La Falange e i suoi condottieri alla conquista dello Stato

La Falange e i suoi condottieri alla conquista dello Stato COME SORGE LA NUOVA SPAGNA La Falange e i suoi condottieri alla conquista dello Stato (Dal nostro inviato speciale) burgos, giugno. Julio Ruiz de Alda, triumviro della Falange, scrive nel secondo numero di Jerarquia, la bella rivista della medesima: « Sappiate che se la nostra rivoluzione dev'essere efficace è necessario conquistare la nazione prima di conquistare il potere ». La Falange ha accolto il monito con due anni di anticipo. Ma avesse pur voluto, respingerlo o discuterlo, o sem.plicemente patteggiare con esso, che i fatti non lo avrebbero tollerato. Il processo della conquista del potere non è stato identico per. tutte le rivoluzioni di quest'ultimo quarto di secolo. In Russia — mi si consenta assimilare per un istante questa rivoluzione alle altre, ancorché possa parere bestemmia — è il partito che domina lo Stato. In Germania Stato e partito stanno l'uno a fianco dell'altro. In Italia lo Stato è al di sopra del partito. In Spagna lo Stato — chiamiamolo pure così, sebbene la qualifica suoni anticipazione — è addirittura il creatore del partito. Le cause di quest'ultima varietà della morfologia rivoluzionaria, la sola che qui ci interessi, meritano d'essere illustrate. Storicamente, la Falange è nata prima, della rivoluzione militare e le ha preparato la strada. In pratica, fu la rivoluzione militare a dar corpo evito alla Falange. Tra i due assunti nessuna contraddizione di termini, ma solo una succes sione e iterazione di uffici. La chiave dell'apparente mistero sta in quésto: che al momento in cui scoppiava la rivoluzione militare la Falange perdeva suoi capi e scompariva nel sangue. José Antonio Primo de Rivera Un po' di storia non sarà di tròppo per chiarire le idee del lettore. Il 14 marzo del 1931, un mese prima di quel 19 di aprile, che segnò il crollo della Monarchia e la proclamazione della Repubblica dei professori d'Università, mentre a' Madrid gli studenti portavano in trionfo don Niceto Alcalà Zamora e a Barcellona dal balcone delia Generalidad don Francisco Macia faceva acclamare la Catalogna liberata, poco lontano dalla Puerta del Sol un giovanotto venticinquenne, piccolo, taciturno, un po' sordo come Maurras, fondava un periodico dal titolo eloquente: La conquista del Estado. Discepolo . di José Ortega y Gasset, cultore di studi metafisici e matematici e collaboratore della Revista de Occidente, Ramiro Ledesma Ramos si era segnalato da poco all'attenzione, del pubblico con un libro che faceva rumore: Fascismo en Espana? Più vicino, forse, alla corrente hitleriana che non alla corrente' fascista, non esente di una tal quale confusione di idee né tampoco di una certa ingenuità, come tutti i filosofi, ma, a differenza dei filosofi, agitatore nato, Ramiro trovò subito un terreno favorevole. Alla creazione della rivista di pensiero egli fece seguire la fondazione delle Juntas de Ofensiva Nacional-sindicalista, che dovevano prender piede rapidamente e che nel 1933 si sarebbero corredate d'un organo proprio, J.O.N.S., neologismo composto con le iniziali del sodalizio, cui la rivoluzione è rimasta fedele. E furono i natali del nazional-sindacalismo spagnuolo. Ma Ramiro non era solo a voler rifare la Spagna. Accortesi troppo tardi dei meriti in signi di Primo de Rivera, morto esule in tonaca di terziario per colpa di Alfonso XIII, e ansiose di riscattare il fallo commesso abbandonandolo incredule ai suoi nemici invece di stringerglisi intorno compatte, la gioventù e la borghesia non ancora avvelenate dall'insegnamento universitario di stampo massonico avevano avuto in quegli anni la gioia di scoprire che il Dittatore, riviveva nello 'spirito alacre e generoso d'uno dei suoi figli. Erede del nome del padre, ma mente più chiara della sua, meno portata ad indulgere ai pregiudizi del passato, corroborata da buoni studi e agguerrita da un solido prò gramma d'azione, José Antonio Primo de Rivera, che il 29 ottobre 1933 s'era presentato la ■ prima volta al paese con un pubblico discorso dal palco del Ih Comedia di Madrid, aveva già intorno a sé il calore d'una j popolarità e, quel che più con- ' tu, il nucleo d'un partito. Qiie-J agdtpnlgCdmtdsdCgcevadssmFsgsFgmff sto partito si chiamava Falan-ìge. Il nome adottato diceva già la preoccupazione dell'unità e dell'esclusivismo risanatore. E anche la Falange possedeva un suo foglio, intitolato Fe, che era l'anagramma di Falange Espanda ma che soprattutto voleva dir Fede. Il 4 marzo 1934 le truppe di Ramiro e quelle di José Antonio, condotte dai rispettivi capi, si incontrano a congresso in Valladolid, fraternizzano e decidono la fusione in un partito unico, che, per non far torto a nessuno, si chiamerà Falange Espanda de las JONS e toglierà ad emblema- il fascio delle cinque frecce di Ferdinando il Cattolico, simbolo di concordia nazionale e pegno di fedeltà al genio della stirpe. José Antonio, di gran lunga il più popolare dei due protagonisti, vien salutato duce del movimento. Ma, buon diplomatico, egli fa rilasciare la tessera numero uno a Ramiro, accontentandosi di inscrivere il proprio, nome sulla seconda. Era questo, in certo modo, il riconoscimento d'una specie di primogenitura morale a vantaggio del Ledesma Ramos. Gli osservatori navigati ci videro soprattutto l'indizio che i rapporti fra i due uomini potevano diventare difficili. Fu quanto accadde all'indomani del primo Consiglio Nazionale, il 29 ottobre di quello stesso anno. Agli inizi del 1935, mentre a Madrid il partito lanciava lo ebdomadario Arriba!, il dissenso si faceva palese, alimentato qual'era, oltre il resto, da divergenze circa la tattica da adottare durante le prossime elezioni politiche. Che il grosso del partito seguisse concorde José Antonio, a ogni modo, non faceva più il menomo dùbbio. Di fattezze e di modi affascinanti, dotato di una eloquenza calda e proba, abilissimo, per larghezza d'ingegno, nel contemperare lo zelo dello spirituale con la cura del temporale, il figlio dell'Incompreso ha in sé tutti i numeri necessari per trascinare la folla. I suoi discorsi del 19 maggio e del 17 novèmbre 1935 al Cine Madrid, la più vasta sala della capitale, davanti a dodici mila uditori, formano due trionfi. Il programma politico, di spirito essenzialmente fascista, esposto nel secondo dei due, in occasione del. secóndo Consiglio Nazionale, estrinseca già la nitida visione d'un uomo che conosce bene la sua Spagna e che possiede la stoffa del governante. Non sentite, intorno alla sua fronte, palpitare l'ala della vittoria? Il martirologio Era l'ala del martirio. E' a questo punto che la Repubblica si rende conto d'essere in cospetto d'un partito e d'un uomo pericolosi. I candidati della Falange, andati alle urne da soli, hanno potuto essere battuti, ma il pericolo non è meno grave per questo. Bisogna tagliar l'erba sotto i piedi del fascismo nascente. Bisogna finirla. Che fare? I regimi di disordine e di violenza non sono mai imbarazzati nella scelta dei mezzi: il Frente popular ha le medicina bell'e pronta nelle tasche dei giovinastri, con o senza uniforme di-guardia rossa, che già fanno la pioggia e il bel tempo fra i barrios bajos e la calle de Alcalà. fi sangue comincia a scorrere. La rivoluzione nazional-sindacalista offre le prime vittime al grande olocausto Quando l'assassinio di Calvo Sotelo farà traboccare il vaso, da un pezzo il martirologio è aperto e le sue pagine si coprono di nomi. Il 2 febbraio 1936 Josè Antonio piglia un'ultima volta la parola in pubblico per rianimar le sue truppe. Subito dopo hanno inizio gli arresti dei maggiori uomini della Falange. Gettato con gli altri nelle carceri di Alicante, non rimane al figlio del Dittatore altro conforto fuorché quello di riconciliarsi mentalmente con Ramiro, a quest'ultimo, quello di lanciare alla gioventù un Messaggio che rimarrà fra le cose migliori della letteratura della rivoluzione. Il 18 luglio, in Marocco, scoppia il solleva mento militare. Il dado è trattò.- Ahimè! Troppo presto o troppo tardi. I capi della Falange sono tutti in mano della Repubblica: scendendo in campo, i militari hanno involontariamente firmata la loro condanna a morte. E cadono tutti. Cade Ramiro de Maetzu, cade Victor Pradera, cade Beunza, cade Onorio Maura, cade Ramiro Ledesma Ramos, cade José Antonio. Supremo ironia e suprema tragedia, cade, sia pure in altro modo, l'uomo che i generali destinano a guidare la rivoluzione: Sanjurio. Per la prima volta nella storia delle guerre, un esercito perde intero il suo Stato Maggiore al momento di saltare il parapetto della trincea. La rivoluzione spagnuola nasce orfana. Toccherà alle truppe in piena battaglia eleggere nuovi capi. Caduti i promotori, penseranno i loro eredi spirituali a raccoglierne la successione. La rivoluzione degli eredi Ed ecco qui appunto un altro iei lineamenti particolari che rendono inconfondibili il destino ed il volto della rivoluzione spagnuola: l'essere una rivoluzione di eredi, una rivoluzione di successori. Franco piglierà il posto di San'jurio. Raimundo Fernandez Cuesta^ piglierà il posto di José Antonio de Rivera. Onore agli uomini che, nel forte della mischia, non esitarono a salvare una grande causa gettandosi alta testa dell'esercito decapitato e non soltanto gli impedirono di sbandarsi ma lo condussero alla vittoria! Le benedizioni e la riconoscenna dei morti stanno sul loro capo. Non dimentichiamo, comunque, nella nostra ammirazione verso coloro cui il destino ha riserbato la palma del. trionfo, la strage degli inizi. Essa spiega, senza inutile sfoggio di eloquenza, le vicende attraverso a cui la rivoluzione spagnuola doveva passare. La ricostituzione della Falange si è fatta all'ombra dell'esercito il cui scatto l'aveva stroncata. Uh triumvirato composto di Raimundo Fernandez Cuesta, di Alfonso Garda Valdecasas e di Julio Ruiz de Alda, prese tosto la direzione del partito che sì trattava di salvare e di imporre al paese. I capi militari lo assecondarono. Ma quanto il compito fosse arduo e quanto grande la responsabilità lo si è visto allorché la presenza di José Antonio venne invocata e affermata dai successóri, a dispetto della realtà, come quella d'un Capo vivente, d'una autorità tuttora in carica. Del duce immolato si fece, per tacito consenso, un mito nazionale: il mito del « grande Assente » la cui voce continua a echeggiare nel cielo della patria come quella di un trasfigurato. Mai il rito fascista dell'appello ai morti aveva ricevuto applicazione più patetica né sonato più fiera protesta contro il destino: il mistero quasi liturgico della sopravvivenza ideale di José Antonio è una delle pagine più belle della rivoluzione spagnuola. Nell'ombra di questo rito urgeva, però, ricreare la Falange, dotarla di, nuovi quadri, fissarne il programma politico, consolidarne la comunione con l'esercito, accrescerne l'influenza e il prestigio quanto occorreva perchè la rivoluzione riuscisse falangista come l'avevano pensata i suoi padri spirituali. Fu questa l'opera dei superstiti della prima ora: di Fernandez Cuesta, oggi segretario del partito, dei suoi due colleghi triumviri, di Serrano Suner, ministro dell'Interno, di Onesimo Redondo, di José Antonio Jimenez Arnau, di José Maria Péman, di altri. « Conquistare la nazione prima dì conquistare il potere », ammonisce Ruiz de Alda. La nazione è conquistata. La se eonda' tappa incomincia. Ed è qui che entra in scena lo Stato. Concetto Pettinato Il Moschettiere Otello Tessitore caduto nel cielo di Spagna il 7 aprile scorso. Fascista della vigilia e pilota della Riserva aeronautica, si era offerto come volontario in A. O. senza ottenere di partecipare all'Impresa. Volontario nell'aviazione d'assalto, aveva partecipato, in Spagna, a ripetuti combattimenti.