La grande strada dell'avventura di Ernesto Quadrone

La grande strada dell'avventura MEZZO MILIARDO D'UOMINI NELLA BUFERA La grande strada dell'avventura Da Manilla ad Harbin - Un improvvisato capitano di lungo corso - La ferrovìa della Manciuria è come una donna: vive tra le passioni degli uomini , (dal nostro inviato) HARBIN, maggio. Giorgio Hudson, amministratore della ditta, fece chiamare gli impiegati nel suo ufficio e comunicò laconicamente che era costretto a licenziarli tutti, compresi gli ottocento operai. Il falliménto . si era abbattuto all'improvviso sulla società travolgendo ogni cosa come un ciclóne. A Nuova York — si era ai tempi della crisi americana — il dollaro oro si era svuotato e quello di carta, nel volgere di.pochi giorni, era diventato buono per avvolgere i pantaloni corti, e le magliétte di cotone degli sterratori addetti al tranciato di un nuovo tronco ferroviario che avrebbe dovuto attraversare da nord a sud la più grande isola delle Filippine. Potevano andarsene tutti che-tanto domani le porte dell'edificio sociale si sarebbero chiuse per sempre. Come quando si affoga L'amministratore' delegato schiacciò sotto il piede la metà dell'enorme sigaro che. non aveva più voglia di fumare. Nel locale, ove il tramonto era penetrato incollando un po' di porpora e polvere di piombo alle pareti, c'era un caldo umido da bagno turco. Gl'impiegati si asciugavano con gesti ' automatici il sudore della fronte e del collo e guardavano attoniti, sènza vederla, la folla vestita di bianco che lentamente defluiva verso il mare come un rigagnolo di latte cagliato sul quale galleggiavano a migliaia le cappelline di paglia uso po> nama.' Tra le foglie degli alberi del viale che salivano fin quasi alla finestra si poteva vedere il luccichio delle vetrine dei negozi che, ad una ad una si spegnevano, come se qualcuno passasse rapidamente soffiando sui lumi. Il più stanco degli impiegati lasciandosi cadére su una seggiola di vimini, ebbe la debolezza di balbettare ad alta voce, parlando a se stesso, quello che gli altri tacendo pensavano. Il signor Hudson gettò in un angolo la sua visiera di celluloide verde e, accomodandosi la camicia nei pantaloni di lino sostenuti da una larga cinghia di cuoio, soggiunse che non c'era nulla da fare e -usci spingendo l'uscio- con la spalla. L'uomo che si era seduto continuò a gemere debolmente e sul monologo, leggeri coirne sugheri sull'acqua, sorgevano e ondeggiavano tratto tratto te stesse parole; la moglie con la malaria, quattro figli da mantenerci il passaggio sul piroscafo per l'Europa che nessuno gli avrebbe pagato, la miseria e ig fame. Gli • altri non rispondono. Vno di essi ha la cattiva idea di accendere la luce e i visi stravolti escono 'dalla oscurità come goccie ài cera gialla su una conca di acqua. Il più giovane di tutti,. Fausto Grandi, uh italiano da poco arrivato, si appoggia allo stipite della porta, pièga una gamba indie¬ tro, spinge il piede contro al muro mettendosi le mani nelle tasche vuote. Ha gl% occhi itterici, affioranti, tagliali a màndorla e tirati un po' in su come quelli dei mongoli. Le sue pupille .dilatate sono quasi gialle. Non pensa a nulla. Forse ricorda in quel momento troppe cose per fermarsi su vm'idea sola: la sua vita passata gli corre davanti còme una rapida cinematografia. Dicono che succede cosi a quelli che stanno per morire di morte violenta, a coloro che affogano, per esempio, e che vedono sullo specchio dell'acqua che tramonta sulle loro bocche, sfilare tutti gli episodi vissuti, anche quelli che non ricordavano più. La Università Bocconi di Milano, ove il Grandi ha finito gli studi, la guerra che ha combattuta tutta quanta nelle trincee dal primo all'ultimo giorno, il suo inizio'difficile come « piazzista » di turaccioli per una ditta spagnuola, la famiglia lasciata a Milano, il viaggio a Manilla chiamato dal fratello e che, lontano le mille miglia dal dubitare che là società costruttrice della ferrovia fosse in procinto di fallire e dove appunto gli aveva procurato un buon impiego,'era partito per Harbin senza attenderlo. Cóme posso andare ad Harbin vestito di tela e dove troverò i quindici e i venti gradi sotto zero ? Telegraferò che mi mandi i denari per comperarmi i vestiti e per pagarmi il viaggio. Nell'attesa farò qualcosa tanto per resistere. Deportati, oro, donne Harbin è la città che cresce giorno per giorno come.un fungo su, al nord della Manciuria, all'estremo limite delle rotaie della transiberiana. C'è lavoro per tutti. E' una vecchia -storia romanzata quella dei deportati in Siberia ancora sotto il regime zarista e che i libri descrivono attaccati per un piede tutti alla stessa catena.. . ' Fausto Grandi alza le spalle; queste cose le sa 'perchè gliele hanno raccontate. Quelli che non morivano durante ti viaggio, appena arrivati in Siberia, venivano slegati dai poliziotti che li lasciavano andare per- i fatti loro. Una valanga di uomini condannati per reati politici ma anche per delitti-comuni: terroristi, dinamitardi, cospiratori, omicidi, rapinatori e ladri si sono trovati così mescolati insieme. Poi, più tardi, arrivarono anche i nobili perseguitati dalla rivoluzione comunista, quelli che ebbero' la fortuna di mantenere la testa sul collo e i resti dei loro enormi patrimoni in oro e gioielli. Fu allora che si arricchirono i poveri -. e che i ricchi, in breve tempo, divennero nababbi comperando per pochi soldi i terreni sui quali sarebbe passata la transiberiana. Le- belle ragazze, ogni sera, appena cominciava la musica, si gettavano tutte insieme sulle piste delle sale da ballo come dentro aalvvdntanfldfdgmtlsntdcgsglltnnmvfmsmdccirgsssaMmdfadcripcpHmldcpeqtngPcorqp alle piscine e, pescando nella luce acquosa, affioravano poi come palombari dopo l'immersione nel ventre della cassaforte di una nave naufragata, grondanti monete d'oro. I deportati naturalmente si erano amalgamati ai nobili; i capitali russi avevano fatto in fretta ad impastare quella massa umana' coi milioni che i cinesi profondevano insieme a quelli del colosso ' asiatico per fare le scarpe di ferro alla Manciuria, l'attuale ferrovia de} sud, la vena aorta dell'enorme impero mancese più grande della Francia e della Germania messe insieme. Nei cantieri, da Harbin in su, invece dell'acqua — senza figura retorica — si beveva vino spumante e. forse nessuna corsa all'oro ha avuto un traguardo più rapido e a portata di mano. Le belle fanciulle russe cominciarono a scivolare verso Scianghai, la babelica capitale dell' Estremo Oriente, e quindi, da Soianghai a Manilla dove le azioni dello zuccherò salivano come la colonna di mercurio in un termometro sulla fiamma.' La ferrovia / russi seguitarono a trascinare lungo le rotaie della transiberiana l'oro cinese sicuri che un giorno la Cina, impotente finanziariamente a pagare. la sua quota, avrebbe ceduto a Mosca tutta la ferrovia. La ferrovia vive nella storia come und donna: nasce, cresce, si sviluppa tra le passioni degli uomini che se la contendono a colpidi milioni e più tardi a colpi di cannone. Per essa scendono in campo tutte le nazioni. Il celeste impero, come avevano previsto i russi, non ha più i danari per seguitare il ciclopico lavoro e questi si mangiano la ferrovia una stazione dopo l'altra, una traversina dopo l'altra. Le scarpe di ferro cominciano a pesare troppo nei piedi della Manciuria che ha la testa nelle miniere di carbone e tutta frondeggiante di immense foreste di faggio e'di abeti. Una testa d'oro alla quale tutti cominciano a guardare. Le nazioni occidentali ad un certo momento intervengono e tirano fuori di bocca le rotaie che i russi hanno ingoiato prendendo, per precauzioni politico-militari, il controllo del suo tronco più importanterdi quello che fa capo ad Harbin. Il Giappone che non dorme,-mentre la Cina si perde nell'ennesima delle sue rivoluzioni, di sottomano riscatta.dai russi per centoquaranta milioni di yen, cioè per un pezzo di pane (ogni yen equivale attualmente a circa cinque lire italiane) la ferrovia sottraendola così al. controllo straniero e poi, tirando cannonate sugli' stessi russi, si impossessa di Port Artur, sorveglia la Mongolia creando poi il grande impero che ora vìve di vita propria. Alla ferrovia ora bisognava-dare un nome, occorreva legarla a qualcosa di grande e di nobile proprio come - conviene si faccia colle ragazze da marito e i. nipponici la legano allò spirito della famiglia baronale Yamato, uno dei più grandi « sagnmati » giapponesi. Le donne russe si squagliano; si accasano con gli europei, figliano sulle coste dell'intera Cina, ballano nei ritrovi nelle città.più importanti da Harbin a Mukden a Hongkong. Le più disgraziate finiscono « taoci-gìrls » ad un dollai-o ogni tre balli; le meno belle sposano poveri connazionali che ancora oggi a migliaia stanno attaccati a vecchie poltrone, inerti, e pigri carne i palloncini volanti delle fiere, illuminandosi in lunghe discussioni a gas leggero quando riescono a bere un bicchiere di alcool a spese della moglie che lavora per tutta la famiglia. 4 La grande massa dei poveri profughi si getta a Scianghai nelle stradicciuole laterali della Avenuc Joffre inventando qualunque cosa pur di mangiare e dando vita persino ad un teatro di opera sul palcoscenico del quale stanchi e sfiatati per cinque dollari per sera cantano l'Aida o il Boris Godunoff davanti ad un pubblico scarso e grigio. Miracoli di volontà sui quali passa' indifferente il rullo compressore di Scianghai col peso dei suoi quattro o Cinque ' o sei milioni di abitanti, guidato da poliziotti indiani che stanno al volante colle pistole automatiche in posizione da sparo. Un impiego A Manilla intanto Fausto Grandi pensa, come procurarsi i danari per arrampicarsi al nord fino ad Harbin dopo la brutta notizia del fallimento della Società data ' a Manilla dal signor Hudson, ed esce dall'ufficio lasciando j colleghi disoccupati à gemere sulla loro sventura. In un bar per marinai naviganti sotto tutte le bandiere del mondo, bianchi, gialli e neri, trova l'amico che cerca, un capitano americano che invece di una cotoletta gli offre subito un aperitivo. —'■ Sei a terra? Ho un posto per te. Un altro aperitivo? Le due testé si piegano sul tavolo come se la luce della lampada fosse troppo pesante da sopportare. ' — Un buon impiego? — Cinquanta doHari al mese mantenuto e alloggiato. Hai un berretto da capitano?- Non importa, ti darò il mio e ti impresto anche i quattrini per raggiungere Luzon. Paese magnifico in una delle più grandi isole delle Filippine. Là t'imbarcherai cóme comandante su una nave che, per linea fluviale, attraversa tutta l'isola da Aparri ad Hagar sul Pacifico. — Afa io non so comandare una nave e non ho mot viaggiato che pome passeggero. — Non importa, avrai con te il pilota, lascia che faccia lui'. Tu, oltre al beri-etto, imbarcandoti, porta a bordo un buon bastone per la ciurma: cinquanta filippini che vedendoti penseranno per prima cosa al modo più svelto di farti là pelle. In più vi saranno i passeggeri che non contano, e in più il carico di tabacco e di zucchero che costa più della vita degli uomini. Durante le ore del sonno chiuditi nella cabina, e quando ti svegli, prima ancora del caffè, comincia a picchiare, con un pretesto qualunque; picchia sodo e non ci pensare. Troveremo più tardi le trhecie del passaggio ad Harbin del connazionale Fausto Grandi e quelle del povero collega e indimenticabile amico Arnaldo Cipolla che, in quella città dormì «per le notti che vi rimase» in una camera da nababbo orientale, tutta di specchi dal pavimento al soffitto. Fu quella camera ad amareggiare la vita di Arnaldo Cipolla ad Harbin che si vedevu, ogni qualvolta che vi penetrava, moltiplicato per mille. Ora l'amico non è più riflesso dagli specchi della camera mancese nè da quello della vita che si appanna anche sotto l'alito de! soffio più leggero. ■ ■ Ernesto Quadrone TRUPPE NIPPONICHE IN MARCIA SULLE SPONDE DELLO JANG TZE

Persone citate: Arnaldo Cipolla, Boris Godunoff, Giorgio Hudson, Hagar, Port Artur