Rocce e storie di Helgoland

Rocce e storie di Helgoland Rocce e storie di Helgoland (DAL NOSTRO INVIATO) HELGOLAND, giugno. « Sono contento », disse il mio compagno, un ragazzo biondo come il grano, un ragazzo che si chiama Paul Ringel e che studia il modo di fare magnifiche stoffe colorate, « bene, abbiamo visitato Helgoland senza spedire una cartolina, senza fare una fotografìa, e questo è davvero una bella cosa ». Cosi constatò il mio compagno, mentre con l'ascensore dalla città alta scendevamo a quella bassa, posata sulla riva del mare, come in una casa si va da un pianerottolo all'altro. Ed era proprio così, eravamo sul punto di lasciare Helgoland, « das romantische Felseneiland » e non avevamo nemmeno spedito una cartolina e nemmeno fatto una fotografìa. (Sebbene ad ogni passo ci sia un cartello che avverte, secco secco, « fotoverboten », luoghi da fotografare nell'isola se ne trovano, adatti per il bel quadretto-ricordo, con un po' di roccia e di mare). Dunque, per gli altri quella era stata una domenica laboriosissima, tra lo scrivere ed il fotografare. Il « Konigen Luise », che da Amburgo doveva portare quei duemila gitanti ad Helgoland, non s'era ancor mosso, che già gli obiettivi scattavano, le penne e le matite andavano veloci a scrivere saluti, ricordi, indirizzi. Adesso quei duemila gitanti tornavano con noi, i rotoli delle pellicole finiti, le stilografiche vuote d'inchiostro, le matite spuntate; ed avevano tutti l'aria un po' spavalda, felice, occhi pieni di gioia e voci eccitate, perchè questa soddisfazione d'arrivare- in un'isola, una vera isola in mezzo al mare, e poterla visitare tutta dalla punta nord alla punta sud, dall'est all'ovest, con una breve passeggiata, dava loro l'impressione d'essere esploratori che avessero girato un intero continente. AI tempo dei pirati... Non credo che sia questo capriccio della natura, un capriccio che le ha fatto mettere a cinquanta chilometri dalla riva tedesca una isola rocciosa, un vero cocuzzolo di montagna sporgente dall'acqua, con quell'appendice distaccata della duna di sabbia bianca; non credo dunque che sia questo a far felici i visitatori di una domenica, bensì quell'idea infantile d'aver girato visto conosciuto, con poche camminate, un intero paese, con le sue case le sue strade i suoi campi, ed anche con quel tanto di soldati caserme cannoni, quel tanto che proprio non guasta. A scrivere una pagina su Helgoland ci sono sùbito due pericoli da superare: quella delle divagazioni romantiche e, vedrete dopo il perchè, quello delle considerazioni guerresche (senza contare che l'isola ha le sue leggende, la più bella raccontata da Adamo da Brema, annotatore dell'undecima secolo. Un chierico trovò l'isola, vi costruì un monastero quando erano tempi di piraterie. Ma nessun pirata clic predava qualcosa dall'isola riusciva poi a tornar sano e salvo dal viaggio; per cui, vuole la leggenda, i pirati non soltanto la lasciavano in pace, anzi portavano agli eremiti una parte del bottino fatto in altre scorrerie). Intanto ci vuole un po' di pazienza per arrivare ad Helgoland: ci vogliono cinque ore di navigazione se la fortuna vi fa capitare su un piroscafo che fila diritto, e non si ferma a tutte le stazioni dell'Elba, come un bonario tranvai a tutte le fermate facoltative: tre ore, dunque, su un'acqua di fiume, calma e quieta, acqua di fiume trattenuta da sponde piane e piatte, ora verdi per ciuffi d'alberi, ora bianche per sabbia e terra grama; quindi due ore di mare, quel mare del Nord grigio, con im¬ provvise vene d'azzurro. Alla finevi calate in una barchetta e vi lasciate guidare al pontile di legno. E' il momento della guida, cavata di tasca con gesto impacciato, per leggervi quelle avare notizie, messe in fondo ad una pagina (già, Helgoland non è Berlino), irte di abbreviature: «-Is. rocciosa di e. mezzo chilometro quadrato, forma di cono, situata a 50 km. dalla t. ferma. Dal mare verde azz. e dalla spiaggia dì sabbia della parte bassa, s'elevano muragìioni, da 30 a 60 m. d'altezza, su cui è il pianoro verde della p. alta. Nel 1807 gli inglesi occuparono ria.; nel 1880 fu ceduta ai tedeschi; dopo la guerra mondiale tutte le installazioni militari sono state soppresse. Ab. c. 2800 ». Ora, non c'è che da camminare. Vetrine e strade Su una pedana bassa, una lingua di terra toccata dal mare, sono le prime case o, per meglio dire, i primi negozi. L'isola romantica vi viene incontro cosi, con vetrine zeppe di fantocci, marinai e donne in costume del paese ridotti a bambole; piene di scialli, persino di giapponeserie, di cioccolato e dì sigarette; incontrate le insegne premurose delle solite pensioni : Villa Irene, Victoria Hotel. Qui giù, insomma, trovate sùbito il segno di quell'arte dell'ospitalità linda e pulita con la improvvisa ostentazione di molta merce che non ha il gravame di nessuna dogana o gabella (e questo eccita sempre ad acquisti inutili); e poi negozi di roba fotografica, negozi che potrebbero servire per una città di cinquantamila abitanti e non per questo paesino di mare. Ma alzate gli occhi a vedere quel muragliene dolomitico, pensate ad una ascensione di sesto grado, o al limite delle possibilità umane, come in gergo dicono gli alpinisti: in basso, dove l'acqua e l'onda rodono giorno e notte, hanno fatto sbarramenti con ferro e cemento per evitare che un brutto giorno tutto rovini, come un dolce mal cotto che non sta in piedi; ed in alto (sì vedrà dopo) troverete che per difendere dalla pioggia gli orli e le sbavature dell'isola, hanno fatto una vaga pavimentazione impermeabile di mattonelle rosse, che pare sempre d'essere sui viali d'un giardino borghese. Allora, con nell'orecchio l'imbonimento « das romantische Felseneiland im deutschen Meer », affrettate il passo, per la scalata. Anche la parte alta dell'isola si mostra con un gruppetto di case, son piccole e chiare, ad un solo piano come per un villaggio da fiera, e siccome Helgoland non conosce la necessità di nessun mezzo di trasporto, le strade sono nate strette strette, vicoli e vlcoletti, quel tanto che basta per lasciar il passo a due persone; e prendete per quella che è la strada principale, la Falm, basteranno cinque minuti per percorrerla tutta. A metà incontrate la chiesa, bassa e tarchiata, di vivo rosso mattone, una architettura nordica interpretata verso il 1885 da qualche ingleoe che con il gotico non ce la faceva, ed il campanile allunga la sua ombra sul camposanto, deli mitato da un muretto nano, per cui tutti,'passando, possono curio sare dentro; e attorno al cimitero sono le case, con i davanzali infio rati, le finestrelle bianche s'apro no su questa veduta, e qui proprio non devono credere nemmeno bambini cattivi alle notturne f iam melle ed agli spiriti ritornanti. La Falm, dunque, bastano cinque minuti per vederla tutta e ritrovarvi così nei campi. Ma i primi campi sono circondati da caserme, i marinai con la giacchetta bianca, : due nastri azzurri penduti dietro la nuca, godono il riposo festivo e guardano i visitatori domenicali come fosse uno spettacolo che, per fortuna, viene in buon punto a far meno monotono il pomeriggio. Più in là, però, scorgete anche dei contadini che zappano, rivoltano la terra al sole, ritrovando ancora qualche secca patata; ed ognuno ha il suo pezzo di terra, un quadratino di cinque metri per cinque, e mentre zappano intrecciano chi sa quali discorsi, perchè questi son uomini che soltanto di domenica possono dedicarsi al lavoro dell'orto ed alla chiacchiera, vivendo sul mare gli altri sei giorni della settimana. Ma andate più avanti, dove vedete che anche il color scuro della terra rimossa finisce, e comincia il verde tenero d'una bella erbetta, un'erbetta da giocarci sopra il tennis od il golf, un'erbetta che vi fa pensare « là mi metto a sedere e guardo il mare ». Andate avanti, è quistione di pochi passi e allora vedrete il prl mo cartello del « verboten », perchè qui tutto è proibito: sostare, fotografare, disegnare, fumare. Ma andate ancora avanti, mezzo minuto di strada, ed ecco il primo cannone, anche lui verde come quella erbetta deliziosa e tenera alla vista, spuntar fuori dalla terra con la sua canna lucida e nuo va, bene incapucciata. (Qui ridate un'occhiata alla guida traditrice, sulla quale avete letto delle installazioni guerresche scomparse, e vedete che è vecchia di due anni, è proprio del 1936). Addio, erbetta verde Addio romanticherie, tennis e golf, desiderio di metterti sull'erbetta a guardare; questa è roccaforte, è nido di artiglierie celate, ed i pensieri prendono un'altra piega. Una prima stradina, con un dolce pendio, di ben levigato ce mento, con un binario nel mezzo, conduce ad una sotterranea piazzola, s'incassa tra due alti parapetti, va a finire davanti ad una porta di ferro, chiusa ed inchiavardata, ma l'amore della precisione ha fatto mettere un cartello che avvisa essere quella porta inapribile. E poi se ne vedono altre di queste strade incassate, una è lunga, va giù adagio, con due o tre dolci curve e poi, di qua e di là, la terra si alza come per aprire un occhio anche lei e vedere il mare, un occhio capriccioso che ha la palpebra di ferro, verde come l'erbetta; e qua spunta un'antenna radio, e più giù un goniometro che pare un mappamondo in testa ad un invisibile Atlante; e poi senti che il passo, in certi momenti, dà un suono diverso, e allora indovini che sei su una galleria, una trincea nascosta, un camminamento celato. Oh Helgoland, che isolotto romantico, da farci la gita con la morosa, i piccoli campi per le patate ed i prati con l'erbetta verde e tenera, e declamare i versi che un poeta ti ha dedicati, cominciano « Griin Ist das Land », proprio per dire che verde era la tua terra, e poi rosse le tue roccle, e bianche le tue sabbie; e può anche darsi che, dal mare, tu cosi appari. Ma qui, sotto il verde, i cannoni stanno rintanati come talpe. Paul Ringel, l'amico biondo come il grano e che studia il modo di fare magnifiche stoffe stampate, osservava pateticamente il colore del mare accanto a quel rosso delle roccie, un rosso sanguigno, ora biancastro ora più cupo, e chi sa quali piastricciamenti con le sue aniline andava fantasticando. Però, appena fummo seduti ad un tavolino, davanti ad un acquoso caffè nordico, acqua nera altrimenti chiamata caffè, fece l'elogio di quei cannoni; e siccome vorrebbe far l'artigliere quando l'anno venturo andrà al servizio militare, in batteria gli piacerebbe averli così. Anche con l'imboni| mento romantico, le cose che ad Helgoland gli erano piaciute davvero, erano quelle. Enrico Emanuel li L' estremità settentrionale della costa df Helgoland.

Persone citate: Brema, Enrico Emanuel, Land, Meer, Paul Ringel, Victoria Hotel, Villa Irene

Luoghi citati: Amburgo, Berlino, Helgoland