IL DUCE HA FONDATO POMEZIA

IL DUCE HA FONDATO POMEZIA Sorge il quinto centro dell'Agro Pontino IL DUCE HA FONDATO POMEZIA "Una cerimonia come questa non tollera discorsi. I fatti sono sempre più eloquenti dei discorsi. Ricordate che il ferro - quello delle spade e quello degli aratri - vale e varrà sempre più delle parole,, Roma,. 25 aprile. A meno di sei anni di distanza dalla nascita di Littoria, il primo comune dell'agro, oggi capoluogo della nuova provincia pontina, il 'Duce ha fondato la quinta ed ultima città della vasta pianura riscattata alla vita: Pomezia, che sorgerà sulla via Laurentina a circa venticinque chilometri da Roma, in vista del Tirreno, poco lungi dall'antica sede del re Latino; località quanto altra mai bella per ampiezza di panorami e-per dolcezza di orizzonti: tutto uno svariare di campi ondulati, biondeggianti di messi e verdeggiante di macchie di lecci e di querce.- Folla pittoresca La cerimonia della fondazione ■ ai è svolta secondo il rito ormai ■ tradizionale. Il-perimetro di quello che sarà il futuro comune è stato [delimitato da una fila di alti pali verniciati di bianco, fasciati dì bosso e di mortella, pavesati di ■grandi bandiere tricolori. Due grandi fasci littori tutti tappezzati di fronde, le scuri aguzze lampeggianti nell'argento al sole primaverile, indicavano l'ingresso al vasto quadrilatero nel cui centro sorgeva una 'capace tribuna che si 'prolungava anteriormente in un podio riservato al Duce. Tribuna e podio erano esternamente rive stiti di fronde e di rami da cui pendevano ricchissimi esemplari delle rigogliose frutta dell'agro, arance e mele. Faceva da spalliera alla tribuna un denso spiegamento di bandiere. Incontro si ergeva uno striscione bianco con la scritta « Opera nazionale Combattenti. Fondazione di Pomezia, 25 aprile Anno XVI». Una gran folla serrava la tri buna da ogni lato: militi, fiera distesa di elmetti lucenti, Camicie Nere coi labari dei Fasci di Combattimento, contadini e operai levanti in alto, come insegne di guerra e di vittoria, le vanghe, i badili, le zappe; Giovani Fascisti, Avanguardisti e Balilla da cui si irradiavano ondate canore di vibrante entusiasmo, e massaie rurali, legati intorno al collo gli azzurri fazzoletti con la spiga d'oro, emblema della nuova provincia. Fra queste era il gruppo delle donne in costume, nota sgargiante nel vivido quadro: ampi drappeggiamenti di gonne di seta, ridondare di pezzuole e di fazzolettoni, preziosi ricami sugli alti corpetti. Quelle della prima fila recavano anche ceste colme di frutta e grandi fasci di fiori da offrire al Duce. Il Duce II. Capo del Governo è giunto alle 16, accolto dagli squilli regolamentari dei reparti in armi e dal festoso clamore della folla. La scena è stata subito tutto un colorito rimescolio, su cui si è levato il clamore della invocazione: «Duce! Duce! ». Seguito dalle autorità, fra cui erano Ministri e Sottosegretari, il Ministro Segretario del Partito, il Presidente della Camera Costanzo Ciano, il Maresciallo Graziarli, • il Capo di Stato Maggiore della M.V.8.N. gen. Russo, il capo della sua segreteria particolare S. E. Sebastiani, il Capo del Governo ha passato in rivista i reparti armati schierati in- servizio d'onore. Quin¬ di è sostato entro un apposito re^ cinto a osservare il plastico della futura città, illustratoGli dal commissario governativo per l'opera Combattenti, S. E. Araldo di Crollalanza. Per la breve scaletta, fra le rinnovate acclamazioni della folla, il Duce è poi salito sul podio. E' apparso alto su tutti, in pieno sole, in uniforme fascista, il braccio levato nel saluto romano al popolo festante e ha indugiato un istante ad ammirare, da quel felice osservatorio, tutta la vasta zona circostante, rendendosi conto dell'amena posizione prescelta per il futuro comune. Dal podio il Duce è disceso nel campo avvicinandosi a un tavolo sul quale era posata una pergamena. Egli ha apposto la firma sulla pergamena, quindi l'ha deposta nella cavità di un blocco di marmo murandola Egli stésso con pochi colpi di cazzuola. Si è avvicinato il .sacerdote che era il vicario stesso di Albano, e rappresentava il cardinale Granito di Bélmonte, e ha benedetto la pietra propiziando il favore celeste a questa nuova creazione. della umana, fatica e pronunziando un breve discorso, esaltando la civiltà del Fascismo e la gigantesca opera del Duce. Un attimo ancora, e fra uno stridore di carrucole la pietra saldamente legata a una corda scorrente in cima a una « capra », è stata fatta cala re in una fossa, coperta poi da poche palate di terra. Il compimento del rito è stato commentato dal canto del popolo, che ha intonato l'inno a Roma. Intanto, fra sibili laceranti, si mettevano in moto sobbalzando sulle ondate della terra sfranta, squadroni di trattrici agricole, rimorchiando gli aratri. Più lonta no, fra un rimbombare cupo, una fitta successione di-esplosioni segnava mano a mano che veniva no fatte brillare le mine, il solco della nuova grande arteria che collegherà Pomezia a Roma da un lato, e a Littoria dall'altro. f La parola del Capo Mentre questa celebrazione si svolgeva, il Duce è risalito sul podio investito dalle grida sempre più entusiastiche della folla. Hanno squillato gli attenti, comandando il silenzio, e nel silenzio è risuonata alta e vibrante la Sua parola. Egli ha detto: « Per tutti i rurali italiani — che sono alcune diecine di milioni — e io mi vanto soprattutto di essere un rurale — dalle Alpi alla Libia, oggi è un giorno di festa. Si fonda il quinto Comune dell'Agro Pontino e dell'Agro Romano, entrambi oramai redenti dal vostro braccio e dalla nostra volontà. « Una cerimonia come questa non tollera discorsi. I fatti sono sempre più eloquenti dei discorsi. Ricordate che il ter ro — quello delle spade e quel lo degli aratri — vale e varrà sempre più delle parole ». Nuove acclamazioni, nuovo entusiasmo, nuove grida impetuose,^ Intanto il Duce si volgeva.verso la tribuna è scorgeva un gruppo di studenti giapponesi, ospiti in questi giorni di Roma, e intervenuti alla fondazione di Pomezia nel palco stesso che aveva accolto i rappresentanti'dèlia stampa. I giovani l'acclamavano con fervido slancio gridando in italiano: « Viva il Duce! ». Mussolini ha levato il braccio nel saluto romano rispondendo: «Bandai.'». Egli ha quindi staccato dal festone che rivestiva il podio una mela, l'ha spolverata con la ma no e l'ha addentata con tutta la buccia. Il gesto ha trovato subito imitatori, e in un attimo tutte le frutta del festone sono state strappate da centinaia di mani Quelle più alte, a cui la folla che era sul prato non poteva arrivare, il Duce stesso le ha. staccate, gettandole alla moltitudine che si protendeva verso di Lui. Ad opera di un gruppo di volonterosi, si .è fatto, ora uno spazio libero nella ressa. Gruppi di contadini in costume lo hanno invaso, agitando i tamburelli e intrecciando le danze. Al suono di una fi sarmonica i rurali del Lazio hanno avvicendato, dinanzi agli occhi del Duce, le gustose e colorite figure dèi saltarello. Il Duce è sceso per-vedere lo spettacolo più da. vicino, si è mescolato ai danzatori e al popolo, si è trattenuto con donne, bambini, contadini, in cordiale semplicità. Qualche donna tenta di afferrarGli la mano per baciargliela, qualche altra Gli confida, arrossendo, il desiderio di ballare con Lui (ma-il Duce osserva che manca lo spazio ora che tutti Gli si stringono intorno; sarà per un'altra volta), una terza protende verso di Lui, alzandolo a forza di braccia, sulte teste del- la moltitudine, il proprio bambino perchè lo veda. Tutti sembrano elettrizzati dalla gioia di poter,vedere il Duce così da vicino, di poterGli parlare con tanta libertà e facilità, di poterLo avere, sia pure per pochi mintiti, tutto per loro. Il Duce ha voluto anche che i contadini e le contadine cantassero per Lui le loro belle canzoni, ed è accontentato. Egli stesso' ha segnato il tempo ai facili ritmi, così come prima aveva segnato il tempo, battendo le palme, al saltarello. Anche questo manda in visibilio tutti i convenuti. Infine il Capo del Governo si libera dall'affettuosa stretta della folta, raggiùnge il podio, sosta ancora un attimo a salutare, si avvia. Prima di lasciare il luogo ove sarà un giorno Pomezia, Egli passa in rivista un reparto della Milizia confinaria che si trova in questi giorni a Roma e figurerà alla grande rivista militare di via dei Trionfi; in onore del Filhrer. Il Duce ascolta i militi mentre cantano gli inni nazionali; poi chiede che intonino le belle canzoni alpine. Così al battesimo di Pomezia, celebrato in una splendida giornata di sole sulle rive azzurre del Tirreno, sono risuonate anche le strofe nate' sulle montagne d'Italia, quasi pegno di affetto per il nuovo Comune rurale da parte delle antiche e salde popolazioni che montano la guardia alle porte della Patria. lpedtfpcrescttsf MUSSOLINI PONE LA PRIMA PIETRA DI POMEZIA ;(Telefoto). LA FOLLA DEI RURALI DELL'AGRO 81 ADDENSA INTORNO AL DUCE ACCLAMANDO ;( Telefoto)'.