La nuova aviolinea inaugurata ieri con un felice volo di Ugo Pavia

La nuova aviolinea inaugurata ieri con un felice volo Torino - Bucarest La nuova aviolinea inaugurata ieri con un felice volo L'ottima prova del bimotore metallico Fiat 6.18 II nostro inviato ci telefona da Bucarest: Siamo partiti da Torino stamane alle 8,25 ed abbiamo atterrato a Bucarest alle 17,40.'Il volo di inaugurazione di questa nuova linea internazionale, che viene a dare sempre maggiore importanza a Torino, quale centro di comunicazioni aeree con tutte le capitali di Europa, non poteva riuscire più regolare, più perfetto, più piacevole. Abbiamo lasciato a Torino un cielo grigio, plumbeo, imbronciato, che minacciava pioggia e temporali, e, subito dopo avere sorvolato Novara, un bel sole ci è venuto incontro per accompagnarci fino all'aeroporto di Milano. Torino-Milano, un attimo. Il tempo di essersi sprofondati nelle comode poltrone, di avere intavolato un discorso con i compagni di viaggio, il conte De la Forest, vice-Podestà di Torino, il comm. Colonnello Biondi, consigliere delegato della Società Aviolinee italiane che ha la gestione anche di ■questa nuova linea con Bucarest, l'ing. Farini, vice-presiderite del « Gino Lisa », ed il collega ed amico Guido Pallotta. Come in un salotto A Milano si scende. Il gruppo dei viaggiatori si infittisce di un rappresentante del Ministero dell'Aeronautica, di un rappresentante della Città e dei cotleghi Pellegrini e Villa. Riprendiamo posto sul Fiat G 18, una potente aeromobile a due.motori di 750 cavalli ciascuno, munito di tutte le comodità che si possono desiderare per una lunga crociera aerea. Nella cabina salgono anche viaggiatori che vanno a Venezia, a'Zagabria, a Belgrado o, come noi a Bucarest. L'apparecchio ha preso quota e fila senza scosse. Abbiamo un equipaggio di prim'ordine. Col comandante capitano Besùh, un asso del volante, lo stesso che lo scorso anno ci ha accompagnati in tempo dì primato nell'inaugurazione della linea Torino-Parigi, il secondo pilota Arzani ed il marconista Grtson La cabina è un comodo salotto. Qualcuno ha allungato lo.schienale della poltrona, si è messo sulle gambe la coperta da viaggio e schiaccia un sonnellino per riparare all'inconveniente di essersi alzato troppo presto. Altri leggono il giornale, altri col volto incollato al finestrino guardano il paesaggio che sfila sotto il velivolo; altri ancóra chiacchierano allegramente, poiché nonostante la potenza, dei motori, nessun rumore giunge in quel piccolo, ma elegante ed accogliente ambiente che è la cobina. Vi sono le bocchette per la presa d'aria condizionata nel ca so che qualcuno soffra di mal di aria; ma nessuno se ne serve. Segno che tutti stanno benissimo. Di tempo in tempo, qualcuno indica una delle città che sorvoliamo. Ecco Brescia, poi Verona con l'Are-. na che, di quassù, sembra una scodella; il lago di Garda, simile ad uno specchio argenteo, che due battelli solcano. Ma quando giungiamo sopra Venezia anche colo-} ro che prima sonnecchiavano o leggevano si sporgono per ammirare il magnifico spettacolo che la <■ Regina dell'Adriatico » presenta a chi la vede dall'alto. L'apparecchio scende a larghe spire e sotto la mano maestra del ' capitano Resch si posa con invidiabile dolcezza sul campo. Quivi ha una sosta più lunga per la re'visione dei passaporti e la dogana. E' una cosa inevitabile é indispensabile. Bisogna mettersi inv fila, ciascuno davanti alle proprie valigie; per me il compito è semplificato. A Milano, per un errore, la mia valigia è stata caricata su un altro apparecchio e, così mentre noi proseguiamo per la Romania eàco che i miei indumenti viaggia no alla volta della Capitale. Per ora non ne sento la mancanza anzi, questo diversivo desta l'ilarità in tutta la comitiva. Ma quando avrò bisogno di una camicia, di un fazzoletto o di un pigiama o di un paio di calze, forse mi rammaricherò di doverli comprare. Ma queste, sono inezie. Terminate le formalità, riprendiamo posto sull'apparecchio che ora si dirige su Trieste. Nè Trieste né Fiume sono visibili. Sotto di noi si stende un ammasso di nuvole che possono sembrare, a volontà, palle di cotone idrofilo o panna montata, oppure una banchisa polare. Certo è che questo'velario ci impedisce ogni visuale. Solamente dopo un'ora e più di rotta la cortina densissima lascia intravedére avvallamenti o montagne; poi tutto scompare, totalmente; ed eccogi a Zagabria. La prima città jugoslava che incontriamo. Sopra la Jugoslavia Mentre il Fiat G. 18, con sicura manovra atterra, vediamo svento lare sulla facciata della stazione dell'aerodromo la bandiera italiana accanto a quella jugoslava. Appena messo piede a terra ecco che i fotografi ci prendono di mira. E' questa ormai una malattia internazionale. Vengono a porgerci un cordiale saluto il sindaco dott. Peic, il generale comandante la Quarta Armata 8. E. Jurìsic, il comandante l'Aeroporto colonnello Palovic, un rappresentante del prefetto, Mosciuski, il console generale d'Italia gr. uffGobbi. Anche qui, timbro di passaporto e apertura di valigie; offerta di un rinfresco, presentazioni e conversazioni cordialissimeTutti ci chiedono: «E il viaggio ? »« Magnifico », risponde ciascuno. Si ritorna all'apparecchio. Il comandante Reisch guarda l'orologio ed è impaziente. Una rapida corsa. Già il velivolo si libra nell'aria, quando, con sorpresa deviaggiatori, riprende terra. Perchè f, ci si domanda. C'era stata una dimenticanza. Uno dei passeggeri era rimasto a terra e correva sul prato, con l'illusione dpoterci raggiungere. Dal camphanno fatto delle segnalazioni, chhanno indótto il pilota ad atterrare. Il viaggiatore è ora con noed è affannato per la corsa fattatua sorride, abbandonandosi nelltnorbida poltrona, "Una rapida corsa, e ti C 1* in aria, per proseguire il viaggio. Seguiamo il corso della Sava, una vallata che, sotto certi aspetti ci ricorda quella del Po. E filiamo a tutto regime. Ad un tratto vediatoo un altro corso d'acqua, tutto allarghi, strozzature, isolette e gomiti serpeggiare nella piana. E' il Danubio, le cui onde blu sono esaltate nel valzer di Strauss. Ma, oggi, le onde del Danubio sono di un bel color caffelatte e i battelli che solcano sembrano, da questa altezza, nere festuche. All'imbocco dei due fiumi ecco distendersi un mare di case, dai tetti rossi, o color di ardesia. E' Belgrado. L'apparecchio sorvola la città per raggiungere il campo. Anche prima di scendere notiamo i colori italiani sventolare sulla facciata della stazione. Sono a ricevere le autorità e personalità italiane che porta il « G. 18 », il Ministro d'Italia S. E. Indetti ed il personale détta Legazione, il Capo dell'Ufficio Stampa al Ministero degli Esteri Busancic, il Presidente dell'Aeroporto comm. Pils, il direttore Soudermain, molte altre personalità, e ufficiali di aviazione jugoslava. Io mi trovo fra le braccia del corrispondente de La Stampa a Belgrado, il collega Alfio Russo, U quale ci presenta ai giornalisti del luogo. Ci viene offerta una colazione fredda che è. ben venuta poiché da molte ore non abbiamo rotto il digiuno. Poi il Presidente comm. Pils rivolge cordiali, calorose espressioni di benvenuto agli ospiti, e a lui risponde il colonnello Biondi, ricambiando cortesi parole. Lasciamo Belgrado, e, dopo un'ora e mezzo di volo regolarissi7ìw, non .mai superando la quota di duemila metri, siamo verso Bucarest, sorvolando una piana ubertosa, che il Danubio solca capricciosamente. Sappiamo che stamane dalla capitale romena è partito alla stessa ora cui noi lascia¬ vamo il Campo di Mira fiorì, un apparecchio romeno, che fa servizio, insieme alla Società Aviolinee Italiane, su questa linea. Ci eravamo fatti l'illusione di incrociarlo, ma le vie dell'aria sono troppo vaste, e noi non l'abbiamo veduto. Abbiamo perduto ormai la speranza di vederlo perchè siamo già a Bucarest. L'atterraggio è dolcissimo. Non possiamo.a meno di dire un « bravo » al comandante Reisch e ai suoi ufficiali di equipaggio: Qui, ad attenderci, è il Console generale Sora, il luogotenente generale Diamanti, l'ispettore dei Fasci Italiani all'Estero, il Sindaco Julian Peter, il presidente detta Società Romena Lares, il comm. Popovic, il principe Valentino Bibesco, il presidente della Federazione Aeronautica Internazionale, il generale Negresco direttore superiore dell'Aria, il direttore della Fiat a Bucarest conte Rivetta, altre personalità e, colf comandante del Campo molti ufficiali e numerosi giornalisti, fra cui i colleghi italiani Costa e Trandafilo. , Le accoglienze sono più che calorose. Il nostro primo viaggio, e, cioè, l'inaugurazione della lìnea è il tema delle conversazioni che si svolgono sul campo e proseguono poi mentre in auto entriamo in città. Vista dall'alto, Bucarest ci era apparsa bètta; osservata da terra lo è ancor di più. Ma non è nostro compito descriverne le attrattive. Per noi importante è che la linea Torino-Bucarest sia ormai felicemente inaugurata, e da oggi apparecchi condotti da piloti italiani e romeni percorreranno regolarmente ogni giorno questi 1700 chilometri di linea d'aria per attivare i traffici di merci e di passeggeri dette due nazioni e di quella jugoslava, in cui gli apparecchi fanno scalo. Ugo Pavia