LA MACCHINA DEL TEMPO

LA MACCHINA DEL TEMPO LA MACCHINA DEL TEMPO Tutti nella sala ci guardammo con occhi lustri, quando la luce ritornò muta, dissolvendo le ombre che, animate di tanta vita avevano parlato e svolto panorami di grandezza innanzi alle nostre pupille, per loro virtù ora annebbiate. Ma più di tutti, Clarence Brown, il famoso regista, appariva commosso. Sprofondato nella, poltroncina, con le mani in tasca, senza / parlare, assumeva quell'aria brusca, tra il raffreddore e il rancore, propria, agli nomini che si seccano di parere « f.entimenl.ali », mentre vogliono mostrarsi scettici, cinici, brutali, quanto, se lo fossero, cer? cherebbero di camuffarsi con lì maschera opposta. — Come mai, lei pure così ? — io chiesi cpn timidezza a quel forte signore americano. — Veramente, non lo vedevo oramai da mesi, da dopo che l'ho girato e licenziato allo schermo. Eppoi, che vuole, è una mia creatura, vi ho lavorato e patito ; fa sempre effetto, mi prende così, al cuore, non posso frenarmi —, egli rispose schiarendo la voce, soffiandosi il naso, e, senza parere, passandosi un po' di (fazzoletto all'angolo degli occhi. Il vecchio adagio «r piangi se vuoi ch'io pianga » fu buono ieri per la poesia classica, è buonissimo oggi per quelle forme di arte, di applicazione meccanica, delle quali Orazio neppure poteva presagire l'esistenza. Ma il calvo, lùcido poeta venosino co Jiosceva il cuore umano, fonda mento e regola di tutta l'arte. Er,a la storia di Maria Lexzyneka, contessa Walewska, la grande amante di Napoleone il Grande, che riviveva sullo schermo, e si sarebbe potuto dire a sulla scena > ; tanto oramai la fotografia movimentata ha saputo prendere rilievo di prospettive, solido corpo di bianchi e neri, capaci di simulare nella luce la plasticità della vita. Ancora un piccolo passo ; anzi due passi innanzi, la perfezione del colore e del pieno rilievo plastico ; e poi il cinema sarà veramente il contradditorio . trionfo della statica nella dinamica. Esso non circoscrive e cristallizza un frammento di mossa, attitudine, gesto, artificiosamente isolato e privato di senso : anzi, fìssa tutto il movimento in tutto l'insieme del suo ritmo, e nello scorrere della sua fluidità senza fine. Abbiamo vinto il tempo con questa macchina da presa del tempo, più genuina di quella, ideata dall'ingegnoso romanziere JVells. Senza dare l'anima al diavolo, possiamo intimare a centomila attimi di fermarsi, che sono belli. **# A questo punto, vedo nel pen siero l'amabile volto di Alfredo Panzini irradiarsi di mefistofeli co sorriso. Egli insinua che, sì è invece questo uno dei modi per dare l'anima al diavolo. Il nostro caro scrittore frequentò poco i teatri da giovanotto, e più tardi se ne astenne sistematica mente. Ora è qualche anno, invece, che ostenta per il teatro lina specie di angosciosa e tenera sollecitudine, ne parla con no. stalgia, vi mette persino piede tre, quattro volte per stagione. Lo fa, io credo, proprio in odio al cinematografo, una di quelle demoniache meccanizzazioni della vita, a lui invise. (La facoltà di rendere perenne quanto è per essenza labile, sen za irrigidirne la fugace sequen za, cioè .vincendo il tempo e lo spazio, è davvero mistica e de moniaca. Forse i nostri sensi, ot tusi dall'abitudine, non sanno vedere il prodigio superumano delle macchine, che non solo moltiplicano l'estensione della visione e del suono, ma li fissano, li ripetono e rievocano a piacere, imprigionando dentro l'immortalità fittizia di un rotoletto di gelatina interi brani di nostra vita mortale. #** Così la macchina per esplora re il tempo, è insieme, il più realista e il più fantasioso dei congegni. Assicura archivi e documentazioni di meticolosa realtà allo storiografo futuro; ma permette anche di affrancarci dalla triste servitù del reale nella creazione surrealista più travolgente e scatenata. E può anche in ventare ragionevoli, e insieme fantasiosi squarci di storia, visiva e animata, come il nuovo fìlme Maria Walewska. Mai Greta Garbo mi parve più pura e grande attrice, neppure in Mata Hari o Cristina di Sye zia, o nella mirabile Anna Ka renine. Mai la sua stupenda e fragile femminilità tremò con più grazia sull'orlo del riso e del pianto. Su Maria Walewska, grande amante morbida e carezzevole, rqFnporVvdqmastFnWmilpFd uscì proprio in questi giorni un volume, interessante anche per l'origine. Pubblica documenti c carte inedite e ricordi e tradizioni di famiglia, essendone autore il conte Ornano, discendente diretto di Maria Walewska e quell'Ornano, maresciallo di Francia, a cui ella andò sposa nel 1816. Napoleone era oramai prigioniero a Sant'Elena, ora oramai morto il vecchio cavalleresco conte Anastazy Kolonna Valewsky, che non aveva mai voluto disconoscere la nobiltà della sua Maria, con gelosie e querele. Egli sapeva, come l'amore di lui era stato in origine anche ardente amore di patria, speranza di liberare e redimere adorata Polonia dalla schiavitù, grazie al Bonaparte. Il figliolo naturale di Napoleone e della « sposa polacca », Floriano Alessandro Giuseppe, nacque perciò nel castello di Walevice presso Varsavia, il 4 maggio del 1810, e portò sempre il nome e il titolo di conte Walewsky, riconosciutogli dal suo padre legittimo se non genuino. Fu scrittole, patriotta, soldato e diplomatico; Napoleone- III lo ebbe caro fino alla morte, avvenuta nel 1868, e fece il figlio au¬di tentico dell'aquila, suo ministro degli esteri e poi delle belle arti. Valorosissimi), il maresciallo Ornano continuava la più illustre e fatidica famiglia di Corsica, che già noverava in altri secoli altri marescialli di Francia e la tragedia di Vanhina, moglie al proce Sampiero, che l'adorò prima e la strozzò poi. Esiliato l'imperatore, egli confuse le sue lagrime e la sua nostalgia con il disperato rimpianto della fedelissima di Napoleone, e dette a lei e al figliolo il suo affetto e una casa, insigne a Parigi. Sant'Elena era troppo lontana ; non si poteva pensare di raggiungerla in . goletta, come Maria aveva fatto per l'isola d'Elba, portando a Napoleone il figliolo e il calore del suo amore. Ma era l'imperatrice che l'imperatore aspettava e voleva, era Maria Luisa con il piccolo Re di Roma, che gli ingenui isolani credettero' di festeggiare al suo arrivo, e Napoleone aggrondato e irritato mandò via in fretta la donna, che era accorsa presso di lui, obbedendo soltanto al suo cuore. La gioia e la dedizione, l'amore e il dolore traspaiono in queste scene dalle fattezze di Greta Garbo, come luce dalla lampada, ora accendendole di rosea vampa, ora impallidendole, oppure frantumandole con intensi bagliori tragici. Greta è l'unica artista simile in questo alla Duse: che muta, a vista, non solo l'espressione ma le stesse dimensioni e proporzioni fisiche, materiali, del volto. Nel colore, si contrae, diminuisce, rimpicciolisce e affloscia subitamente, come fiore avvizzito; oppure, al contrario, si gonfia, si espande, prende posto nello spazio, quando la felicità lo dilata con le sue girandole luminose. Dice Clarence Browiie,. che quando giungono le cinque di sera, bisogna per forza smettere di girare con Greta Garbo; non che non voglia. Non può. Ogni suo contratto prevede sei settimane di lavoro, pagate la bellezza di quindicimila dollari per settimana, dei quali il fisco americano preleva la metà. E per sei settimane, ogni giorno, dalle 9 alle 5, con un'ora di intervallo per la colazione, ella t'à tutta se stessa, docile, paziente, instancabile,, senza capricci, o smancerie vanitose di prima donna. Si dona tutta, sfinita, bruciata dalla passione. Al suo fianco, Carlo Boyer è ottimo compagno; ma ella può rappresentare solo se stessa, donna fra le donne: mentre lui, deve mettersi nei panni di un altro, fra. tutti eccezionale, Napoleone. **» Innanzi al pathos di questa donna innamorata e sacrificata, io meditavo come forse i soli americani possono fare filmi storici. Essi hanno vero senso storico, perchè serbano l'istinto primordiale e profondo della continuità della vita, sino allo schietto e necessario anacronismo. Sono abbastanza nuovi, spregiudicati e freschi per guardare in questo specchio con la commossa felicità dei fanciulli, soffiando sulle ragnatele e la polvere di morte che l'appannano. Alla guisa dei pittori primitivi, imaginano il passato con piena convinzione, in stato di grazia, come una leggenda attuale e presente, che tale si svolse ieri, e tale continua a svolgersi umanamente eterna, oltre la vana illusione del tempo. Margherita G. Sarfatti

Luoghi citati: Corsica, Francia, Parigi, Polonia, Roma, Sant'elena, Varsavia