Vittoriosa marcia della valorizzazione agricola

Vittoriosa marcia della valorizzazione agricola Lo stono della Libia per l'autarchia Vittoriosa marcia della valorizzazione agricola Accanto alt aumento produttivo si nota l'evoluzione necessaria verso l'appoderamento L'ambiente fisico della Tripo .litania non è dei più felici ; quin <u non dei più. facili. Terre ma are e povere, clima caldo con frequenti sbalzi di temperatura, in tutte le stagioni, piogge scar sei o scarsissime. Ma la dove è possibile l'irrigazione, può instaurarsi una agricoltura anche intensiva, e tutte le colture frutticole e erbacee dei paesi temperati caldi riescono redditizia. Dove si è forzati alla coltura' asciutta, rimangono le col ture arboree, olivo, mandorlo vite, carrubo, e i cereali vernini. Da, quando queste terre sono dominVo dell'Italia — 5 novembre — parecchio si è fatto. Ma moiiltissimo, incredibilmente molto, negli ultimi anni dopo l'avvento del Fascismo, le visite di Mussolini, il succedersi di Governatori illuminati, attivissimi, premurosi al massimo per l'agricoltura. \ Dall'olivo alla vite Intantoft.le dune di sabbia per 1300 ettaiti sono imboschite con acacia australiana, robinia, tamerici, e vigorosi già vi appaiono gli eucalipti. I vivai sono in grado di fornire oltre Un milione di piantine all'anno. L'albero non serve solo a trattenere sabbie e a favr da frangivento, ma a fornir fegna di cui molto abbisogna la colonia. L'olivo, di antichissima coltivazione, è sempre la pianta base di valorizzazione per la steppa tripolina. Gli indigeni hanno circa 795 mila alberi', di olivo, di cui 650 mila già ini frutto; trascurate sono potatura e cure colturali, onde estremamente variabile la produzione. Le varietà italiane, portate d\ai nostri, danno maggior resa in olio; si calcolano oggi 1.44)0.000 olivi piantati da italiani. In complesso un patrimonio olivicolo di 2.200.000 alberi. B rendimento medio annuale &'ta sui 20 chili di olive per pianta che danno da 12 a 25 per canto d'olio. Fissando anche solo a 16 per cento la resa, il comm:. De Luca calcola che la Tripolitania possa produrre 24 mila quintali di olio all'anno; cifra, ,naturalmente, destinata ad accrescersi di molto quando saranno in frutto tutti i nuovi im\pianti. Nel magnifico oleificio dell'azienda tabacchi a Tigrinina nel Garian la resa media in olio è del 23 per cento e si ha un olio di straordinaria finezza. La colonia verrà presto a integrai'e il fabbisogno di olio- della maidre Patria. Il mandorlo che pel suo breve ciclo vegetativo, sfugge *ai danni della siccità, è piantato\a 10 metri di distanza fra albeijo e albero: se ne hanno oggi 2S1 mila ettari, di cui un decimo i specializzazione. La vite per ora è coltivata principalmente per vino, ma col diffondersi dell'irrigazione, andrà estendendosi la promettente coltura per uve da mensa. Non vi è fillossera. I ceppi sono fianchi di piede e sono in grande maggioranza vitigni Alicante e Carignano importati di Tunisia. Bisognerà modificare in fatto di vitigni se si vuol avere vino migliore. Vi sono oggi 8085 ettari a vigne che danno un prodotto medio assai basso di 5 a 20 quintali per ettaro. Ciò prova che il clima non è l'ideale per la vite, e la viticoltura nostra non ha gran che da temere per la concorrenza tripolitana. Del resto, il Governo della Colonia ha ora limitato a non più di 5 ettari gli impianti a vigne per ogni famiglia colonica. Di altre colture frutticole, melo e pero non prosperano ; benissimo viene il carrubo: bene gli agrumi e le palme ove c'è acqua. Ma non è con le sole colture arboree che può farsi la fortuna agricola della Tripolitania. Non è vero che la coltura irrigua sia giustificata solo per limitate primizie. La tremenda siccità.del 1936 aperse gli occhi a tutti. Acque e foraggere Ma già li aveva aperti al valoroso .Governatore Maresciallo Italo Balbo che tanta intelligente vigile premura mette anche a servizio dell'agricoltura nella nostra grande Colonia. Egli ha iniziato fermamente e con mezzi adatti la « politica delle acque ». I primi pozzi artesiani hanno dato promettentissimi risultati. A Sidi Mesri 400 mètri cubi all'ora da 500 metri di profondità, a Bir Habil 120, a Tummina 400, a Gadames 120 ecc. Due dozzine di sonde potenti lavorano in vari punti e la ricerca d'acque appare fruttifera. Finora nelle aziende agricole italiane esistevano 884 pozzi di prima falda, 894 trivellati; insieme davano vita a 3000 ettari di colture ir: rigue. I nuovi pozzi ricercanti le acque profonde risalenti accresceranno in breve vistosamente queste possibilità che significano nuovi campi colturali e maggiori produzioni delle vecchie coltivazioni. Così la medica arriva a dare i 12 e 14 tagli all'anno, il frumento i 18-22 quintali l'ettaro, ecc. Ma un altro fondamentale cardine, oltre l'acqua, occorre per ridare fertilità a terre da millenni depauperate: dotare il suolo, per sua natura magro, di una ricca provvista di materia organica. Ed eccoci alla inscindibile vecchissima catena, foraggi, be stiame, letame. L'Istituto sperimentale agrario di Sidi Mesri sotto l'intelligente ed appassionata direzione del bravo prof. Giulio Vivoli, ha da tempo allo studio, insieme agli altri problemi di agricoltura libica, questo delle foraggiere che è capitale. La medica è, anche là, regina delle foraggiere. Dura d'ordinario tre anni: e in questo periodo dà sui 3000 quintali di foraggio verde ad ettaro, irrigata, naturalmente. La varietà indigena c'hobbéri a grandi foglie risponde più delle altre introdotte, e dà il doppio delle varietà italiane. La sulla, rustica, vigorosissima, miglioratrice, in terre asciutte non viene sulle sabbiose della zona costiera : riesce nei meno poveri di argilla della Gefara centrale. Irrigata viene benissimo, ma la durata non passa i 10 mesi offrendo 2 tagli e un ributto moderato : però dà sui 650 quintali l'ettaro. Una graminacea portata da Lincoln Nodari, il generoso italiano vivente in Brasile che ha dato milioni alle prove agricole libiche, l'erba elefante, ha dimostrato di riescire egregiamente e di resistere anche alla terribile siccità del '36: produce da 1800 a 3000 quintali di erba fresca all'ettaro. H Nodari dice che con questa foraggiera si potrebbero mantenere su di un ettaro 20 capi bovini oppure 100 pecore. Altre foraggiere che il Nodari vide venir bene sono i sorghi Massanibarà, i capim di Rhoder e di Para. I filari di erba elefante e di pisello arboreo (altra pianta preziosa che fa dense spalliere e offre gran quantità di piselli e molta legna da ardere) servono col loro fogliame a proteggere dal vento caldo e portatore di sabbia le colture di piante intercalari a rapido sviluppo. Altre risorse foraggiere sono date dal carrubo; dal gelso la cui foglia il Della Gatta dimostrò superiore in valore foraggiero alla erba medica. L'allevamento del bestiame Sull'estendersi e intensificarsi della coltura foraggiera, pesa l'avvenire dell'allevamento. Oggi la Tripolitania ha 48 mila bovini, 7700 cavalli, 32 mila fra asini e muli, 48 mila dromedari, 500 mila ovini, 350 mila caprini. I bovini indigeni, di facile ingrassamento' e di discreta produzione lattea, sono usati per arature e sollevamento acqua, con le scorie. Incrociati col toro zebù di razze indiane, si ha maggior rendimento in carne e lavoro, e cresce la rusticità. I nostri agricoltori puntano su bovini bruno alpini e bruno sardi, importati e allevati in purezza. Per latte e carne bene si afferma la bruno alpina e, meglio, la bruno sarda, er lavoro la maremmana. La pecora indigena, di razza barbaresca a coda grassa voluminosa, dà il suo maggior rendimento in carnè, ricercatissima in Voco; scarsa è la produzione di .liana, molto scadente e impura. Bene riesce, come da quattro anni va dimostrando l'Ufficio agrario, l'incrocio fra la pecora , indigena e il karakul. Se ne hainno risultati eccellenti per produzione di pelli tipo astracan. La capra rusticissima si mantiene unica per sfruttare pascoli e cespugli spinosi e le magre .risorse di terre salmastre. Piseziosissimo il filosofico asinelio ,che ora si sta migliorando con l'ottima razza Ragusana importato di Sicilia. Con questo si' tende anche a sviluppare la produzione mulattiera, tanto necessaria. Quanto ..a cavalli, si è scarsi assai. Si tenta di ricostituire gradualmente la razza berbera diminuendo, sempre più l'uso di stalloni orientali; incoraggiamenti ippici opportuni si danno annualmente sull'ippodromo della Busetta presso Tripoli. L'instaurarsi di una buona zootecnia sarà base salda per far fiorire ure? agricoltura redditizia in tutta; la zona ove cadono almeno sui 300 millim. di acqua. Ma neR'e vaste estensioni di terre aride, dove cadono meno di 200 millim. bisognerà riprendere il programma impostato dal grande nostro Celso Ulpiani per la ù'otta contro il deserto. Valeraii delle poche piante spontanee resistenti a secco e a salino. Nemmeno a farlo apposta soni) proprio quelle che ora tanto bene giocherebbero pel problema autarchico, fornitrici di cellulosa, e di alcole. Per le prime D'Imperata cylindrica e l'Alfa chie già da tempo le cartiere inglesi utilizzano per far carta finissima: fra le seconde il fico d'India, rusticis: simo, che dura oltre 40 anni senza bisogno di cune. Sognava l'Ulpiani fattorie in-.mezzo alla steppa subdesertica con mille ettari e ficodindiato ,da cui si avrebbero 14 mila etmnidri di alcole, e fra le fila di ficodindia si coltiverebbe alfa per carta. Pionieri e colonizzazione Non pare disegno inattuabile se l'iniziativa individuale sarà sorretta dallo Stato che jjià sta facendo l'altro miracolo dell'acqua. Quanto alla colonizzazione in atto in Tripolitania, dal 1928 ha avuto inizio quella demngra» fica. Il capitalista deve affiancarsi agricoltori nazionali ,pro-vetti legati alla terra, prima-.con J la mezzadria, poi, pei più validi con la piccola proprietà. Non si esclude il bracciante libico: anzi, si rivela la necessità della sua coesistenza. Molto si è fatto, in tema di aiuti, col credito attraverso la benemerita Cassa di risparmio, retta ottimamente dal Battistello. Credito di esercizi, di miglioramento agrario da 5 a 15 anni, fondiario agrario fino a 30 anni; altri aiuti per consolidare le aziende arrivate a sufficente attrezzatura; poi f«restiti senza interesse di 100 ire l'ettaro elevato poi a 300 nel 1936. I vecchi concessionari, le cui solide benemerenze non possono essere dimenticate, chiedono che il termine per iniziare gli ammortamenti dei mutui sia prorogato di 5 anni oltre il dieci attuali perchè l'arboricoltura non darà pieno frutto che al 15.o anno, e la scadenza del prestito senza interesse sia portato più innanzi di 4 anni. E' da augurare che il Governo voglia ancora venir incontro ai bravi pionieri della valorizzazione agraria tripolitana, la cui opera si incide nell'esperienza coloniale nostra e non può essere obliata. Intanto l'azione diretta a creare la piccola proprietà colonica per autentici contadini, è impresa dall'Ente per la colonizzazione della Libia, che ha finora in complesso per tutta la Libia in valorizzazione 70 mila ettari, di cui 20 mila appoderati e divisi in 573 poderi con 488 case e 426 famiglie. L'Istituto fascista di previdenza sociale agisce nella zona di Bir Tarrina su 5382 ettari che saranno divisi in poderi di 35 ettari. L'Azienda tabacchi italiani ha una bella concessione nel Garian a Tigrina con 391 ettari di colture intensive, con 240 linde case con contadini abruzzesi sì produce già oltre 2 mila quintali di tabacchi. In complesso in tutta la Libia vivono oggi circa 12 mila metropolitani agricoli raggruppati in 280 famiglie. Tutto sommato, anche nella non facile colonizzazione della Tripolitania, va verificandosi il processo storico di evoluzione dell'agricoltura. Dal latifondo e dalla grande azienda camtalistica, si va al frazionamento della terra e alla compartecipazione dei lavoratori ai redditi della terra stessa, fino ad arrivare al piccolo proprietario lavoratore. Se tutto questo verrà realizzandosi, e se si moltiplicherà lo sforzo verso l'interno nelle terre ancora desertiche, si dimostrerà ancora una volta al mondo che non esistono difficoltà insormontabili di terre e di climi per la feconda tenace possanza del lavoro dell'Italia fascista. Arturo Marescalchi