LE SESSANTA FAMIGLIE che dominano l'America di Amerigo Ruggiero

LE SESSANTA FAMIGLIE che dominano l'America LE SESSANTA FAMIGLIE che dominano l'America La concentrazione della ricchezza ha corrotto T intelligenza, ha isterilito le arti, ha imbar= barito il gusto, si è dimostrata antisociale NEW YORK, aprile. Dalla guerra mondiale ma soprattutto dal cataclisma del 1929 s'è iniziata una vigorosa revisione dei valori sociali intellettuali ed economici maggiormente tenuti in onore dalla società americana. S'è fatto il processo alla filosofia dell'individualismo e all' adorazione del « self-made-man » costituenti la essenza stessa e la ragion d'essere della struttura economica degli Stati Uniti. Lavori notevoli sono stati pubblicati, nei quali alla luce dei fatti si dimostrava l'inconsistenza, l'inanità, l'intima falsità della concezione economica individualistica in cui il popolo americano, non ostante le terribili delusioni patite, non ha cessato di credere. Tra i libri più notevoli di tal genere è quello fondamentale di Gustavus Meyers sulla « Origine delle grandi fortune americane » e l'altro di Matthew Josephson intitolato «The Robber Barons» (I Baroni Briganti). Di recente è apparso un volume di Ferdinand Lundberg sulle sessanta famiglie che dominano l'America (America's 60 Families, by Ferdinand Lundberg - New York: The Vanguard Press Lst. 3,75) che una enorme sensazione ha suscitato nelle sfere ufficiali. Democrazia e plutocrazia Mentre gli altri autori si sono occupati dei grandi finanzieri e della loro carriera individualmente, quasi fossero staccati dall'ambiente che li circonda e dalla società in cui vivono, un procedimento fondamentalmente basato, come si sarebbe detto una volta, sul Kbero arbitrio, il Lundberg affronta il problema in toto, in relazione, cioè, al si' stema politico in cui essi opera' no e che rappresenta l'elemento vitale per il loro genere di attività. L autore sottopone ad esame tutto il clan delle sessanta famiglie, mostrandone la sua composizione, le relazioni reciproche tra i vari membri che lo formano, la sua azione collettiva e le ripercussioni di causa ed effetto tra esso e l'andamento politico-sociale della nazione. Attraverso la disamina serrata la cui vigorìa non vien meno un momento durante le cinquecento pagine del compatto volume domina il senso dell'impotenza a cui è ridotta la democrazia a causa dell'ineguaglianza economica che ne forma il substrato Appare chiara. l'incongruenza tra la pretesa libertà del citta' dino davanti all'urna elettorale e il dominio assoluto degl'inope ri economici la cui potenza fa tremare lo Stato. Non che gli americani non abbiano avuto in dal loro costituirsi a nazione la coscienza, quando incerta e oscura quando più chiara e definita, di questa contraddizione, di questo conflitto inconciliabile tra democrazia e plutocrazia. Essa traspare dai dibattiti sul la ratificazione della Costituzio ne e si afferma di tanto in tanto nei periodi di rivolta popolare. Ma la concentrazione della ricchezza in poche inani ha resistito a tutti gli attacchi periodici e, come il Lundberg dimo stra, e attualmente più forte che mai. Dopo un secolo e mezzo di Jefferson e di Jackson, di Lin .coln e di Roosevelt, di democra tici, di anti-federalisti, abolizio nisti e populisti, di bryanisti progressivi e « new-dealers », di denunziatori, tribuni e sollevatori di masse di ogni tinta, « gli Stati Uniti — afferma il Lundberg — sono posseduti e domi nati da una gerarchia di sessanta delle più ricche famiglie rinforzate da non più di novanta famiglie di minore ricchezza... Queste famiglie rappresentano il nucleo attivo della moderna oligarchia industriale che domi' na gli Stati Uniti, e che opera no all'ombra di un governo de mocratico de fwre, dietro il qua le' un governo de facto, assolu tista e plutocratico nella sua essenza, ha gradatamente preso forma dàlia Guerra Civile in poi ». Rivelazioni Dopo la lettura del libro del Lundberg, la storia americana recente appare sotto una nuova luce. Molte idee subiscono una modificazione radicale, molte convinzioni crollano, alcuni idoli Erecipitano dai loro piedistalli. ,a figura di Teodoro Roosevelt, il popolare « Teddy », assumerà un espressione piuttosto fosca quanpo si saprà che durante il governo di questo famoso frantumatore di trusts e del suo vantato progressivismo,. gli stessi trusts fecero i loro maggiori progressi e con la sua cooperazione. Il famoso proclama di Woodrow Wilson che in' « New Freedom » denunziava la tiran nia della concentrazione della ricchezza apparirà quale un vuO' to esercizio retorico quando il Lundberg rivela che « la nomina di Wilson rappresentò un -trionfo personale del Direttore della « National City Bank », erede della immensa fortuna di una famiglia d'industriali del rame e delle munizioni » i cui interessi ottennero la dovuta ricompensa. L'autore ha una eccezionale competenza in materia ed una conoscenza profonda*non teorica, ma vissuta, degli argomenti che tratta. Per molti anni fu redattore finanziario di uno dei grandi quotidiani di New York durante i quali egli assistette di persona a quella specie di processo magico per cui le gigantesche ruberie di Wall Street vengono presentate al pubblico quasi come operazioni filantro- £iche. Egli ci fa sfilare davanti , fiore della plutocrazia ameri cadiprmdatofadesumlomjuptrlaptedfiropratrchnpulapdtedècglalifrcurMgsugrFtbrlhrmlctmcssislvricphorsdrNdrcSa9seIdsldnamIngtpnsnmèlznlccgm' a e a i n a e , e cana con cui ha avuto contatto diretto e ce ne racconta le imprese. Ci parla delle grandi famiglie e degl'imperi industriali da cui ricevono l'immenso tributo che permette loro una vita fastosa di splendore imperiale, dell'influenza che hanno avuto sul governo fin dal 1896, della moltiplicazione vertiginosa delle loro fortune durante la guerra mondiale, della morale della jungla messa in atto fin dal tempo della Standard Oil, del controllo della stampa, dell'uso della filantropia come strumento per la perpetuazione del loro potere economico, delle loro feste, dei loro gioielli, della loro beneficenza, dei loro yachts, delle loro eccentricità. Atto d'accusa Ma questa massa di fatti che può apparire a prima vista farragginosa si svolge intorno a tre idee principali : la prima è che il capitalismo contemporaneo ha finito col concentrare il potere economico nelle mani di un ristretto gruppo di persone; la seconda, che i dirigenti della politica americana sono stati degli strumenti consci e volenterosi nelle mani dei possessori di grandi ricchezze, e terzo (ed è la conclusione più importante) che la ricchezza ha corrotto il gusto, fatto cadere in discredito la cultura, imbastardita l'intelligenza. Certo il libro ha dei difetti. Il maggiore è di considerare la ricchezza in senso statico come se essa rappresentasse una specie di privilegio ereditarlo che non può mai venir meno. Ma le fortune, anche quelle grandissime, nei tempi nostri svaniscono come se le spazzasse un turbine. Per citare alcuni grandi nomi della finanza americana, i Goùd (ferrovie) e i Friedsams (commercio) onnipotenti una generazione addietro, benché rimangano sempre assai ricchi sono quasi spariti dall'oligarchia regnante, i Guggenheim (miniere) stanno per sparire, il nome di Carnegie è oramai un ricordo. Ma attraverso la enorme congerie dei fatti accumulata a sostegno delle sue tesi il Lundberg è riuscito a di mostrare che gli effetti della concentrazione della ricchezza sono stati essenzialmente anti sociali. Ed è questo che rende il libro di straordinario interesse. Quando invece di elevare l'intelligenza l'ha corrotta, invece di far fiorire le arti le ha rese sterili, invece di raffinare il gusto lo ha imbarbarito, invece di agire come elemento di perfezionamento e di progresso ha reso volgare, corrotto, turpe ogni cosa che ha toccato, questa ricchezza e la classe che la possiede non hanno alcuna funzione da compiere e possono considerarsi storicamente finite. Amerigo Ruggiero ppsdir

Luoghi citati: America, Jackson, New York, Stati Uniti