Con i goliardi, i bimbi e i mutilati nell'impetuoso cuore della Dominante di Marziano Bernardi

Con i goliardi, i bimbi e i mutilati nell'impetuoso cuore della Dominante Con i goliardi, i bimbi e i mutilati nell'impetuoso cuore della Dominante (DA UNO DEI NOSTRI INVIATI) Genova, 16 maggio. Genova non. dimenticherà mai più quella mattinata di ieri, domenica, che ha visto il Duce percorrere tutta la luminosa zona da San Martino giù giù fino a Quarto in una visita attenta d'opere stupende che il lavoro, la tenacia, la fede fascista e quella munificenza che sa trasformar la ricchezza in azione di bene, hanno nel giro di pochi anni creato a magnifico vanto della gente ligure. Un fresco, sereno mattino di maggio; un mare pacifico; un tenero cielo dolcissimo; una gaiezza che rideva nell'aria, che dal popolo acclamante saliva fino a Colui che tutto osservava, che di tutto si interessava, che tutto scorgeva e giudicava col Suo occhio infallibile e con la Sua intuizione geniale. E sotto il segno della lietezza, infatti, sono trascorse queste ore. Tutto appariva spontaneo ed ilare lungo questa deliziosa riviera fiorita; tutto era giovanilmente schietto, fiducioso, amabile. Sorrideva il Duce, ancora avvolta la maschia Sua figura — si sarebbe detto — del trionfo di Piazza della Vittoria;, sorridevano i ministri e i gerarchi che Lo accompagnavano; salivano acuti gli evviva dei fanciulli; i gesti e i volti degli adolescenti esprimevano la felice baldanza dell'età più bella. E questo sole che soltanto la Liguria conosce, quest'azzurro che dal mare sembrava stingere delicatamente sulle ville di Albaro, su corso Italia e sulle case di Sturla e di Quarto, fornivano il tono e lo spirito d'una giornata in cui Genova esultante s'inorgogliva di mostrare al Capo alcuni esempi della sua incomparabile attività civile. Tra gli studenti Giornata di giovinezza, E cominciò essa infatti con un saluto a quella tipica istituzione per la gioventù studiosa che è la «Casa dello Studente > di corse Giulio Cesare, in faccia al declivio verdeggiante di San Martino. Fiorito di tricolori, il bell'edificio s'era gremito per tempo di tutti gli studenti dell' Ateneo genovese. Impazienti, festosi, con in capo i loro pittoreschi berretti adorni di trofei, di medaglie, di emblemi, essi, maschi e femmine, gremivano la gradinata dell'edificio, gli ingressi, i balconi. Canti tradizionali, alala, grida di «Evviva il Duce», motti c frizzi ingannavano l'attesa. La Milizia Universitaria aveva rivendicato a sè l'onore di schierarsi in due interminabili file lungo tutto il corso Giulio Cesare dietro alle quali s' assiepava fitto, del pari ansioso di risalutare il Fondatore dell'Impero, il popolò di questi rioni periferici. Il Corpo Accademico al completo attendeva anch'esso di rendere gli onori. Il Duce intanto lasciava il Palazzo del Governo. Il corteo delle macchine percorreva piazza Corvetto, via Ss. Giacomo e Filippo, via Serra, piazza Verdi, e per via Brigata Bisagno e corso Buenos Aires, fra incessanti, altissime acclamazioni di folla, sboccava in corso Giulio Cesare. Un fremito; un ondeggiar di teste, un irrigidirsi sull'attenti dei Militi della VI Legione Universitaria S. Giorgio, uno scattar di braccia nel saluto romano dei Gruppi Fascisti e del Guf, un urlo solo: «Eccolo, eccolo! ». Ed è infatti il Duce che appare nella prima automobile, preceduto soltanto'da qualche vigile motociclista. Sorride. Dal Suo volto emana un senso di fiduciosa lietezza, la Sua espressione è quella dei giorni migliori, dei giorni in cui più e meglio si sente a contatto col popolo — con tutto il popolo — ch'Egli ama, in ogni ceto, in ogni rango, con uguale anima paterna. Di fatiche, di commozioni, nessuna traccia sul Suo maschio viso; anche stamani, dopo la folta giornata di ieri, la Sua formidabile tempra Gli consente di mostrarsi fresco, riposato, pronto sempre a partecipare con pienezza ad ogni istante, fecondo di conseguenze, della Sua eccezionale attività. Ma è un attimo, purtroppo un attimo solo. Gli studenti prorompono in un possente « Alala! », la macchina rallenta a passo di uomo, ed Egli saluta la bella casa universitaria, forse col rammarico di non potersi soffermare più a lungo tra questi giovani che sono uno degli aspetti più sani dell'Italia nuova dalla Sua volontà temprata e forgiata. Lo attende la visita della Città Uni' versitaria genovese, modello ed esempio — com'è noto — degli atenei italiani; lo attende la posa della prima pietra dei costruendi padiglioni per la Maternità e le Specialità Chirurgiche di San Martino, che integreranno il già vasto e complessò insieme di queste mirabili cliniche; Lo attende l'inaugurazione della Casa Littoria Federico Florio, che ha giurisdizione sul rione • di San Martino e che l'architetto Angelini ha razionalmente distribuito nelle sue varie parti, torre e palestra, uffici e' sàie di ritrovo, -ambulatorio ■ medico • e ambienti per le organizzazioni- della G.I.Li., locali per la segreteria politica, pei vari comandi, pel Fascio femminile, pel Dopolavoro'oltre la severa Sala della Consulta con l'immagine del Caduto- fascista Federico Florio; Lo attende l'inaugurazione della Casa Littoria del Grup' po Fascista « Nicola Bonservizl » del rione di Sturla, opera dell'architetto Daneri, che ha-saputo risolvere nella sua fabbrica difficoltà notevoli anche relative alla ubicazione. Si tratta -di un edificio di non grandi dimensioni, ma costruito con cura, bene attrezzato, ottimamente rifinito nel particolari, e nel suo insieme improntato a schietto spirito architettonico moderno. All'Istituto « Gaslini » Mentre si svolgono queste cerimonie, ed anche si inaugura l'interessante Museo storico del 43" Fanteria nella caserma di questo glorioso Reggimento genovese, mentre a San Martino il Corpo Sanitario rende omaggio al Duce, ed alla « Federico Florio » Lo acclamano i vecchi Squadristi e le Camicie Nere del Gruppo, ed alla « Nicola Bonservizi » a Lui inneggiano le genti di Sturla, noi ci rechiamo all'Istituto Gaslini, opera stupenda, senza rivali oggi in Europa, nata — come già -s'è detto — dalla munificenza del cavaliere del Lavoro Gerolamo Gaslini, il quale, creando questo Policlinico mirabile, ha voluto ricordare la sua bimba morta, la sua Giannina dodicenne il cui nome sarà benedetto da tanti piccoli afflitti, da tanti padri e da tante madri dolenti. « Piteris floribusque lumen solis » è il motto di questo complesso stupendo di diciassette edifici sanitari, che sorgono nel più bel punto, forse, della Grande Genova, presso lo scoglio di Quarto, in un anfiteatro che ha per limiti l'ultimo declivio appenninico e l'azzurro specchio del mare. Sole per i fiori; sole per i bimbi. E' tutto un riso d'aiuole variopinte, è un fresco riposo di verzura, è un dolcissimo stormir di fronde, è una salubre aria profumata che faran sembrare più lievi a mille bambini liguri le ore delia pena, che allieteranno quelle della loro guarigione. Commovente è que sta bellezza di cui si è voluto cir condare i fanciulli malati o co munque bisognosi di cure. Si pen si, che per risparmiare fra due edifici un gruppo di antiche piante s'è ricorso ad accorgimenti che a o ' d i à n à e a e , e i a o ' » a a a l l » i d i i i, gi è a e fe han richiesto una spesa di centinaia di migliaia, di lire; che gli innumerevoli alberi che ombreggiano questi -45.-000 metri quadrati d'area furono, con previdenza esemplare, piantati in modo che crescessero contemporaneamente —r per dir cosi — ai fabbricati e che questi vialetti, queste scalee, questi prati smeraldini,, questi deliziosi piazzali donde si gode una vista incomparabile, sémbran creati non per un Policlinico, ma per la più amena delle villeggiature. E' qui che riposa, nella cappella centrale vasta come una chiesa, Giannina Gasiini, in mezzo ai bimbi che le eran tanto cari; è qui che Gerolamo Gaslini ha ottenuto di poter'avere la sua tomba di famiglia, accanto alla sua bambina, accanto a questi altri mille bimbi che sono un poco come i figli adottivi di Genova generosa. Tutt'intorno, disseminati a vari livelli del pendio verdissimo, i razionali edifici che l'architetto Angelo Crippa, fornito dei mezzi; più larghi, ha creato a scopo sanitario, coadiuvato dall'ing. Zuccarelli e da uno stuolo di clinici. Ecco l'ambulatorio, ecco il blocco per la clinica pediatrica universitaria, in cui ogni padiglione è diviso a sezioni con separazione completa fra maschi e femmine e indipen denza di tutti i servizi, e con so lari coperti e scoperti a varie orientazioni; ecco il gruppo dei padiglioni per le malattie infettive, morbillo, difterite, pertosse, scarlattina, in ciascuno dei quali i parenti visitatori rimangono in locali isolati e possono vedere i loro bambini attraverso lastre di cristallo; ecco il padiglione per la tubercolosi polmonare aperta! quello dell'Istituto Provinciale per l'Infanzia, dei lattanti sani e della scuola convitto per assistenti sanitarie pediatriche; ecco la me ravigliosa centrale termica elèttri ca, che è il cuore meccanico di tutto il complesso; ecco la lavanderia generale e l'organismo dei vari servizi, a studiare i quali fu rono incaricati, con due anni di viaggi attraverso l'Europa, tecnici e medici che visitarono i più moderni policlinici stranieri. A questo si giunge oggi in Italia, nel clima creato dal Fascismo per la cura e la profilassi dell'infanzia, per la salute e l'assistenza della nostra razza. Per i bimbi Non per nulla il Duce ha voluto dedicare a quest'opera magnifica che onora Genova buona parte della Sua mattinata: circa un'ora dalle 10 alle 11. Giungeva quasi fino allo scoglio di Quarto l'eco lontana delle acclamazioni del popolo di Sturla, che seguivano il corteo del Capo. Qui, all'ingresso, stavano ad attenderLo il cavaliere del lavoro Gaslini con la consorte e la sorella, l'architetto Crippa, l'ing. Zuccarelli, il sen. Moresco, rettore magnifico dell'Ateneo genovese, il prof. Pacchioni, direttore delle cliniche universitarie, il direttore del nuovo Istituto prof. Fulvio Pulcher, che col preside della Provincia, Gardini, con S. E. Albini, prefetto di Genova, col podestà marchese Bombrini, col Segretario federale Mplfino Lo avrebbero scortato nella visita; e presente era pure S. Em. il Card. Boetto, nuovo arcivescovo di Genova, che avrebbe benedetto la grande istituzione. Il vastissimo solarioterrazza del blocco pediatrico centrale era gremito d'una folla, di invitati. Essi, dall'alto, diedero il segnale dell'arrivo; e con loro, le acclamazioni di tutti gli abitanti dei rioni circostanti, che non avevano lasciato un palmo vuoto delle caratteristiche altane genovesi, e che si pigiavano in modo, inverosimile ai balconi ed alle finestre, -e che fin sui tetti si disseminavano. Speditissimo balza dalla macchina il Duce, cordiale in volto, visibilmente contento, seguito dai Ministri Starace, Alfieri, Lantini, CobollUGigli e dal Suo segretario particolare, S. E. Sebastiani. Gli si fa incontro il Gaslini col Crippa e Gli mostra nell'ingresso un grande bronzo altamente significativo: Benito Mussolini che si curva ad accarezzare una bimba; è opera dello scultore Giorgio Giordani. Mentre il Cardinale si accinge a compiere il rito religioso, il Duce si sofferma ad osservare il gruppo statuario, quindi si reca alla Cappella, decorata dallo scultore,! Gemignani e dal pittore Doderò,,1 e di qui ha inizio la visita. Padiglione per padiglione tutto Gli viene mostrato. Tutto Egli esamlna minutamente, talvolta domandando precisazioni al Crippa ed al Pacchioni, o ad altri clinici che di reparto in reparto s'avvicendano. Ed ogni particolare, nel nitore straordinario degli ambienti, nel brillar dei metalli forbiti e dei vetri tersissimi (la spesa dei soli cristalli. Infrangibili richiese uno dei cinquanta milioni finora destinati all'opera), è infatti un capolavoro di perfezione e di rifinitura. Ed è una visita commovente, bellissima, per il profondò senso umano — quel senso ch'è una delle più alte virtù di Mussolini — di cui essa si riveste. Tutta questa sagacia, tutto questo sapere, tutta questa previden2i, tutta questa attenzione è dedicata alla infanzia. Questa del Duce non è solo una visita; è quasi la consacrazione di un Suo vasto programma che ha portato ^'Italia a schierarsi fra le più civili Nazioni, che fa della sua giovinezza un esempio di salute fisica e morale. Nè si tratta d'una rassegna soltanto d'ambienti e di strumenti. Animati sono i padiglioni pediatrici, già da alcuni giorni; ed ecco, di sala in sala, di cortile in cortile, e su per le scale, e sopra le terrazze, cento e cento bimbi levare il loro grido esile, gentile: «Viva il Duce, viva il Duce!». E a questo grido fan eco le bianche infermiere, le suore levando le mani use a tante carnali miserie. « Viva il Duce, viva il Duce! »: cosi tremula, l'acclama- zlone sembra anche più intensa e più forte d'ogni clamore entusiastico, se è la. voce della riconoscenza che con ■ essa si esprime. E allora il Duce pacatamente.sorride, accenna col. capo, sfiora, passando, con una carezza qualche fanciullo: ed è in questo momento veramente il Padre, il Parer fainilios nel senso latino. Ma d'improvviso, ecco anche per Lui una grata sorpresa: nella clinica chirurgica è ' il chirurgo professor Vignolo che Gli si fa incontro a guidarLo, il medico che si trovava combattente, sul Rombon, e che conobbe il caporale Mussolini in guerra, là néll'ospedaletto di Ronchi, dove tanto destino italiano si' maturava. Alle grandi piscine Anche la visita all'Istituto Giannina Gaslini è-terminata, ed ora è la volta delle magnifiche Piscine Municipali, create da Genova in faccia al mare. V'è l'intero corpo consolare di Genova ad attendere il Capo, v'è il gruppo dei Notabili abissini e somali che già. ieri in piazza della Vittoria recava la palpitante e pittoresca visione dell'Impero. Dalla terrazza, cosi stupenda vista si gode che il Duce vuole accanto a-sè i notabili, e loro mostra l'incanto del mare ligure, quel mare'in faccia al quale Egli sostava, giovine, meditando e. vaticinando., Tutto adesso si svolge in una incantevole aura di festosità e-di balda giovinezza. Lungo tutto il larghissimo'corso Italia, dòpo un arco trionfale formato da due giganteschi Fasci Littori sorreggenti un frontale azzurrò su ' cui, fra le bandiere, spicca in bianco la scritta: «Duce! I dopolavoristi genovesi son pronti a marciare»; stannò schierate tutte le rappresentanze dopolavoristiche con 1 Volontari della Montagna del Reparto « Arnaldo Mussolini ». ' Più di ventimila presenti, oltre millecinquecento sezioni sportive, escursionistiche, artistiche e popolaresche dei Dopolavoro delia Provincia. E' un omaggio magnifico, d'una bellezza, d'un pittoresco stupendo. Prima,■ stuoli di ciclisti: ed ogni macchina reca un disco al centro' della ruota anteriore, con la parola; « Duce »; poi i motociclisti, gli escursionisti, giovanotti e ragazze, coi. camiciotti colorati, il sacco da montagna e.le piccozze; gli sciatori, gli atleti, i seguaci d'ogni forma sportiva dal calcio al tamburèllo, dal pugilismo al pattinaggio, dalla caccia al canottaggio. E il Duce passa tra i superbi stuoli, preceduto, accompagnato, inseguito da formidàbili clamori di evviva. Gli sciatori levano alti gli sci, i cacciatori i fucili, i tennisti le racchette, gli schermitori e le schermitici i fioretti e le sciabole, squillano i campanelli delle mille e mille biciclette, rombano i motori dei motocicli; e nel gran sole questa stupenda festa sportiva appare come la visione simbolica dell'addestrata giovinezza italiana. Ma non basta, perchè alla foce del Bisagno. attende tutto il gruppo dei Filodrammatici, nei costumi i più vari e sontuosi, ed oltre ancora duecento uomini ed ottocento donne delle sezioni popolaresche. Tutta l'antica Liguria riappare cosi da un'pittoresco passato: popolane floride, contadini gagliardi, vivi custodi, nei loro folcloristici aspetti, d'una tradizione secolare nella quale le generazioni presenti affondano salde radici. Mai forse città italiana offri al Capo, tra continue acclamazioni, cosi vario spettacolo del suo costume antico. Tra i Mutilati Così giunge il Duce alla nuova Casa dei Mutilati in via Duca d'Aosta. D'un subito l'atmosfera muta. Prima un che di gioioso d'esuberante giovinezza;-ora l'immagine della gloria che si incarna nei corpi minorati nel fisico ma sublimati nello spirito. Diecimila combattenti, tutte le Associazioni d'arma, gli ufficiali in congedo che han rivestita la divisa, segnano il passaggio dall'uno all'altro ambiente. Tutto è qui offerta alla Patria, al Mutilato di Guerra Benito Mussolini: il simbolo del Sacrificio, di alcuni- artisti mutilati, la presenza dell'on. Delcroix, il quale con l'on. Romano, con i membri del Comitato dell'Associazione, con tutti I presidenti delle sezioni regionali, con uno stuolo di Grandi Invalidi e di Ciechi di Guerra, attende il Duce. Tutto si fa austero, solenne, eroico. Di fronte al nobile edificio già stan scolpite alcune battute incisive del gran discorso di ieri. E il Duce osserva, compiaciuto della rapidità di questa plastica trascrizione. Cordialmente, affettuosamente, si intrattiene coi Ciechi e i Grandi Invalidi, li interroga, conversa con molti di lóro, nella tregua delle acclamazioni. Poscia ammira la bellissima Vittoria del Galletti, il grande Gruppo del Baroni, opera cui l'eroico soldato-artista affidava un giorno tutta la sua dolorosa ispirazione, ed infine gli affreschi del Santagata. Minuti schiarimenti Egli chiede, attento ad ogni particolare di questa Casa che tanto Gli sta a. cuore; e gradita, profondamente cara Gli torna l'offerta d'una piccola replica della Vittoria del Galletti, per la quale ha un lusinghiero giudizio. Una dimostrazione impónente Lo accoglie alla Sua uscita sul piazzale; ed allora l'on. Delcroix pronunzia la sua orazione ardente, ispirata, che gli altoparlanti diffondono fino all'immensa folla ammassata in piazza della Vittoria. Egli dice: «Duce! Le parole da Voi pronunciate ieri sono oggi scritte di questa casa, perchè le Vostre parole, quando non sono dei fatti, vanno meditate come insegnamento e considerate come impegno che prima o poi saranno scontate nei fatti. Se ogni Vostra parola fosse stata meditata sin da principio noi, non saremmo partiti per il campo, lasciando il potere a chi non aveva la forza di sostenerlo, e fu errore amaramente scontato durante e dopo la guerra. Per molti anni noi siamo stati impegnati a rammentare il destino subito nell'ora stessa della Vittoria. Chi non aveva fatto valere il peso delle nostre armi non poteva imporre il riconoscimento del nostri sacrifici e la gloria fu espiata nella nostra rinuncia. Ma per la nostra gioventù la guerra doveva essere il pegno e fu la vigilia della Rivoluzione. E' questa l'idea che abbiamo servito sul campo e sposata nel sangue; l'idea che da Voi ebbe nome e fortuna, principio di vita nuova per un popolo e di una nuova storia per il mondo. Averla portata sulle baionette e ricevuta nelle ferite è il privilegio del nostro destino. Ogni giorno il popolo dà, con lo spirito e con le armi, con le opere e con il gesto, la misura della sua forza e della sua virtù; ma il segno più certo, anche se meno visibile della nostra superiorità è in questa esaltazione del sacrificio, che in ogni città ha i suoi riti ed i monumenti. « I Fondatori di Imperi sanno che i fati si propiziano e si avverano nei sacrifici; un'idea è alla base di ogni potenza, ma il sangue è il cemento che la edifica e la mantiene. Finché il sacrificio sarà una dignità, e come tale ambita ed onorala, saranno ion invincibili le nostre armi ed In-, crollabile la nostra fortuna. Nel-, le oscurità in cui fu tenuto, erail segno delle nostre miserie; ma oggi i soldati che dormono- stràziati e vittoriosi di là dai -mari trovano ia loro fierezza alzata' nelle mura e la loro Fede effigiata nei marmi. « Il Vostro nome è consegnato a molte opere e imprese, ognuna delle quali basterebbe alla Vostra gloria; ma la Casa che oggi si inaugura fa parte di una costi-unzione le cui dimensioni saranno date , dall'avvenire, eretta - nello spirito . di un popolo che in ogni ternpo fece di avversità, grandezza e al quale Voi avete insegnato a fare di obbedienza dominio e dì passione vii-tù. « Per questo Vi abbiamo do-mandato di sostare .in mezzo a noi in questa città di scopritori di poppli e di mondi, che in Voi s&luta l'Iniziatore di'una nuova età. « Fascismo di fuoco » In un clamore Immenso di evviva che si perde lontano sul mare, il Capo abbraccia allora re* plicatamente l'on. Delcroix; ed è il Suo abbraccio a tutti i Mutilati d'Italia. La Sua lode espressa al Federale Molfino: «fi ; Fascismo' genovese è un Fascismo di fuoco »■ giunge anche à questi prodi, che se non la vita almeno la loro integrità fisica sacrificarono per l'Italia più grande. Fascismo di fuoco davvero, manifestato'in mille guise. Forse che già questa mattina una centuria della Milizia forestale della Legione Ligure Piemontese comandata dal console Candelori non ha raggiunto Ruta di Cam'oglì'pcr adornar la strada al passaggio del Duce con fronde tolte al -x'Bosco dell'Impero », la grande opera ligure della Forestale? Simboli è riti, che qui di minuto in minuto si succedono. E chiude la mattinata, tra la folla plaudente, l'inaugurazione della nuova jede dell'Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale, uno dei tre grandiosi palazzi di Piazza della Vittoria, ctw, architettonicamente ed urbanisticamente, sono un vanto della nuova Genova. S. E. Biagi riceve e guida il Duce, Lo riconduce alla macchina, e cioè al popolo che non si stanca di acclamare. Rapido il corteo procede verso il Palazzo del Governo, ed è un tragitto che, come tutti gli altri, si compie tra scrosci incessanti di evviva. Nè in Largo Via Roma l'ovazione si placa. Occorre che, preceduto da S. E. Starace, si affacci al balcone, saluti, e ancora una volta — a lungo — si mostri a questa gente ligure il cui ardore è pari alla tenacia. Due, tre, quattro volte Egli deve tornare al parapetto, levare alto il braccio con un franco sorriso sul volto. Occorre che il Segretario del Partito, dopo che il Capo s'è ritirato, inviti questa folla a tornare alle sue case perchè lentamente, in lunghi cortei, si risolva a lasciare la piazza. Marziano Bernardi