Fiducia in Bartali "maglia gialla,, di Vittorio Varale

Fiducia in Bartali "maglia gialla,, IL TOUR DOPO LE TAPPE ALPINE Fiducia in Bartali "maglia gialla,, II campione d'Italia ha classe e forza per resìstere ad ogni attacco e portare vittoriosamente a termine la sua impresa (DAL NOSTRO INVIATO) ' . Aix-les-Balns, 25 luglio. Questo giorno di riposo serve magnificamente a distenderci un po' i nervi. Da tre giorni li avevamo tesi fino allo spasimo, ben sapendo che si stavano decidendo le sorti di questo Giro di Francia. E furono giorni uno più emozionante dell'altro, in un crescendo di tensione che ci ha portati qui al limite della resistema. Lia Cannes-Digne era stata agitata dalla controversia sorta per l'irregolare' risultato sul Colle di Braus. Dalla delusione causataci dal passaggio ufficiale sul colle dotato del prezioso abbuono, eravamo passati alla soddisfazione per la giustizia resa al nostro campione, che rimetteva sul binàrio il programma di Bartali, momentaneamente deviato dalla scorrettezza di Vervaecke. Al tavolino, dunque, era stato rimediato alle false risultanze della strada. Ma se dicessi che questa era la soluzione che desideravamo quél giorno, non sarei sincero. Avremmo di gran lunga preferito che non ci fossero discussioni, dubbi, rancori per la disputa del Gran Premio al migliore arrampicatore. Vinto o perso, avremmo voluto che esso spettasse senz'altro a chi più se lo meritava. Ma, non per nulla ogni competizione sportiva ha il suo tribunale, a salvaguardia dei diritti dei concorrenti lesi da manifeste irregolarità. La giornata campale Questo intermezzo causidico, che ha servito di argomento a certa stampa francese e belga, allarmata da un nostro successo, per dire che si era compiuta una ingiustizia ai danni di Vervaecke, non ci ha distolto dall'attesa per la Digne-Briangon e tanto meno ha assunto capitale importanza agli occhi di chi, come me, era da tempo convinto che la tappa dei tre colli alpini avrebbe sbarazzato il campo da queste iner.e e dato un responso ben più netto e quasi definitivo sul duello italo-belga. La giornata campale non tradì la nostra aspettativa. Essa era andata acuendosi attraverso la lotta sull'Allos e sul Vars, dove ancora non si poteva dire come sarebbero andate a finire le cose, fi nostro campione continuava implacabile nella demolizione della rocca in cui si chiudeva il belga, vestiva virtualmente la maglia gialla, ma ancora si trepidava per .quella offensiva clamorosa e travolgente che, sola, avrebbe potuto assicurarci la, vittoria del Tour.-.Non vi avevo'detto che se Gino non fosse arrivato a Briangon con almeno dieci minuti jSi vantaggio ^'suJVèrvaecke non avremmo potuto essere del tutto soddisfatti f Questo bot* tino doveva essere fatto sull'Izoard e non appariva cosa facile, che Vervaecke ancora non dava segni di abbassare bandiera. Fu solo nella discesa del Vars che cominciò a profilarsi la supremazia delle « maglie azzurre ». La fortuna 'noh ci fu, è véro, àv,versa, mà neppure ci elargì speciali favorii Vervaecke forò,'come Bartali. Ma la grande differenza fu che, mentre l'italiano aveva in quel momento tutte le risorse dategli dal raggiungimento della piena forma e dall'economia fatta in precedenza, il belga si trovò ad averle spese tutte. Desgrange ha scritto mirabilia di Bartali, ma anche che la sua tattica di accontentarsi degli abbuoni ai termine delle saiiie non gli è simpatica e guasta la bellezza della competizione. - . Dal suo punto di vista di organizzatore, che vorrebbe ogni giorno grandi imprese, corse alla morte, colpi di scena che interessino i lettori del suo giornale, non gli si può dare torto. E ammetto il suo diritto di modificare il regolamento per quanto riguarda gli abbuoni, .in modo da obbligare i concorrenti a rendere più viva la lotta in montagna; starà poi a nói vedere eventualmente se ci conviene accettarlo e mandare qui quanto di meglio abbiamo per consumarlo a suo beneficio. Ma come tattica Desgrange non ha il diritto di discuterla; tutt'al più ha il dovere di ammirarla, se è quella che ci farà vincere il Tour. Egli deve pensare che ogni Nazione non viene qui per dare spettacolo a suo uso e consumo, ma per vincere; e noi, con la squadra e gli uomini che avevamo, non potevamo fare diversamente; se l'avessimo fatto, saremmo stati degli ingenui. Girardengo era su questo punto del mio stesso parere: che il Tour si dovesse vincere o perdere in questa tappa. Tutto, quindi, era stato preordinato per questa battaglia: dall'inizio in ritardo di forma di Bartali, alla difensiva in. pianura, al piano di attacco compiuto sui Pirenei (die sarebbe pienamente riuscito se la sfortuna non l'avesse vietato),- alia limitazione della conquista del-' l'abbuono sui colli che precedevano i tre della Digne-Briangon. In quanto a Vicini, in attesa del. suo miglioramento, era rimasto libero di fare la sua corsa e aveva anche lui i suoi uomini d'appoggio. Ma dopo il ritardo della Pau-Llichon i nove decimi delle nostre speranze erano, si capisce, concentrati in Bartali. Tutto in due ore Una competizione di 4600 chilometri si concentrava perciò, ai nostri occhi, sui 50 da Guillestre a' Briangon. Due ore, che avrebbero potuto decidere di quattro settimane di corsa e di mesi e mesi di preparazione e di sacrificio. Ci trovavamo, quindi, ai piedi dell'Jzoard come davanti al giudice che avrebbe potuto emanare una sentenza di vita o di morte. Come si sia svolto questo giudizio e quale sia stata la sentenza lo sapete meglio di me. Il risultato, non solo corrispose alle nòstre speranze, ma le superò di gran lunga; che, se da Bartali potevamo aspettarci la grande impresa, quella dell'intiera squadra non ce l'aspettavamo davvero, e se attendevamo da un giorno all'altro il crollo di Vervaecke non potevamo pensare che, con lui, crollasse, tutto l'edificio belga. Il caldo ebbe indubbiamente una influenza capitale su queste sorprese. A Briangon eravamo padroni della classifica individuale e di quella per Nazioni; per Vana e per l'altra sembravamo mattaci cabili. Quelli dell'Auto, come giornalisti, non lesinarono gli elogi e gli osanna alle « maglie azzurre », fino a cantare Bartali come il più gran corridore che sia mai esistito (il che, mi ai permetta, vuol dire non ricordarsi chi siano stati i Bottecchia, i Girardengo, t Binda, e dico ciò senza volere minimamente sminuire la più bella corsa di Gino,'nè la sua carriera, nè la sua classe), ma, come organizzatori, videro in pericolo l'interesse del Tour per l'ultima sua decade. La cosa è comprensibile., é logica, è umana al punto che mi stupisce che sia stato motivo per far credere che questi signori deprecassero una vittoria italiana. Costoro vanno visti fra quanti, all'estero, masticano amaro e sputano veleno ad ogni trionfo di un'idea, di un uomo, di una impresa fascista. Non è questo il caso di chi dirige i£ giornale organizzatore e sa che' còsa è per il Tour la partecipazione italiana che potrebbe venire molto più facilmente il giorno in cui ci convincessimo della vanità di ogni sforzo e sacrificio che il giorno in cui fossimo tentati di rinnovarli della gioia e dei frutti della vittoria. Infine, ieri l'.altro,.siamo passati attraverso la sorpresa e il timore 'di una controffensiva belga. Bisogna riconoscere che questi corridori sanno combattere e combattono con estremo coraggio. Una notte di riposo li ha trasformali nel fisico e nel morale; si è presentata una situazione favorevole e l'hanno afferrata immediatamente, buttandosi a corpo nort'o per sfruttarla al massimo. Non tomo a spiegarvi come questa situazione si sia creata sull'Iseran; ve l'ho già detto ieri. Come vi ho detto delle ore di trepidazione che abbiamo passato. Siamo stati salmti da due fattori; la grande abilità di Bartali in discesa, che gli ha fatto annullare in un baleno, prima ancora che noi lo sperassimo, il distacco in vetta al colle, e la resistenza delle sue gomme. Con i compagni a grande distanza — quasi ■ tufi vittime di quelle gomme che, invece, sono state le protettrici di -x. Gino » — e con l'ammassamento di cinque belgi in testa, la situazione era la più critica che si potesse immaginare. Un chiodo, la punta di un sasso avrebbero, potuto decidere del Giro di Francia, annullare di colpo la netta confermata indiscussa superiorità- del nostro campione. Dio non-ha vo luto che questo destino si compisse; Bartali ha saputo tenerp.il suo posto nella stretta dei belgi; la « maglia gialla > è stata appena scalfita dall'abbuono sull'Iseran che è toccato a Vervaecke. L'unico avversario Atleta sorprendente, costui. Te' nac'issimo nella sua difesa contro Bartali sui Pirenei, attaccante feroce nella tappa a cronometro, un cora custode è difensore della maglia gialla nelle due prime tappe delle Alpi, egli si è. trovato a scontare questa sua prodigalità nella tappa decisiva, con l'aggravante del caldo e dello sfascianiento della sua squadra. Mi ricordo di ever scritto, alla vigilia del « Tour », che avrei preferito Vervaecke malia gialla che servitore della meesima. In quest'ultima veste avrebbe tentato le sorprese nei finali di gara (erte tentò una, che gli riuscii, infatti, a Royan), sarebbe scappato ai piedi dei colli per portar via gli abbuoni a Bartali, ci avrebbe dato, insomma, un mucchio di seccature, alternandole a tappe di « cottura » e di riposo. Una volta in maglia .giallainvece, ha limitato le sue iniziative, ha pensato a difendersi, a resistere, ed in questo compito superiore alle sue forze ha consumato quello che la sua classe e la sua età gli mettevano a disposizione, n suo. errore più grave è stato la sua più bella vittoria, quella della tappa a cronometro. E l'ha pagata salata. Egli rimane, però, l'unico avversario dal quale dobbiamo pensare a difenderci; si finisce come si è cominciato, con una serie di tappe pianeggianti, che l'unico colle che ancora rimane in programma, la Faucille, è il più fa¬ cile dei dodici. Ma se in principio i belgi si sono attenuti anche essi ad una tattica d'attesa, forse per far piacere a Maes, che non era convinto della sua forma, ora essa sarebbe inutile e illogica. C'è da aspettarsi l'estremo tentativo belga di riconquistare la maglia gialla; ed esso non può avvenire che in pianura. Si' parla della tappa a cronometro — cfte si disputerà sabato — e di quelle del « pavé » come terreno per questa controffensiva. Noi non ci nascondiamo che Bartali si trova meglio sui monti che nel piano; partendo però, questa volta, dopo Vervaecke, non credo che il cronometro dovrà assegnargli un notevole passivo, quale subì l'altra volta. Ma se anche, per forza, o per prudenza (saremo alla vigilia della fine), egli dovesse, perdere due minuti, resteremmo perfettamente indifferenti. In quanto agli attacchi nelle tappe in linea, la situazione è ormai così chiarita che Bartali non avrà che da guardare Vervaecke; ed anche se dovesse ingaggiarsi un duello fra la squadra belga (ed i suoi eventuali sostenitori più o meno palesi) e auella italiana, le perdite.— dato che ci siano — non possono essere tali da annullare il vantaggio su cui vive' Bartali. Sempre, beninteso, che la sorte non crei una situazione peggiore di quella di ieri (sapete delle bucature di Vicini Martano Bergamaschi Mollo Cottur, che hanno fatto rimanere Bartali solo) a rutto vantaggio dei belgi. E il « pavé »? Il « pavé » T Indubbiamente i belgi vorranno approfittarne; ma Bartali ha dimostrato l'anno scorso di non temerlo. Inoltre, la nostra squadra, che in certi momenti della lotta in salita, dove il direttore tecnico non può sorvegliare tutto il fronte, è parsa avere una concezione confusa di quello che deve essere il giuoco a favore di.Bartali, saprà manovrare in pianura, agli ordini di Girardengo, come ha .manovrato nelle prime tappe. In realtà, niènte di più utile per noi è stato quanto il permesso al direttore tecnico di dirigere la corsa, dei suoi Movimi. Lo dissi fino dal momento in cui furono intavolale discussioni con Desgrange sulle novità del regolamento. Come dissi — ed i fatti l'hanno dimostrato contro tutte-le opinioni contrarie — che la modificazione dei minuti di abbuono era a nostro vantaggio. Il corridore ita' Uano ditnostra l'abitudine di non essere diretto, la mancanza di una scuola di condotta di gara di una intuizione di corsa. Del resto, la squadra, che ha perso solo due uomini, s quuJd che si è comportata così bene \n principio; non c'è ragione che non faccia altrettanto alla fine. Se qualche uomo sente la fatica, dobbiamo pensare che ogni squadra ha questo debole. Per cui tutto- sommato, non vedo come possiamo perdere questo Tour, se non per sfortuna. Domani andremo a Besancon, in 284 chilometri. La difficoltà saliente è la Faucille. Bartali mi ha detto che non lotterà per il minuto di abbuono, per non fare sforzi che rendono poco. Ma credo che cambierà opinione se vedrà che l'abbuono può prenderselo Vervaecke. Non ho nulla da segnalarvi sulle • condizioni dei nostri uomini; esse sono soddisfacenti per tutti. Il loro fisico ed il loro morale mi fanno credere nella loro imbattibilità. Ogni giorno che ci avvicinerà a Parigi senza perdite sarà una giornata guadagnata. Tra una settimana, a questa ora, noi dovremmo poter lanciare al Pare des Princes il grido di vittoria che da nove anni teniamo soffocato in cuore. . Giuseppe Ambrosino dim Fotografia di intertappa. Vittorio Varale, inviato di «Stampa Sera» intervista Gino Bartali, (Telefoto)a

Luoghi citati: Francia, Italia, Parigi, Pau, Royan