FINESTRA a scirocco

FINESTRA a scirocco FINESTRA a scirocco Tutta la gente che abita sulle coste del Tirreno o dell'Adriatico conosce lo scirocco. D'improvviso, il rigore dell'inverno si spezza, le membra si fauno pesanti, il respiro Ingombro, il petto oppresso. Con gli stessi sintomi ci si ammala. Tanto che si domanda all'amico: —Senti anche tu lo scirocco? Non è un vento, ma uno stato d'animo dell'atmosfera. Pochi gli angoli delle coste che ne siano al riparo: vi stronca le. gambe sulle riviere liguri come sul lido di Venezia. Il montanaro, che conosce il respiro tonico delle Alpi, sente affievolirsi le virtù che lo fanno tenace. Giù, nel Golfo di Napoli, il vecchio pescatore, conciso e sprezzante, brontola: Bafuogno! Parola misteriosa, corruzione evidente del greco Favonio, che non è lo scirocco. Gli domandate allora che cosa sia, e i! vecchio guarda il cielo plumbeo, sbircia la Montagna di Somma, (il Vesuvio,) che si ammanta di fumo come se le pendici bruciassero, e aggiunge: ngottaf Come tradurre questo vocabolo ? Un francese direbbe boitder. In italiano, forse, il verbo opprimere renderebbe qualcosa della singolare espressione dialettale. Ma non tutto. Si dice così di qualcuno che si senta oppresso, che fa il muso, che è scontento, senza sapere nemmeno lui che cosa gli manchi. Ma il vero regno dello scirocco finisce al Capo Circeo, alla falsa isola di Circe. Spesso valica i colli e prende Roma alle spalle, come per ricordarle .bruscamente che il suo regno è nel Sud. Ma per l'Urbe, come per le marine toscane, come per le riviere liguri, lo scirocco non è che un episodio climatico, un alito ardente che sfiora ma non penetra. Il suo regno è nelle isole e nelle penisole del Mezzogiorno. Solo sulle marine vulcaniche di Lipari, d'Ischia, di Ponza, dei tre golfi campani, solo lungo le Babbie della Calabria e lungo i colli verdi della Sicilia siracusana e agrigentina, lo scirocco è una malattia collettiva che ha dato una forma particolare al temperamento dei popoli mediterranei. Si dice che il rigido clima del Nord renda attive ed animose le genti settentrionali e che le mollezze del Sud dispongano piuttosto alla pigrizia. Ma se i pirati normanni corsero per tutte le coste iperboree e traversarono i monti e gli istmi con le lunghe barche in ispalla, i primi navigatori dell'età moderna, guerrieri e trafficanti, portatori quindi di civiltà e di progresso, discesero dagli angusti vicoli di Amalfi, di Gaeta, di Sorrento, e uscirono dalla foce-dell'Arno e dai canali della Laguna. Non è dunque il clima che sprona o modera, lo spirito avventuroso dell'uomo bianco: i Normanni diventarono mediterranei sulle coste fiorite della Sicilia, e i Celti che risalivano dal Sud diventarono iperborei nei fiordi della Scozia e sugli scogli dell'Irlanda. La differenza è un'altra: è piuttosto in quella allegria fanciullesca dei biondi gigantidel Settentrione che non trova riscontro nella gravità ombrosa e melanconica dei mediterranei. Gli uomini del Nord sono facili all'allegria, quelli del Sud invece propensi alla tristezza. Le apparenze ingannano. Chi osserva in superficie una città del Mediterraneo, Marsiglia o Napoli, Barcellona o Algeri, Atene o Alessandria, pensa che il traffico rumoroso delle strade, il vocìo, il gesticolare e la loquacità dei viandanti, le grida dei venditori, la mobilità delle espressioni, siano aspetti d'uno spirito gaio, spensierato, proclive ad una generosa allegria. Solo qualche raro osservatore riesce a scoprire, in fondo allo sguardo d un napoletano o d'un siracusano, un'ombra di profonda malinconia. L'uomo del Sud non ride. Piuttosto sorride. In fondo ai suoi lazzi la satira è sempre amara. Sotto la maschera di Pulcinella c'è un volto tragico. I vecchi napoletani, quando una sciagura piombava sul loro capo, gridavano: Ni'gro me! Infatti. Pulcinella ha la faccia nera. E' gobbo due volte ed è contadino, con tutto quel che di grottesco e di misero implicava questa condizione in un regno che aveva la più popolosa città del mondo alla testa di un territorio povero e spopolato. La maschera di Pulcinella parte da Napoli con le carrette del comico Salvatore Fiorillo, quando il dramma sociale dei Lazzaroni comincia a preparare la rivoluzione di Masaniello. Sotto la fe rula spagnuola, come sotto quel la borbonica, quel miserabile in perpetua, ansia per le botte da ricevere e per i maccheroni da conquistare, sarà qualcosa di più di una maschera. Se le sue disgrazie non serviranno che a divertire la plebe, quel' riso nascerà da uno spirito' di superamento. Queste è stato detto e ridetto. E si può ripetere anche per gli ultimi discendenti di quei cava¬ cqusgddnitvgtratnpglscLsglrlMI lieri arabi che regnarono gloriosamente in Palermo e per gli hidalgo* che nutrono ancora lo sdegnoso individualismo del Cid. Ma si è anche parlato, a proposito degli Italiani del Sud, degli Spagnuoli e degli Arabi, di vecchiaia illustre. Si è pensato a quei vegliardi che, al termine di una vita operosa ed onorevole, sanno sorridere ed indulgere, guardando il mondo dalfalto della loro saggezza. Non siamo nel giusto. Quando i Fenici di Cartagine ammainano le insegne taurine sulle isole del Mediterraneo, Roma è tutt'altro che vecchia. E' la giovjnezza che ha vinto con le legioni. Eppure, è intorno a quel tempo che i consolari e i pretori, valicano la grande palude che aveva preso il posto delle distrutte citta dei Volsci, e scendoijp nella Baia di Pozzuoli. Non- più per prendere il comando delle galere e sciogliere le vele per Lilibeo o per Utica, ma per trascorrere il resto della vita sui crateri sbocconcellati di Baia, di Lucrino, di Miseno. Bisogna vedere quei posti e sforzarsi di capirne lo spirito. Dal Capo di Miseno fino alle grotte del Chiatamone e fino all'isoletta di San Salvatore che regge il normanno Castel dell'Uovo, voi troverete tracce di ville romane. Tutta la larga pia-, ga flegrea, sulla quale crollarono i titani che avevano tentato la scalata del cielo, divenne poi un demanio imperiale. Sull'altro versante, sulla riviera che piace oggi, fiorita di olivi e di aranci, quasi nulla: solo ville di patrizi dell'avanzato periodo imperiale. Capri? Salite alla Madonna del Soccorso. Ripensate al mondo da quella rupe. Solitudine, silenzio, distanza. Sarà stata quella degli Dei, ma era infinita la malinconia che regnava nel cuore di Tiberio. Cesare aveva la sua villa a Baia. E come lui tutte le persone di riguardo dell'ultima repubblica. Scipione aveva chiuso la sua vita più a monte, a Linternum, in un podere che forse s'affacciava sul mare. E trascorrevano i giorni così: imparando il greco, leggendo Platone, componendo dialoghi o dettando memorie, in solitudine e in silenzio. Erano anche loro ammalati di melanconia mediterranea i vecchi romani. Quando cala lo scirocco sui golfi o sulle isole del Tirreno, e la bonaccia ferma le onde, i pescatori si stendono sull'arena e dormono. Giacciono abbattuti come gente che abbia resistito tenacemente e che alfine si abbandona. Dormono così sulle marinelle di Posillipo i pescatori di sciabica, e sulle banchine del porto e dei mercati, i manovali e i facchini, tra un lavoro e l'altro, in un breve intervallo. Si dice che le lunghe bonacce abituino il marinaio alle lunghe, estenuanti attese, e che gli incerti umori del tempo lo avvezzino a dormire in qualunque ora e in qualunque posto. E' singolare che l'uomo del Sud abbia istintivamente qualcosa del marinaio : quando non lavora dorme, e quando lavora canta. Forse la colpa è dello scirocco. Di questo stato d'animo dell'atmosfera che ha modificato inalterabilmente i temperamenti. Si direbbe che la Provvidenza lo abbia istituito perchè l'uomo del Sud paghi con una penitenza il dono degli aranceti, degli ulivi, dei vulcani, delle marine solatìe. Nel paradiso del Sud è lo scirocco che vi dà la sensazione della morte e dell' annientamento. Quando si leva il maestrale, e il mare rabbrividisce, e una sortadi filtro magico vi entra nei polmoni, e un'ilarità infinita vi solleva dalla prostrazione, tutta la città mediterranea si riempie di canti e di.grida. Voi capite allora che la festosità delle genti del Sud non è, forse, che una reazione allo scirocco. Alberto Consiglio

Persone citate: Favonio, Lazzaroni, Platone, Salvatore Fiorillo