La legge dei pozzi di Angelo Appiotti

La legge dei pozzi Nel deserto di sale e di sabbia La legge dei pozzi La ferrea norma del deserto, a cui si deve ubbidire, pena la vita « Incóntro con la gente Alisarà, nel cuore della Dancalia a o e o 0 i n ) l e o o i e d e à , i i l a e n e u d, n rsi pi ti oguaiil ti ù he to — irà ane lse a, o(dal nostro inviato) DUR DUR (Dancalia Merid.), • - Marzo. A un'ora di marcia dai pozzi di Dur Dur il capitano Cosentini ordinò l'alt alla carovana. Entravamo in terreno proibito, nella zona in cui la « legge del pozzo », è norma sacra di vita per le genti del deserto, una légge ferrea che non ammette infrazioni, a cui, dal Sultano déll'Aussa, capo supremo di tutti i dancali, all'ultimo predone nomade che, . assalta in riva qll'Auasc le mandre isolate guidate da sole donne, ognuno che viva in questa terra desolata, ubbidisce. Per il trasgressore n'on c'è processo q sentenza; viene massacrato sul posto, senza tanti complimenti, non appena il reato è palese. La legge consiste in alcune norme molto semplici e' chiare che le mamme insegnano ai bimbi con le parole del Corano, che il giovinetto, giunto all'età delle armi, giunto' il momento in cui gli si consegna lancia e coltello e lo si aggrega alla sua..prima colonna di razzia, deve ripetere al capo, dimostrando di averne compreso 10 spirito e le finalità; la legge del pozzo è la base di tutta la vita dancala, e si ripete, pressapoco con le stesse regole, in tutti i deserti del inondo, ovunque una sorgente d'acqua costituisca, in un raggio di cento chilometri,' la sola fonte di esistenza per popolazioni eternamente assetate. Una vita non vale una focaccia i A un'ora di marcia dai pozzi, e cioè a una distanza di sette, otto chilometri, le carovane si devono fermare e scaricare i cammelli. Non si sa se i pozzi sono liberi, se .un'altra carovana o una tribù con i suoi armenti l'abbia preceduta e' stia abbeverando uomini ed animali; perciò si spedisce un messo che ha ampia facoltà di trattare con il primo occupante l'ora e il prezzo per l'abbeverata successiva. Se si ha modo di attendere che l'operazione abbia termine non c'è bisogno di sborsare danaro o pagamento in natura; ma avviene questo: che un armento, pohiamo di cinquecento capi, impiega due o tre giorni per abbeverare tutti i suoi animali, per rifornire le ghirbe, per rimettersi in ordine di marcia; e la carovana che arriva assetata — 1 campielli da tre giorni non toccano acqua, gli uomini /tanno le góle bruciate dal cognac che ma-tornente ha estinto la sete durante la marcia infernale — non può attendere, deve attingere subito, costi quel che costi. Naturalmente anche quii qualche volta, Subentra il broglio: il primo occupante ha già quasi compiuto la abbeverata, in un'ora o due tutto sarebbe finito, vede arrivare la carovana e allora ricomincia e dice al messo che sino al domani sera, al tramonto, i pozzi sono suoi; i casi allora sono due; o non si crede e si dà. l'assalto all'acqua, si massacrano tutti gli uomini tutte le donne tutti i bambini, si confisca l'armento e chi s'è visto s'è visto; oppure, soluzione più pacifica e molto meno pericolosa, si tratta con il primo occupante 11 prezzo per cedere i pozzi, dall'ora tale all'ora tale. La discussione, in questo caso, è sempre eterna. Questa è genie che non sa cos'è il tempo, arrivare un mese prima.o un mese dopo è lo stesso, una cosa farla oggi o fra un anno è perfettamente eguale. Si giunge finalmente alla conclusione, dopoché il messo ha fatto venti volte la spola fra le due parti: tu mi cederai i pozzi fra il calar del sole e il sorgere della luna, oppure fra l'alba e il mezzodì e io ti. darò quattro caprette, un vitellino, venti manciate di dura. Concluso l'affare, si attende pazienti che venga il tuo momento; i cammelli sono distesi sulla sabbia, esausti, i muli vagano qua e là come impazziti dall'arsura, i tuoi uomini si sono dispersi tuifattorno e scavano la terra in profonde buche con la speranza di trovare un po' d'acqua, Si incontrare la vena che sgorga qualche chilometro più avanti e forma la pozza. Vana fatica, poiché cento mille vagabondi del deserto han fatto prima di loro, inutilmente, il folle tentativo; e soltanto si sono strappate le unghie contro i sassi, hanno esasperata nella inumana fatica la loro sete... Conviene attendere, pacifici e rassegnati, conviene sdraiarsi su una stuoia seguendo all'ombra di un'acacia lontana il lento cammino del sole che dal meriggio furibondo scende all'occaso in un incendio vasto come l'orizzonte; è ingannare l'ore del lungo tormento con sereni pensieri, con mgionamenti di bontà, far tacere nel cuore il desiderio incontenibile di radunare i tuoi uomini, marciare all'assalto, far sterminio del tuo avversario. Uccidere questo desiderio, che nasce come- un'idea, una piccola, pallida idea, nel tuo cervello; tu gli sorridi, come a una fantasia inconfessabile ma inno aia, lo blandisci come un sogno 'di. proibite voluttà; e lui s'accresce, aumenta, ingigantisce, diventa tuo padrone e dominatore. Non te ne accorgi e un bel momento ti trovi in piedi,.m mano il fucile, dietro la tua turba cenciosa bramosa di sangue, procedi verso i pozzi, t'appiatti dietro i tamerici, spari il primo colpo di fucile, poi dai mano, urlando, ai coltelli. Ecco la strage, ecco il massacro, ecco l'imboscata dancala. Uccidere. Come ci è parsa spa ventosamente vera questa parola, una parola della vita quotidiana, una parola che non fa più paura che tu accetti come una fatale mmNotusule tese-sstdotaràpabichmmtinstceavstditoquil nochinqul'Afrnoscstlee AditeripsusuptedlasdodmsodlelevbstlcinrprnudtutnpsndiustledlQgmacttpgrntnggcecndmGspppIssfnecessità, che oggi tu domini, da -, cui domani sarai dominato. Su tutta la sterminata pianura dancala ogni vita corrisponde a una morte. La manciata di dura che nutre te affama un altro, la ghirba d'acqua che disseta il tuo ar- n r , 1 e -ò , a o a i o n , i i o ù , e e a e , i : r a, e a. a o a Si a e e a .. e u di mo n è o aoalvea ra o no enn to e, a i ci, oi o, a a, a, a mento riduce un altro, con la sua mancanza, alla morte per sete. Non c'è nè acqua nè pane per tutti, poiché nessuno coltiva, nessuno produce, ' nessuno possiede; le poche risorse naturali sono contese con ferocia, ciò che non si ha e-si vuole, ed è necessario alla esistenza, lo si prende, massacrando. Nel concetto dancalo una vita non vale una focaccia di erigerà, una cartuccia di Mauser è un patrimonio inestimabile. Scambio di cortesie Ma noi abbiamo soffocato, subito, il piccolo pallido desiderio, che s'è affacciato al nostro cuore mentre attendevamo il ritorno del messo mandato ai pozzi e Cosentini mi andava raccontando queste belle storie. Ma, ad esser sinceri, un poco l'atmosfera dancala aveva preso anche noi, un bel gesto di prepotenza non ci sarebbe dispiaciuto, la nostra acqua tanto volentieri ce la saremmo conquistata a fucilate. Ma noi siamo il Governo, mi diceva il mio capo, noi siamo nel giro dt centinaia di chilometri la più alta, la suprema indiscussa autorità. Tutti sono qua" attorno,' dalle, sponde dell'Auasc ai confini della Costa francese dei Somali, nostri servi, nostri schiavi, nostri devotissimi schiavi. Con grazia di Allah, nostri schiavi: attenti alle pallottole, ma nostri schiavi si dichiarano e sono. Anche il gran Sultano di Aùssa, che vive Hi regime medioevale asserragliato nelle sue terre, che ha su tutti i sudditi-diritto di vita e di morte, che solo possiede in. tutto il reame, che suoi sono i campi, suoi i prodotti, sue le armi, le donne, le ca/panne, piegherebbe il ginocchio di fronte, a noi, ci baderebbe, all'uso dancalo, ambedue le mani, con labbro largo e umido. Grande consolazione, amico Cosentini, ma intanto qui fa un caldo da morire, non c'è un filo di ombra, io non ci resisto più. Non dico di bere, ma vicino ai pozzi almeno, ove una macchia verde disegna in terra un rettangolo di ombra, ci dovrebbero .lasciar andare. Cos'è questa storia della legge... E' la feroce, la inesorabile legge dei pozzi. Anche noi, Governo, noi per i primi, anzi, dobbiamo ubbidirle. Se le trasgredissimo rischieremmo di compromettere su una vasta zona come l'Italia il. prestigio che ci siamo conquistato in due anni di dura inflessibile giustizia; significherebbe, per un inconsulto gesto di prepotenza, ricominciare la guerriglia del deserto, oggi una colonna attaccata, domani un ufficiale ucciso, fra dieci- giorni una residenza distrutta. E' necessario attendere, sotto un sole atroce, in un panorama di desolazione che ti brucia gli occhi, accovacciati nella striscia d'ombra che il corpo d'un cammello traccia sulla sàbbia. Suprema pazienza Fadan Cavaliè finalmente ritorna. Dice a Cosentini che il capo della tribù Alisarà, che è giunta ieri ai pozzi dopo una marcia di un mese dalle sue terre della sponda sinistra dell'Auasc, saputo che noi siamo il governo è ben lieto di interrompere l'abbeverata e di cedere a noi l'acqua; ci manda intanto due caprette in dono e le benedizioni di Allah, ecc. ecc. Qui Fadan Cavaliè inizia una lunga tiritera di auguri, di complimenti, di parole gentili che noi ascoltiamo senza battere ciglio come se ci dicesse le cose più interessanti del mondo. Ma Cosentini non può accettare l'invito. Sa, per lunga esperienza, che il suo gesto sarebbe male interpretato e rimanda Cavaliè ai pozzi con la nuova ambasciata: al rappresentante del grande Governo italiano sta molto a cuore la salute degli uomini e degli armenti della grande tribù Alisarà. Il grande capo abbeveri pure le sue pecore e 1 suoi zebù e se ci vorrà in/ine concedere, per i nostri muli e i nostri cammelli, l'ultima goccia d'acqua, Allah glie ne darà premio. Il rappresentante del grande Governo italiano verrà intanto, senza armi e. senza cavalcature, a porgere i suoi doni, al grande capo della gente Alisarà, ecc. ecc. Guardo Cosentini, esterrefatto. Quest'uomo ha i nervi, a tutta prova, una pazienza da certosino. I nostri animali sono, sfiniti dalla sete, gli uomini della scorta, tengono duro, ma sono esausti; noi siai/io i più validi perchè abbiamo bevuto poco fa due gran bicchieroni di acqua minerale e gin, il liquóre che nel deserto diventa una prodigiosa medicina. Abbiamo forzato anche Ibraim a bere, malgrado i suoi dinieghi e le sue proteste; il fanciullo s'era arreso alla fatica, giaceva nell'avvallamento di una duna, come morto. Da buon musulmano non doveva accettare da un infedele nè un sorso d'acqua nè un tozzo di pane; ma tanto Cosenfini disse e fece che un bicchiere di San Pellegrino il ragazzo lo mandò giù, non senza prima averne chiesta licenza al dubat somalo più anziano, che funge, in questi casi, da arbitro. La nostra carovana è veramente in condizioni pietose; ma la legge del deserto vale, soprattutto. Le povere bestie dovranno attendere che le pecore degli Alisarà, già rimpinzate d'acqua, ancora diguazzino a loro piacimento nelle pozze quasi aride, che le donne della selvaggia tribù lavino nell'acqua che poi.noi berremo il loro solo panno, il cencio rosso che copre le loro anche falcate... r- LPsvRBCniMtedigris9-Angelo Appiotti |

Persone citate: Cosentini, Mauser

Luoghi citati: Italia