FINALMENTE !

FINALMENTE ! Le entusiastiche manifestazioni di Parigi al campione d'Italia FINALMENTE ! (DAL NOSTRO INVIATO) Parigi, 1° agosto. Poco pii't di un mese fa questa Parigi aveva visto il trionfo decalciatori azzurri; ieri ha visto quello dei ciclisti che della stessa maglia han fatto divisa e bandiera di italianità, nel cui nome han combattuto e vinto quella che indubbiamente è la più risonante e importante competizione sportiva mondiale. Non so se è il destino che ha voluto questa conferma dell'eccellenza atletica e spirituale della gioventù fascista proprio nella capitale del Paese che ha idealità e metodi antifascisti; ma è certo che essa ha un chiaro significato e un incalcolabile valore, anche se proviene da una manifestazione organizzata da un ente privato, anziché da un comitato ufficiale o da una federazione riconosciuta; differenza formale, sulla quale hanno talvolta insistito, per ragioni d'interesse o di polemica, gli insensibili e i sottili dello, sport, ma che non tocca minimamente la sostanza delle cose. Apoteosi finale 1 Bisognava essere al Parco dei Principi, colmo di folla e ribollente di applausi, per capire quale formidabile voce si diffonda dalle manifestazioni sportive internazionali e quale eco esse abbiano nell'anima di chi le vede da vicino o le segue da lontano con l'ansia che lo lega ai propri colori. Bisognava esser là, tra noi italiani che ci stringevamo attorno al nostro campione e ci leggevamo negli occhi il tremito della gioia eia fiamma 'dell'orgoglio, o in mezzo a quei SO mila sportivi esaltati dall'epilogo di una competizione che per un mese li aveva appassionati al pari di milioni e milioni di altri sparsi per tutto il mondo per valutare tutta la formidabile forza di penetrazione e di diffusione dell'idea e del senso agonistico quando ad esso è legata l'espressione della gagliardia, della volontà e dell'aspirazione di primato delle nazioni. In quel momento — che seguiva i tanti in cui il nome di Bartali era legato a quello dell'Italia e in cui, lungo le strade di Francia, nell'atleta vittorioso si vedeva il rappresentante della gioventù di Mussolini — in quel momento, dico, certo anche coloro che la conquista di questa mèta avevano sempre contrastato anteponendole la difesa del patrimonio organizzativo casalingo, non pensando che la nazionalità dello sport, come di ogni altra attività, sarebbe cosa morta se non si esplicasse e si affermasse in campo internazionale, dovevano capire che, una volta tanto, ogni sacrificio era necessario, sentire quali immensi frutti questi avevano dato e gioire quanto coloro che avevano la grande soddisfazione di vedere oosi brillantemente chiusa una campagna di discussioni e di polemiche che era durata sei anni. tfilzagncesnpcivsf Per tanti, se ricordate, ci siamo battuti in pochi, ma tenacissimi assertori di un'idea che ci pareva, ed era, la più densa e la più spressiva di italianità, macerandoci e mortificandoci nella deluione procurataci dagli errori inerenti alla tesi opposta. Spontaneo, quanto legittimo, quindi, era il grido che ci sgorgò dal cuore, a sfogo di un lungo soffrire, a coronamento di un'aspra lotta: « Finalmente! ». Si! Finalmente il ciclismo itaiano si riabilitava da immeritati e ripetuti smacchi; finalmente i nostri atleti eran stati messi in condizioni di dimostrare il loro valore; finalmente noi e voi potevamo unirci nel giubilo e nella fierezza della vittoria; finalmente i nostri fratelli d'oltr'Alpi potevano far tacere chi li scherniva e li umiliava a ogni ripetersi dei nostri insucessi e sentirsi orgogliosi d'es sere italiani e fascisti. Nel giusto, dunque, ero quando, fin dal 19S2, sostenevo che. se dal l'alto si fosse deciso ancora, per ragioni molto superiori a quelle sportive, di impegnare i nostri colori in questa competizione, bis.o gnava sostenerli con tutte le fór ze, senza riguardi a sacrifici e che, se ciò non ci fossimo sentiti di fare, sarebbe stato molto meglio rinunciare all'impresa. Reclamavo, perciò, la tempestiva selezione di uomini freschi, il controllo della loro preparazione, l'illuminata guida della squadra; sostenevo, cioè, che la consegna dettata dai Capi alla Federazione ciclistica, in base a criteri di propaganda nazionale, oltreché sportiva, dovesse essere eseguita con rigidi criteri tecnici. Così fu fatto, se non alla perfezione — che non è delle cose umane — con criteri e con metodi che, per decisione e serietà, non sono neppure da paragonare a quelli, talvolta ridicoli, del passato. Se ne vedono oggi i frutti, e lasciate che quei pochi che ne hanno gettato il seme con la chiarezza e la fermezza delle loro idee, siano tra i primi e i più caldi a esprimere la comune, immensa soddisfazione. Finalmente nel giusto Con noi, e avanti a noi, sono i Gerarchi degli Enti cui è stata affidata l'esecuzione della consegna di vincere una buona volta, nel nome d'Italia, il Giro di Francia: il C.O.N.I. e la F.C.I. Non entro in merito alle divergenze sorte con gli appassionati organizzatori del Giro d'Italia, sia perchè non ne ho il diritto, sia perchè mi sembrerebbe di immiserire il risultato raggiunto: qui è doveroso ricordare e mettere in vista quanto da tali enti è stato fatto affinchè non si ripetessero i madornali errori che hanno sempre fatto fallire i nostri tentativi. La designazione di Bartali a perno della nostra squadra e quella di altri cinque uomini riservati per il Tour è stata la base tecnica dell'allestimento dell'impresa, completato poi, come si poteva, dopo il Giro d'Italia. La preparazione spirituale e materiale degli uomini può aver lasciato, sotto certi aspetti, a desiderare, ma si fece molto più che nel passato. Dove, però, l'efficacia dell'opera del C.T. si è meglio manifestata è stato nello sviluppo della gara. Girardengo è stato un condottiero autorevole, sagace, pronto, che ha agito con un piano ispirato a poche, ma chiare e ferme idee, che non tutti hanno saputo capire e apprezzare. L'esperienza, di un Tour gli aveva servito molto; questa seconda ha completato le sue qualità direttive. Qualche rilievo tecnico, sia tattico che meccanico, si è fattoi si poteva fare per errori di alcuni uomini motivati da inesperienza o temperamento, mai da indisciplina o disaccordo. Ma quale progresso in confronto agli anni scorsi! Quale magnifica scuola per l'avvenire! L'opera-di Girardengo, paterna, riflessiva, premurosa è stata facilitata dal senso del dovere dei suoi ragazzi, dalla chiarezza dei compiti ad essi affidati e anche dalla situazione, più semplice del solito, in cui è venuto a trovarsi il « Tour ». ' Chiarissima, anche se strana e inattesa, quella della settimana da Parigi a Pan, che si può chiamare a dell'attesa generale». Che questo fosse e dovesse essere il nostro punto di partenza era.noto e logico; avevamo le armi per la montagna e non volevamo, nè potevamo usarle in pianura. Anche perchè non erano pronte: sapevamo che Bartali e Vicini erano partiti in buone condizioni di salute, ma non di forma; essi avevano bisogno di far chilometri, non si sentivano padroni di sè. Bartali, poi, non è una novità, non ama battagliare in piano. La nostra condotta dovendo essere subordinata alle possibilità e ai mezzi dei due capi, tutta la squadra intonò la sua azione all'attesa e alla difesa. Ma i belgi e i francesi? Perchè hanno abbandonato il loro sistema preferito e non hanno cercato di creare guai agli avversari che dovevano temere in salita f Le ragioni, a mio avviso, sono tre: 1) Il vento, quasi sempre contrario in Normandia e in Bretagna, che ha reso difficili e vane le fughe individuali, pericoloso il sistema d'attacco sul passo. 2) L'incertezza sugli uomini di comando, che la fiducia era divisa tra gli anziani Vervaeche, Maes, Lowie, Magne, Speicher e i giovani Vissers, Disseaux, Cosson, Gallien e Goasmat, per cui non si voleva mandare nessuno allo sbaraglio delle fughe sfiancanti e si volevano tenere tutti freschi per le decisive tappe di montagna. Sui Pirenei S) La convinzione, tratta dalle prime tappe, che la squadra italiana fosse solida e capace di resistere bene e senza danni alle offensive dei passisti. Così si giunse a Pati lasciando che si sbizzarrissero in attacchi di poco rendimento i tedeschi, in gran-forma, gli olandesi e i lussemburghesi, senea creare gravi ritardi ai favoriti. Noi subimmo solo nella Caen-Nantes un passivo non trascurabile, ma niente a//atto impressionante. La seconda fase fu quella dei Pirenei, che chiamerò... « della maglia gialla al rovescio ». Bartali era l'uomo atteso e temuto, ma non ancora il grande Bartali: non si fidava completamente dì sè. La Pau-Luchon fu per lui più che altro di collaudo; sull'Aubisque, sul Tourmalet, sul Peyresourde si convinse d'essere il più forte in salita, poi partì a fondo e aveva già vinto quando cadde, perse 2' e 40", insegui, ricuperò l'4ó", ma Vervaecke, battuto sui colli, vinse la tappa e vesti la maglia gialla. Giornata nera come risultato, ma chiara e lieta come rilievi. Bartali era il migliore arrampicatore, padrone degli abbuoni; i Pirenei non ci avevano dato quello che speravamo, ma ci avevano dato la sensazione netta di una graduato ria di valori che avrebbe dovuto concretarsi poi sulle Alpi: non ci avevano accontentato, ma ci avevano tranquillizzato; sapevamo, a Luchon, di avere l'uomo che avrebbe vinto il «Tour». Nè cambiammo opinione quando, nella tappa a cronometro, Bartali dovette piegare davanti al suo accanito avversario. Ne spiegai le ragioni, che non toccavano minimamente le buone condizioni dell'italiano, nè le sue future possibilità sulle Alpi, dove il « Tour », secondo il mio vecchio- convincimento, avrebbe dovuto decidersi. Sulle Alpi E così, infatti, avvenne. Limitandosi alla conquista degli abbuoni sul Brans, poi sull'Allos e sul Vars e approfittando della lungamente attesa, logicamente prevista e finalmente giunta «cottura » di Vervaecke e della liquefazione della sua squadra alla fatica e al caldo — alleato prezioso dei nostri quanto nemico il freddo — Bartali, valendosi anche della cooperazione di Mollo e specialmente di Vicini, sferrò quella offensiva sull'Izoard che son certo fosse nella sua mente fin da Parigi come la coronatrice della sua azione d'attacco e da Luchon di quella di sgretolamento della posizione che la sorte aveva assegnato a Vervaecke anziché a lui, che se l'era meritata. L'offensiva — terza fase, che intitolerei « del colpo decisivo ». — riuscì in pieno per due ragioni. Anzitutto Bartali era miglior arrampicatore di Vervaecke; in secondo luogo, alla grande giornata deliitaliano corrispose quella di crisi del belga; contrasto causato dall'eccessivo sforzo da questo compiuto per resistere all'incalzare di Bartali (e la tappa a cronometro fu per lui il più dispendioso) al quale aveva fatto riscontro il prudente riserbo dell'azzurro, che si era sempre limitato, come ho detto, alla conquista degli abbuoni, e neppure completa. Si aggiunga il caùlo' e la naturale maggiore regolarità di Bartali e ci spiègheremo l'andamento di quella memorabile giornata. Nella quale, bisogna ammetterlo, abbiamo avuto la fortuna che tutti questi fattori concorressero e si integrassero nella tappa più dura per allargare la misura del distacco che ci ha fatto vincere il «Tour*. Immediatamente dopo, nell'ultima delle Alpi, ci fu la sorpresa. Vervaecke risuscitato, Bartali indifficoltà, la squadra belga scatenata, quella italiana sconvolta Era quasi il rovescio della meda glia, che, però, se ci costò il pri moto della classifica a squadre eci fece rinunciare per sempre alsecondo posto al quale puntava Vi-Cini, servi a limitare il nostro ob-biettivo e a concentrare tutte lenostre forze attorno a Bartali. Dini anche un cambiamento di tat dea logico e necessario, che ci ha privato della soddisfazione di vittorie di tappa per gli uomini che. costretti a stare sempre a fianco della maglia gialla, non potevano partecipare a\ finali in cui i belgi e i francesi mietevano allori e quattrini. Questo bisogna considerare per valutare l'apporto, non solo di opera, ma di rinuncia, che i i compagni hanno dato alla vittoria di Bartali. Come e quando volle Dal 1930 ii Tour non ebbe mai un vincitore cosi netto, anche se Leducq nel 1932, Magne nel 1934 e Maes nel 1936, vinsero con maggiore distacco. Belgi e francesi ammettono senza riserve che grediré di forma gli poteva dare. Bartali è stato di gran lunga il migliore. Io aggiungo che, se si toglie nelle tappe a cronometro e sull'Iseran, lo è stato ogni volta che si è impegnato; lo dimostra la sua classifica nel Premio della Montagna (un vero primato; e la sua vittoria in volata a Marsiglia. Quando ha dovuto o voluto — secondo il piano di partenza — difendersi in pièno, lo ha fatto con la sua autorità, la cooperazione della squadra e la guida di Girardengo. Si è preparato la maglia gialla con questa ferrea difesa, l'ha guadagnata e riperduta — per sfortuna — sui Pirenei, 'ha riavvicinata progressivamente sulle Alpi, fino a conquistarla prepotentemente sull'Izoard per poi difenderla impetuosamente nella discesa dell'Iseran e con sicurezza fino a Parigi. La sua corsa è stato lo sviluppo di un piano di preparazione e di esecuzione accurato, intelligente e anche un po' fortunato. Accurato, perchè Gino ha saputo imporsi sacrifici di regime e di lavoro che pochi corridori sanno fare (basta vederlo a tavola per constatare la grande differenza fra lui che sa comandare alla gola e alla pancia e altri che ne sono vittime); intelligente, perchè ha impiegato e distribuito i suoi sforzi sulla falsariga delle possibilità che gli offriva il percorso e la sua forma; calmo perchè ha atteso che questa venisse gradualmente e non si è mai lasciato trasportare da nervosismo; u*i po' fortunato perchè gli avversari gli hanno dato tempo di migliorare le sue condizioni e parecchi dei mialiori hanno mancato alla loro altezza. La squadra e i singoli Fino all'ottavo dei dodici colli, egli ha dominato, ma con misura, tanto che non ha mai preso il massimo dell'abbuono e non e mai andato solo fino all'arrivo; stava per andarci a Luchon quando cadde, ma più che altro sono le *ue straordinarie doti di discesista che lo hanno salvato sull'Iseran. E già si cominciami a credere in campo belga e francese, che Bartali non fosse capace di fare di più. La smentita, Gino la diede e netta sull'Izoard. Allora tutti rimasero a bocca aperta e qualcuno andò fino all'estremo limite della lode. La verità è che Bartali non voleva commettere l'errore di chiedere al suo fisico più di quanto il prò sdpetrlrstvaznrnalttgamrlcrlgfcdstcceedsQmcacsssded intendeva arrivare a pieni mezzi alla tappa, anche secondo lui, decisiva. Il campione, quindi, al quale dal novembre scorso nnardavamo come al nostro por Sbandiera, ha pienamente rispo at0 aua nostra attesa. Eoli ha ornato la sua carriera di una dei je qemme più preziose ed ha duto al ciclismo italiano, anzi at- l'Italia, l'onore di un primato mondiale di risonanza ultrasportiva. Bartali non è completo come altri grandi campioni del passato che erano fortissimi anche sul passo e in velocità, ma come arrampicatore è veramente un * fuoriclasse » ed ho l'impressione che possa fare ancora meglio. Si affina poi anche nella condotta di gara, e questo, in campo intemaziovale, gli ha indubbiamente giovato. Óra lo attendiamo pieni di fiducia al Campionato del mondo, affinchè ripeta le gesta degli Speicher e 'dei Magne che, nello stesso anno, vinsero le due maggiori prove della stagione. La squadra, fino a Pan, ha ussalto degnamente il suo compito, reso più facile dalla mancanza di aggressività dei belgi e dei francesi. Sui Pirenei non potè essere di alcun aiuto al capo, che resitette fino alle Alpi dove i soli Vicini e Mollo gli furono utili, ebbe la sua migliore giornata nella Digne-Briancon e la sua più brutta e più sfortunata nella Briancon-Aix les Bains. In seguito fu tutta sacrificata alla guardia della Maglia gialla e perciò perse anche il secondo posto nela classifica per Nazioni. Ha perduto Simonini, uno dei migliori, proprio quando questi, liberatosi dal tormento di un foruncolo, avrebbe potuto rendere preziosi servizi e affermarsi qwle l'ho sempre giudicato: vero elemento da Tour; e fiossi, che non è uomo per queste prove, il cui destino era segnato come avevo detto atta vigilia, al pari di quello di Lau rent, dalla sua partecipazione alla Bordeaux-Parigi. Purtroppo, l'uòmo che non è riuscito a ritrovare del tutto sè stesso è stato Vicini. Ha stentato a migliorare e non è mai arrivato alla forma dell'anno scorso; a ciò si aggiunga una indisposizione con febbre, la sregolatezza nel mangiare e nel bere, le esagerazioni di rapporto, uno straordinario numero di forature e certi abbassamenti di morale, e si avrà la spiegazione della prova fornita dal romagnolo. Egli, era partito libero di fare la sua corsa, con gregari a disposizione; se la cavò abbastanza bene in pianura, ma mancò sui Pirenei. Tentò poi la riscossa per il secondo posto, ma la sorte lo stroncò nella Briancon-Aix les Bain3. Allora dovette rassegnarsi a fare il gregario e lo fece molto bene, come lo aveva già fatto dall'Allos all'Izoard. La forma, insomma, ha offuscato la classe di questo atleta; i doverdi squadra hanno finito per nascondere il valore e il lavoro. Bravo Martano! Il cervello dell'organismo è stato Bergamaschi e ne è stato an'.che una colonna quando il ginoc-chio contuso gli ha permesso desplicare i suoi mezzi e la sua esperienza. Mollo ha tenuto piùdi quanto non credessi, in alti ebassi di rendimento, sostenutosempre da una grande volontàQuesto ragazzo ha un tempera-menlo piuttosto individualistache male si adatta mentalmentealla gerarchia. Ha lottato più cocuore che con la testa. Cottur habrillato nelle due prove a cronometro e in qualche altro episodiosi è spesso reso utile. Ha dimostrato maturità e possibilità avvenire. Introzzi e Trogi hannospremuto tutto quello che potevadare la loro classe modesta. Serradei si è affermato come il piùveloce, e andato bene in pianura e e a a i - e ci ha stupiti nelle tappe, delle Alpi e alla distanza. Ma l'elemento che più ha dato alla vittoria di Bartali, è stato indubbiamente Martano. Ho sempre detto che se c'è un uomo che può fare bene i due Giri, è questo atleta di eccezionale robustezza; se si potessero tradurre in cifre gli sforzi che Martano ha fatto nel Giro d'Italia e nel Tour per i suoi capi, ne rimarremmo impressionati. E' siato il più focoso cavallo da tino, un assistente intelligente e energico di Bartali, un consigliere, un animatore. Bravo, Martano! I belgi, come era previsto, sono stati i nostri avversari più duri; ma se Vervaecke ha ben rappresentato la vecchia guardia, i giovani non han..fatto fare una gran figura alla-Jnuova. L'uomo che per sei tappe ha portato la\ maglia gialla offertagli dalla /or-j tuna a Luchon, non è un puro-| sangue nè un «fuoriclasse»; sale] bene, è fortissimo sul passo, non, è fermo in velocità; ma la sua; virtù maggiore, che è anche 'lì suo difetto, è la combattività del temperamento che ha nelle vene e si centuplica al calcolo del guadagno e che, all'occasione, eccitata, si trasforma in impeto e in furore. Essa gli fa fare cose superiori alle sue doti atletiche, ma lo spinge verso la crisi seguita sempre da miracolosi recuperi. Per essa, Vervaecke ha vestito a Luchon la maglia gialla, difendendola disperatamente sui Pirenei e l'ha ripresa quando già stana per sfuggirgli nella prova a cronometro a Beziers; per essa l'ha perduta a Briancon. Alla vigilia avevo scritto che avrei preferito Vervaecke capo anziché arenario della squadra e ne haìspiegato i motivi; i fatti mi han-ino dato ragione. La maglia giat-\la ha condotto il belga... alla perdizione e nello stesso tempo Ha intonato la sua condotta ella difesa; in caso contrario lo avremmo visto lanciato alla conquista di sorpresa degli abbuoni, scatenato in pianura, minaccia permanente su quella metodicità alla quale è stata ispirata la condotta dei nostri. Vissers e un tipo da Tour, alla Maes; sarà certamente migliore i'anno venturo. Steyaert ha promesso di prevararlo apposta per riopporlo a Bartali. Disseaux è un bel corridore, ma meno so'ido di Vissers. Gli anziani Maes e Lowie non hanno trovato la forma. Gli altri sono poco adatti per una corsa a faope, ma eccellenti per corse in linea, meno Walschot e Lauwers, appena mediocri. Meulenberg era indubbiamente il più veloce del Tour, checché ne nensi il mio amico Bini. La Francia non ha più uomini da Tour: Magne ha dovuto riconoscere che attesto non è più fatto per lui. Leducq, ancora brillante in viano, è scomparso sui colli. Speicher ha finito male la sua carriera. Hanno deluso i giovani E i giovani come si sono comportati*- Il migliore è stato senza dubbio Cosson, il più regolare in piano e in salita. Gallien mi pare un po' fragile; Goasmat, nonostante l'eccezionale disponibilità di fiato (è uno dei corridori che hanno la maggiore capacitò polmonare, come Rossi) niansa degli altri mezzi, sta troppo male in macchina, ha troppo paura in discesa per poter vincere un Tour. Fréchaut, Jaminet, Maye, Naisse, non amano troppo la montagna, ma sono vivacissimi in pianura. Nelle due squadre minori francesi, si sono distinti Giane\lo-\e Carini sui colli; Galateau, Tan i a ù neveau, Fontenay, Yvon Marie, Bernardoni in piano; ma nessuno di questi vincerà mai il Giro. Ineìcomplesso la Francia non ha più oìji gran corridore e dispone di una . I massa di giovani dai quali può -[sperare buone ma non ottime , cose. e I Ma in questo vasto orizzonte l[int emozionale non spunta una a stella. Questo Tour, che pure non -\è stato, bisogna riconoscerlo, veo iramente emozionante altro che - sui Pirenei e sulle Alpi, ed ha -.avuto vaste zone nrige per... colo[pa specialmente della riconosciua,ta superiorità di Bartali, ha su-\scitato tra la folla di Francia inùìteresse ed entusiasmo superioria al passato. La sua imponenza spettacolare non è mai stata così impressionante. Dove esso passava, ogni attività era interrotta, subordinata alle esigenze della sua organizzazione. La quale e ancora migliorata in molti punti, mentre in altri, sembra incredibile, è rimasta ai primordi. Ma non mi dilungo su queste considerazioni più o meno tecniche; ne ho fatte abbastanza per riassumere e lumeggiare l'avvenimento giunto poche ora fa al suo risultato. Questo soltanto vale per noi che lo abbiamo inseguito per anni, costruito un po' con le nostre idee e molto col cuore e con la mente dei nostri Il piazzamento degli azzurrinella classifica finale gerarchi, col sacrificio della nostra attività e coi muscoli dei nostri atleti. Dimentichiamo le polemiche e le delusioni, le rinunce e le umiliazioni, stringiamoci attorno a questa bandiera di italianità che i nostri ragazzi hanno saputo fare vittoriosamente sventolare dinanzi al mondo, esu1- tiamo concordi in quest'ora del trionfo che è giunto, finalmente., Giuseppe Ambrosini L'elogio del Segretario del Partito ROMA, 1 agosto. Il Segretario del Partito, presidente del CO. N.I., ha inviato ilseguente messaggio al Commissario tecnico della Federazione Ciclistica Italiana: « Costante Cirardengo Parigi. — Portate a Bar» tali il mio vivo elogio per la splendida...vittoria che nel Ciro di Francia ha riportato sui più forti avversari del mondo. Gli sportivi d'Italia sono fieri ssi mi di questa nuova prova cosi nettamente e brillantemente superata. Viva il Duce ! — Achille Starace ». è certo che essa ha un chiaro s giro d'onore di Gino, dieci «azzurri» che hanno terminato il Tour. - In primo plano Martano. A destra Bartali, in maglia gialla (Telefoto) Bartali saluta romanamente dalla tribuna d'onore, (Telefoto)