LE FORZE DELLA TRADIZIONE di Concetto Pettinato

LE FORZE DELLA TRADIZIONE Come sorge la nuova jgpggng LE FORZE DELLA TRADIZIONE lsentimento cattolico - La nuova sintesi tra il lealismo falangista e il fluire perenne del misticismo spagnolo si incarna nei combattenti (DAL NOSTRO INVIATO) VALLADOLI D, luglio. Al fascino della tradizione la nuova Spagna è accessibile per più d'un motivo. E anzitutto per ortodossia fascista. Non fu forse Mussolini a scrivere che « fuori della storia l'uomo si annulla » e a desumerne « il grande valore della tradizione nelle memorie, nella lingua, nei costumi e nelle norme della vita sociale (La dottrina del Fascismo, p. 14) »? Se il principio informatore del decreto del 19 aprile 1937 che unì la Falange ai tradizionalisti giace nella dottrina originale del Capo del Fascismo, la legittimità dell'appello alla tradizione non ha bisogno d'essere dimostrata. Indipendentemente da questo criterio formalistico, la tradizione attrae, però, lo Spagnuolo per gli orizzonti specialmente favorevoli che sembra schiudere al suo carattere. Sorvolando sulla Controriforma, sul concilio di Trento, su Ignazio di Loyola e sugli altri aspetti delicati dell'esperienza cattolica, gli apologisti della Spagna di Valladolid calcano il dito su dì un fattore che può aembraxe mal conciliabile coi primi, ma che il cattolicismo rivendica altamente: il giusnaturalismo, il personalismo. L'individuo e lo Stato La Chiesa si protesta avvocata e patrona della persona umana. Anche il Fascismo ha pensato all'individuo. «. Il Fascismo, aveva detto Mussolini, non è un semplice meccanismo limitante la sfera della presunta libertà individuale, bensì una forma e una norma interiori, una disciplina dell'intera persona. Esso penetra la volontà come l'intelligenza... Non è soltanto legislatore e fondatore di istituti, ma educatore e promotore di vita spirituale. Vuol rifare non già la forma della vita umana ma il suo contenuto : l'uomo, il carattere, la fede... Il Fascismo è, in altri termini, una concezione religiosa (oj>. cit., p. 13 e segg.) ». / teorici della nuova Spagna e in primo luogo i portavoce della Falange apprezzano tale principio, che anzi, nel nome di José Antonio, convalidano presentando il nazionalsindaeàUsmo soprattutto come « un modo de ser », un modo di essere, cioè un nuovo clima umano. In pràtica, comunque, la presunta libertà interiore garentita dal cattolicismo raccoglie fra loro più d'una preferenza. « La Chiesa, approva José Pemartin, prescrive nell' ordine politico la sottomissione della persona al bene comune, ma nell'ordirne morale antepone a ogn\ cosa la salute dell'anima, sua massima cura, e cura eminentemente individuale ». Il falangismo propriamente detto rilutta a prendere posizione su tali idee. Senonchè l'atmosfera generale di questo paese dì santi e di ribelli e le abitudini di isolamento dell'individuo spagnuolo sono tali, che poco o tanto lo ìnvoglierebbero ad accomodarsene. Due frasi di Max Schcler, « l'uomo è l'essere che sa dire di no» e « ogni spirito è essenzialmente personale (Der Formalismus in der Ethik und die materiale Wertethik, p. 404) », suscitano in ogni caso in Ispagna, malgrado le lezioni di due anni di guerra civile, consensi mal dissimulati. Ancora oggi un uomo d'ingegno quale il Pemartin non esita a scrivere che quel die deve ridar valore alla nazione e allo Stato è la rivalutazione della persona umana, non già la sua scomparsa in una organizzazione statale estensiva {cp. cit., p. 167) ». Al fascismo spagnuolo tocca, a giudizio di costui, farsi « intensivo », cioè atto a produrre i contravveleni necessari di quella eccessiva burocratizzazione che è il « male inevitabile » d'ogni Stato forte e d'ogni partito unico, vero « Stato nello Staio », destinato ad aggiungere una seconda burocrazia alla prima, col risultato di « sterilizzare e paralizzare » la vita generale mettendo un funzionario al posto dell'uomo (Pemartin, op cit. p. 172 e segg.). Le due coscienze Comunità e individuo cesserebbero dunque d'essere termini antitetici ? « La legge della solidarietà », risponde uno Spagnuolo della prima metà dell'Ottocento, antiliberale e cattolico sino al midollo, di cui Antonio Tovar ristampa oggi le pagine migliori in una collezione di Breviari del pensiero spagnuolo a cura della rivinta nazional-sindacaliata Fe, « la legge della solidarietà è tanto universale, che si manifesta in tutte le associazioni umane. L'uomo è solidale col passato, con l'avvenire, con la famìglia, con la nazione, con l'umanità. Ma, ad onta delle molteplici responsabilità che gliene derivano, conserva intatta la propria responsabilità personale, che nessun'altra diminuisce od assorbe. Può esser santo appartenendo a una famiglia di peccatori, incorrotto e incorruttibile appartenendo a una società corrotta, prevarica¬ tore appartenendo a una magistratura incensurabile e reprobo appartenendo a un sacerdozio santissimo (Donoso Cortes, Ensayo sobre el catolicismo, el liberalismo y el socialismo, /, p. 265 e segg.) ». Se dovessi stabilire quel che a rivoluzione spagnuola tenta ntrodurre di originale nel sistema totalitario, lo cercherei, insomma, in questo trepido e cattolicissimo zelo di non legare del tutto la coscienza, personale, di riserbare al cittadino del nuovo Stato un hortus conclusus dov'egli si senta unicamente se stesso e responsabile solo davanti a Dio. Si tratta di una preoccupazione in contrasto con o spirito iniziale del Movimento ? Difficile dirlo, per ora. Quello che appare evidente è che proprio nel presupposto dela possibilità di un compromesso fra coscienza laica e coscienza religiosa sta la cerniera del partito unico, ossia risiede il principio della collaborazione tra Falange e tradizionalismo. Certo è, ad ogni modo, che l'importanza assunta dalle pregiudiziali cattoliche nel processo di elaborazione del nuovo Stato può render pensoso un osservatore non jamigliarizzato coi precedenti del pensiero spagnuolo. Quel Donoso Cortes che citavo or ora e che torna di moda fra gli intellettuali della penisola concepiva la libertà come la concepisce il Bergson, cioè quale corrispettivo e premio di una totale dedizione morale. Potrebbe esser questa un'idea fascista. Senonchè il più perfetto esempio di tale dedizione il Cortes lo vedeva nell'amore degli Apostoli pel Salvatore. Egli aveva anzi individuato tra fede e politica, Chiesa e Stato un rapporto di reciprocità, postulando che quando l'una è più assoluta l'altro è meno costrittivo, e viceversa. La pressione politica starebbe, cioè, in ragione opposta della pressione religiosa, prova ne sia che prima del Cristianesimo; allorchè la pressione religiosa era minima, i popoli giacevano nella schiavitù, mentre l'èra della massima libertà umana avrebbe coinciso col perìodo di maggiore influenza del Cristianesimo: quello compreso fra l'età apostolica e Costantino. La forza conciliatrice C'è bisogno di dire che te conseguenze di una tesi simile potrebbero essere pericolose e che nella nuova Spagna anche i tradizionalisti puri esitano ad accettarla tal quale? Uomini della categoria del Pemartin, comunque, il quale non è un navarrese ma un sivigliano, sono del parere che, se lo Stato spagnuolo non vuole incontrare un ostacolo nel cattolicismo, il meglio starebbe per esso nell'unirsi alla Chiesa. Unione fra Chiesa e Stato, e non già concordato, il quale ultimo lancerebbe supporre che il secondo sia alcunché di agnostico o, peggio, l'antitesi della prima. Unione: quindi non soltanto erezione della religione cattolica in teligione ufficiale ma creazione d'un grande bilancio dei Culti che consenta alla Chiesa un vasto proselitismo, collocamento dei parroci a capo dell'azione sociale, famigliare, sindacale e corporativa nei piccoli centri e soprattutto assegnazione ai preti d'una larga parte nell'Istruzione Pubblica, almeno fin quando sia stato possibile formare il personale laico necessario a sostituire i tre quarti, a dir poco, di quello attuale, acquisito alla Repubblica, vale a dire mantenimento della Scuola lìbera in concorrenza con la Scuola di Stato. Ognun vede per quali insensibili, delicati trapassi la severità del pensiero tradizionalista spagnuolo, cui a buon diritto si afferra nelle odierne ambasce l'anima del popolo risorto, venga sposandosi all'ottimistico dinamismo della dottrina rivoluzionaria. Ma quel che ho detto sin qui non basta ad esaurire il bilancio del segreto sforzo dei romantici della tradizione per penetrare dì sè il realismo falangista. Le astrazioni, diceva Menendez Pelavo, hanno vita più dura delle più dure realtà. Non fornirei al lettore la misura esatta della spinta che vorrebbe imprimere alla rivoluzione del Diciotto luglio il caraU ter e d'una crociata ascetica in prò dei soli valori dello spirito, se non ripetessi qui che agli occhi dei suoi direttori di coscienza il nuovo Stato ha da essere uno Stato religìoso-milìta* re e che la loro dottrina culmina nell'opporre al proletario e al borghese Z'hidalgo, « il quale poteva esser povero, e molte volte lo era, ma che, essendo in pari tempo sobrio, ed ascetico, non commisurava la superiorità ai beni materiali posseduti » (Valdecasas, discorso del 29 ottobre 1933). Col mettersi, come ho detto, sotto l'egida di Cisneros, incarnante il genio di Valladolid, i padri spirituali della nuova Spagna rimonetano quél paradosso di Donoso Cortes secondo cui « Fuman gene¬ rmcfgmvdsfqvSp«tgcE re, ' se\ non fosse irremissibilmente '^condannato a vedere le cose alta rovescia, sceglierebbe fra gli uomini a propri consiglieri i teologi, e fra ì teologi i mistici e fra i mistici quelli che vìssero più appartati dal mondo » (Eraaayo ecc., I, p. 193 e segg.). Ernesto Renan non era forse del parere che mistici quali Santà\ Teresa, Juan d'Avita e Granada, teologi quali Soto, Banez\e Suarez fossero pensatori non- meno audaci di un Cartesio o di un Diderot? « La libertà della Spagna è tutta interiore: le piace pensare liberamente in \carcere e sul rogo» (cfr. L'ave nir de la Science, p. 358 e sega.). Pedro La-in Entrdlgo aggiungerebbe che la «più bella e profonda definizione dello stile tspagnuolo » è quella da lui sorpresa un giorno sulle labbra tHel triumviro Valdecasas: « altegria della morte », inattesa variante del grido'dì Santa Teresa: Muero porque no muero. Esiste una forza capace di far contrappeso a questa segreta seduzione del personalismo misticheggiante, del rapimento in Dio, del disprezzo dei beni mondani, della sudditanza del temporale, del culto della morte, dove la grande fiamma del realismo falangista ! rinnovatore dello Stato e ricanciliatore dell'anima spagnuola con la vita spagnuola potrebbe rinchiudersi e raggomitolarsi- come la civiltà di VaUadolìd. fra le mura dell'Escuriale? Esiste, superfluo dirlo, e la incarnano i Combattenti. Concetto Pettinato

Luoghi citati: Ispagna, Spagna, Trento