IL SOVRANO NELLA TERRA DEL DUCE di Marziano Bernardi

IL SOVRANO NELLA TERRA DEL DUCE IL SOVRANO NELLA TERRA DEL DUCE L'incontro con Mussolini alla Rocca delle Caminate Le entusiastiche accoglienze di Forlì - L'inaugurazione della Mostra di Melozzo La visita del Re a Predappio e l'omaggio alla tomba dei Genitori del Capo del Governo Bellissimo, di una bellezza aspra e agreste, forte e generosa come questo sole pieno e gagliardo che oggi ha fatto divampare di una giornata di matura estate il biondo e smeraldino Forlivese, il saluto della gente di Romagna al Re Imperatore. Egli giungeva da lungi dopo la breve sosta nell'Urbe: dalla sponda libica, dalla terra arsa della Cirenaica che il lavoro italiano ha bonificato, irrigato, fatto fertile come ai tempi del primo impero di Augusto. E ritornava qui, dopo tanti anni, in quest'altra terra italiana che quasi per antica fedeltà di spiriti, per incrollabile tenacia di azioni, raccoglie nel suo animo il nome di Roma. Nei suoi occhi era ancora la visione delle lunghe distese sabbiose, delle cavalvate esotiche, delle offerte pittoresche. Qui, una feracità incomparabile di coltivi, una fierezza magnifica di popolo, un rapido succedersi di atti e di riti il cui significato era a tutti palese. Il Re d'Italia, Imperatore d'Etiopia, veniva infatti nella tetra del Duce. Questo popolo, che si preparava ad acclamarlo, era il popolo di cui Mussolini è figlio. Questi orizzonti larghi e sereni in cui i monti già partecipano delle cime classiche di quelli toscani e sui quali il Suo sguardo penetrante si sarebbe posato, erano gli orizzonti che più sono cari al Fondatore dell'Impero, perchè fanciullo Gli si impressero nel cuore, perchè adolescente li contemplò, maturando nell'animo il Suo grande destino. 1cnFdCRr (dal nostro inviato) Forlì, 8 giugno. La smagliante parata Tutta Italia — e non solo l'Italia — comprendeva che questo ritorno del Sovrano in una delle nostre regioni più nobili, assumeva un valore simbolico, profondo ed intenso. Il rappresentante della più illustre dinastia d'Europa, della dinastia che aveva reso possibile l'unità nazionale, idealmente, nel nome di un artista sommo ancora una volta recava l'espressione del Suo affetto augusto all'Uomo uscito dal popolo e che con le virtù — centuplicate dalla Sua indomata energia — del nostro popolo ha creato questa realtà mirabile che è oggi l'Italia mussoliniana. Certo, per questo, Forlì si era fatta così bella e festosa. Per questo, dalla stazione alla piazza Aurelio Saffi si era parata tutta di azzurro e sui grandi gonfaloni blu Savoia, che si alternavano ai tricolori e ài fasci littori, aveva fatto splendere tanti nodi sabaudi. Una decorazione sobria e suggestiva, di una eleganza, di una giustezza di colori che rivelavano il gusto dell'architetto che vi aveva presieduto, Melchiorre Bega. Un grande arco trionfale, candido, stilizzato, segnava la metà del percorso che il Sovrano avrebbe compiuto per recarsi alla sede del Afunicipio. Sull'altissimo campanile lombardo — cui nel 1180, accanto alla basilica di San Mercuriale, Francesco Dalti, architetto forlivese, dava lo scatto possente di quella di Pomposa — sventolava un immenso tricolore che a bande, giù, scendeva quasi fino a terra. Candido, il monumento ad Aurelio Saffi nella piazza vasta spiccava tra la selva delle bandiere, tra i gagliardetti e i labari di tutte le associazioni della provincia. In faccia al palazzo del Comune, dove già abitavano gli Ordelaffi, era una gradinata accogliente balilla e piccole italiane: bianco su nero e nero su bianco, di un effetto bellissimo, nel vivo sole mattutino. E, più alto ancora della gradinata, quasi occupante tutto il tetto di una casa, una gigantesca scritta: « Viva il Re Imperatore », il grido, lì immobile, che da Forlì a Predappio e su quasi fino alla Rocca delle Caminate, per l'intera giornata avrebbe echeggiato lungo tutta la valle del Rabbi. Sul palazzo delle poste, opera recente dell'architetto Bazzanì, quindici vessilli azzurri si gonfiavano adagio nella scarsa brezza. Questa la parata ufficiale. Da ogni casa patrizia drappi anti chi, velluti, damaschi conservati per secoli da generazione a generazione, adornavano finestre e poggioli; le case meno ricche, pur qualche stoffa di colore vivo avevano saputo trovare. Festa per il Re, gioia per il Re. Questo Forlì voleva largamente offrire, in una atmosfera di devoto affetto. E fieramente risplendeva il suo stemma, ripetuto da gonfalone a gonfalone, lo stemma dove è impressa la sigla quasi romana. L'arrivo a Forlì Parimenti festoso l'arrivo, alle 10 precise del mattino. Sulla banchina, in attesa del Sovrano, i Ministri Bottai e Starace, le LL. EE. Federzoni, presidente del Senato e dell'Accademia d'Italia, Costanzo Ciano, presidente della Camera, Russo, capo di S. M. della Milizia, 11 Prefetto gr. uff. Uccelli, il Federale conte Teodorani, il Podestà Sovrano al mom avi). Pianciatichi, il generale Monti, comandante il Corpo d'Armata di Bologna, il generale Pricolo, comandante la zona aerea territoriale, il generale Ronza, comandante la divisione aerea .« Centauro» di Bologna, il preside della Provincia Mazzoni, i generali De Leonardis e Zani, alti ufficiali, gerarchi, autorità. A rendere gli onori militari era schierata con musica e bandiera una compagnia dell'll° Reggimento di Fanteria, brigata « Casale », medaglia d'oro. Fiori e drappi tricolori, alternati con gagliardetti dal Littorio, addobbavano tutto quanto l'interno della stazione. Uno scatto sull' attenti, un echeggiar sonoro sotto la pensilina della Marcia Reale. Silenziosamente il treno si è arrestato. Accompagnato dal generale Asinari di Berjiezzo, primo aiutante di campo generale, dal conte Mattioli Pasqualini, ministro di Casa Reale, dal generale Marinetti, aiutante di campo generale, il Sovrano discende dalla sua vettura-salone, vestito della divisa di Primo Maresciallo dell'Impero. I fucili scattano nel presenta t'arm, le braccia si levano nel saluto romano. Vittorio Emanuele III è sorridente, lieto in volto. Nessuna fatica del recente viaggio in Libia sui suoi lineamenti. Cordialmente stringe la mano ai ministri e generali, si intrattiene affabilmente un istante con ì gerarchi forlivesi, passa in rivista la compagnia d'onore. L'omaggio ai Caduti E tosto, all'uscita dalla stazione, mentre un grande evviva scoppia sulla piazza,si forma il corteo delle macchine: prima una vettura di servizio col generale Marinet¬ I Sovrano risponde mento della partenza per la Rocca dti, il ^marchese Lanza di Ayeta\ mastro di corte, il tenente colon-j nello Latini aiutante di campo di\ S. M.; poi l'auto reale, quelle dei ministri, generali, gerarchi di Forlì. Accanto al Re siede S. E. Bottai e con lui sono il generale Asinari di Bernezzo e il podestà avvocato Pianciatichi. Dietr6 il cordone dei fanti e delle Camicie Nere, il popolo si assiepa plaudente, lanciando evviva, inneggiando al Re Imperatore. Sosta di un istante in piazza della Vittoria. Qui sono adunate le rappresentanze dei feriti e mutilati di guerra, della Rivoluzione e dell'Impero. Qui svetta, altissimo, il monumento ai Caduti forlivesi. Il Re discende dalla macchina. Una gran corona d'alloro con nastro di Savoia e la sigla reale è deposta sulla gradinata. Continua il percorso, sempre fra un tumulto di ovazioni che raggiungono il culmine quando il corteo sbocca in piazza Aurelio Saffi gremita, si può dire, di tutto il popolo forlivese. «Savoia! Savoia!» voci argentine squillano da un lato della piazza: sono le piccole italiane, ciascuna delle quali agita una bandierina azzurra. « Savoia! Savoia! » risponde un altro coro di voci un poco più maschie: e sono i balilla stipati là, sulla gradinata. Le grida tonanti della folla si alternano al doppio richiamo. Allora il Re, che frattanto è stato ricevuto alla podesteria, nella bella sala decorata dal Bibbiena, ha ascoltato il vibrante saluto lettogli dal podestà ed ha accolto l'omaggio dì S. E. Giuseppe Rolla Vescovo di Forlì, si affaccia alle 10,20 una prima volta al balcone. La sua figura spicca sul grande drappo cremisi che ricopre tutta la ringhiera. Con voce potente, il federale Teodorani ordina il saluto al Re Imperatore e un'acclama¬ zDdpagGpgdnplmrtamttdlcRscDnncdlmtosqtrtqapimvg al saluto della folla (Telefoto). elle Caminate zione immensa sale dulia piazza. Due, tre, quattro volte il Sovrano deve riaffacciarsi, né mai il popolo si stanca di ripetergli il suo affetto, di gridargli la gioia che gli dà la Sua presenza augusta. Giunge l'eco delle ovazioni fino al palazzo dei Musei, dove sull' ingresso attendono gli accademici d'Italiar Carena, Brasini, Giovaiv* noni e gli ordinatori di quella stupenda mostra celebrativa di Melozzo da Forlì, di cui ieri abbiamo delineato l'ordinamento e chiarita l'eccezionale importanza culturale. Alla Mostra di Melozzo Qui, altra atmosfera: di eguale attesa, ma di più intimo raccoglimento. Nella gran sala dei primitivi riminesi, forlivesi, imolesi, da tempo ha preso posto il pubblico degli invitati. Sono nelle prime file gli accademici d'Italia Canonica, Bnzzani, Riccobono, Mascagni, Romanelli; e con loro è anche — significativa presenza — l'insigne critico e scrittore d'arte Eugenio De' Ors, l'ordinatore del padiglione spagnuolg alla Biennale di Venezia in rappresentanza dell'Accademia spagnola di S. Ferdinando. Sul podio presidenziale, sotto la grande « Crocifissione » del Paimezzano che ai lati ha due pitture di Giovanni Santi, stanno gli organizzatori della bellissima mostra che, esaltando Melozzo nel quinto centenario della sua nascita, costituisce la più compiuta rassegna della pittura del Quattrocento _ romagnolo. L'attesa è quieta, silenziosa. Siamo in un ambiente d'arte e di studio, alla presenza di capolavori tra i più insigni nell'arte italiana. Pochi minuti, del resto, ed ecco il Sovrano con il corteo dei Ministri, gerarchi, generali. Un grande applauso più alto e vibrante si ripete quando S. E. Mascagni,- come il più ontano degli accademici, presenta il saluto al Re Imperatore e chiede a Lui licenza di dare la parola a S. E. Carena, che deve pronunciare il discorso ufficiale di apertura della Mostra. Ampio e persuasivo discorso, tutto sintesi, di uno schietto calore di poesia, orazione di un pittore che tanto nobilmente opera nell'attuale clima dell'arte italiana e In Il Sovrano s che parlando di un antico maestro parla non da erudito, nun da critico, ma intelligentemente, da pittore. E con la parola vibrata di Carena, l'arte di Melozzo prende un risalto nuovo, la potenza espressiva del quattrocentista trova una eco sincera nell'animo sensibile del nostro moderno. L'attenzione è vivissima. / minuti passano veloci. Un t'ivo applauso, cui partecipano tutti i ministri, corona la chiusa commossa del discorso di Felice Carena. Quindi si inizia la visita alla Mostra che Sua Maestà compie minutamente, guidato da pittura a pittura dalia dottoressa Luisa Beccherucci, una delle ordinatrici dell'Esposizione, e dagli altri membri del Comitato. Il giro di sala in sala si protrarrà fino all'ora del ritorno alla podesteria, dove il Sovrano parteciperà alla colazione d'onore e sosterà fino al momento di salire a Predappio. Visione agreste «Romagna solatia, dolce paese». Mai cosi vera e chiara ci 'apparve la definizione. Era, da Forlì a Predappio, una festa di verde e d'azzurro. Una giornata limpida, un sole terso che fiammeggiava come di piena estate. E lungo tutta la strada il popolo della valle del Rabbi. Magnifico popolo, e nel suo aspetto più tipico, più ruralmente possente e gagliardo. Avevano, questi lavoratori rudi della terra, questi contadini dei quali il Duce tanto si compiace di essere compaesano, recato sui margini della strada i loro arnesi, le armi della loro opera feconda. La folla ammassata in piazza Au sulla porta della casa natale di Mu| Torreggiavano i gran carri ro] magnoli, i dipinti plaustri della I tradizione agricola. Bovi stupen\di, bianchi, dalle grandi corna tuonate come quelli di Maremma, ! stavano immobili, imaginì plasti\óhe monumentali. Sposata agli olmi la vite, da podere a podere, si intrecciavano ghirlande che si sarebbero dette nuziali, tanta promessa era nei loro pampini sontuosi. Verdi, con larghe zolle gialle là dove l'argilla affiom dal ca»i-j po, tutt'intorno i pacati orizzonti. E i costumi delle gaie romagnole, le vesti di questa gente cordiale che ha pronto il sorriso e viva la parola, gettavano sui prati note, squillanti che avrebbero fatto impazzir di gioia un pittore sensibile alla commozione coloristica. E da casa a casa, da borgo a borgo, grandi e piccole bandiere; e su tutta la strada, un tappeto di petali gialli e rossi, quasi i colori di Roma. E ogni albero era adorno di drappelle, e ogni cespuglio ne era come fiorito. Così il Re giunse a Predappio, tra grida di giubilo. Passavano sotto i suoi occhi visioni di salute e di onestà. Passavano le opere che questo popolo non si stanca di creare; presso San Martino in Strada il costruendo villaggio operaio Alessandro Mussolini, e da San Lorenzo a Fiumana e a Tri velia le case dei Fasci, i nuovi municipi, le linde abitazioni risanate dal Regime. Predappio in festa Doppia festa per questo popolo industre: il Capo là, alle Caminate, nella dimora dei suoi rari riposi; e H Re che — ora tutti lo sa¬ relio Saffi acclama il Re Imperatore | corona di fiori è deposta. E' l'o| maggio del Re Imperatore alla [memoria di coloro che diedero vita, che educarono al lavoro, all'onestà, all'azione il Suo grande Ministro, il Fondatore del nuovo Impero di Roma. Il momento è di una commozione intensa. Il Sovrano contempla a lungo l'imagine sacra, sosta vari minuti nel luogo di pietà. Poi si accosta al registro, posto li a sinistra su un leggio, e traccia la Sua firma che occupa tutto un foglio. Il rito è compiuto. Non un susurro ha turbato la solennità del gesto luminoso. Ora Vittorio Emanuele discende per il vialetto del cimitero, si reca alla chiesa della parrocchia, nel tempio di San Cassiano, in Pennino, dove lo ossequia il vescovo di Bertinoro mons. Gardini, dalla cui diocesi la parrocchia dipende. Dall'alto, ma pur prossima, pare vigilare l'alta torre delle Caminate. ssolini pevano — dopo l'omaggio alle tombe di Alessandro Mussolini e di Rosa Mattoni, dopo la visita alla casa natale del Duce, sarebbe salito alla Rocca,, per quell'incontro che resterà imperituro fra le memorie della gente di Romagna. Altre volte avevamo visto Predappio; forse mai la vedemmo così gaia per la duplice presenza. Di dove erano usciti tutti questi bimbi t Da quali affreschi di Piero della Francesca erano scesi questi stupendi esemplari umani, uomini e donne, giovani e ragazze !" « Evviva, evviva ». Non si contano più le acclamazioni quando il Sovrano compare tra le case di Predappio, quando sale a quello che era una volta palazzo Varano e ora è la sede del Municipio. La poderosa Casa del Fascio, opera architettonica di grande rilievo, degna di fornire esempi a Case Littorie di più popolosi centri, è, con le sue bandiere, coi suoi vessilli, coi suoi gonfaloni, la sintesi di queste accoglienze davvero degne della visita augusta. Pochi attimi di sosta nella podesteria, dove il Podestà legge il suo caldo saluto al Sovrano. Ma il popolo acclama, vuol vedere il Re, e il Re si affaccia una, due, tre, non sappiamo quante volte, per rispondere col Suo saluto all'applauso festoso. E tosto il corteo delle macchine procede verso il Cimitero. Il Re vi penetra, seguito dai soli ministri e dai gerarchi di Forlì e Predappio. La tomba della famiglia Mussolini è aperta. Sotto la bella « Pietà » dello scultore Gemignano, un'immensa, stupenda **» -"iriaBarL... Nella casa del Duce Ora è il momento di un'altra cerimonia, di un altro atto significativo del Sovrano. La rustica casa, quella casa che ormai è mèta di pellegrinaggio, o materiale o ideale, di ogni italiano, è lassù sul piccolo poggio, intatta come ai tempi di Benito fanciullo. Le quattro stanzette, l'officina dell'artigiano a pianterreno, sono come un intangibile museo. Ma accosto, anzi nello stesso fabbricato, la vita ferve, nascono bimbi, uomini lavorano, donne sfaccendano, e una vecchia è lì in cima alla scala coi nipotini attorno: la famiglia dei Costa. Oggi il laboratorio del falegname tace, ma dagli arnesi, ancora sul banco, si capisce che l'opera prosegue ogni giorno, con tranquillo ritmo. Così ha voluto il Duce, perchè nulla, delle sue origini artigiane fosse mutato nelle significative apparenze. E' qui che il Re sale. Tanto angusta è la scaletta che appena In possono seguire il ministro Bottai, il conte Teodorani, il podestà di Predappio, Il volto del Sovrano s'illumina di una luce di vaga commozione. Egli prima ha visitato l'officina del babbo dì Mussolini, al pianterreno; ora si aggira per quelle quattro stanzette, chiede e riceve schiarimenti. Qui, nella privia, a destra del corridoietto, nacque Benito Mussolini; qui, fanciullo, Egli dormiva con Arnaldo. Quanto destino in quelle ore lontano; quale formidabile ascesa, nella storia d'Italia, nella storia del mondo, da questo piazzaletto dove i ragazzi giocavano, e sul quale, senza pompa, con semplicità, pendono ora tre piccole bandiere. La famiglia Costa sulla soglia di casa guarda Vittorio Emanuele, i bimbi alzano a Lui le loro manine. « Questa, Sire, sembrano mormorare, è la Romagna; questa, Sire, è la più vera Italia su cui splende la Tua corona».. Ci dice qui presso, una vecchietta: Quando, tanti anni fa, il Re passò per questi luoghi, durante le manovre militari, la Sua j«acchina sostò prima di Predappio. Egli mi fece cenno e chiese: Qital'è la strada per la Rocca delle Caminate? » Allora la Rocca era un rudere; incerta ne era la strada ». Alla Rocca - Oca la macchina reale, senza seguito, inizia l'ascesa. Non v'è che il Re Imperatore, col suo aiutante di campo. E l'automobile sale sopra il colle. E di piazza in piazza, di casa in casa, vola la notizia: il Re va alla Caminate; l'Imperatore si reca a far visita al Duce. Così culmina questa giornata mirabile, in cui l'intera Romagna ha chiuso due nomi nel cerchio di un sentimento possente: Vittorio Emanuele III, Benito Mussolini. Il Duce è ad attendere il Sovrano. Il Re Imperatore offre a Donna Rachele Mussolini un mazzo di rose. Quindi, accompagnato dal Duce e da Donna Rachele, l'augusto Ospite compie il giro della ronda, da cui si domina la vista panoramica della terra di Romagna, dal crinale degli Appennini al mare; poi il Re Imperatore, che ha gradito un rinfresco, alle 16,S0 prende congedo per far ritorno a Forlì. Quivi il corteo reale delle automobili si dirige alla stazione ferroviaria, percorrendo il viale Roma, il piazzale della Vittoria e il viale 28 Ottobre. La numerosa folla, ansiosa di rinnovare al Re Imperatore i sensi dì gratitudine, di gioia e di orgoglio per la Sua visita augusta, fa ala durante tutto il percorso, salutando romanamente ed acclamando. Alla stazione, il Re Imperatore si accomiata dalle alte gerarchie del Governo e del Partito e dalle autorità forlivesi, manifestando il proprio compiacimento per la giornata trascorsa fra tanto spontaneo calore di popolo. Gli ultimi applausi si elevano mentre il treno lascia la stazione. Marziano Bernardi