Acqua per fanùs!

Acqua per fanùs! Nel deserto di sabbia e di sale Acqua per fanùs! La grande notizia del dancalo Domani andremo alia scoperta dei petrolio (Dal nostro inviato) POZZI DEL DUR DUR (Dancalia Meridionale), marzo. Al poggi del Dur Dur la carovana decise di sostare un giorno intero. L'abbeverata dei cammèlli e dei muli cominciò al tramonto, in tre o quattro ore tutto sarebbe stato sbrigato, volendo all'alba si sarebbe potuto ripartire per la tappa successiva, che ci avrebbe portati ai pozzi di Madda fra i monti Korbelli, sugli esatti confini della Costa Francese dei Somali. Il capo alisarù ci aveva usata la cortesia di cederci i pozzi qualche ora prima del convenuto, commosso dai doni\ copiosi che avevamo offerto a Iui| e alla sua gente; e aveva anche ritirato la tribù dalle vicinanze dei pozzi per dare a noi modo di attendarci nel boschetto di acacie che sorge presso l'acqua, magro ciuffo di verde nella grigia uniformità del deserto. Cosentini preferì concedere un intero giorno di riposo a noi e agli animali, duramente provati. Ma il destino era di contrario avviso. Un'udienza Il giorno 4 marzoy che pensavamo di trascorrere beatamente sdraiati sulla brandina all'ombra cocente ma tuttavia confortevole d'un vasto telo teso sulle nostre tende, è stato il più movimentato della spedizione, quello che ci ha dato emozioni più forti, che ci ha affaticati di più, che ci ha visti tornare a tarda notte all'accampamento, accigliati, nervosi, esausti. Beco come-sono andate le cose. Avevamo da' poco finito di cenare. Avevamo mangiato molto allegramente, resi lieti dalle accoglienze amichevoli avute dagli Alisarà, tuttavia sorridenti al ricordo recente delle nude fanciulle dancale che non avevano finito di implorare da noi il dono d'una perlina finché, calando il sole all'occaso, i loro uomini non le avevano spinte a scudisciate, come una mandra, sotto le improvvisate zeribe- di stuoie; e avevamo pranzato anche molto, bene con una ottarda reale abbattuta da Caruso in prossimità dei pozzi, una magnifica bestia tanto bella quanto buona, che ci diede un brodo squisito e una carne bianca e tenera come quella d'una gallina lombarda. Btavo chiaccheranda con Cosentini, seduti sulle soglie della tenda, fumando una sigaretta dopo l'altra, inseguendo ambedue sogni {ontani sorti co me un miraggio dai cieli delle no stre terre e riaffioranti in ricordi che ' il cuore rimemorava commosso; era l'ora più "dolce della giornate, Amed Moamed giunse a rompere quella atmosfera di incanto. Rivolgendosi a Cosentini il piovane interprete dal linguaggio fiorito, dai verbi all'infinito, amante delle belle immagi e delle colorite similitudini,. disse in quel suo linguaggio particolarissimo che un dancalo, un uomo del deserto, ci voleva parlare. Cosen tini ne fu subito molto seccato, temendo, com'era • prevedibile, si trattasse del solito colloquio che l'indigeno chiede al « grande capo » e cioè al residente, per esporgli certe sue complicatissime beghe di donne di acqua e di cammelli e averne in un attimo giustizia. Tuttavia ordinò a Moamed di condurre il dancalo che si presentò a noi nel costume del paese, e cioè tutto nudo, questo veramente tutto nudo. In compenso portava infilata nella lancia la pelle di capra con la quale avrebbe dovuto coprirsi i fianchi; forse era un gesto di cortesia questo che ci Usava, «n segno particolare di riguardo che noi non sapevamo apprezzare in tutto il suo . valore. Saluto all'uso dancalo, prosternandosi di fronte a Cosentini e baciandogli varie volte le mani; poi cominciò il suo racconto che Moamed, interrompendolo ad ogni periodo, faticosamente tradusse. La grande notizia La nottola che ci portava era formidabile e, sopratutto, era verosimile; una nottola che ci fece quasi gridare dalla gioia, se il senso della dignità non ci avesse tenuto i nervi a freno. L'interprete pressapoco cosi tradusse: « Uomo dancalo dire aver trovato in montagna Dakà acqua fanùs. Tanta acqua fanùs scorrere scorrere ieri e oggi: Uomo dire venire prendere acqua fanùs ». Subito non capimmo; poi Cosentini con un balzo sulla sedia mi urlò: vi Appiatti, il petrolio/». /I dancalo alludeva veramente al petrolio. Fanùs è per tutti i nativi di queste terre la libera traduzione del nome d'una nota lampada che funziona appunto a pe trolio e ohe è in Abissinia di uso generale; acqua per fanùs è il petrolio, che si estrae come l'acqua dal seno della terra, è come l'ac qua di sorgiva limpido e terso. Cosentini, in piedi, con la voce un po' commossa, cominciò allora a interrogare, interrogare. Dove sono le montagne Dakà, e seppe che dakà in linguaggio dancalo e galla significa «pietra»; quindi la montagna di pietra. Questa mon tagna era, secondo l'indigeno, a tre ore di cammino dai pozzi, dal fondo d'una caverna naturale aperta nella roccia sarebbe som. pillata la prodigiosa fontana, un'acqua nera, densa, nauseabonda ohe gli armenti non bevevano, con la quale neppure le donne vo levano lavare i loro panni. Nessuno, aWinfuoH della sua tribù, conosceva l'esistenza di questa fontana, e lui era venuto a dare la notizia perchè aveva saputo che il «farangi» era un capo grande e buono, la voce del deserto, rapida come la folgore, gli aveva comunicato che noi eravamo giunti ai pozzi, e lui voleva condurci sino all'acqua del fanùs per farci contenti. \ | i a o n l , i e d o a o , e o e a e l e r a e n a a a e , , , a a e e a i i Finito l'interrogatorio fu dato ordine a Moamed di trattenére l'uomo, in attesa delle nostre decisioni: e Cosentini e io ci guardammo in faccia, allibiti, abbacinati, sconquassati dalla enorme notizia. Sarà vero? Possibile lo è. Che il sottosuolo dancalo sia sede di vasti giacimenti di idrocarburi da cui si estrae il petrolio è noto da tempo; e le ultime ricerche hanno autorevolmente suffragato questa tesi. Ma sino ad oggi l'esistenza sicura del liquido prezioso non è stata accertata. Che dobbiamo essére proprio noi, mio caro Cosentini, a fare la grande scoperta t Noi, che non sappiamo nulla di questi vasti problemi, che siamo qui a girovagare per queste terre brucianti alla ricerca di sensazioni nuove, non di ricchezze minerarie; noi, a gridare alla cara Patria lontana la superba novella t Non sappiamo che dirci, ogni parola ci si spegne sulle labbra; ma una decisione ben ferma, è già maturata nei nostri cuori: domattina ci faremo guidare dal dancalo alla fontana della montagna di pietra. Trascorriamo l'ultime ore della séra come in un sogno; e la notte non saprà darci un istante di sonno, rincorreremo sulle desolate peste del nudo uomo selvaggio la nostra superba fantasia di ricchezza Cosentini si mette subito in moto e dà gli, ordini per la partenza del mattino. L'informatore non dovrà più, da questo momento, allontanarsi dall'accampamento; due du bat lo seguiranno a vista, gli faran la guardia sino all'alba. Non partiremo naturalmente al completo. /I grosso della carovana rimarrà al Dur Dur al comando di Caruso; noi ce ne andremo sui due muletti più validi, con dieci uomini di scorta e due cammelli con un po' di carico di cibo e d'acqua. Partiremo non appena il cielo sarà chiaro, in modo di poter essere di ritorno per le due del pomeriggio, se il dancalo ha détto la verità e le ore di cammino sono tre, soltanto tre. In caso d'un nostro ritardo Caruso attenderà sino alle cinque, poi abbandonerà tutti i cammelli alla custodia d'un solo dubat e con gli aìtri uomini del seguito ci verrà incontro, in direzione nord-ovest, ove presumibilmente è la montagna fatale. La nostra colonna è esigua, è debole di mezzi e di partecipanti; ma muovere tutta la carovana su un itinerario sconosciuto sarebbe pazzia. Decidiamo a cuor sicuro di partire in questa formazione, non ci salta neppure un istante per la mente che il dancalo potrebbe an che attirarci in una imboscata, che percorriamo una regione abitata da popolazioni feroci e selvaggie Brindisi TI petrolio, il petrolio. Questa idea ci ossessiona, ci possiede come una realtà. Adoriamo questo liquido, da un'ora, da due ore, co me si può adorare una cosa nata da noi, come si adora una mèta raggiunta dopo una esistenza di battaglie e di fatica; navighiamo su fiumi di pertolio con vele gonfie di speranza, siamo sicuri che la vittoria è nel nostro pugno, la teniamo, la serriamo, la incateniamo come un'aquila a cui abbiamo mozzato le penne. Cosentini tuttavia sa conserva re la calma. E' nell'intimo scom bussolato come me, gli esce ogni tanto dalla bocca qualche parola a vanvera, lo colgo una volta 0 due a canticchiare una certa sua sconosciuta canzone, lui, l'uomo più freddo e compassato del mondo; ma ridomina subito- i nervi, presiede agli ultimi preparativi per il viaggio, sceglie i muli che ci dovranno accompagnare, scarta cinque o sei cammelli prima di fermarsi su due. Ibraim capisce che domani si parte e vuole naturalmente partecipare alla spedizione. Ma questa volta non lo possiamo accontentare, ci sarebbe di péso e di noia. Il-fanciullo insiste, cocciuto; lo.liquidiamo con uno scapaccione, fra le gran risate dei dubat e degli zaptiè. E' nell'atmosfera del campo una aria di festa, sembra la vigilia di Natale di quando eravamo bambini; da noi questo senso di attesa gioiosa si comunica agli ascari, naturalmente si levano dai gruppi affacendati attorno ai carichi lo solite nenie ritmate, ma ora non ci danno fastidio, vorremmo far coro anche noi se non ce ne vergognassimo. Domani è il 4 marzo, mi ricordo, ad un tratto che in tale giorno compio gli anni, lo dico, cosi per dire, a Cosentini. Domani è il tuo compleanno t E allora beviamo, beviamo. Mi dà il tu, il caro compagno, per la prima volta, chiama a gran voce il'cuoco, gli fa tirar fuori una bottiglia di Martini, la stura inzuppandosi di schiuma bianca, colma di vino biondo i due bicchieroni del dai. Beviamo alla tua, alla mia salute, beviamo alle nostre famiglie lontane, beviamo alle fortune nostre, alle fortune d'Italia; ma beviamo, sopratutto al petrolio: che ci sia, che sgorghi come una polla dal seno aperto della montagna, che dirompi come un torrente fra le roccie divette, che si plachi in /lume, si distenda in mare, diventi oceano. Un oceano di petrolio, perchè il nostro Paese aia più temuto e più forte, perchè noi, caro Appiotti, diventiamo ricchi come nababbi. E' sorta la luna nel cielo, e ci guarda. Ci. guarda con un sortito pallido da malata. La sua luce biancastra disegna sul deserto le ombre delle dune e risveglia'sulle foglie dei tamerici taglienti riflessi metallici. 7 nostri uomini ora dormono; due sentinelle vegliano ai limiti del campo, un'altra fa la guardia al dancalo che è accovacciato tutto nudo sulla sabbia e s'è fatto della pelle di capra cuscino al suo sonno queto. eAngelo Appiotti udsgmuslSsqsmtstv

Luoghi citati: Brindisi, Italia