LIVIA la crudele

LIVIA la crudele LIVIA la crudele Più la guardo, più mi appare ^terribile. Parlo di Livia, la « prima aignora » di Roma, come nella democrazia americana si chiama First Lady ia, moglie del presidente, ricca di influenza e potere leale, senza titolo ufficiale; e così la moglie dell'imperatore in Roma. E* la prima dama dei Claudi Giuli, anzi autrice, con i suoi due matrimoni e il suo strapotere, del primo innesto, e poi degli incroci continui, che intrecciarono per tante generazioni il sangue e la genealogia delle duo case in groviglio inestricabile. Sono tutti zii, cugine, nipoti, germani, oltre che mariti e mogli, le une degli altri. A ciò si aggiungono le adozioni e i matri moni,tra figliastri di coniugi, e tutto questo culmina nell'originalità di Caligola, il quale sposa addirittura la propria sorella, rinnovando con l'incesto i miti originari delle prime società, spingendo il culto della purezza della stirpe sino alla punta estre ma toccata dai Faraoni. Come avviene nelle foreste tro picali, non si distingue più la sovrapposta liana Claudia, intri cata con tanti altri '. Bemi, dall'originario tronco giulio. Ogni ramo si innesta mostruosamente sul ramo'consanguineo, buttan dovi radici proprie e caricandolo anche di fronde e gemme, affini dei suoi affini. In ultimo perisco no tutti, proprio come nelle ve getazioni a simbiosi, quando la fiana dissecca fibre e linfa, soffocando l'albero nella sua stretta vischiosa. Questa mortifera vitalità ha inizio con la capostipite, Livia la fatale, la grande e crudele Livia, imperatrice della enigmatica razza delle Semi ramidi, Teodore, Elisabette e Caterine. Si potrebbe osservare che que• ste donne di stato, anche se hanno figliuolanza, anche se l'hanno numerosa, come Caterina de' Me dici, raramente si prolungano in durevoli dinastie. Livia si meritò e sudò la sua splendida carriera, fin dai sedici anni. Era una semplice patrizia, nata e sposata con un suo cugino, di buona famiglia caduta in disgrazia, proscritta e sospetta nelle guerre civili per repubblicanesimo e congiura contro Cesare. Come Semiramide, Teodora^ Elisabetta e le due Caterine, t una parvenue, una self-móde woman. Anche quelle tra loro, che nacquero principesse, tuttavia misurarono gli alti e bassi della fortuna, e uscirono in gran parte per merito proprio dagli abissi della povertà e della per. secuzione. Una regina come vittoria d'Inghilterra, nata nella porpora, sovrana per diritto di piena, incontrastata legalità, sfugge alle tentazioni, ma anche ai collaudi, all'aguzzamento d'ingegno e alle ebbrezze di quelle strabilianti carriere. Da una ado lescenza, anche ' troppo severa mente custodita sotto le ali ma terne, passa di colpo al suo saldissimo trono, che nessuna vicissitudine mai fece barcollare < neppure minacciò di lontano. I con tutto questo, la stessa Vitto rjria, in fondo, non era tanto di versa dalle sue consorelle donne di Stato. Dotata di quel « sublime buon senso », che dicono suprema dote dei regnanti, ella seppe apparire -borghese e costituzionale, come al suo tempo si confaceva. Però sostenne Disraeli, odiò Gladstone si aggiudicò l'impero delle Indie da giovane, l'Africa del Capo da . vecchia, e certe sue parole,.a pro[ posato di Gordon e di Kartum sono rivelatrici. Fra la gente che scomparve intorno a Livia in modo misterioso e per lei convenientissimo, da Hi Giulia sua figliastra e nuora, a Druso, Gaio, Lucio, Postumo, Germanico e allo stesso Augusto, 'M quale e quanta fu veramente fatleta sparire dall'imperatrice 1 M Quanta di questa gente fu'da ■'elei fatta avvelenare? Bisogna ^convenire che altra volta non si .^conoscevano di nome certe diavo'.•jlerie, oggi designate per diagno"si, se non sempre guarite dalla scienza: appendicite, peritonite, f'imastoidite, cancro, tetano,-cancrena, languori lenti e combustioni fulminee, che bene potevano dar credito a supposti filtri e veleni." E l'invidia e l'ignoranza fomentano la calunnia nella 'Scasa dei grandi. E quegli organismi, figli e nipoti di congiunti, carichi di responsabilità, e insieme avventati furiosamente ai piaceri, dovevano essere più di altri fragili e facili a logorarsi, scarsi di resistenza alle malattie naturali. Però, la morale e la morte servono Livia con singolare docilità Appena qualcuno le diviene ne mico, è di ostacolo ai sudi piani .può darle ombra o noia, colui o Icolei viene scoperto colpevole di Congiure, oppure còlto in fragrante crimine ai adulterio, concussione o dissolutezza, è punito con suprema severità. All'esilio segue la morte. In altri casi più delicati, seuz'altra preparazione, una provvidenziale malattia pensa a sbarazzarle il cammino dal molesto ingombro, proprio nel momenti) opportuno. Questa obbedienza appare troppo esatta per crederla casuale. Perchè le combinazioni si mantengano tanto compiacenti, un'intelligenza fedele deve convogliarne il corso verso fini di tempestiva utilità. Forse usavano sin d'allora i recentissimi « assassina clinici >. Il vecchio adagio, inventato proprio dai giuristi latini : « a chi giova? > non indica solo i presunti colpevoli, ma anche la probabilità dei delitti non accertati. Di fronte al sistematico ripetersi delle coincidenze, esso testimonia contro Livia in modo schiacciante. Per cercare di saperlo, io scruto attentamente la sua faccia nei numerosi ritratti di lei, sotto il peplo e nell'ieratico ammanto di imperatrice o sacerdotessa, o Vestale : talvolta addirittura assunta all'Olimpo, e trasfigurata in Cerere oppure in Venere Genitrice. Vi sono, tra molte altre, la Livia del Vaticano, quella della Villa dei Misteri a Pompei, quella del Museo di Napoli, e, alla Mostra Augustea, la Livia di Parma, quella di Coopenaghen, quella di Madrid, con la manica ad allacciature interrotte, che scoprono il ben modellato braccio; e altre ancora, sino al grande cammeo di Vienna, dove e raffigurata con il busto di Au-gusto in mano, rapita in contemplazione ; come le donne romantiche, intente a guardare in miniatura la miniatura dell'amato bene. E le sposine di provincia nei ritratti a olio di una volta ; e i soldati e le contadine, ancora adesso, posano con il ritratto o si fanno fotografare con la fotografia dello sposo e della morosa in mano. E ovunque ritrovo quegli occhi immoti e fermi nelle larghe orbite, comodissimi per non tradire il pensiero ; sempre quella breve bocca ad arco di Cupido, incisiva, crudele, da bevitrice di sangue; quel mento cesellato e piccolo, sfuggente, in paragone allo sviluppo spaziale delle mascelle e delle vaste tempie ; quella testina alt/era e accurata, ondulata con precisione, non un capello fuori posto ; • sempre mi colpiscono quell'aria di concentrazione, quella padronanza e controllo di sè, a cui non sfugge il più lieve moto involontario. Euna- bellezza severa e sottile, sen¬ ] za luce di sorriso, senza fiore di amabilità. Se si dovesse delineare una faccia di avvelenatrice, sarebbe proprio questa faccia, naturalmente dissimulata e fieramente impassibile; un meccanismo di formidabile raziocinio lògico, tutto freddezza e calcolo astratto, da cui fu estirpato l'impulso e soppresso l'istinto. Ma npn si può' neppure disconoscerle capacità generiche di gran donna di Stato, potenza cerebrale, orgoglio, ambizione, forza di volontà e carattere. Io penso che a lei principalmente sia dovuto se Augusto si mantenne, attraverso quarantacinque anni d'impero, sempre equilibrato, equanime e anche relativamente clemente, senza sforzature, immune da deviazioni e traviamenti. Al suo fianco, senza parerlo, ella deve avere compiuto la funzione, umile ma essenziale, di rammentargli realisticamente la sua propria verità umana, sotto le spoglie dell'imperatore e del divo. Questo ella non faceva con le parole, e forse neppure consapevolmente. Non gli avrà mai detto « no •; inizialmente, gli avrà detto « sì », « ma certo » e » che stupenda idea ». Se. mai, l'opposizione, i dubbi, le diffi¬ coltà che ella gli rammentava e forse esponeva in un secondo tempo, parevano nascergli intorno da altre persone e dalle cose. L'ascendente di quell'autorità, che ancora oggi emana irresistibile dalla sua figura, era moltiplicato dall'amore di lui per lei, in giovinezza appassionato, e costante sino all'ultimo. E la continua vicinanza di quell'ingegno duttile, accoppiato a quel carattere ferreo, gli si trasformava in controllo spontaneo ; una remora, contro ogni tentazione di scordare i limiti, inerenti alla qualità di uomo. La implacabilità, la stessa insita crudeltà di lei, per reazione gli facevano sentire quanto gli uomini hanno bisogno, in se slessi e in chi li regge, di indulgenza e perdono. Così la sua presenza, la sua influenza, silenziosamente gli erano mònito e freno. Sino all'ultimo, egli non esorbitò mai dal senso della misura, come invece dopo lui accadde a Tiberio, Caligola e Nerone, discendenza mescolata e torbida, carica di grandezza e delitto, che incarna ed esaurisce il fatale sogno di Livia. Margherita G. Sarfatti

Persone citate: Claudi, Cupido, Disraeli, Gladstone, Nerone, Sarfatti

Luoghi citati: Africa Del Capo, Indie, Madrid, Napoli, Pompei, Roma, Vienna