La scomparsa dei denari e dei titoli di Stato

La scomparsa dei denari e dei titoli di Stato 31 mistero di un'eredità La scomparsa dei denari e dei titoli di Stato La cassaforte del morto nella volta della cantina e nel fornello della cucina — La sorpresa in un materasso -- La condanna di un coerede T Decedeva nella vicina Giaveno il 30 agosto dello scorso anno l'agricoltore Francesco Bruno Ruffino di 70 anni. Con testamento pubblico del 16 gennaio 1930 il Ruffino lasciava eredi alcuni suoi nipoti. Alla sua morte però non venne trovato un centesimo delle presunte sostanze; tra le vecchie carte però vennero trovate note di Titoli dello Stato ed un foglietto di questo tenore, le une e l'altro di pugno del Ruffino; « Le cedole sono nel centro della volta della seconda cantina dove c'è un punto nero; i libretti della Cassa di Risparmio si trovano in due scatole nei buchi del fornello della cucina. Ciau ». Ora gli eredi non trovarono nulla a malgrado di ogni più diligente ricerca. Nel luogo indicato con un punto nero trovarono bensì un buco ma era vuoto. Dove erano andate a finire le 100 mila lire che si diceva possedesse 11 Ruffino ? Fra i nipoti e pronipoti coeredi sorsero sospetti e quindi minacce di ricorrere all'Autorità Giudiziaria perchè facesse luce nella intricata e misteriosa sparizione dell'eredità, allorché a complicare vieppiù la vicenda ecco saltare fuori una lavandaia la quale aveva avuto l'incarico di lavare le materassa.- Essa tutta affannata disse agli eredi: « Ecco che cosa ho trovato nascosto nelle materassa: 46.000 lire di Titoli! ». Chi ve li aveva riposti? Mistero assoluto. Una pronta e diligentissima istruttoria venne aperta dalla nostra Procura del Re che portava all'arresto, circa tre mesi or sono, di certo Giovanni Gili, di 40 anni, pronipote del defunto, che veniva rinviato al giudizio del nostro Tribunale. Risultò durante l'istruttoria che costui era in possesso di un libretto della Cassa di Risparmio di 13.000 lire di proprietà del Ruffino. , — Il libretto me. l'aveva consegnato pochi 'giorni prima di morire — disse. L'istruttoria appurò ancora che il Gili era in possesso di un testamento del Ruffino, fatto tutto a suo favore. Senonchè esso era nullo perchè senza data. Perchè mai il Gili non ebbe a farlo valere? Sapeva della sui nullità? E perchè aveva ritirato dal libretto della Cassa di Risparmio le 13.000 lire che sarebbero dovute per toccare agli eredi del morto ? E come mai 46.000 lire di Titoli erano finite nel materasso? Come si è detto, il Gili veniva tratto in arresto e rinviato a giu-r dizio sotto l'accusa di sottrazione di sostanze ereditarle. Egli ha negato ogni addebito ed ha protestato vibrantemente la sua innocenza. L'ottava Seziono del Tribunale (Pres. il Barone Scalfaro; P. M. il Cav. Cassina; difesa avvocati Farinelli e Verdirame e Parte Civile gli avvocati Scaletta e Camoletto) ha ritenuto il Gili responsabile del reato ascrittogli e l'ha pertanto condannato ad un anno di reclusione senza il beneficio della condizionale, oltre al risarcimento dei danni ed alle spese di costituzione di Parte Civile. nvcrvgitdPrgcgplmPcèOVsgaczpdcdtcsfrdddle| cnsAutomobile contro un autocarro Ieri mattina l'artigiano Mazzino Petri fu Elio, d'anni 50, abitante in via Orvieto n. 20, percorreva a bordo della propria automobile la via Principi d'Acajà, quando nell'attraversare il corso Vittorio Emanuele II, la vettura si scontrava con l'autocarro targato 54169-MI, della ditta Brugnolo di Milano, pilotato dall'autista Alfredo Defendi fu Giovanni, d'anni 30, residente a Milano, in via Sciesa 7Mdltagmcgdcsspsfttlq n. 21. Nellurto lautomobile veniva sfasciata. Alcuni passanti, precipitatisi in soccorso del guidatore, avevano la grata sorpresa di vedere uscire dalla vettura il signor Petri, quasi incolume. Egli, infatti, recatosi all'Ospedale Martini, venne, dal dott. Sacco, giudicato guaribile in pochi giorni Postumi di Pasquetta Due occhi « neri » e numerosi graffi Il giorno della tradizionale « merenda » è ormai trascorso, ma ognuno chi più chi meno serba ancora il ricordo dell'allegra compagnia, della gita campestre, del pranzo sull'erba o in trattoria, delle abbondanti bevute... Naturalmente per qualcuno il ricordo di Pasquetta può invece essere spiacevole: di questo parere almeno lo è certamente la ventunenne Tullia Oddone in Gatti, abitante in via Vigone 42, ed ognuno di noi nei suoi panni penserebbe come lei. Figuratevi due echimosi al viso. una a destra e l'altra a sinistra, il tutto con contorno di numerose escoriazioni; ce n'è più che abbastanza per non serbare un buon ricordo della gita. Tutto questo suo rancore la donna lo ha scodellato al dott. Vistarini all'ospedale Martini ove si è recata a farsi medicare ieri con un po' di ritardo, ma sempre in tempo per sfogarsi e farsi medicare. Colpevole il marito Ferdinando Gatti fu Giuseppe, d'anni 30, meccanico. Di ritorno dalla gita il marito, a quanto ha dichiarato la moglie, istigato dalla madre, avrebbe colpito a pugni e a schiaffi la moglie. Motivo? E chi lo saà Daltronde tra moglie e marito è meglio non ficcare il naso. Cosi avesse fatto anche la suocera! Sotto il segno del leone... Solo contro il tram tutto Un giorno di solleone — era il 7 di agosto — il signor Tullio Di Maio, d'anni 45, di Palermo, residente nella nostra città, sali con la sua figliuola su una vettura tranviaria della linea 16. Poiché aveva con sè una valigia e un fagotto, il bigliettario Michele Cappello lo invitò a pagare il supple mento, ma il passeggero si rifiutò di farlo, come rifiutò pure di sistemare l'una e l'altro in modo che non impicciassero. Ne nacque un bisticcio nel ' corso del quale scappò detto al Di Maio un epiteto ingiurioso all'indirizzo del tranviere. E il bisticcio si protrasse sino a piazza Statuto, dove vi entrò di mezzo il capolinea Giulio Ponzano, ma con poco successo, se quello stesso epiteto toccò anche a lui. Invitato a dare le sue generalità, il passeggiero oppose un diniego; i passeggeri furono invitati a scendere; stava per farlo anche l'irascibile individuò, quando intervenne in mài punto 11 manovratore ad azionare svelto il congegno di chiusura. Vistosi chiuso in trappola, il Di Maio azionò a sua volta un'energica scarica di pugni, e uno di essi, piuttosto considerevole, si che lo indusse a rifletterci su per otto interi giorni, toccò al manovratore, il sessantenne Luigi Girola. Davanti al Pretore Scarpelli, l'imputato, denunciato per ingiurie dal Cappello e dal Ponzano e querelato dal Girola per lesioni, ha ieri sostenuto d'essere stato aggredito e di non aver fatto altro che difendersi. Sei mesi di reclusione e mille lire di multa."

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