LA SMORFIA DEL DOLORE

LA SMORFIA DEL DOLORE Meno miliardo d'uomini nella bufera LA SMORFIA DEL DOLORE Nelle campagne e negli opifici è un'ansia febbrile per Creare la seta: ma il lavoro degli uomini, delle donne dei fanciulli non è mai accompagnato dalla letizia del canto (DAL NOSTRO INVIATO) SCIANGAI, marzo. Nelle « trincee » delle filav.de e in quelle delle campat/ne ove ti coltivano i gelsi per i bachi da seta, forse si soffre di j-iù che in quelle della guerra. Fino a quando i soldati appartengono ad una unità, o bene o male riescono a mangiare o, alla peggio, muoiono; quando invece gettano il fucile e si danno alla campagna rientrando nella massa rurale e confondendosi con la miseria di tutti, allora la vita diventa dura anche per essi: sia che si dedichino alla coltivazione del riso e degli altri infiniti prodotti della terra, come a quella più diffusa e importante della filanda primitiva, dell'allevamento del baco, del raccolto, del trasporto dei bozzoli attraverso le migliaia di canali che sono le arterie di questo corpo di fango colpito dà elefantiasi. Costituisce già una fatica quella di recarsi al lavoro, alla punta dell'alba, sui « sampan » manovrando il remo per ore intere prima di entrare nella filanda occidentalizzata o in quella privata, rudimentale,- sporca, umida e senza luce. E' luogo comune il dire che la vita sui « sampan », affiancati gli uni agli altri, sia entrata talmente nel sangue di questi uomini, di generazione in generazione che, portati via dalle loro case galleggianti e messi in un rifugio migliore e più igienico soffrirebbero come soffrirebbe un risciottaro tolto dalle stanghe della sua carrozzella. Ma immaginate che cosa voglia dire vivere sull'acqua e bere l'acqua sulla quale galleggiano perennemente a contatto di gomito migliaia e migliaia di persone. A prua delle barchettine si fa il bucato, ci si lava il viso e si cucina; a poppa avviene tutto quello che è meglio tacere. • Quando va bene... La nebbia imbavaglia per mesi e mesi queste popolazioni a anfibie » sicché voi non sentirete mai dalla moltitudine intrisa di acqua e nelle Provincie del nord colpita dalla malaria, alzarsi il canto col quale da noi anche il più diseredato dei lavoratori accompagna la sua fatica. A questi tormenti aggiungami le ansie continue alle quali sono sottoposti i contadini: all'inizio della primavera comincieranno le incognite meteorologiche e i loro poveri occhi scruteranno dalla fessura delle palpebre il cielo implorando la pioggia o paventando la visione dell'arrivo improvviso delle nubi spazzate verso l'oceano dal vento del nord. Essi sanno benissimo che un periodo anche breve di siccità o una notte di gelo farà morire i loro gelsi. Quando il raccolto del fogliame è pronto, gli uomini e le donne, guazzando nel fango o remando sui canali, percorrono diecine di miglia per ritirare dalle stazioni frigorifere qualche cartone di semenza che poi fanno schiudere con malsicuri mezzi primitivi. E comincierà allora nelle capanne di fango e di bambù il lento e paziente lavoro dell'allevamento dei baccolini consistente nella scrupolosa regolarità dei pasti con foglia tagliuzzata durante le prime mute e nel controllo della temperatura che le fessure male intonacate delle casupole rendono incerta e variabile. Durante le prime quattro settimane nelle capanne non si dorme poiché innumerevoli sono le malattie che attentano alla vita dei bachi e chef scatenandosi magari all'ultimo gioì-no, distruggono completamente il raccolto. E allora viene la fame che inginocchia intere popolazioni sul fango di «terminate Provincie a cercare radici onde nutrirsi. Quando tutto va bene avviene attraverso le campagne una specie di trasmigrazione di popoli: colonne di contadini piti imponenti di quelle di un'armata trasportano i bozzoli sui mercati e li trasportano di corsa, con l'acqua fino alla cintola, sfiniti, famelici, paghi di una tazza di acqua calda entro cui al massimo navigano alcune fogliuzze di tè verde per non dar tempo ai bozzoli di sfarfallare, i In Manciuria, ad esempio, di dove traesi la seta bruna e fioccosa conosciuta da noi col nome di «tussor», i bachi vivono in selvaggia libertà avvolgendo i platani della loro preziosa bava: immense distese di questi alberi biancheggiano di bachi che specchia trpqmqngcmccnelasindlordmmcnccpti ilqetcldneecsndd«tscmcarseiedmcdvctsdsascptdacitptftmiendcpassninr no la loro molle fragilità laboriosa su un'infinità di canaletti sui quali scivolano i « sampan » per il trasporto dei vermolini e del fogliame. Non aver pietà? No, non credo che questa povera umanità si appaghi e tanto meno sia felice di vivere sull'acqua tra una vegetazione palustre dal profumo pesante e velenoso e sulla quale sciamano milioni di zanzare malariche. E' molto semplice di dire che qui la morte non ha importanza: non avrà forse importanza per gli esportatori di seta ma non per coloro che ne sono le vittime immature. Alla morte difficilmente ci si abitua, anche se essa ronza continuamente attorno gli uomini sotto le forme più improvvise e catastrofiche. , Sui volti di questi uomini, sotto la maschera di cera gialla impassibile come per un sentimento di interna e fatale rassegnazione, si disegnano i solchi profondi del dolore e quando questa umanità sorride è forse più spaventosa da vedersi che quando piange. A chi arriva in Cina per la prima volta l'europeo che vi abita da molti anni dà frettolosamente alcuni consigli: non fare l'elemosina, non mettere neppure, dieci centesimi nelle mani di un bimbo che vi insegne chiamandovi « papa »; non fermarsi a guardare e tanto meno a toccare un ferito; se i mezzi ve lo permettono prendere il taxi e non il < risciò » sul quale qui tutto si trasporta: le masserizie e la verdura, l'ammalato e il morto che vedete scivolare fra la cai ca abbandonato sul seggiolino con le braccia ciondoloni fra le ruote di gomma; non bere acqua se non nei grandi alberghi ove, prima di entrare nei serbatoi, viene filtrata e quindi disinfettata o, meglio ancora, bere acqua minerale piuttosto che quella dei fiumi e dei canali sulla quale galleggiano i cadaveri che vengono giù dai campi di battaglia insieme ai rifiuti dei « sampan »; farsi vaccinare contro il vaiolo, il tifo, il colera; insomma tutto un complicato codice che, dopo averlo imparato a memoria, farete ciò che più vi piace abbandonandovi al destino e anche, sentimento ancora più raro, alla pietà. Alcuni vi diranno di servirvi dei medici e delle forma eie europee, altri di provare invece il santone cinese e i suoi intrugli e, altri ancora, più specialmente le donne occidentali, non finiranno mai di sussurarvi nelle orecchie che si nuota in mezzo ai microbi di ogni specie, che la salute se ne va rapidamente con la giovinezza che rapidamente sfiorisce. Se il termometro segna qualche grado sotto zero si scateneranno le epidemie di grippe e di polmonite, se sale alla calda umidità tropicale allora saranno epidemie più diffuse e violente che si abbatteranno come un castigo di Dio su questo paese. Il pubblico in questi giorni e tutti i giornali lodano l'iniziativa dei giapponesi che nelle immediate adiacenze di Sciangai fanno delle cataste di cadaveri e vi appiccano il fuoco. Dopo tutto questo gli occiden tali, ad un vostro gesto di racca priccio, per l'esittenza delle molti tudini che vivono sui canali e sui fiumi, vi diranno che i cinesi si trovano assai meglio sul legno marcio delle imbarcazioni che non in una casa costruita in muratura e che non starebbero a loro agio nelfe camere confortevoli di uno di questi palazzi americani di diciotto o venti piani innalzati sulle palafitte, senza cantine, ma con le terrazze e le sale da ballo ad una altezza vertiginosa. Indubbiamente è più comodo lasciare che questa popolazoine viva sulle barchette e nelle loro capanne di fango. Nelle filande Provatevi ad entrare in una filanda a vapore ultramoderna e il quadro vi parrà più tragico che non quello della famiglia rurale raccolta intorno al crogiuolo primitivo, magari affamata, ma i membri della quale hanno la consolazoine di vedere la campagna e di respirare aria buona. Tutte le filande moderne sono naturalménte situate nella immediata vicinanza di un corso d'acqua, canale, fiume o lago che sia, poiché, appunto le caratteristiche di quest'acqua mefitica sembrano essere le più adatte per produrre buona seta. Queste filande sono come spugne imbevute di umidità, gonfie sasucasadedeséculadfugcodriqstsasileevdcvtntmnsutrdtrladCpqnmtnfslaedplul'pfncpcnmsfkdnèicesgTrbnnslnirgrsqgpvmalsrcscnaqszpmpv della polvere dei cascami e impregnate del caratteristico nauseante odore dolciastro di cosa putrefatta eppure viva che emanano le crisalidi. Qui non vedrete che visi smunti e tristi, sicché una ragazza di dieci anni ha l'aria intontita e triste come quella di una vecchia di ses- santa. Una cappa di piombo pesa sulle spalle delle operaie che non cantano; i facchini a dorso nudo salgono e discendono le rampe delle scale ansando sotto il peso dei sacchi e. ogni madre reca con sé, nelle filande, tutta la prole di cui, appena entrata nella sala di lavoro, si libera come di un fardello gettandola in terra, alla rinfusa. Anche il marmocchietto giallo di sei mesi deve respirare con la boccuccia gonfia, sorgente dagli' stracci che lo avvolgono, a ria umida e polvere. . La mano d'opera è fluttuante quando si aprono le porte dello stabilimento è come si aprisse una saracinesca: la folla entra a fiotti, si spinge, sciama e si perde dietro le cataste dei bozzoli. L'orario non esiste in un paese come questo do ve la gente arriva sul lavoro da distanze enormi, a piedi o in barca, come e quando può. Tutti lavorano anche dodici anche quattordici ore al giorno, ma quando ne hanno voglia. Allorché si sentono sfiniti escono a loro piaci mento e una volta riposati entra no per tuffare ancora le mani ustionate nelle bacinelle. A cottimo ultimato nel giro delle ventiquattro ore ricevono trenta centesimi di dollaro, pari ad uno e cinquanta delle nostre lire. Nelle trincee Come si svolge la vita delle operaie e degli operai cinesi nelle filande, cosi si svolge quella dei soldati nelle trincee. Non per nulla Ciang-Kai-Scek ha dichiarato di potere resistere fino all'infinito a questa guerra perchè è infinito il numero di uomini che può chiamare sotto le armi: quando un battaglione, una brigata, una divisione o un'intera armata è stanca di farsi ammazzare, getta i fucili e se ne va a passeggio. attraverso la sterminata campagna vivendo e nutrendosi come può, per lo più di rapina. Questo è l'unico, vero punto di contatto che rende assolutamente simile il contadino all'operaio e l'operaio al soldato. Sembra che la vita e la morte perdendo ogni loro senso comune facciano parte della disgregazione generale. Il vicino impero nipponico ha compresa l'utilità di risolvere il problema di un paese che, a poco a poco, ^cadeva sotto il dominio dei rossi che in Cina, come dimostra la storia recente, si sono seduti sul ventre vuoto dei neofiti senza pensare a riempirlo. Nel giovane impero del Manciukuò si lavora; nelle Provincie cadute sotto il controllo dei nipponici si organizza tutto quello che è possibile di organizzazione: si impiantano linee aeree civili, si creano scuole, si fabbricano case e si costruiscono alberghi per lo sviluppo del turismo al quale giapponesi hanno già pensato. Tutto questo avviene e si svolge regolarmente mentre sui campi di battaglia tuona ancora il canno ne e le armate cinesi si rovesciano a frantumi nelle Provincie del sud o si danno alla fuga nelle solitarie pianure o sulle montagne nevose dell'ovest. I contadini pensano a salvare il raccolto della seta che è la loro ricchezza; gli agenti delle do gane frugano nelle stive dei pi roscafi cinesi e vi scoprono, in sacchi stampigliati dal governo, quintali e quintali di oppio. Non credo che dopo questo ba gno di sangue il popolo cinese pensi a riaddormentarsi un'altra volta sprofondando nel soffice materasso dei suoi quattro mila anni di civiltà e tanto meno che la nuova generazione sia disposta ad arruolarsi sotto la bandiera della falce e del martello, per combattere affiancata al comunismo che ha già definito il pericolo pubblico numero uno. Forse nell'Estremo Oriente suona la diana della resurrezione e allora vedremo sprigionarsi da questo paese ricco come un Creso e povero come Giobbe, una forza della quale non abbiamo neppure l'idea; per adesso gli uomini hanno ancora le mani troppo belle e aristocratiche per lavorare e l'indigenza costituisce la base del vivere umano. nrrctspfmmpErnesto Quadrone TRUPPE GIAPPONESI DIRETTE AL FRONTE

Persone citate: Ciang, Giobbe, Quadrone

Luoghi citati: Cina, Estremo Oriente, Manciuria, Sciangai