La grande battaglia di Giovanni Artieri

La grande battaglia La grande battaglia g d e i i (Da uno dei nostri inviati) Tortosa, 19 aprile. La battaglia di Tortosa si è conclusa ieri sera alle 8,S5, quando le Camicie Nere della Divisione italiana « SS Marzo » comandata dal generale Francisci, sono arrivate ad Arabal de Cristo, che è uno dei quartieri esterni di qua dell'Ebro, sulla riva destra. Di questo gloriosissimo quadro di guerra, che è costato molto sangue e grandi sacrifici ed ha provata la forza delle Fanterie ■ italiane in uno dei tratti più difficili, se non il più difficile del conflitto spagnuolo, è bene, prima di passare alla narrazione dell'ultima fase, ricordarne i lineamenti. Ottanta ore di lotta /I primo aprile i Fanti della « SS Marzo » entrarono in Gandesa e in quello stesso pomeriggio, verso le l6,.'f0, riagganciarono il nemico che oppose la prima fascia di resistenza sulla costa delle sierre, al Puig del Caballo. Si combattè allo sbocco delle strade di Gandesa e per i campi che danno sulla rotabile verso le tenebrose gole di Montenegrelo; il possesso materiale di Gandesa esigeva quella durissima e rapidissima presa di posizione che il generale Francisci ordinava si effettuasse in due ore. E in meno di cento minuti i carri armati, i mitraglieri e un battaglione scalarono la montagna, ricacciarono il nemico sulle vette interne e dominarono il coronamento di Gandesa. Ma la battaglia per passare l'aspra catena, non era che all'inizio. Il giorno due aprile le colonne della « SS Marzo » si mettevano sulla strada di Pinella, mentre la « Littorio » e le « Frecce » proseguivano per la rotabile in fondo valle. La Divisione Francisci occupava Pinella e la linea ferroviaria per Tortosa, mentre i Fanti del generale Frusci, allora comandante della « Littorio » per la degenza di Bergonzoli, arrivavano a Prat de Compte, nel cuore della montagna, si allineavano per le strade secondarie verso Horta e arrivavano a Valderrobres per stabilire il collegamento con le colonne del colonnello Escamez, manovrando sulla destra. • Da Prat de Compte, le Fanterie nostre avanzarono ancora per la rotabile generale, ma, inoltratesi nel labirinto di burroni, strapiombi e valloni, dovettero rallentare l'avanzata e trasformare il loro stile da guerra rapida in una azione di tipo alpino, quanto mai' aspra. I giorni quattro, cinque e sei aprile furono fra i più duri della battaglia; le divisioni nemiche, e principalmente le famose tre brigate di Lister, la prima, la nona e la centesima, munite di una quantità eccezionale di armi automatiche, indirizzate da una disciplina ferrea verso il fuoco italiano — i miliziano non avevano da scegliere che il combattimento o il mitragliamento immediato alle spalle — resistettero tenacemente. Furono le ore di fatica più grate. Dopo ottanta ore circa di lotta continua, in cui l'artiglieria prodigò poderosamente i suoi tiri perfetti e precisi e l'aviazione si cimentò anche essa con la montagna, una manovra di avvolgimento risolveva la situazione. I Legionari occuparono Vente del Faxia, Col de Muso sulla destra della ro tubile, la Casiila del Peon Carni nero, ai chilometri 25, 2!, e SS da Tortosa. La manovra avvolgente La seconda battaglia di logo ramento,.sebbene di raggio più ri stretto e di più breve durata, avviene al Puig, altro poderoso pilastro di resistenza. Un reggimento della « Littorio » occupa Pauls il giorno otto. La colonna nazionale di Garda Escamez avanza anche essa per i monti e occupa il vii- e a o e i o e o a e i n e e o a o i a a e e r e a i e o i' i a e a a o l e a rao a, o a o i vao il e he i- laggio della Coscollosa e il vertice di Espina. La battaglia subisce una battuta di arresto. Non si ritiene necessario forzare gli sbarramenti in fondo valle, dinnanzi a Cherta. Il nemico è di là dal fiume e batte il fianco dei Legionari, e suibat tenti montani che chiudono la porta magica della Sierra. Occorre una vasta manovra di aggiramento di portata e ampiezza vastissime, per obbligarlo a rifugiarsi dietro la protettrice trincea mobile dell'Ebro, e aliata si approfitta della liberazione di quel vastissimo settore più a sud, che mena al Mediterraneo in direzione di Vi naros. Si avvia la Divisione del generale Volino, resa autonoma, verso Amposta; e una colonna celerissima, agli ordini del generale Francisci che, risalendo verso Tor tosa dal settore di Santa Barbara, raggiunga sulla Sierra de Caro, che è l'ultima catena prima della grande pianura che forma l'Ebro in prossimità della foce, Mas del Barberans e, per strade di montagna, punti diritta su Tortosa. In questo modo la città viene investita dai nord lungo la strada di Gandesa, dal • centro lungo la direzione del Mas del Barberans e dal sud lungo la strada di Amposta. La manovra tende a tagliare fuori dell'Ebro tutte le forze — circa undici brigate — che sono dislocate sulla riva destra, per opporsi ai Legionari italiani e aila Divisione Volino. Le vie di comunicazione M queste truppe con le proprie basi sono costituite dai tre ponti di Tortosa e ■ dal ponte di Amposta. L'aviazione riesce, con precisi bombardamenti, a fracassarne due, isolando in questo semplice modo parecchi reparti rossi della 73.a brigata; due sono tuttavia intatti all'approssimarsi dei Legionari. Miracolo di celerità E siamo al mattino del 17: Pasqua. La colonna rapida di Fran cisci nasce da una improvvisa de terminazione e viene organizzata in poche ore. Il quinto reggimen to della « SS Marzo », comandato dal colonnello Conticela, un bat taglione della « Littoria », due gruppi di artiglieria, un gruppo di anticarro, uno di antiaerei, sono chiamati con il raggruppamento carri e mitragliatrici della colonna Bambini a farne parte. La colonna si deve spostare rapidamente, il più rapidamente possi bile. Il successo dipende dalla velocità. Si tratta di percorrere da Pinell, sulla riva dell'Ebro, un grande arco attraverso i monti del Maestrazgo. Occorre trasportare tutto con sé, e non solo armi e munizionamenti e viveri, ?ua bensi benzina, stazioni radio ecc. I paesi da attraversare sono stati lasciati dal nemico alcuni da due giorni, altri da qualche ora. Non si tratta di retrovie che per modo di dire. Così siamo andati nella notte, per le strade della montagna, da Gandesa a Morella, poi giù fino a La Cenia, un villaggetto liberato qualche ora prima dai nazionali della colonna Valvìo. Una pioggia di primavera allevia la marcia dei Legionari, che già da dodici ore, durante tutto il torrido giorno, avevano risaìtlo la Sierra fino al bivio per Alcaiiiz. All'alba erano già sulla strada del Mas del Barberans. Lo spostamento era durato quattordici ore. Un miracolo di celerità. Sulla strada di Mas del Barberans, i colossali autocarri si sono fermati, hanno scaricato i carri leggeri, le truppe di artiglieria, i cannoni anti-carro. La formidabile migrazione da Pinell a Gandesa e, di qui, fino alle pendici della Sierra de Caro, al margine della pianura, era finita. Toccava ai soldati andare a piedi e in ordine di combattimento. L'ultima occupazione si è fermata a Mas del Barberans, presa dopo qualche resistenza alle 10J.5 di ieri. Anche nella notte il ne¬ i e l o o . o i i i e a 5 ¬ mico nel settore della Galera ha reagito e vigorosamente. E' comparsa una brigata di Lister da ' questa parte. Evidentemente, di là, ha avuto sentore della manovra. Sulla strada della Galera, che è un villaggetto sulla Sierra; è stato preso da pochi mi nuti un porta-ordini rosso, che ha sbagliato la via ed è venuto con la sua motocicletta fino allo sbarramento della Tercio de S.' Marciai. Ha tentato di fuggire ed è stato freddato sul colpo. Addosso gli hanno trovato un documento, con la completa dislocazione dello schieramento avversario. A - stare a quella carta i rossi avrebbero dovuto resistere e non lasciarci passare a Mas de Barberanus. infatti, in quell'uliveto si è tentato di arrestare la marcia dei navarrini; si avrebbe voluto creare una linea di sostegno di qua dall'Ebro; e si segnalava la presenza della centesima brigata Lister dalla parte nostra; la colonna . celere italiana- ha messo piede a terra, come ho detto nella mattinata di ieri l'altro. . Nel pomeriggio il quinto reggimento avanzava già sulla Stretta della Sierra de Caro. Ci siamo messi per il fratturo montano, che mena alle pendici del Restell, e abbiamo marciato lungo la strada pedemontana. In piano la prospettiva immensa, color violetta della pianura. A destra il massiccio dal quale le creste ci guardavano mute. Sulla strada di Regues sono venuti fuori i rifugiati, le donne, gli uomini. Quando sull'imbrunire siamo arrivati al Ponte di Arabel de Cristo Y Roqueta, cioè a Tortosa, (mancavano 1509 metri), una piccola folla si stringeva intorno al generale Francisci, al colonello Gambara, al tenente colonnello Bonini ed agli altri ufficiali con i quali marciavamo in punta alla colonna, , La truppa.camminava secondo l'ordine impartito da Francisci, éu di un disegno approssimativo di losanga. Il quinto reggimento in testa, col raggruppamento veloce di Babbini all'estrema ■ avanguardia; un battaglione per ciascuno dei vertici laterali e il battaglione della « Littorio » in retroguardia. Una 'formazione come si vede di cuneo romano, che penetrava rapidamente nel territorio nemico, scrostando dai lati le resistenze che diventavano man -mano più fitte. Finché a un'incassatura della strada prima di Arabel de Cristo, si è ingaggiato un'combattimento durato circa due ore. Appostati sulle colline marginali, i miliziani hanno aperto il fuoco cercando di colpirci al fianco sinistro. Babbini ha mandato avanti i carri che si sono scagliati per un precipizio di sassi, in verticale, correndo a tutto motore. Le mitragliatrici blindate delle torrette crivellavano le fronde già oscure degli u*iveti ai margini della strada. Da Tortosa, di volta in volta, venivano sparse cannonate ricercanti di malavoglia la nostra colonna. La fucileria e le macchine automatiche dei rossi hanno tenuto finché hanno potuto, poi, mentre si stabiliva una.pausa, abbiamo udito lo strepito delle cinghie dei carri che avanzavano verso la città. Garda Valijio, secondo quanto ci dire un radio, è già sui monti di Amposta e apre il fuoco con la sua artiglieria. Noi siamo presso Tortosa. Ma cade la sera e una oscurità nuvolosa e bizzarra immerge la strada in un nero fittissimo. Siamo sul limite del bosco. La truppa cammina silenziosa, invisibile. « Sono scappati! » Col tenente colonnello Bodini ci spingiamo alle prime case dell'Arabel. Delle villette abbandonale di recente. Sulla terrazza di una di esse troviamo una tavola imbandita, i bicchieri a metà pieni di vino, resti di caffè in fondo alle tazze. Un piatto di olive lasciato li, ci serve a calmare la fame della notte insonne e della giornata di poco dbo. Per le stanze, tutto in ordine: gli armadi chiusi a chiave, i lavori di cudto delle donne lasciati al loro posto, intatti. Un uomo, che ieri è stato in Tortosa ed è potuto scappare nella campagna, conferma i nostri sospetti. La popolazione dvile è stata obbligata ad evacuare a Barcellona. Troveremo Tortosa deserta e distrutta dalle artiglieria e dai bombardamenti. La ricognizione notturna si prolunga fino ad un'altra villa, anch'essa intatta e deserta. Vi è un letto preparato che invita a dormire. I carri devono essere già presso i ponti, che sono saltati qualche ora fa, alle 7,S5. E' stato un rombo enorme, preceduto dai tre scoppi dei fornelli dei piloni. Una grande nuvola nera ha seguito il /rotore. /I generale Francisci ha detto: « Sono scappati! », alludendo all'ultima operazione che restava da fare ai rossi, prima di andar via: tagliarsi. le comunicazioni alle spalle. Ma vedremo che non tutti hanno avuto il tempo di filar verso l'altra riva. In effetti, la ma¬ dn novra italiana è stata cosi rapida, il nemico è stato cosi sconvolto dalla fulminante azione dei carri, che ha dato fuoco alle micce prima del tempo opportuno. E' perciò che, ritornando ormai nella più fonda oscurità versò il posto di comando al ponte rotto di Reques, troveremo miliziani a grappoli, armati di tutto punto, ma ormai scorati e stanchi. Uno ce lo porta un carro armato che lo ha preso a bordo, tenendolo sulla torretta presso le mitragliatrici. E' un giovane spagnuolo che vuole a qualunque costo mostrarci i ruolini dèi suo reggimento portati via, tanto per ingraziarsi il nemico, al quale, prima o poi, doveva consegnarli. Il pilota dello stesso carro armato consegna al ■generale Francisd un biglietto in cui <! tenente colonnello della squa driglia lanciata verso il paese an nunzio di essere ai ponti. Sono le 8,25. Tortosa è conquistata. Il colonnello Corticelli lanciò alcune pattuglie per le strade di Roqueta; una sezione di anticarro, col capitano Valentini, va ad appostarsi sulla riva del canale di destra dell'Ebro, in faccia al nemico, a quattrocento metri. Cosi si chiude la notte. Il senso della Patria .Risaliamo alle posizioni avanza te della fanteria sulla strada. In una fattoria andiamo a mangiare una cena sommaria e felice. Cantiamo tutti, dal generale in poi, le canzoni alpine della guerra e della Rivoluzione nostra. In questo luogo di Catalogna, amico ma estraneo, si rinnova dentro di noi il senso della Patria lontana. Fuori, i soldati della « SS Marzo » ve-, gliano, malgrado la fatica. Piccoli, grcndi Fanti, Camicie Nere che debbono fare la guardia e non si possono togliere il gusto di cantare, stasera, che ne avrebbero tanta voglia. Stamattina hanno voluto cantare, intorno al loro generale, acclamando Mussolini come se fosse stato presente lì, all'angolo del deposito di benzina, all'imbocco della città. E sì che le mitragliatrici rosse e i « cecchini », che sparavano con noiosa assiduità dall'alto dei campanili della riva sinistra, cantavano anche essi ed in modo pericoloso. Così siamo entrati in Tortosa, tra rovine fumanti, Legionari canori, strepito di cannoni e di mitraglia. Due tersi della città sono dall'altra parte dell'Ebro. I tre ponti sono saltati. La corrente del fiume, grossa, gialla, veloce, scorre tra noi e il nemico. In città ci siamo incontrati con le « Frecce » che venivano dal nord e avevano preso per la montagna di Cherta. n fiume ormai è .la linea di confine. Quando lo varcheremo, sarà per andare a Barcellona. Giovanni Artieri

Luoghi citati: Arabal De Cristo, Barcellona, Catalogna