Poiifemo
Poiifemo Poiifemo Nel teatrino del castello di Lietzenburg, presso Berlino, Sofia Carlotta sta al cembalo, in mezzo alla poca orchestra di dilettanti da lei stessa Scelti, e dà l segno per l'inizio della nuova opera, Poiifemo. Ha trentacinque anni. Venuta dall'Hannover, ricorda le leggiadrie artistiche di Versailles e vuole farle rivivere nella tendenza nazionalistica della musica amburghese, affinchè' adornino intellettualmente il dominio del suo consorte. Federico di Brandenburgo, fià Elettore, ora primo re di 'russia. Musica tedesca? Ce n'è molta e mediocre. Perciò invita musici italiani e d'altri Paesi. Quelli che non possono venire, li conosce attraverso i manoscritti. La sua biblioteca ne è ricca. Due italiani le hanno allestito 'opera, che ora si rappresenta. Non è la prima. Ella stessa ha già redatto per Attilio Ariosti il ibretto Fede ne' tradimenti, un argomento analogo a quello del Fidelio, senza, s'intende, i fermenti rivoluzionarii, e ha commesso all'abate Mauro e allo! tesso Ariosti Le fantòme amoretto:. Con queste opere, con i concerti, con le musiche da tavola, alle quali soltanto s'interessa il re, la sua corte appare ra le più musicali e attive al'alba del secolo decimofct/avo. Non basta udire e proteggere la musica, bisogna praticarla. Ogni giorno ella studia almeno -un'ora l cembalo con la guida di Ariosti. Anoh'egli su i quara/nt'anni, l padre servita Attilio Ariosti, bolognese, godeva largai fama. I suoi superiori gli avevano concesso di andare al servizio prima del Duca di Mantova, poi del Granduca di Toscana, di recarsi nfine a Berlino. Forse speravano ch'egli avrebbe <x»nvertito la corte prussiana. Um voluminoso epistolario di principi, di cardinali, del generale. dell'Ordine, del grande LeibnAz, non chiarice del tutto la condotta di lui. Certo è che la Prussia rimase uterana e che l'i'Ariosti fu de nuncìato al suo capo pel propo nimento di lasciar la tonaca e posare una damigella della corte. Allarmata*, Roma impose il ollecito ritorco al convento. Poteva un musifoo illustre, adusato alla mondanità, rinunciare a servire l'arte, e Dio in letizia? Gli amici e.mentivano le voci pettegole, la, regina non avrebbe mai voluto congedarlo. Ed egli asciava, che gli incartamenti si ammucchiassero. A quando a quando dichiarava che il ritardo non dipendeva da lui. Alla fine, asciata Berlino, passò alla corte di Angiò e a quella dell'impeatore Giuseppe, il quale lo nominò suo agente generale per 'Italia. Più d'un musico italiano, anche se religioso, ebbe a quei tejjipi alti ufficii diplomatici. Tornò poi al chiostro e di nuovo, se n'allontanò per raccogliere/applausi a Parigi, a Londra. Non si sa esattamente dove finisse. Anche poeta, cioè librettista e facitor di versi, l'Ariosti aveva dunque accontentato la regina, ntrecciando nel Poiifemo amorosi episodii pastorali. Uno ( quello di Glauco, che invano ama Scilla, e ricorre a Circe, la quale, innamorata di lui e ne gleitta, si vendica donando a lui unja coppa colma d'un'acqua, che, ve/rsata nel fonte dove le Ninfe si bagnano a sera, gli propizierà 'iamore di Scilla, e a costei un unguento, che dovrebbe render a immortale, e invece la metamorfosa orrendamente. D'altra parte Poiifemo insidia Galatea e, beffato da lei, schiaccia Acì sotto un macigno. Disperata, Gaatea si precipita nel mare. Sorge Venere e annulla le magìe di Circe e la perfidia di Poiifemo. Alla fine i sette personaggi dimenticano i rancori e i guai. Versi e strofe tte, per i recitativi e le arie, dozzinali quanto tanti altri di quel tempo. « Ho qui con me il grande Bononcini ! », aveva gridato Sofia Carlotta, lietissima di noverare fra i suoi musici quel modenese, che con oratoria, sinfonie, melodrammi e duetti aveva su i trent'anni consolidato in tutta 'Europa la fama di giovane prodigio, e che più tardi doveva rivaleggiare con Handel. Appunto a Giovanni Bononcini • olla aveva affidato Poiifemo. Ora, sul palco, i cantanti son pronti, e, se un libretto dell'epoca è veritiero, son tutti italiani, cioè gli stessi autori, e Fedeli e Conti. Lo spettacolo comincia. Glauco, effonde in una bellissima aria 'amore e la malinconia. Scilla sempre s'esprime con melodie e ritmi e armonie confacenti nlla sua spensieratezza. Circe wmta un'aria veemente nella vendetta p un'altra perfidamente allattatrice. Poiifemo riesce grossolano e nella tenerezza comico. 'Galatea sospira una soavissima siciliana, piena di affettuosità, di affanno. Assai delicata è l'invocazione a Venere. E il corretto finale è grazioso. Poiifemo piacque ni jfrimi ascoltatori. E anche a noi piace, ora che per la prima volta lo eggiamo nell'edizione Fiirstner di Berlino, a cura del dr. Gàrnbach; piace per il superamento dell'Arcadia nell'umanità delle persone, per la vivace pateticità opposta al razionalismo sovente gelido anche nei maggiori operiti contemporanei, per la bella contabilità ricordevole, le cordiali armonie che escludono le maniere contrappuntistiche, per a sobria opulenza delle belle orme, l'appropriatezza dei cani ai varii momenti dei personaggi, fra i quali soltanto Venere resta indistinta e convenzionale. In ogni pagina, una ricerca di.elaborazione senza scolasticità; spesso, arditissime modula¬ zioni psicologiche. Molte cose di quest'opera, riferite all'anno 1703, sorprendono e recano una nuova luce sul talento del Bononcini, che finora era conosciuto per frammenti in antologie, e sul mutamento del gusto fra il Sei e il Settecento. Spettacolo galante e degno di una corte veramente amica della migliore arte. La musicale regina mori due anni dopo. Per onorare la sua memoria il castello e la città che vi sorse attorno presero il suo nome, Charlottenburg. Ma con lei e con Lietzenburg finì il breve episodio culturale berlinese, sì onorevole anche per gli Italiani. A. Della Corte
Persone citate: A. Della, Angiò, Fedeli, Giovanni Bononcini, Sofia Carlotta
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