RADIO di montagna

RADIO di montagna RADIO di montagna In quel paesino alpestre gl'inverni erau crudi e i passatempi pochi. Se non ci fosse stato quello straccio di radiola nel retrobottega dell'Osteria della Lepre, a tener su un poco il morale c'era da spararsi, come mi confessò qualche anno fa Gelinda. la bella figlia dell'oste da cui ero entrato a prendere una bibita un giorno ch'ero salito a quel posto da lupi, durante una gita. La radiola stava posata su di un trespolo in un canto della saletta. Il padrone l'aveva acquistata di seconda . mano l'anno prima e appena l'ebbe installata contadini e boscaioli affluirono giù da tutta la montagna intorno per udirla- Da prima, discorsi, concerti, ballabili, con' versazioni, tutto essi inghiottirono a catafascio, ma dopo un paio di mesi ne avevano fatta una tal indigestione che a poco a poco la piantarono in asso e preferirono tornar a raccogliersi intorno al fuoco dell'osteria, col bicchier in mano, a ragionar di mucche e di boschi, come del resto avevan sempre fatto. Allora la rad iota rimase solai rimase, cioè, in balìa di Gelinda e di altre due del paese, la Daria e la Rosina, tre belle ragazze che fra tutte non mettevano assieme un mezzo secolo di vita. Tutte le sere in quelle lunghe notti d'invernò, alla luce di una lampadina, le tre amiche ascoltavano la commedia, facendo di calza o di golf. Perchè, vedete, era la commedia soprattutto che a loro piaceva. I discorsi li. lasciavano ai professoroni, la mu sica non c'era un cane in paese con cui ballarla» la commedia saturava invece le loro femminilità in attesa, estasiava i loro cervelli con le vicende dei 6Uoi mondi imaginosi e complicati con le sue raffinatezze sentimentali e salottaje. Tutte le avevano digerite, e le corte e le lunghe, le balorde e le. eccellenti, le fantastiche e le veriste. Sapevano a memoria tutti i loro intrecci, i nomi degli attori e degli autori e ciascuna si piccava anche di formarsi una sua opinione in proposito. Ancorché bisogna dir subito che furono di una sola opinione quando si trattò di cader innamorate del primo attore giovine. • Si chiamava Andrea Filiberti e faceva sempre le parti dell'eroe amoroso, e aveva una voce, una voce, mio Dio, che avrebbe fatto resuscitare tutte le giovani e vecchie morte del cimitero alpestre se l'avessero potuto ascoltare. Calda, pastosa, potente, affascinante. È poi che porgere, che timbro delizioso ! che signorilità ! Le tre ragazze se la bevevano con infinita delizia e non potevano far a" meno di pensare che anche egli fosse, come la sua voce, bello, ardente, appassionato: come quella sua voce fascinosa, che sapeva passare attraverso tutta la gamma delle malinconie e delle seduzioni per arrivare imperiosa sulle soglie della passione la più sfrontata. Di solito, innamoramenti di questo genere, possono essere pericolosi e pieni di sorde complicazioni: ma questo qui progrediva benissimo. Era una specie d'innamoramento cumulativo. Del resto non era il caso che fosser gelose l'una dell'altra, perchè con un'equanimità davvero cavalleresca Andrea distribuiva a tutte un'egual razione di emozioni e di brividi, e nessuna di esse poteva lamentarsi. Fu così che tutte e tre d'accordo, cominciarono a mandare al loro idolo, delle letterine di adorazione, firmandosi Le Tre Pazzerelle di Paese: letterine che Andrea Filiberti regolarmente cestinava. Una cosa però su cui non andavano troppo d'accordo, era sul tipo fisico del loro adorato. — Io dico ch'è biondo. — E io bruno. — Io lo imagino alto, elegante. — Io lo penso piuttosto piccolo, ma agile, ben fatto. Alla fine le tre ragazze si accordarono su un modellino di mezza misura, castano, che per gran tempo fu quello che dominò esclusivamente i loro sogni di vergini alpestri. • Avvenne poi che a primavera Gelinda fosse stata invitata a passare qualche giorno alla ca pitale presso la nipote di una vecchia amica di casa che vi abi tava da anni. Il viaggio era lun go e complicato: c'eran cinque chilometri di mulattiera da scendere, poi due ore di piròscafo e altre tre di ferrovia. Ma non c'è cammino abbastanza penoso per una ragazza che ama. Non vi so dire la commozione di tutte. — Beata te — le dice vano le altre — che vai a vederlo ! E magari è ancor più bello di quanto lo abbiamo sognato — Una settimana dopo Gelin da ritornava. Le altre due èrano discese ad incontrarla sulla mulattiera. - — E così ? Ma tu non ci hai scritto nulla I — Non ne valeva proprio la pena — rispose Gelinda, abbacchiata e delusa —. Ah, figliole^mie. se sapeste ! Non c come ci lo figuravamo. E' un uomo sui cinqu.-vnt'anni, alto come una pertica, tutto grigio di capelli « non un paio di piedacci mai più finiti. Le altre due allibirono. — E' mai possibile? Ma sei sicura di non aver sbagliato? Gelinda n'era sicurissima. Una compagna della sua amica, amica a sua volta di un attore, la aveva introdotta nel sacro Tempio delle Voci e le aveva additato Andrea Filiberti. Che delusione ! Però Daria e Rosina, che non l'avevano visto, non si lasciarono affatto impressionare nò convincere : cominciarono a pensare che Gelinda avesse voluto ingannarle a bella posta. Doveva essere un trucco di Gelinda quello per goderselo tutto lei, il bel Andrea ! Fatto sta che le cose andarono avanti così zoppicando per qualche tempo, fintantoché un bel giorno la Daria, piccata, mise assieme quattro soldi e decise di andar a controllare coi suoi occhi la verità. Calò dal paesello e s'avviò sulla capitale. Dopo qualche giorno tornava anche lei. — E' proprio vero, sai, Rosina. E' proprio uno spilungone. Non c'è niente da fare... E poi, e poi ho saputo ch'è anche sposato. — Sposato? — Con tre figli ! Era il disincanto più atroce. Ma pure, o potenza dell'ideale ! Rosina rimasta sola e derelitta ed abitare quel folle castello del sogno non s'abbandonò, non si scoraggiò. Tenne bravamente fede al suo ideale e testa alle ironie delle amiche ormai guarite In modo assoluto ella non volle credere alle loro parole. Disperatamente, con virtù spartana," ella si tenne stretto sul cuore il suo bel modellino, ed era tanto sicura in cuor suo che le altre due avevano traveduto, che avevano voluto ingannarla che per sere e sere ella restò là sola davanti alla radio ad ascoltare la voce del suo lontano amore e a dirgli che no che no, è impossibile che tu .sia così brutto, amore mio, son tanto sicura che tu sei quello che ti ha sempre sognato il cuor mio. Seduta per ore, le mani sulle ginocchia, gli occhi fìssi alla spia luminosa da cui uscivano quelle parole, quelle parole di fuoco, paradisiache che la facevano morire di passione. A giugno il giornale della provincia aveva annunciato che la Compagnia della Radio sarebbe venuta a dare una rappresentazione coi suoi attori in una cittadina sul lago: recita di beneficenza per alcuni paesi ch'erano stati devastati da un alluvione. E Rosina decise senz'altro di recarvisi. Ah, ah, ci vai per vedereAndrea! — la derisero in coro le amiche —. Puoi risparmiarti la strada ! Ma Rosina ci andò. Nonostante tutto, ella era talmente convinta della verità .della sua illusione ch'ella marciò sulla cittadina, felice e sicura di se, a testa alta, come una regina in conquista. E come tale spese tutti i soldi che aveva per noleggiare un palco in prima fila nel piccolo teatro. Quando alla fine del primo atto venne lui in scena, Andrea Filiberti, Rosina gettò un grido di giubilo. Altro che spilungone ! Era veramente un bellissimo giovine quello che vedeva davanti a se agire sulla scena, in uno stupendo doppiopetto un bellissimo giovine "alto, bruno, dal profilo energico, falcato e con una voce... Ecco, la voce era sensibilmente diversa da quella elle la aveva innamorata attraverso le lampadine e le valvole radiofoniche. Era una voce più nuova, brillante. Ma Rosina fece presto a convincersi che ciò dipendeva dal fatto della trasmissione che imprime alle voci un diverso metallo. E per quella sera se ne venne via coi sensi infocati, tutta bramosa di lui, ebbra di una felicità senza nome. Cos'era accaduto. Questo, che il vero Andrea s'era ammalato ed era stato sostituito all'ultimo momento da un attor giovine preso ad imprestilo da una Compagnia che agiva in città, e attesa la sua grande popolarità fra il pubblico dei radioascoltatori la Direzione aveva pensato di non mutar il suo nome sul cartellone, anche per chiamar più gente. Rosina tornata in paese non fece parola con le amiche dello spettacolo. E quando le chiedevano : — L'hai visto ? Ti sei persuasa adesso? — ella rispondeva: — Sì, è brutto davvero, bruttissimo!... — Ma certa che avevan voluto ingannarla, si chiuse in sè, si tenne tutta per sè la sua verità e ogni sera, mesi e mesi, sedette là sola alla radio ad ascoltare la voce del suo amore lontano. Le altre due si sposarono, ma Andrea Filiberti non rispose mai alle settimanali lettere d'amore che Rosina continuò a inviargli per un anno intero. Ella però non ci soffriva. Finì per vivere tutta in quella voce e per quella voce. Era felice. Ascoltandola le pareya^di trovarsi perdutamente fra le braccia di lui, di odorare il suo profumo, aspirare la sua anima. In quel tempo un bravomo del paese la chiese in sposa. Era ricco. Candidamente ella rifiutò. 1 suoi di casa andarono su tutte le furie. Ma era pazza? E allora lei per non far soffrire la vecchia madre accettò quel partito. Fu una moglie modello, ma sempre fece tutte le cose come fosse in trance, una specie di sonnambula. E tutte le sere bisognava che la lasciassero sedere là alla radio (alla bella radio nuova ch'ella si era comperata) perchè questo era come un patto intervenuto fra lei e suo marito. Il quale, da quel buon capomastro che era, non riuscì mai a comprendere il perchè di questa strana mania di sua moglie. Ci si era alla fine rassegnato, come a una dolce follia di casa, ma lui se ne filava a letto per tempo a leggere il giornale, lasciando sola la consorte in un canto della sala, ad ascoltare tutte quelle baggianate, come le chiamava lui. Carlo Linatì.

Persone citate: Andrea Filiberti, Calda, Carlo Linatì, Gelin