IL SONNO DELLA CINA E LA VITA DEL GIAPPONE

IL SONNO DELLA CINA E LA VITA DEL GIAPPONE Mezzo miliardo d'uomini nella bufera IL SONNO DELLA CINA E LA VITA DEL GIAPPONE a a n a i e o i e e e , r o e h , e i a a a. e aa, o, sio e o, j si e na ; a naei, enue ulien a, (DAL NOSTRO INVIATO) pechino, luglio. /I dottor Freno, addottorato in psicologia, consigliere di governatori e generali, seguita a tenere gli occhi chiusi, le mani raccolte fra le ginocchia, ben sistemato neìlo poltrona della mia camera al « Grand Hotel de Pekin », ove si è introdotto per ricevermi con un sorriso e una garbata riverenza di marca ottocento viennese. Pierre Loti, negando ogni fascino all'estremo oriente non ha considerato il blando piacere del dormire al quale inducono le strade le cuse e gli abitanti di Pechino. Ho l'impressione che ogni cinese della città imperiale trascini con sè le ombre del sonno dal quale delicatamente esce ogni qual volta varca la soglia della sua piccola casa con il cortiletto e lo scheletro di un alberello diritto come un dito davanti alla bocca laccata dell'uscio quasi per ricordargli di essere il guardiano del silenzio. Lo psicologo dormente Parto di un sonno interiore, filosofico dato che si ha l'abitudine di riferire tutto quanto succede nel Celeste Impero alle nebbie della filosofia millenaria, quindi di un sopore leggero, appena posato sulle ciglia attraverso le quali luccica maliziosamente la vita. Ciò che infatti maggiormente urta l'orecchio di un orientale è la voce forte degli occidentali ©, in modo speciale degli americani. Approfitto della quieta immobilità del dottor Frenc per disfare una valigia e rinfrescarmi sotto la doccia. Lo scroscio dell'acqua non lo disturba o forse egli è troppo discreto per partecipare alla fresca conversazione alla quale mi abbandono con i rubinetti della camera da bagno. Lo guardo attraverso la porta socchiusa. Chi è costui t Chi me lo ha mandato? A Mnchden una giovane russa che subito, a Sciangai, si è attaccata al mio impermeabile sul ponte del piroscafo giapponese Hoten Maru deve avermi consegnato, discendendo, ad un altro sconosciuto viaggiatore die a sua volta, alla stazione di Pechino, prima di perdersi fra la folla, mi ha indicato con un'occhiata, allo psicologo che ora dorme in camera mia. Col tempo mi abituerò alla sopportazione di questi «.accompagnatori* che finiscono col rendersi non soltanto simpatici ma anche indispensabili. Sono uomini squisitamente gentili che conducono il forestiero nei luoghi che da solo non potrebbe trovare, che fanno da interpreti, che comperano per lui le sigarette, i francobolli, imbucano le lettere, contrattano l'autista e il riciottaro rendendogli la vita facile in un paese cosi difficile. Ma forse lo « psicologo dormente » non appartiene a questa categoria di uomini internazionali, poliglotti, ciceroni e acutissimi « osservatori ». Mi ha già detto come sia arrivato in Cina in qualità di turista e come il continuo assottigliarsi dedollari lo abbia incollato a Pechino da vent'anni. Nobile e dignitosa miseria contro la quale egli combatte silenziosamente, senza chiedere nulla a nessuno, interrato in una casa dpoveri cinesi dove, di tempo in tempo, dietro ai vetri di carta dell'unica finestra, scrive qualche articolo per le gazzette di Tokio e qualche rara corrispondenza per giornali di Berlino. Di uomini come il dottor Frencpullula la Cina: basta affacciarsagli alveari dell'* Avenue Soffre » a Sciangai o internarsi nei quartieri indigeni di Tientsin o Pechino per trovarne a migliaia. Di donne poi ve ne sono a sciami, specialmente, per non dire quasi tuttedi nazionalità russa. Russe « bianche » che mantengono famiglie di vecchi ufficiali e professionisti o semplicemente intellettuali, tutti oziosi, perseguita ti dalla megalomania più sfrenata, superbamente avvolti in vecchi scialli che portano come stole di ermellino. Forse un tempo sono stati veramente ricchi e anche potenti ma la polvere dei ricordi tenacemente appiccicata al loro spirito li ha resi intriganti e petulanti, insistenti e piagnoni. Soltanto la rassegnata melanconia che, di caLcdtanto in tanto, si legge nei loro oc-ì echi intelligenti e lo squallore dei| alpzsloro volti smagriti, quasi mortificati dalle privazioni, guadagna, poco a poco la vostra pietosa simpatia. Ripensando alla drammatica bufera che, travolgendoli, li ha trascinati in fuga verso la Cina, attraverso ai freddi deserti della Mongolia o alle foreste della Manciuria, si finisce col diventare amici. Come risolvano costoro il problema della vita è un mistero per tutti tranne per la donna che, lavorando coraggiosamente dodici ]ore al giorno, si accascia poi la ! sera sul mucchio della gente già\addormentata e accatastata in una]unica camera della quale essa pa-jga la pigione per tutti. Nessuno]può immaginarsi come la nostal-\già lavori profondamente queste]povere anime e scavi questi corpiiper i quali, ormai, ogni- sentiero] del mondo, anche il più triste, è<buono. ìjDrammi dì Eeilte SPertiUta ° r La patria non esiste più che nel\loro confuso pensiero o si espri-1 me per essi, paurosamente, nei fo-\colai del comunismo che qua e làisi accendono, ridestano, di tempo\in tempo, gli odiì e le passioni non j sopite e balenando sulle colonne',della cronaca col racconto di follie delittuose che appena appena sollevano le sottane dell'indifferenza cinese, abituata a tutti gli spettacoli delle umane sofferenze. Per le « taxi girls » del Casanova di Sciangai la tragedia è la stessa anche se galleggia sulla musica dell'orchestra ucraina e frigge nei bicchieri di alcool. Quando la « signora » spegne i lumi queste donne bionde, che hanno auitto la forza di sorridere tutta la notte, scivolano frettolosamente nella strada e si disperdono nei vicoli prima che la maschera dei volti accesi si sciolga nella luce dell'alba rivelatrice della loro miseria e decadenza fisica. Il dottor Frenc, non appartiene certamente alla categoria degli uomini mantenuti dalle donne. Non è un « accompagnatore di forestieri » al soldo dei nipponici; non è un senza patria; non è, nel senso schietto della parola uno squattrinato poiché, come ho detto, non chiede nulla a nessuno accontentandosi di quel poco che gli procurano i suoi lavori letterari E' un uomo come tanti altri che, uscendo dalla sua casa di Vienna, ha sbagliato strada, prendendo quella troppo lunga e troppo costosa dell'Estremo Oriente. La sua risita in camera mia non ha l'andatura del primo capi tolo di un libro giallo. E' un si gnore che ha piacere di parlare con me dato che si astiene volentieri dal parlare con i giornalisti americani e inglesi raccolti ogni mattina in una sala dell'ambasciata nipponica nel quartiere delle Legazioni. Ordino altri due caffè e mi accomodo sulla seconda poltrona che un tavolino divide da quella del professor Frenc e poste tuttee due, con la brutta simmetria alberghiera, a capo del letto. Dal la finestra entra nella camera una luce gialla, color zolfo. La strada, pur essendo la principale, è silenziosa; il gruppo dei riciotiari sembra un convegno di uomini muti, rovesciati sui sedili delle carrozzelle dalle alte ruote gommate. Lo psicologo coglie il mio sguardo e gira il suo lentamente sui mobili della camera. Gusto americano, roba da chiodi. Molti rimproverano alla Cina di non importare dall'America oltre aimèzzi tecnici anche le idee, le ere denze, i regimi politici e gridano che la salvezza della Cina coinciderà con la rottura col suo passafo. Afi dica sinceramente, caro professore, a quale categoria di esseri umani lei potrebbe attribuire un vero orientale reduce dalle università americane o inglesi? I bianchi che gli hanno fatto sentire in tutti i modi, anche con i più mortificanti, la su-periorità della loro razza, in comPenso gli insegnarono a portare l'abito di società che, invecchian-do ne/;a naftalina, allorché lo in tossano offre l'atroce spettacolo delle figurazioni simboliche passate di moda; e poi, che altro ancoraf a tenere sul naso gli oc ciiì„u di tartaruga, a bere l'alcooe ,i succo di pomodoro chimica-mente fatturato, e a ballare le danze moderne. Cosa vuole che imparino i cinesi dagli europeoltre alla fabbricazione e all'impiego dei moderni mezzi tecnicdei quali sono sprovvisti. La finanza? Ma se i cinesi sono i più formidabili e astuti finanzieri demondo. Un commesso di negoziocol suo pallottoliere, è più rapido nel fare i conti e più preciso del le nostre macchine calcolatrici; primi mercanti capitati in A3ia hanno imparato a loro spese che cosa voglia dire armeggiare, in fatto di contratti, col più sonnolento degli orientali. E lo scherzo che hanno fatto al Giappone, dove me lo mette lei, caro professore? Pochi nomini della risma di un Sung svuotarono la repubblica di tutto l'argento innondandola di carta che i giapponesi, altrettanto abiii, per non annegarvihanno di colpo sostituita con i loro yen. L'odio per i bianchi, ecco che cosa hanno imparato nelle nostre università gli studenti cinesi; la xenofobia più accesa sanguinaria, e nient'altro. Mi dica, caro professore, quanti bianchi crede lei che rimarrebbero ancora vivi se i giapponesi, abbandonando il piano di riorganiszazione di questa sconquassata repubblica, ritornassero nelle lorisole? Neppure uno, glie lo dico io. — D'accordo. i i e a a e a a , i i e o e o i n i o o i e o - e - o l - e e i ci ù el o, o i a e n o sa bli, oo e i e innnaeo iIl professore Frenc finalmente mi interrompe. — Lasciamo stare per il momento la Cina di un tempo, che ha fatto e sta facendo la sua dura e meritata esperienza nel corso di questo « incidente ». Pensiamo invece a ciò che la Cina potrebbe diventare qualora, e non ne dubito, i giapponesi, che nel corso di una generazione si sono portati nel gruppo di testa delle potenze, riuscissero, come riusciranno, ad organizzarla e a porlare tutte le sue Provincie all'altezza del Manciukuò. Una cosa formidabile della quale in Europa non si ha o non si vuole averne V idea. Penso ad una Cina retta politicamente, industrialmente e moralmente alla giapponese. Come il movimento filosofico religioso buddista è venuto dall'est all'ovest, così, dall'est all'ovest, è arrivata in Giappone la religione dello stato totalitario. Il Giappone, come lei saprà, ha le sue ra dici spirituali nelle isole del Pacifico del sud da dove si mossero le più antiche tradizioni indiane che sono, badi bene, totalitarie e non buddiste. Due popoli diversi Più- tardi il Giappone si è servito della psicologia Cinese per va lorizzare la\parte più nobile e spirituale dell'uimo. Fra i due paesi è sempre esistita una enorme incolmabile differenza: la Cina ha adoperato il cervello umano come una forza astratta distruggendo ogni altro suo organo per metter lo al servizio di questo ed ha creato così un mondo soprannaturale, dando alla classe superic c il principio di una vita contemplativa e artistica che non è stata in nessun modo utile a quella pratica. Il Giappone, viceversa, è sempre stato attaccato alla realtà della vita. L'imperatore Cinese rappresentava l'astrazione assoluta, quello nipponico l'idea concreta e costruttiva. Il Giappone dice: «L'imperatore è lo Stato; l'imperatore è la personificazione della forza spirituale della nostra razza che si serve di tutto e di tutti; egli è l'essere rappresentativo della totalitàrietà applicata ad ogni espressione della vita. Come il fascismo ha dato una nuova religione all'Europa cosi il Giappone darà una nuova vita alla Cina. L'America ha dato alla Cina un Cian Hai Scek comunista, un Tivi Sung rapace e tutti i membri della nefasta famiglia provengono dalle università inglesi o americane. A Tokio si perseguitano i professori che vanno o conducono la gioventù verso la borghesia perchè ogni giapponese ha bisogno, per la fortuna del suo paese, di condurre una vita imperialista. Questa dot trina praticata con inflessibile te nacia permette a tutti di servirsi di tutto; ciò che appartiene al pae se e che è considerato patrimonio universale. Servendosi di tutto il Giapponese ha bisogno di pochissime cose per vivere, quindi il totalitarismo dell'impero non ha carattere capitalistico. In virtù di questo totalitarismo materiale e spirituale il Giappone può produrre ogni cosa a minor prezzo degli altri stati occidentali i quali non hanno ancora imparato il segreto di quest'uguaglianza materiale e spirituale. Uno solo conosce lo spirito giapponese, meglio ancora di un giapponese ed è il vostro Duce. La psicologia giapponese insegna a consacrare la materia con la forza del proprio spirito e nella vita pratica questo movimento assolutamente astratto ha per risultato la semplificazione della vita economica. Una tazza di tè, un piccolo fiore, un albero hanno per un giapponese un grandissimo valore perchè secondo i giapponesi, che danno una perfetta libertà ai sensi e una completa libertà allo spirito, tutto quello che sensibilizza i primi è spiritualizzato dal secondo. La grande guida di tutto questo movimento è l'Imperatore e ogni uomo, finita la sua giornata si volge, in segno di ringraziamento, verso i palazzi imperiali. Il professore Frenc ritorna nella sua immobilità e si profonda un'altra volta nel suo silenzio. Per la strada una compagnia di soldati cammina scandendo con le scarpe ferrate il silenzio della sera. Penso a quel colonnello che, crivellato di ferite è stato aicuni mesi or sono fatto prigioniero dai cinesi presso Sciangai. Liberato dai suoi soldati che tornarono all'assalto, il colonnello si è ucciso sul posto ove sopportò il disonore di essere per breve tempo, ostaggio del nemico. E' caduto con la fronte verso oriente sognando i lontani palazzi del suo Imperatore. dàlamdegnarzecadeE cidilarevoscalcudilasttastnmtrslitcocceteracgctàtratacetesdvLdgsdnspntcmqcdiflcstpPèdosspsptlsrgrtsuzgcgtSscedntlbstplrnsqièErnesto Quadrone sIgr .Colazione di « risciottari » nelle strade di Pechino,

Persone citate: Casanova, Cian, Duce, Pierre Loti, Quadrone