Le donne del Giulii

Le donne del Giulii Le donne del Giulii Esiate al mondo nulla di più menzognero delle iscrizioni per lapidi funebriì Eppure, l'immagine della donna, della matrona romana, più comune fra nói, _ a noi viene proprio dalla tradizione tramandata di madre in figlia per i sepolcri della gens nobile: f filò la lana e custodì la casa ». Tra duemila anni, dietro le informazioni di Musocco, il Verano e Stnglieno, a nostra volta saremo, io spero, tutti quanti glori Beati sugli altari, come « padri esemplari », « commercianti integerrimi », i benefattori muni fici », inconsolabili nel pianto, eccelsi nelle virtù, impareggiabili negli affetti di sposo, cittadini, e figli. < . Peccato non esserci proprio allora che, finalmente riconosciuta la nostra superiorità, verremo a nostra volta citati, per vergogna e confusione dei padri, spose « cittadini futuri,, corrotti e degeneri come sempre i coutemporanei e i moderni; insomma, come tutti i vilissimi viventi di tutte le età, in, confronto alla fama post-mortem di tutti gli uomini e donne ben seppelliti. Per saldare questa catena di probabilità consolanti, mi manca purtroppo un solo anello.: la convinzione che i nostri piatti luoghi comuni funerari esercitino sulla ingenuità dei nipoti la stessa suggestione letteraria di quel conciso e forbito latino d'altri tempi. E in fin dei conti, la bel lezza è sempre lo splendore del vero. Una frase così bella, un pensiero così fortemente espresso, non può essere soltanto una impura e semplice bugia. Bap presenta piuttosto quella robu sta e salutare ipocrisia collettiva base delle società forti, e In oe di tanta verità allegorica tendenziale. La donna latina non era tutta contenuta nel compendio rituale della casa e della lana ; ma la società le teneva ritto innanzi que sto immutabile specchio, in cui ella si mirasse per conformarvisi Le donne moderne non sono tut te svelte e sottili, eppure tendo no tutte al figurino conformista della sveltezza. Domi mansit, lanam fecit, era la parola d'ordine ideale. E le più grandi, le più profonde rivoluzioni, cosa raggiungono all'apice del trionfo, se non il mutamento di una parola d'ordine, l'imposizione di un figurino morale rinnovato ? . D'altronde, « custodire i la casa voleva dire a reggerla », co me nell'Emilia la massaia anco ra oggi si chiama « la reggidora » E per i romani lo Stato era la estensione dell a'famigli a, e vi ai riconosceva la cooperazione_ femminile, a tale segno" che le imperatrici — a cominciareda Livia — furono una specie di ministri delle finanze. Nè ai pretenda ohe- questo fonie un degenerato costume, fruttodeli» c corruzione », « rilassamento » o f dissoluzione > sociale dell'impero. Al contrario, più ai risale all'origine, più le donne, fin dalle leggènde della prisca Roma, tengono le prime parti. _ Sotto il patriarcato, legge virile di recente importazione, ai afferma ancora, nei fatti, il vecchio matriarcato delle tribù pri- mitive e delle popolazioni indigene, probabilmente osche e sannite. Probabilmente, ne ritroviamo le non cancellate vestigia nei culti delle antiche divinità femminili, Vesta, la Buona Dea, la Ma ter Matuta, e negli onori supremi, assegnati alle sacerdotesse di Vesta fra le gerarchie dell'ai' ta magistratura. Quando Numa Pompilio, secondo re di Roma, si inspira ai consigli della Ninfa Egeria, io penso che egli prati chi una specie di propiziazione conciliatoria del.matriarcato antico con le leggi dèi patriarcato brutalmente instaurate dal suo predecessore Romolo. Quale importanza decisiva han no per la storia di Boma, Carni! la, Lucrezia, Virginia, causando mutamenti di dinastie e fini di regni 1 E come quelle donne, nel bene e nel male Serissime, prendono parte alla vita pubblica, ardendo per. indomabili passioni politiche: Tullia, moglie e figlia di re, appositamente passa con le dorate ruote del cocchio sopra il cadavere del padre trucidato; e ne viene dato nome di < Scellerata » a quella salita dell'Esquilino, dove più tardi sorgerà la casa dei Borgia. Fulvia trafigge con uno spillo la lingua di Cice rone, il nemico decapitato ; Por zia si ferisce in segreto, per mostrare allo sposo come egli pòssa confidare alla sua silenziosa fortezza anche il segreto della congiura. Per'conto mio, ho sempre pen Bato che anche la misteriosa festa della Buona Dea, dove a nessun uomo, per nessun pretesto, era lecito porre piede, dovesse rap_ presentare la sopravvivenza di ditrdfigInpspe ncirio ngtaLbgdmag uno di quegli antichi aiisteri religiosi del matriarcato. '.Tanto ve> che usava portare ili braccio ngli dei propri fratelli, invece dei_figli propri. E a quelito proposito, osservo come la""successione al trono, nella casa deli Claudi Giulii, si compia sem|.>re attraverso le donne, comini dando da Augusto, figlio della unica figlia dell'unica sorella di Ctt«are. In. queste famiglie, matri* reali per fisiologia, le femmine «sono spesso più numerose" dei mas-.hi, e inoltre i rampolli maschi hanno vita_ effimera. Marcello, liUcio, Gaio, Postumo, o per inferiorità e minore resistenza fisica, o per veleno, scompaiono giovani, pallide larve. Le.donne, longeve, robuste, resistenti, importanti, rimangono in prevalenza.. Livia vive sempre ; pare non deb-1' per succedersi di(\ba morire mai generazioni; vecchissima, ancora dopo la morte di Augusto, il cumulo degli onori continua, anzi aumenta, intorno a lei.. * * Piena di gentilezza è la faccia grifagna .e magra, non bella, non o e o a i o , , . 1 vin (\lo; il quasi angeheato Marcello, a n regolare, ma interessante di Ottavia, per clemenza, oltreché per ingegno degna sorella di Augusto. La sua bontà è inesauribile e, come succede solo alle anime di gran tempra, si affina nella sventura. Marcantonio l'abbandona clamorosamente per Cleopatra, ma ella si occupa anche dei figli di lui, avuti da Cleopatra. Forse avrà pensato, se non detto, la sublime frase di Valentina Visconti, quando adottò, educandolo per suo, quegli che fu poi l'eroi co compagno di Giovanna d'Arco, il Bastardo di Orléans: * E' un figlio, che mio marito dimenticò di farmi ».. Ma chi può disgiungere la sensibile e generosa Ottavia dalla fuggitiva immagine del suo gio vinetto, quel fiero e bel Marcel immortale simbolo della morte in giovanile volto; allegoria di tutto le speranze acerbamente infrante. Non invàno Marcello nella poesia di Virgilio misticamente adombra Gesù. Quando Vh'gilio spiega innanzi a Ottavia il fremito alato della sua invoca-1 zione, quel presentimento della Buona Novella che un Infante annuncerà al mondo, la madre in silenzio '' impallidisce, e si rovescia indietro svenuta. Le indimenticabili parole di Virgilio iridano intorno a quel capo; per sempre, l'aureola della poesia e del pianto; così profondamente umano, da toccare il divino; così fragilmente mortale, da attingere l'immortalità. Marcello per Virgilio; Arrigo VII per Dante ; il Duca di Borgogna per Saint-Simon ; tre principi e tre artisti; tre alte speranze fallite ; tre sogni di redenzione e salvazione per tre imperi, incarnati in tre giovani, recisi dalla morte. 1sorella, Antonia Minore, «orni- Un familiare colloquio raccoglie alla Mostra Augustea il gruppo delle signore Giulie. Sono le due figliole di Ottavia, Antonia Maggiore, largo tipo meridionale, quale ancora oggi si può incontrare nel popolo di Trastevere o a Napoli, faccia aperta e senza mistero. Per contrasto la a e n i l a l , i e e - l ò e a glia alle donne dell'ottocento francese; viene da Parigi, forse può essere una scultura gallo-romana, certo la sua grazia fragile e minuta pare più d'oltre alpe che nostra. La bocca socchiusa, le narici fremebonde, ancora respirano l'alito caldo e profumato. Non ci sorprenderebbe se fosse stata una donnina amorosa della corte di Eugenia o Giuseppina. Ma la fosca tragedia del Palatino irretì e adombrò la sua vita sino all'ultima fine, che si dette probabilmente da sola, stoicamente, dopo avere messo ordine alle cose sue, per ordine dello snaturato nipote Caligola, figlio del suo adorato Germanico. Tutte tragiche le vite di queste dònne travolte nella follia dei Claudii, così antitetica alla moderazione di Cesare e di Augusto. Accanto alle due Antonie, ecco le loro due nuore e nipoti, la fiera figlia di Agrippa e la vezzosa Agrippina minore. Questa riassume in sè i caratteri contradditorii di un'energia indomita quasi maschile; e di una ben femminile sete di piacere, quasi un'arte di amorosa sotto- per mano de) missione. Muore figlio Nerone. Là madre, Agrippina Maggiore il cui ritratto viene da Cirene, con le sue mascelle larghe e salienti appare mascolinizzata, come una vivandiera, dalla consuetudine dei campi e della guerra, dove seguì fedelmente in ogni rischio il marito. Muore esiliata, e forse avvelenata, dal padrigno e cognato Tiberio. Ma la più patetica figura rimane quella di Giulia, figliuola di Augusto. Tutti sappiamp che cosa vogliano dire, anche nel significato comune, per la bocca del popolo, la parola t matrigna » e la parola « suocera ». Figurarsi una matrigna dalla sagace dopqu alita di suocera I piezza, la quale cumuli pure la Rendiamo dunque omaggio di pietà a Giulia, la bella figlia di Augusto, che si trovò insieme figliastra e nuora di Livia. La sua bellezza, tutta grazia e voluttà, istinto e capriccio, ombra e sole, nuvola e sorriso, agli antipodi della bellezza di Livia, mi ricorda quell'altra leggiadra e voluttuosa amante imperiale: Paolina Borghese. Solo che Paolina ebbe Madama Letizia per madre, e non per suocera. Invece, la nuora di Madama Letizia, Giuseppina, andò anche lei a finire ripudiata nell'esilio della Malmaison. Giulia, figliastra e nuora, non poteva non soccombere. Non so consolarmi della requisitoria che Livia, sotto firma di Augusto, inviò al Senato, per farla esiliare, povera morbida creatura d'amore, vissuta e morta giovine nella sitibonda prigione di una isola. E penso con tenerezza alla vera madre, Scribonia, che non si era mai fatta viva nel periodo del suo. splendore, ma al momento della disgrazia impose ad Augusto di venire da lui ricevuta, ed esigette il permesso di accompagnare la figliòla. Morì di maligne febbri, umile eroico cuore, per esserle vicina. Margherita G. Sarfatti

Luoghi citati: Cirene, Emilia, Napoli, Parigi, Roma, Virgilio, Virginia