L'ultima scolta dei suoi Legionari

L'ultima scolta dei suoi Legionari L'ultima scolta dei suoi Legionari (DA UNO DEI. NOSTRI INVIATI) ^ Dal Vittoriale degli Italiani, A marzo. Il Benaco e le sue coste sono ■inondate di'sele. E* -eome à> ■ f o ss e maggio, in questa terra che fu cara a Gabriele D'Annùnzio. Su per l'erta che da Gardone porta al Vittoriale è un passaggio continuo di automobili e di gruppi di pellegrini. Poche ore ci separano ormai dalla chiusura con la pietra tombale dei sette sigilli della cripta provvisoria ove riposano le spoglie del Poeta. Ci viene in mente il mito di Lazzaro, e la nostra anima sta sospesa davanti al tempietto tombale dell'Esedra, come in attesa di un Immenso prodigio. Non sappiamo placarci, adagiarci, pur dopo le veglie e le funebri cerimonie, al pensiero che il Comandante sia morto. Il popolo passa muto, in fila continua, davanti alla cripta. E" umile gente che non conosce,- che non può conoscere l'opera di poeta, di drammaturgo, di romanziere, di artefice, di animatore dell'Uomo che giace freddo entro la bara. Questo popolo viene a venerare le spoglie dell'Eroe. Le sue gesta paiono, davanti a questo sole e a questa gente, più alte e più vaste che i suoi scritti. E ad avvalorare questo senso di passato vissuto più che riflesso, è qui la presenza appassionata di numerosi legionari. Questi fedeli, che hanno 'avuto in consegna nella tarda sera di ieri le spoglie del Comandante, eh» le hanno veglia-: te per l'intera notte con amore tenace, 1 volti pallidi sul nero delle uniformi, che hanno portato a braccia la bara dalla Puglia sino a questa cripta, contendendosi- i'o^' nore del funebre trasporto, non sanno ora staccarsi da questo luogo. Anche essi, forse, attendono il prodigio della vita, poiché 11 loro cuore ardente, sotto 1 forti petti fregiati del nastrino viola-azzurro e amaranto, non sa, o, meglio, non vuole comprendere, in quest'ora, il prodigio della morte che è volo verso l'immortalità. Oltre il pilo del Ponte di Piave, oltre l'arco che reca la statua della Vittoria incatenata, su fino all'Esedra e presso la Piazzetta Dalmatica, preclusa da un cordone di carabinieri, si aggirano i legionari di Fiume. Si aggirano tristi, come un esercito 11 cui capo sia morto in battaglia'. Li rivediamo questi uomini combattenti di più guerre, arditi di molte trincee. Stanno vicini uno allt'altro, in questa ora di Immenso dolore. Non vi è capo e non vi è gregario; non vi sono gradi o distinzioni. Sono legionari, semplicemente legionari. Alcuni hanno 1 capelli bianchi, altri il volto scavato dalle profonde rughe della maturità. Più nessuno, o quasi, è giovane. Si sente però che tutti sono pronti, come sempre, a sguainare il pugnale della battaglia qualora il Duce voglia fare il supremo dono di gettare | allo'sbaraglio 1 più fidi. Ecco Repetto, Balisti, Cabruna,- Castelbar¬ mGsalcvfffdgtdLumdlg | co, Sani, Passavanti, Mecheri, Catoldi, Bonapace, Dall'Asta, Vecchiotti. Ecco Coselschi, Susmer, Luigi Amaro, Radice, Ciotti, il paermitano Scozzali, Miani, Tosoni" e altri. Vorremmo dire i nomi di tutti questi fedeli dell'ora suprema, accorsi a montar l'ultima guardia ntorno alla salma del Comandante. I legionari, ieri sera, si sono riuniti insieme a consumare il rancio, come un tempo. Rancio triste, l'unico, forse, che non è finito col coro delle canzoni arditesche. E ora, dopo la notte passata in veglia, dopo l'estremo accompagnamento, sostano ancora, un momento prima di far ritorno alle oro case, nei diversi punti d'Itaia, alla loro fatica consueta, ai óro cari. Questa adunata senza comando che si scioglie dopo due giorni, è triste e lascia un solco penoso in ognuno di questi forti cuori. Ecco, se ne vanno, un po' curvi, a, passo lento. La folla continua a passare incessante. Al di là dello stretto, severo servizio d'ordine, la Piazzetta Dalmatica è deserta. Il Vittoriale non è già più una casa. Pare solitario. Comincia a vuotarsi. Renata Montanarella è partita stamane. Luisa Baccarà lascerà stasera la villa. Esce dalla porticina Mario D'Annunzio e parla col marinaio di guardia: poi rientra. Va a raggiungere i familiari e gli intimi; la madre, principessa di Montenevoso, il fratello Gabriellino, la moglie e la figlia di Veniero e Gian Carlo Maroni. Anche quest'ultimo, l'uomo fedele del Poeta, appare a tratti sulla piazzetta per impartire disposizioni. Egli solo sa ciò che U-Comandante .voleva nelle ore seguenti il suo trapasso. E cura minuziosamente affinchè la volontà del suo Signore si compia fino in fondo. Continuano intanto a giungere fiori e lauri alla cripta. I letterati francesi hanno' mandato una bandiera e un fascio di garofani; giungono i serti di alloro dei legionari trentini, dei goliardi modenesi, dei dalmati, di Zara, di Rino Parenti. La Società degli Autori manda una corona di lauro senza fronde. E quando il sole digrada al tramonto, i pellegrini si fanno più radi. I cipressi paiono neri contro l'acqua del lago, gli ulivi si inargentano all'ultima luce diurna. Un grande rogo si è acceso sulla sponda veneta dèi Garda, proprio di fronte al Vittoriale. II Comandante, il Poeta, l'Imaginifico continua a tacere. Egli dorme. I due carabinieri, davanti alla cripta, rigidi, in alta tenuta, vegliano. La Pace è giunta. La Pace e il Silenzio, che il Poeta tante volte invocò nel tempo di vita sua. Ci sovviene alla mente uno dei motti della sua anima grande: « Pax et bonum, malum èt pax >.. LRAngelo Nizza cMydVrilVildrn DOVE RIPOSA LA 8ALMA

Luoghi citati: Fiume, Nizza, Ponte Di Piave, Puglia, Zara