La moglie di Verdi di Mario Bassi

La moglie di Verdi La moglie di Verdi Tutti d'accordo, che sia cosa delie più difficili comporre un Trovatore o un'Aida ; ma non meno difficile, forse, riuscire bene nell'essere la moglie di colui che compone il Trovatore, e l'Aida. La familiarità con un genio, per coloro cui è concessa quest'eccezionale fortuna, comporta sempre una responsabilità gravosa e delicata, esige Qualità non comuni, che nella loro essenza spirituale e uel grado d'elevazione s'adeguino in certo modo alla colossale personalità cui si rivolgono. E talvolta quella familiarità può incombere come un pe60, come una compressione insopportabile ; e talvolta si producono reazioni, si manifestano e s'urtano incomprensioni reciproche, s'irritano puntigli e insofferenze. E presto la familiarità, così ardua a mantenersi in queste condizioni, svanisce, o peggio, cede a irrimediabili freddezze, a ripicchi, rancori, odii. Gli esempi san tanti, per ciascun uomo di genio, che superfluo citarne. E tutto ciò si moltiplica, quanto maggiore, più stretto e più intimo, il legame ; e tocca alla delicatezza e alla complicazione estreme, quando si tratti addirittura del legame matrimoniale, di'un'unione d'amore, della familiarità più stretta e intima di tutte. Sapere essere, riuscire a essere buona moglie d'un genio, proporzionando le proprie virtù femminili e la propria intera funzione di moglie alla statura 'formidabile del gigante, essere la sua donna, amante sposa compagna, sua donna, significa elevare la propria femminilità alla maraviglia d'uri capolavoro, fare della propria vita un capolavoro, non di musica o di poesia o di figurazioni plastiche, ma un vivente capolavoro d'intellipenza di sentimento di gusto di passione di devozione, soprattutto di devozione; e beninteso, senz'abdicare per nulla alla propria individualità; che sarebbe finire invece, a una somma negativa, e rovinar tutto, rendendo tutto inconsistente e fatuo. A tale capolavoro quante donne sono assurte? Qui gli esempi scarseggiano. Ma l'esempio forse più memorando offre la moglie di Verdi, la Giuseppina Strepponi, la signora' Peppina, come la chiamavano gli amici: donna di più squisite doti, che seppe compiere questo miracolo: di accompagnarsi per cinquantanni a Verdi, mantenendone l'amore e confortandone l'esistenza, in una comunione costante e calda e piena; e morirgli tra le braccia, ultraottantenne( con la stessa tenerezza, con la stesso appassionato abbandono, e sentendo il gran cuore di lui battere per lei, amorevole e grato, fedele e vicino, come nell'ardente rivelativo abbraccio, mezzo secolo prima. Sarebbe, già un caso, questo, distinto e notevole tra' comuni mortali; diventa singolare e quasi portentoso se consideriamo il genio che fu Verdi. Ma appare poi semplice, logico, naturale, se ci addentriamo a studiare il carattere, il temperamento, la psicologia elettissima di entramb i coniugi, e la rispettiva posizione sentimentale e morale. In quest'esame s'è approfondite una scrittrice, Mercede Mundula, col suo libro intitolato appunto La moglie di Verdi - Giuseppina Strepponi (Milano, Fratelli Trevesed., collezione Monne delia Storia) ; e mostrando una serietà e acutezza d'indagine, un penetrante intùito, una coscienziosità e abilità ricostruttiva, che conferiscono alla sua pagina, limpida e aggraziata, la più franca efficacia persuasiva e una speciale attraenza . « ...Io nacqui nell'alma città di Lodi, che ha il miglior latte e il miglior formaggio del mondo... i E' la Strepponi stessa che scrive; e non ci vuol molto per sorprendere attraverso questa sola frase, che potrebbe parer delle più banali, qualcuno de' suocaratteristici atteggiamenti : la scherzosità che vela garbatamente il palpito sentimentale, l'arguzia, che avrà sempre moltafiarte nel suo stile. Nasceva.'otto settembre del 1815, di famiglia di musicisti. In casa suacome si disse per quella delle due Marchisio, a Torino, non si masticavano che biscrome. E il padre', Feliciano Strepponi, come lo zio Francesco, era musicista còlto e di fresca vena, che conobbe successi teatrali con opere sia giocose che drammatiche; tra cuYUllà di Bassora, composto ne1830, tenne per quindici sere icartellone della Scala. Disgraziatamente morì giovane, a soli trentacinque anni, a Trieste, e lasciando la moglie e quattro figlidei quali Clelia Maria Josephache scelse di chiamarsi modestamente Giuseppina, era la primogenita. Ella contava allora di- ciasetl'anni — padre e madre si eran sposati ragazzi ; — e da due anni alunna dell'imperiai regio Conservatorio di Milano. Fu ottenute per lei il posto gratuito, perchè continuasse gli studi. E altri due anni dopo, nel '34, conseguiva il diploma, con onore. Esordisce nella sua Lodi, in una sala d'accademia; poi canta applaudita al teatro di Adria ; e si afferma a Trieste, nel '35, al Teatro Grande, nella Matilde di Shabran, di Donizetti: « ...A soli tre anni di distanza, la stessa città che aveva visto morire il padre, accompagna col suo convinto applauso la ben degna figliuola... » Indi è l'ascesa^vittoriosa. I due maggiori impresari del tempo, i dominatori del teatro lirico, il Lanari e il Merelli se la contendono. E finalmente Bartolomeo Merelli, ispettore generale degli mperiali e regi teatri nel Lombardo-Veneto, se l'accaparra. Non l'artista soltanto. « ...Giuseppina c graziosissima, pur non essendo precisamente bella. Un po' piccola di statura, ma di armoniose proporzioni ; bocca ridente e occhi pensosi, volto espressivo e parola arguta, con n più un garbo, un'educazione tutt'altro che frequenti dietro le quinte. Femminile in ogni gesto e atteggiamento, è- un'attrice compita sulla scena e una donna deliziosa nella, vita... » Da quela relazione col Merelli, ch'era regolarmente sposato, nasce a Giuseppina un figlio. Della vita di questi, nato tra un applauso e un singhiozzo, e per cui indagava Alessandro Luzio, in un articolo sulla Nuova Antologia, ricavando pochi e velati cenni in alcune lettere, di lui non sappiamo pressoché nulla: nemmeno, con precisione, l'anno della nascita, che oscilla fra il '36 e il 37, nè quello della morte, o '53 o '54. Ma quel che sappiamo, o percepiamo senza possibilità di dubbio, è l'angoscia la vergogna a desolazione della madre. Ànima nobilissima, senz'alcun dubbio, Giuseppina Strepponi; e si trovò a esser caduta come una qualunque sciocca fanciulla, volgarmente, a esser passata di là dove passa qualunque canterina da strapazzo. Ella sentì dilaniali te nell'interiore questa sua tra gedia, atrocemente. La sfiorò l'idea del suicidio ? Certo allora pensò,sovente alla morte come a una liberazione e un riposo. Ancóra più tardi, nel- '41, scriverà all'impresario Lanari: « ...Un anno, a questi tempi, sarò forse nel numero dei più ; e ogni pretesa, ogni contrasto finisce al di à del sepolcro... i Ma intanto, nella sua carriera teatrale, ella era ascesa di successo in successo; e Donizetti e Bellini e Rossini trovano in lei un'interprete eccellente, per il bel canto e la finezza espressiva e la maestrìa della scena, dalla Lucia all'Elisir d'amore e alla Lucrezia Borgia, e la Norma, e il Mose, per citare le sue opere preferite ; e da Trieste a Vienna, da Venezia a Firenze, da Roma a Palermo, da Napoli a Bologna, da Torino a Milano. Precisamente a Milano, nel '39, ch'ella stava finendo la stagione alla Scala, e avendo suscitato più clamoro^ si entusiasmi, si presenta a lei un giovane musicista, senza diploma, anzi già respinto dai professori dello stesso Conservatorio di Milano, un ventiscienne ignoto, che veniva da Busseto, in quel di Parma, tale Verdi Giuseppe; e le porgeva il manoscritto di un'opera intitolata Oberio conte di San Bonifacio. A questo punto, comecché i fatti si ricolleghino direttamente alla biografia del Grande, son abbastanza noti a tutti, nella linea sommaria, perchè occorra qui ripeterli ; o converrebbe, a più certa intelligenza e con miglior interesse, rievocarli nei minuti partieejari, discernerli e lumeggiarli coordinatamente nella varia portata e significazione : del che la Mundula ha appunto nutrito il suo volume, così ben informato e succoso. E prima di tutto ha portato nell'opera sua quell'elemento essenziale di comprensione del soggetto, ch'ò iti segreto per intenderlo appieno e veridicamente,, e vivificarlo suggestivamente nella esposizione : cioè l'amore per lo stesso soggetto. Così seguiamo la Strepponi nel suo divinare il genio verdiano, nel farsi auspice e madrina del suo debutto ; poi, dopo le tristi vicende e il duro insuccesso dell' Un giorno di regno, accompagnare il trionfo strepitoso del Nabucco: « ... fin dal primo momento in cui apparve nella vita del maestro ella assunse inconsciamente la parte della saggia consigliera, del genio benefico, della buona fata. Una fata che compiva i prodigi nell'ombra, come tutte le fate che si rispettano... » Ma avendo interpretato le ope: re di Verdi, in quel periodo di forsennata attività per lui, anni di galera, com'egli poi li definirebbe, in cui nacquero 1 Lombardi, l'Emani, t due Foscari, la Giovanna d'Arco, VAlzira, 'Attila; nel '46, circa a quei giorni che alla Fenice più scrosciavano gli applausi e si levavano acclamazioni per l'Attila, la Strepponi, a Modena, dà l'addio alle scene, definitivamente, cantando per l'ultima volta la parte d'Abigaille, nel Nabucco. Da tempo aveva troncato ogni rapporto col Merelli. Ha trentun anno; e si ritira a Parigi, con un discreto peculio, che le assicura la vita decorosamente. A Parigi la ritrova Verdi, l'anno successivo; quand'egli è reduce dal grandioso successo dei Masnadieri, a Londra. «... Lontani dal'adorata Italia, fuori dell'aborrito mondo teaì;rale( giovani ma non più giovanissimi, in. uno stato d animo fondamentalmente uguale — dove all'amaro dell'aloro si fonde un profumo di rose non ancóra còlte, — con un insieme comune di ricordi e di emozioni d'arte, e già legati da un sentimento segreto, Verdi e la Strepponi sentono il bisogno di P unire le loro esistenze. Il destino aveva già intrecciato le due vie... Per Giuseppina l'amore di Verdi è non solo l'aspirazione più appassionata del cuore, ma l'impulso potente per la conquista di se stessa ; accanto alla forza morale di Verdi ella respirerà finalmente nel clima che è suo... » E Verdi avrà incontrato l'umana compagna dell'alta sua soliudine inaccessa, la consolatrice del suo diuturno travaglio di creatore ; e come un correttivo oave della sua natura sdegnosa e selvaggia, il sorriso sereno e garrulo di lei, a letificargli la laboriosa giornata terrena. Assennato e interessante il raffronto he la Mundula accenna con l'alro titano, per questo riguardo, 'altro contemporaneo genio muicale : la disparità ch'ella riconosce e rileva, d'indole di atteggiamenti di funzione, tra la Strepponi e Cosima Wagner. Da Parigi dunque, nel '47, comincia il legame d'amore che unirà il genio Verdi e la donna Giuseppina. Oltre a tutto, e ne godevano con un di quei vezzi ngenui cari agl'innamorati, avevano anche in comune il santo patrono, San Giuseppe; e lo celebreranno ogni anno con più ' raccolta.e compiaciuta festa. Il matrimonio, che fu yerdi a volere, la benedizione di quel legame non avverrà che dodici anni dopo, il 29 aprile del '59, quasi in segreto, nel paesetto di Cbulauges-sous-Salère, nella Savoia ancóra t'aceute parte del Regno Sardo, impartita nella chiesa di Nostra Signora di Ginevra da un amico, il rettóre abate Morni illod. Ma fino dal primo momento in cui Verdi e la Strepponi avevano spontaneamente e liberanieikte congiunto le proprie esistenze, ella mirò solo a questo: « ... intuire, interpretare, at tuare ogni desiderio di lui. Contempia il suo Verdi come fa la Maria del Vangelo sedens secus pcd.es Domini; ma sa essere auche l'attiva Marta, che per lui s'affanna di molte cose: in questa fusione dell'ammirare e dell'operare è la perfetta sapienza del suo amore... » E creò di sè il miracolo, quel suo proprio geniale e operante miracolo: per citare Shakespeare, così ammirato da Verdi, seppe al contempo essere colei che Otello chiama la sua bella guerriera e Coriqlano invoca il suo grazioso silenzio. Mario Bassi ! I(jItiji jj I ; Ì•i