine del periodo stabilito, i due avversari si ritrovano a Londra. — Contate le mie targhette — dice il baronetto Cheiveman, mostrando all'altro una fila interminabile di valigie e bauli letteralmente ricoperti di targhette. L'altro impiega sei giorni a guardarle tutte, poi ride: — Contate le mie, ora — dice — e guardate in quali luoghi ho alloggiato io. Io ho delle targhette che voi non possedete, nè potrete mai possedere. ' Il baronetto guarda e allibisce. Perchè, insieme alle targhette dei vari Excelsior, Grandi Alberghi, piroscafi, eccetera, eccetera, ne vede altre che effettivamente non possiede perchè non ha come il suo avversario, alloggiato in quei luoghi: carcere di Sing Sing, carcere di Regina Coeli, prigione dello Stato di Uganda, prigione federale di Aleph, prigione di Anversa, manicomio criminale di Baden Baden, penitenziario di Nisida. Prati verdi verdi, montagne che cambiano di colore come giganteschi camaleonti, castagneti, abeti, ruscelli, torrenti spumosi, ghiacciai. « Sembra di essere in Isvizzera», dice qualcuno che c'è stato. L'anno scorso, in Isvizzera, di fronte ad uno spettacolo del genere « Sembra di essere in Italia », ci è accaduto di sentir dire. A due passi da Bolzano... A poca distanza da Tonale, ci viene in mente qual'è il vero scopo del nostro viaggio e interroghiamo un valligiano. — Scusate — gli domandiamo — ci sono uomini felici, da queste parti? Egli pensa un momento. — Da queste parti, no — ci dice — ma c'è mio cugino, che abita in un posto incantevole, poco prima di arrivare a Bolzano, che se non è felice lui, non lo è nessuno. Diffìcile non essere felice quando si vive in un posto come quello. — E' più bello di qui? — chiediamo meravigliati. — Non c'è paragone — dice lui. — E... E' molto distante? — Appena a due passi da qui. Lo ringraziamo calorosamente e, dopo che si è allontanato, ci consultiamo sul da farsi. — Se è a due passi soltanto da qui — decidiamo finalmente — andiamoci a piedi. Sarà più divertente. Lasciamo la macchina e ci avviamo. Siamo laceri, stanchi, affamati e ancora non siamo arrivati. Sono due giorni, che camminiamo, maledizione! Cominciamo a temere che non usciremo mai più da queste montagne. — Ma perchè? — esclamerete voi, a questo punto — il valligiano, dunque vi aveva ingannati? — No, perchè effettivamente c'erano due passi soltanto per arrivare vicino a Bolzano. Ma non si trattava di passi da fare con le gambe. Egli alludeva invece — e questo l'abbiamo capito soltanto quando era troppo tardi per tornare indietro — al passo del Tonale e al passo della Mendola. Chi ci salverà? Vittorio Metz (Disegni di Barbara) La vediamo incontrarsi e allontanarsi a braccetto, con un giovanotto cosi brutto Ruscelletti moderni

Persone citate: Baden Baden, Mendola, Sing Sing, Vittorio Metz